Un
boato immenso, improvviso, aveva colto alla sprovvista
l’intera
ciurma, tranquillamente rilassata, chi sulla spiaggia chi in mare a
rinfrescarsi.
Urla di paura, caos, sommergevano la spiaggia
avvolta da una spessa nuvola di fumo.
-Una bomba! È scoppiata
una bomba!- urlò qualcuno, cercando di capacitarsi
dell’accaduto.
-State tutti bene?- urlò qualcun altro,
inoltrandosi in quella nube.
Il capitano, era corso subito,
seguito dal piccolo medico, sulla spiaggia e quello che si
trovò di
fronte lo lasciò senza parole.
Fuoco tanto fuoco, troppo
fuoco, invadeva l’aria circostante alla spiaggia.
Fumo,
tanto fumo, troppo fumo, impediva ai pirati di respirare,
insinuandosi abilmente nei loro polmoni ed annegandoli con il suo
veleno.
Polvere, tanta polvere, troppa polvere, si era smossa
insieme alla sabbia annebbiando la vista e il respiro sempre
più
soffocato.
BOOM
Un'altra esplosione, questa volta più
violenta, fece saltare in aria il capitano che si ritrovò
sbalzato
via contro il duro tronco di un albero.
Da lì, mentre cercava di
rialzarsi, poteva pian piano vedere, mentre la nube innescata dal
botto calava, i corpi dei suoi compagni, a terra, feriti.
Una gran
rabbia iniziò ad avvelenargli le vene, dandogli la forza e
la
determinazione di alzarsi, per combattere e, distruggere, coloro che
avevano causato tutto quello.
Recuperò il cappello di paglia
volato via con l’esplosione e scrocchiandosi le dita si
avvicinò
alla battigia.
Più si avvicinava alla riva e più degli uomini in
divisa bianca con fucili e spadoni in mano, accerchiavano lui e i
suoi compagni.
-La marina…- ringhiò, avvicinandosi.
Come
potevano averli trovati? Quella, secondo Adrien, doveva essere
un’isola sicura, non conosciuta, e allora perché
la marina era
lì?
Si fidava sempre di tutti lui e, il dubbio che Adrien in
realtà centrasse con quell’attacco non lo
sfiorò
minimamente.
Piccoli e veloci colpi di fucile iniziarono a
farsi strada verso cappello di paglia, ma le lame di tre spade li
deviarono subito.
Sorrise Rufy vedendo il suo vice, anche se
un po’ ammaccato, sano e salvo, e in pochi secondi il resto
della
ciurma, si affiancò a loro.
Lo scontro iniziò violento e
letale, soprattutto per alcuni soldati, forse troppo boriosi e
giovani per capire il calibro degli avversari che avevano di
fronte.
I mugiwara stavano per avere la meglio quando
un’ulteriore bomba, questa volta proveniente alle loro
spalle, li
colpì.
Decine e decine di marine uscirono dalla foresta,
invadendo l’intera spiaggia ormai rasa al suolo.
La bomba
innescò un violento incendio che divampò per
tutta la spiaggia
contaminando anche la foresta li dietro che iniziò a
bruciare.
Rufy, a terra, con la faccia spiaccicata sulla
sabbia rovente, respirava a fatica.
La sua visuale era ridotta,
poteva vedere solo i corpi, svenuti di alcuni suoi compagni e di
altri sentiva i lamenti dovuti sicuramente a delle gravi
ferite.
-Nami!- un urlo di disperazione attirò la sua
attenzione. Con le mani insanguinate dal suo stesso sangue
cercò di
voltarsi.
Lì a qualche metro di distanza lo spadaccino, avvolto
dalle fiamme, cercava la sua donna, dispersa. Non gli importava se le
fiamme gli stavano divorando la pelle, lui la doveva trovare.
Voleva
alzarsi Rufy, e concentrò tutte le sue forze per farlo, per
aiutare
l’amico a trovare la navigatrice, ma ogni muscolo del suo
corpo
sembrava in fiamme.
Poi vide Zoro cadere a qualche metro da un
corpo, non riusciva ad avvicinarsi, mentre il braccio destro ormai
deturpato dalle fiamme, non si muoveva più.
Vide tirare un
sospiro di sollievo al verde quando, a pochi passi da lui, vide la
navigatrice trascinarsi sulla sabbia per raggiungerlo, per toccarlo
almeno un'ultima volta.
Un ultimo pensiero, prima che un'orda
di marine lo catturasse, lo rivolse alla sua regina. Per fortuna si
era allontanata per delle ricerche con Adrien, almeno lei e il suo
bambino, che portava in grembo, erano salvi…
Un
forte pugno contro il precario albero maestro della nuova nave, fece
tornare Rufy alla realtà.
Ogni giorno le scene di quel maledetto
giorno gli ritornavano alla mente, più spietate che mai.
Erano
stati fortunati, appena l’incendio si era aggravato i marine
erano
scappati, convinti di aver sconfitto una volta per tutte la ciurma di
cappello di paglia, ma non era così.
Ricordava, seppur vagamente,
di aver visto un'ultima volta la sua Robin. Era corsa lì,
alla
spiaggia urlando il suo nome, ma Adrien, dopo un’ulteriore
cannonata, l’aveva poi portata via, mentre alcuni marine
stavano
per tagliare la testa proprio a lui, il futuro re.
Vedendo
Robin, Rufy, aveva come riacquistato le forze necessarie per
ribellarsi a quella spietata gente che combatteva in nome di una
giustizia che non gli apparteneva. Aveva scaraventato via i marine, e
si era messo a correre per chiamare la sua regina, ma un vigliacco
soldato lo aveva colpito con la sua spada, alla schiena, infilando la
lunga lama tra le vertebre del capitano pirata. Quel colpo
fermò la
corsa del ragazzo, che cadde a terra, svenuto, con un solo nome sulle
labbra, Robin…
La sua regina gli mancava come l’aria nei
polmoni. La sua risata cristallina quando lui combinava qualche
danno. Le sue mani delicate a lenirgli le ferite di mille battaglie,
accompagnate dai suoi baci. Gli mancava tutto di lei, e la rivoleva
al più presto al suo fianco.
-Rufy! Rufy corri!!- la voce
della navigatrice che lo chiamava a squarcia gola lo ridestò
da quei
pensieri, facendolo incamminare verso il lato opposto della
nave.
Appena arrivò nei pressi del timone, Rufy notò
tre uomini,
palesemente sconvolti ed affamati, con i vestiti completamente
bagnati, sedere accanto al timone, cercando di riprendere fiato.
-E
loro chi sono?- chiese cappello di paglia ai suoi compagni che erano
tutti riuniti in quel punto della nave.
-Rufy, loro sono dei
pirati. Li abbiamo trovati in mare attaccati ad un’asse di
legno,
unico pezzo superstite della loro imbarcazione.- spiegò
Nami,
squadrando con i suoi attenti occhi nocciola, i pirati.
-Ca-cappello
di-di paglia???- disse tremante uno dei tre pirati, guardando Rufy
con occhi spaventati. –Ci aveva detto che tu e la tua ciurma
eravate morti!-
-Chi vi ha detto questo?- chiese Zoro,
puntando la lama della sua spada nera sul collo del pirata.
-L’uomo
che voleva venderci la tua nave! Adrien!- disse un altro dei tre
pirati, magrissimo con dei corti capelli color carota.
Rufy
sentendo il nome del maledetto che gli aveva portato via la sua
donna, balzò in avanti e alzò per il bavero della
camicia,
l’arancione, scuotendolo.
-Adrien!! Dov’è Adrein?? E
dove ha portato la mia Robin? Parla!- urlò, nero di rabbia,
cappello
di paglia.
-Rufy calmati! Lo stai strozzando! Così non
riuscirà a dirci niente!- disse Usop cercando di fermare
l’amico.
Rufy scaraventò giù il pirata che si
massaggiò
il collo, respirando affannosamente.
-Tu! Parla ora, o ti
buttiamo a mare!- disse Sanji rivolto all’arancione pirata.
-Una
settimana fa, ci siamo imbattuti in un volantino con scritto che la
nave di cappello di paglia era in vendita e di contattare un numero
li scritto se si era interessati. Il nostro capitano era subito
interessato e contattò Adrien, il quale gli diede
appuntamento su
Larsky, un'isola che non avevamo mai sentito e, con nostro grande
stupore non compariva neanche sulle cartine..-
-Larsky? In
effetti non l’ho mai sentita!- disse Nami incuriosita.
-E'
l’isola da cui siamo sbarcati qualche giorno fa, dopo che
Adrien ha
ucciso il nostro capitano e il suo vice!- disse il terzo pirata che
fino a quel momento aveva preferito tacere.
-Ma la prossima
isola dovrebbe essere Riman- disse Nami.
-Riman è quella
segnata dalle cartine, ma virando di trenta gradi, troverete Larsky,
è lì che abita Adrien- disse il terzo pirata.
-Quindi
Adrien, essendo un abile archeologo nei suoi viaggi sarà
venuto a
conoscenza di isole sconosciute, come quella Otamaru dove ci ha fatto
sbarcare e poi quasi catturare dalla marina e questa Larsky dove
risiede è dove…- disse la navigatrice prima che
Rufy la
interrompesse.
-…E' dove ha portato Robin!- esultò, felice
di sapere che presto avrebbe ritrovato la sua amata.
-Nami!
imposta la rotta su Larsky, presto Robin tornerà con noi!-
disse
Rufy determinato.
Nel
frattempo sull’isola di Larsky nella casa di
Adrien…
Mi
svegliai dopo aver fatto un incubo terribile, Adrien stava uccidendo
Rufy sotto i miei stessi occhi ed io non potevo fare niente. Non
capivo il perché di quel sogno, forse il mio subconscio
voleva
avvertirmi di qualcosa, di non fidarmi di Adrien, e non potevo far
altro che dargli ascolto, Adrien nascondeva qualcosa, ormai ne ero
sicura, e quindi non potevo più fidarmi ciecamente di lui.
Mi
alzai piano, sentendo dentro di me una strana sensazione di disagio.
Sentivo che c’era qualcosa che non andava, ma non capivo che
cosa.
Mi vestii con uno dei miei abiti e mi diressi in cucina.
Adrien
era già lì, in piedi a sorseggiare una tazza di
caffè.
-Robin,
Buongiorno!- disse sorridendomi felice.
-Buongiorno Adrien-
sorrisi cordiale, cercando di non insospettirlo.
-Oggi starò
via per qualche ora, devo fare delle piccole ricerche, spero che non
ci siano problemi per te- mi disse osservandomi stranamente.
-Dove
vai? Posso venire con te?- gli chiesi. Non avevo voglia di stare con
lui, soprattutto dopo il bacio, ma volevo sapere dove andava e se
erano veramente ricerche le sue o qualcos’altro.
-Mi
piacerebbe portarti Robin, ma non posso. La foresta è troppo
angusta
per te. Nelle tue condizioni non puoi fare troppi sforzi- mi disse
avvicinandosi al mio volto ed accarezzandolo con il dorso della sua
mano.
-Capisco, non fa niente, vuol dire che resterò qui a
rilassarmi un po’, in effetti mi sento un po’
stanca, sarà la
pancia sempre più grande- accennai un piccolo sorriso per
convincerlo della mia versione.
-Sì, è la cosa migliore.
Adesso vado, ci vediamo dopo Robin, mi raccomando resta qui- disse
avvicinandosi sempre più per poi lasciarmi un bacio sulla
fronte
prima di uscire dalla porta.
Mi sentivo paralizzata contro il
bancone della cucina. Se qualche giorno prima, stare vicino ad Adrien
mi provocava delle strane sensazioni di piacere, ora il piacere si
era trasformato in paura. I suoi occhi non erano sinceri come
credevo, lui nascondeva qualcosa ed io avrei scoperto che cosa.
Mi
affacciai dalla finestrella per vedere se era già scomparso
oltre la
foresta e così era.
Aprii lentamente la porta e uscii.
Era
una bella giornata, calda e soleggiata senza neanche un filo di
vento, perfetta per esplorare un po’. Non avevo molto tempo,
visto
che non sapevo quanto ci avrebbe messo Adrien a tornare, ma comunque
ne avevo abbastanza per raggiungere di nuovo la spiaggia, lì
qualcosa mi diceva che avrei trovato alcune risposte.
Mi inoltrai
nel piccolo sentiero che portava alla radura ed alla spiaggia. Man
mano che camminavo sentivo sempre più quella strana
sensazione di
disagio avvolgermi, mentre piccole fitte invadevano il mio
ventre.
Continuai a camminare, smaniosa di sapere, e dopo qualche
minuto arrivai alla radura. Le tombe dei miei compagni erano sempre
lì, ma in un qual modo sentivo che in realtà
quelle croci fossero
solo sceniche.
Salutai con un bacio volante i miei compagni e
continuai a camminare, verso la spiaggia.
Le radici degli alberi
ostacolavano come sempre il mio cammino, ma non erano le uniche,
infatti le fitte al basso ventre man mano che procedevo lungo la
stradina, diventavano sempre più frequenti e dolorose.
Mi fermai,
in preda al fiatone, cercando di respirare il più
regolarmente
possibile, mentre gocce di sudore freddo scendevano velocemente dalla
mia fronte ormai imperlata.
Sentivo il cuore battere accelerato, e
le gambe deboli come i ramoscelli di una giovane pianta.
Appoggiai
una mano al tronco di un albero accanto a me, sostenendomi.
Da
quella posizione potevo scorgere la spiaggia ed il mio tanto amato
mare. Mi mancava enormemente navigare e svegliarmi con la brezza
marina che mi invadeva i polmoni, chissà forse un giorno
avrei
trovato il coraggio di navigare ancora, magari con mio figlio o
figlia.
Ad un certo punto qualcosa catturò la mia attenzione.
In
lontananza una piccola imbarcazione si stava avvicinando
all’isola.
Su di essa non sventolava nessuna bandiera, quindi non potevo capire
se fossero pirati o marine, oppure semplici
commercianti.
L’imbarcazione viaggiava veloce e, in pochi minuti
si avvicinò alla costa.
Osservai attenta la nave. Ero abbastanza
in alto per vedere chiaramente anche gli uomini che la abitavano,
solo pochi passi mi separavano dalla spiaggia, ma ancora sentivo le
gambe molli, non pronte ad affrontare quel duro sentiero.
Distolsi
lo sguardo da quella nave solo per alcuni secondi in cui chiusi gli
occhi per respirare a fondo e cercare quelle poche energie che
sentivo di possedere in quel momento.
Appena i miei occhi si
puntarono di nuovo sull’imbarcazione, vidi gli abitanti della
nave
scendere da essa e il mio cuore, se possibile si fermò.
Non
potevo credere ai miei occhi, quelle persone, quelle otto persone che
stavano scendendo dalla nave, seguite da altri tre, erano i miei
compagni, la mia famiglia.
Riconobbi la stazza smisurata di
Franky, la capigliatura afro di Brook, le piccole corna di Chopper,
il passo galante di Sanji, il nasone di Usop e le capigliature
arancioni e verdi di Nami e Zoro, che camminavano uno a fianco
all’altro; ma soprattutto riconobbi lui, Rufy, il mio Rufy!
Il
cuore iniziò a galoppare dalla felicità, erano
vivi, la mia
famiglia era viva!
Volevo urlare dalla felicità. Volevo che Rufy
sapesse che io ero lì! Lo volevo riabbracciare, baciare,
sentirmi
finalmente a casa, ma una fitta, questa volta molto più
forte delle
precedenti, mi mozzò il respiro facendomi cadere con le
ginocchia a
terra.
Sentii subito un forte dolore e, solo in quel momento capii
che il mio bambino non stava bene.
Sentii le forze abbandonarmi
lentamente, mentre la vista si appannava e mi impediva di osservare i
miei compagni ancora vivi.
Le palpebre sempre più pesanti si
chiusero mentre dei passi si avvicinavano al mio corpo.
-Robin,
ti avevo detto che dovevi stare a casa, ora sarò costretto a
consegnarti- disse con voce dura Adrien, mentre mi prese tra le
braccia.
Consegnarmi? A chi? Dove voleva portarmi Adrien? Perché
non mi portava dai miei compagni? Queste furono le ultime domande che
mi posi prima che anche la mia mente si addormentò insieme
al mio
corpo, mentre un caldo liquido scendeva dalla mia intimità,
lasciando una traccia rossa sulle gambe per poi cadere a piccole
gocce a terra, segnando così, con il mio sangue, il
terreno.
ANGOLO
AUTRICE:
Ciaooo a tutti!!
Eccomi con il sesto capitolo! Non
mi dilungherò molto perché voglio lasciare a voi
il compito di
commentare questo cap. Spero come sempre che vi sia piaciuto! In
teoria il prossimo doveva essere l’ultimo cap di questa fic,
ma
facendo una rapida stima degli eventi che dovranno succedere, credo
che non ce la farò con un solo cap, ma ce ne vorranno forse
due o
tre.
Con questo è tutto, spero di leggere presto le vostre
recensioni e i vostri pareri su questa fic.
Bacioni kiko