In questo capitolo ritorna in scena Will, e nei successivi rivedremo nuovamente le W.I.T.C.H. alle prese con una situazione inaspettata. |
PROFEZIE
Riassunto delle puntate precedenti
Un colpo di scena sconvolge la vita del gruppo di Midgale: dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera racconta alle ex gocce astrali che l'Oracolo e le W.I.T.C.H. hanno richiesto la loro riconsegna, e la regina ha dovuto acconsentire. Per evitare questa mortificante prospettiva, Vera propone alle altre di impadronirsi del Cuore di Kandrakar e di sostituirsi ad Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane, ed impedendone il ritorno. L'unica a non crederci e a ribellarsi è Carol, la ex goccia di Cornelia, ma viene costretta all'obbedienza con l'ipnosi. Vera e Wanda, la ex goccia di Will, si trasferiscono ad Heatherfield per mettere in atto la prima parte del piano. |
Cap. 32
Colpo di mano
Heatherfield
La palazzina grigia è un tipico esempio di archeologia industriale.
Ha una pianta a L che sembra covare gelosamente un piccolo giardino, quattro
piani le cui finestre fanno pensare ad uffici di una fabbrica di inizio
secolo, e un traliccietto sporgente da una facciata sul cui uso passato
si possono formulare solo ipotesi fantasiose.
Un passaggio altissimo divide l’edificio in due ali non comunicanti.
Anche qui, è difficile ipotizzare che genere di veicolo abbia reso
necessaria una volta così alta.
La cosa che colpisce di più, forse, sono le due alte ciminiere
di mattoni che svettano poco dietro la palazzina.
Due vecchiette osservano dal marciapiede opposto questo edificio un
po’ lugubre, che si intona col cielo plumbeo di fine ottobre.
“Sembra una versione urbana dell’ingresso di un lager nazista”, dice
quella più piccola e rugosa, con lunghi capelli bianchi raccolti
in un chignon. Le sue palpebre pesanti coprono iridi di un azzurro intenso.
“Ci vedrei una scritta in ferro battuto ‘Arbeit mach frei’ disposta
ad arco, appena sotto la volta del passaggio”.
L’altra assente, cupa, sforzandosi di chinare un po’ la schiena per
mascherare l’altezza e le spalle da atleta, che cercano di farsi notare
da sotto il soprabito nero fuori moda. “Neanche a Will piaceva. Si è
dovuta adattare a vivere qui. Però dentro è elegante, anche
se non c’è l’ascensore”. Indica col braccio verso l’ala sulla destra:
“Vedi quelle ampie finestrature quadrettate all’ultimo piano? E’ lì
che dobbiamo andare”.
L’altra sbircia l’orologio a colori vivaci che porta al polso rugoso.
“Le tre e quindici. Proviamo adesso”.
Le due vecchiette si avvicinano con passo fin troppo elastico al citofono,
a lato dell’ingresso sorvegliato da una guardiola sfinestrata e perennemente
deserta.
‘Vandom-Collins’, si legge sopra il campanello.
“Anche Collins? Oddio! Di male in peggio!”, trasale la più alta
delle due. “Comunque sono loro!”.
Premono il bottone, poi attendono impazienti al citofono, con una scusa
già pronta in bocca. Invece nessuno risponde.
“Perfetto”, si compiace la più piccola. “Non c’è ancora
nessuno. Andiamo su!”.
Percorrono il breve vialetto. Il portoncino sotto l’alto passaggio,
sulla destra, si schiude senza discutere.
Una volta nel vano scale, le due arzille vecchiette ringiovaniscono,
assumendo l’aspetto di Elyon e Will. Quest’ultima fa strada verso l’alto.
“Su per di qua!”.
All’ultimo piano, le serrature dell’ingresso scattano da sole, ed il
pesante battente verde scuro si apre davanti alle due ragazze.
Per un attimo, questa Will fuori luogo si ferma a guardarsi attorno.
Lo stanzone è una grande cucina-soggiorno con le pareti di mattoni
dipinte di bianco, e un pavimento di cotto lucidato.
Il tappeto giallo e cremisi all’ingresso non è cambiato. Sulla
destra ci sono scaffali e librerie, che tracimano, ancora più di
allora, di libri che si contendono lo spazio all’ultimo millimetro.
Davanti a lei ci sono due divani ed un puff color rosso scuro, raccolti
attorno ad un tavolino basso e a un grande televisore che la aiutava a
passare il tempo troppo breve e troppo lungo delle sue ore di esistenza.
Più sulla sinistra, la cucina bianca e beige fa da sfondo al tavolone
e alle sedie di legno.
Su tutte le superfici d’appoggio regna un colto disordine di libri
e riviste, ammonticchiati senza un criterio riconoscibile.
Wanda pensa ai pomeriggi ed alle serate passate annoiandosi. No, non
ha grossi rimpianti per quella casa.
Indica verso sinistra. “Vera, la camera è di là”.
“Shh… niente nomi!”, fa la biondina accigliandosi.
Wanda entra nella stanza. Le rane di peluche le sorridono con allegria
di pezza. Come fa Will ad affezionarsi a pupazzi così sciocchi?
Riconosce con scarso rimpianto il letto massiccio, la porta-terrazza
che dà su un balconcino con panorama di ciminiere, l’alto specchio
ovale, il tavolo col computer, le mensole caotiche, il pavimento cosparso
di ciabatte e calzini come un inno all’entropia.
La camera allegra e disordinata è, nei suoi ricordi, un luogo
di noia, quasi una prigione. Eppure è stata la sola libertà
che ha avuto per un anno e mezzo, prima del distacco definitivo da Will.
Era pur sempre una sosta nella claustrofobia che provava quando veniva
riassorbita, e la speranza di poter incontrare ancora, sotto mentite spoglie,
l’uomo della sua breve vita da goccia.
Il suo ricordo malinconico si interrompe quando lo sguardo viene catturato
da una cornicetta sulla scrivania. Una foto di Matt! Bello, bellissimo!
Sono ancora assieme. Chissà se ci ha…
La voce della compagna la distoglie dai suoi pensieri. “Ecco fatto!”.
Accompagna la frase facendo oscillare le sue mani sul cuscino del letto.
“E ora non scordiamoci le nostre microspie!”.
Dai suoi palmi sgorgano alcune mosche, che ronzano un momento in aria
per salutare la vita, e poi si dispongono quietamente camuffate su superfici
scure e angoli in ombra.
“Ora andiamo!”. La biondina fa un cenno di richiamo mentre esce dalla
porta della camera.
La strana Will le fa un cenno, voltandosi verso la scrivania. “Un attimo…
ti raggiungo subito”.
Pochi istanti dopo, esce anche lei a passo veloce dalla stanza. “Possiamo
andare”.
Nel vano scale, le due ragazze riassumono l’aspetto di arzille vecchiette.
Atrio di casa Vandom-Collins
Sotto lo sguardo paziente di un orologio che segna le sedici, l’uscio
dell’appartamento scatta e si apre. Una Will carica di sporte di plastica
fa il suo ingresso faticoso, le deposita sul pavimento, poi si esibisce
in una passabile imitazione di rantolo mortale e si sgranchisce le dita
segnate. Infine tende l’orecchio. La casa è silenziosa.
Si sfila la giacca a vento cremisi. “Mamma! Dean! Sono arrivata! C’è
qualcuno?”.
Nessuno risponde. Lei sbircia l’orologio a lancette in bella mostra
sul muro. Sono solo le quattro. C’è tempo per una telefonata sospirosa
a lui.
Scosta un lembo della felpa rosa, estraendo il suo telefonino dalla
custodia sulla cintura dei jeans.
Quando Will entra in camera, non può mai fare a meno di gettare
un’occhiata alla foto del suo Matt. Ma… la cornice è vuota! “No!
Com’è possibile?”, si acciglia.
In ogni caso, ha una risorsa per scoprire la verità. “Sveglia,
sveglietta…”, fa, rivolta ad un orologio raniforme appoggiato sulla testata
del letto, “E’ entrato qualcun altro in questa stanza?”.
L’apparecchio risponde con una voce flemmatica che può sentire
solo lei. “No, non è entrato nessun altro, dopo che tu e la tua
amica siete uscite”.
Will afferra l’apparecchio con due mani, come se lo scrollasse per
il bavero.“Cosa vuoi dire, sveglia? Quale amica?”.
“Calma, calma! Quella biondina con le trecce”.
“Elyon? Ma oggi non è stata qui…”.
“Come no! Quarantadue minuti fa! E lo dico con cognizione di causa!”.
Con un po’ di fantasia, si può vedere la sua zampetta che indica
il largo quadrante da orologio che ha sulla pancia. “E ora, mettimi giù”.
Will resta perplessa, combattuta tra il sospetto di un’ intrusione
e quello, ancora più inquietante, di un Alzheimer precoce. “Ed era
con me? Mi hai vista?”.
“Come ti vedo ora! Puoi finalmente mettermi giù, per piacere?”.
Gli indica la cornicetta vuota sulla scrivania. “E la foto di Matt,
l’ha presa…”.
“Tu stessa!”. Gli occhi di rana sembrano scrutarla perplessi. Appena
sente di nuovo il contatto rassicurante della testata del letto, conclude:
“Sei strana, oggi”.
Will pensa subito alla sua goccia astrale. Non sarebbe la prima volta
che le ruba fotografie di Matt. E l’altra ragazza? Elyon? Sarà stata
Vera travestita, più probabilmente. La vita talvolta presenta strane
inversioni di ruoli…
Si siede sul letto. Come potrebbe rintracciare Elyon, quella autentica?
Con il portale alla libreria? Mai provato. Ma sa che Cornelia la vede spesso.
Afferra il telefonino cellulare e si distenda sul letto. Inizia a impostare il numero dell’amica, ma non fa in tempo a completarlo prima che una sonnolenza improvvisa si impossessi di lei. “Cosa mi…” . Poi, solo un sonno senza sogni. |
|
Heatherfield, caffè At the old factory
Le due vecchiette sono sedute ad un tavolino, davanti a due tazze ormai
vuote e briciole di brioche. Lo sguardo è fisso e perso fuori dalla
vetrina del bar, come se il velo della vecchiaia le facesse vivere in un
limbo tutto loro.
In realtà, stanno spiando una stanza a cento metri di distanza
attraverso occhi a pixel esagonali. Gli occhi delle mosche nella camera
di Will.
“Ci siamo!”, grida all’improvviso, trionfante, la più piccola
e rugosa.
Le due si alzano, e si avviano a passo di maratoneta verso l’edificio
grigio quasi di fronte.
Il barista le insegue fin sulla porta. Tuona: “Ehi, nonne, non pagate
il cappuccino?”.
La piccola si volta, con un’espressione beffarda. “C’era una mosca
morta dentro la mia tazza! Guardi, guardi pure! Protesteremo all’ufficio
igiene”.
Il barista si morde un labbro e si volta verso l’interno del bar. La
hanno sentita gli altri clienti? Forse sì. Qualcuno sembra scrutare
preoccupato nella sua tazza, o sbirciare sospettoso il prosciutto dentro
al tramezzino già addentato.
Il portoncino non è un problema. Nessuna serratura può
sbarrare il passo a due vecchiette così.
Mentre salgono velocemente le scale della palazzina, una di loro riassume
l’aspetto di Will, mentre l’altra svanisce nel nulla.
Di nuovo, l’ingresso dell’appartamento si apre rispettosamente al loro
passaggio, e si dirigono verso la camera.
Appena entrata nella stanza, Wanda si ferma, emozionata. Eccola, Will,
dopo tanto tempo!
La osserva, profondamente addormentata. Il suo rancore si stempera un po’ notando che la guardiana appare vulnerabile e molto più giovane di lei. Lo sapeva, ovviamente, ne ha anche assunto l'aspetto, ma averla davanti agli occhi le fa un effetto diverso. “Cosa aspetti? Cerca il Cuore di Kandrakar!”, la sollecita una voce
proveniente dal vuoto.
|
“Allora provo io”.
Una mano invisibile cala sulla fronte di Will. Un sussurro viene dal
nulla: “Will, non aprire gli occhi. Io non esisto. Io sono un sogno. Tu
stai sognando. Tu hai una veste lunga e candida. Hai delle fluenti ciocche
di capelli bianchi e lisci. Stai passando davanti ad uno specchio. Ti guardi.
Il volto che vedi è il tuo, Yan Lin. Tu sei Yan Lin. La guardiana
Yan Lin. Il momento è cruciale. Una nuova generazione di guardiane
è pronta per prendere le consegne. Davanti a te c’è la nuova
custode prescelta, Will Vandom. Guardala negli occhi!”.
Gli occhi di Will si aprono. Sono vuoti e senza espressione.
“Mettiti a sedere, Yan Lin”.
Will si solleva e si mette a sedere sul letto.
“Yan Lin, il momento è solenne. Guardi negli occhi Will Vandom,
è di fronte a te”.
Will guarda Wanda.
“Yan Lin, è il momento del passaggio. Evoca il cuore di Kandrakar
e passalo a Will”.
Lentamente Will apre la mano destra. Con un bagliore, il ciondolo sferico
si materializza levitando sopra il palmo.
Lo porge a Wanda.
Questa lo guarda incredula mentre l'oggetto passa, sempre levitando,
sulla sua mano. Quando chiude le dita, la luce intensa scompare, e il Cuore
viene come inghiottito dalla mano.
La voce dal niente riprende: “Bene, Yan Lin. La nuova generazione di
guardiane è operativa. Ora tu puoi essere contenta. Ora faranno
tutto loro. Rilassati. Riposati, Yan Lin, e dimentica le preoccupazioni.
Dimentica tutto...”.
Lentamente, Will si distende e si riaddormenta profondamente.
“Abbiamo il cuore di Kandrakar!”, esulta la voce invisibile.
Wanda, invece, si guarda in giro come spaventata. Si sente addosso
gli sguardi accusatori di una ranosveglia, di un impiccione cellulare e
di un intero set di informatori informatici. “Vera, mi sono ricordata di
una cosa terribile”.
“Cosa?”.
“Will parla con gli elettrodomestici”.
Il nulla fa un’espressione incredula. “E’ matta?”.
Scuote il viso. “No, lei parla e loro rispondono. Tutti questi apparecchi
racconteranno per filo e per segno quello che è successo. Forse
cercheranno perfino di svegliarla!”.
“Meglio lasciarla nel dubbio. Questi apparecchi non parleranno mai
più”.
Una mano invisibile viene tesa. Si sentono scoppiettii provenienti
dalla sveglia, dal cellulare, dal computer e dagli altri apparecchi elettrici
della camera.
Uno scatto di serratura e una voce di donna dall’ingresso le fanno trasalire:
“C’è qualcuno in casa? Will? Caro?”.
Poi segue una cacofonia di scatolette e bottiglie, e una imprecazione
poco elegante. “Will, miseria! Hai lasciato ancora la spesa per terra!
Vuoi renderti utile, o farmi rompere una gamba?”.
Wanda stringe i denti: “E’ Susan. La signora Vandom”.
“Via, subito! Dritte a Midgale!”.
Quando si affaccia, accigliata, nella camera di Will, Susan sente un
leggero odore di bruciato. Un filo di fumo aleggia nella stanza.
“Ehi, Will… è successo qualcosa?”.
La ragazza continua a dormire come un sasso.
Susan fa un passo avanti e e sfiora il viso. “Will, mi senti?”.
“Mh?”….
“Va tutto bene? Sento un po’ di odore di bruciato!”. Va ad aprire la
finestra; una folata fresca e umida spazza la stanza.
Un suono rantolante esce dalla bocca della ragazza addormentata: “Non
sono Will. Sono Yan Lin”.
Susan si avvicina allarmata e la scuote. “WILL! COSA TI SUCCEDE? SVEGLIATI!”.
“Uuh?”. Will apre gli occhi e li volta lentamente verso la madre chinata
su di lei.
“SVEGLIATI! STAI BENE?”.
La guarda, assente. “Sì, mamma. Adesso mi vesto”.
“Will, sei già vestita. Cosa ti succede?”.
“Oh, scusa mamma”, si scuote. “Sono ancora addormentata”. Si alza a
sedere lentamente sul letto.
La madre la studia preoccupata. “Will, cos’hai fatto? Fammi sentire
l’alito!”.
“Alito?”. La guarda stranita.
Susan accosta il viso a quello di Will, ed annusa.
“Niente di particolare”, conclude con un cenno di diniego. “Ora scopriti
le braccia!”.
Gli occhietti stretti dal sonno si spalancano in stile manga. “Cosa?”.
“Non importa, faccio io…”. Con un movimento nervoso, le scopre entrambe
le braccia fino ai gomiti e ne scruta gli incavi. “Niente. Tira pure giù
le maniche. Vediamo i piedi!”.
Sguardo allibito. “I piedi? Ma… è ridicolo!”.
“Non discutere e lascia fare!”. Susan le sfila le calze e le osserva
tra le dita, arricciando il naso . Dopo un po’, scuote il viso. “Niente!”.
“Ma sei matta?”, fiata incredula la ragazza. “Perché fai questo?”.
Per tutta risposta, la madre la squadra severa. “Cos’era quell’odore
di bruciato?”.
“Bruciato?”. Will annusa l’aria. “Non so… Non sento odori”.
“C’era, prima che aprissi la finestra”. Poi si china, per guardarla
da vicino negli occhi. “E perché sei così strana?”.
“Strana io? Sei tu che…”. Il debole tentativo di ribellione sfuma inspiegabilmente
in uno sguardo smarrito. “Oddio!”.
“Oddio cosa?”.
Il viso di Will è quasi da panico. “Mamma, ho la sensazione
di avere perso qualcosa!”.
“Qualche rotella? Probabilmente è vero”.
“No, un oggetto, un ciondolo…”. Come può spiegare?
“Dove lo avevi? Al collo?”.
“No, in… diciamo in mano”. Si guarda disperata i palmi vuoti.
“Cerchiamo a terra”. Si china a guardare il pavimento. “Lo avevi quando
ti sei addormentata?”.
“Sì. No, forse no. Devo telefonare…”.
Susan scuote il viso, rialzandosi. “Sì… forse no. Ti pare di
essere normale?”.
“Non so. Cioè sì, mamma”. Afferra il suo telefonino,
ancora appoggiato sul letto, e pigia qualche tasto prima di notare qualcosa
di insolito. “ Ma… non funziona!”.
“Fammi vedere…”. La madre glielo prende di mano e prova anche lei.
“Sembra proprio morto”, constata. “Forse è solo la batteria. Se
tu lo mettessi in carica regolarmente quando...”.
Will volta il viso verso la sveglia raniforme. “Che ora è?”.
Le quattro e undici. Ma perché non si muove la lancetta dei secondi?
Vuoi vedere che… “Anche la sveglia è ferma!”.
Susan la gira verso di sé. “E’ vero. Strano, l’ora è
quasi giusta. Ora sono le quattro e ventuno”.
Will si guarda in giro, angosciata. “Ma allora è successo poco
fa. Il computer…”. Corre alla scrivania e tenta di accendere l’apparecchio.
Nessun effetto, neppure una lucetta. “Mamma, anche questo è morto.
E… anche la stampante! Nooo… erano così simpatici!”.
Susan si porta una mano al viso, perplessa. “Che sia stato uno sbalzo
di tensione? No, impossibile. E il cellulare? E la sveglia?”.
Will balza verso il soggiorno. “Oddio, devo telefonare a Cornelia!”.
Appena davanti al telefono sul mobile dietro al divano, afferra la
cornetta e sente il rassicurante tuu-tuu. “Questo sembra funzionare ancora”.
La voce di sua madre le arriva dalla cucina. “Anche il frigorifero
e il televisore funzionano. La mattanza ha riguardato solo la tua camera”.
Mentre Will sta per comporre il numero di casa Hale, sente una vocina
uscire dalla cornetta.
“Buongiorno signorina Will. Mi può spiegare una cosa?”.
Will resta un po’ sorpresa. Non aveva mai dato molta confidenza all’apparecchio
in corridoio. “Cosa?”.
“Questo pomeriggio la ho vista uscire di casa due volte e rientrare
tre volte. I conti non mi tornano”.
Scuote il viso, perplessa. “Non capisco. Io sono uscita e tornata una
sola volta”.
“Io la ho vista rientrare tre volte. Un’ora fa, venti minuti fa e quindici
minuti fa”.
“Un’ora fa?”. Si accorge di avere quasi gridato.
“Sì, assieme a quella signorina bionda con le trecce. La ha
chiamata Vera, ma mi pareva, da occasioni precedenti, che il suo nome fosse
Elyon. Poi siete uscite subito assieme”.
Will abbassa la voce, furtiva. “E poi?”.
“Poi la ho vista entrare in camera da sola due volte, ed uscire solo
adesso”.
“Ma è impos…. Certo che è possibile!”, conclude tra sè,
colpendosi il palmo con la cornetta.
“Ouch! Signorina, non sono un tirapugni, per ...”.
La signora ha ascoltato stupefatta. “Will, stai parlando da sola?”.
“Eh? No, mamma, parlavo con Cornelia. Ha appena messo giù”.
Tenta di fare il solito sorrisino delle bugie, ma le riesce peggio del
solito.
Susan scuote lentamente il viso, in segno di diniego. “Will, ti ho
osservata. Non hai composto alcun numero. Hai parlato da sola!”.
Oh, cavolo, si è fatta prendere in castagna! Forse può
ancora recuperare… “No mamma, ti sei distratta”. Forse è più
credibile se contrattacca… “Ed ora mi controlli anche i numeri di telefono?”.
La madre la prende per una spalla, e la guida verso la camera. “Vieni,
preparati! Ora facciamo un salto dal dottor Atkins!”.
La ragazza cerca di scrollarsi di dosso quella mano imperiosa. “Ma
mamma, ho fretta! Ho pure perso un oggetto…”.
“Per me hai perso molto più di un oggetto! Vieni, non ammetto
repliche! E non prendere impegni per stasera!”.