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Autore: Bolide Everdeen    09/06/2014    4 recensioni
Rose Weasley vive nel Mondo Magico ai giorni nostri.
Iris Mellark vive a Panem, secoli dopo Rose.
Apparentemente, queste due ragazze non avranno mai l'occasione di incontrarsi.
Ma c'è qualcosa più potente del tempo, più potente dello spazio.
Cosa?
Il destino.
E quando il destino tesse una trama, non si potrà mai modificare: si avvererà, anche attraverso delle lettere.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bimba Mellark, Bimbo Mellark, Katniss Everdeen, Nuovo personaggio, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2

Partenze & compleanni

 

Rose

2021

«Denise! Ti vuoi sbrigare con quei bagagli?» grida Liza, affacciandosi dal finestrino del treno, impaziente come al solito.

«Un attimo, Liza! Arrivo!» risponde Denise, trascinandosi tutta la sua roba. È una tipa decisamente nostalgica, cosa che può essere un grave difetto: ti costringe a portare quante più cose possibile da casa, senza che esse siano indispensabili.

E così, il mio quarto anno ad Hogwarts è finito. Mi sembra impossibile, ma cerco di convincermene osservando gli ultimi ragazzi che raggiungono l'Hogwarts Express, compreso mio fratello Hugo, che tanto si caccerà in qualche altro vagone con i suoi amici, lontano da me.

E l'anno prossimo sarà la mia quinta volta da Grifondoro, casa in cui mi trovo. Il motivo non sono mai riuscita a comprenderlo; probabilmente il merito appartiene solamente alle mie origini, al mio cognome, a chi sono imparentata. Tutti credono che io sia una Corvonero, diligente e studiosa, sempre al corrente delle risposte delle domande; secondo la gente sono la copia di mia madre con i capelli rossi; anche lei una Grifondoro con inclinazioni Corvonero. E questo mi manda ancora più in confusione.

La mia mente viene richiamata da ogni pensiero quando, con un tonfo, Denise si piazza a sedere accanto a te.

«Non sarebbe stato più semplice usare l'incantesimo di levitazione?» domanda con il suo solito tono canzonatorio Liza alla ragazza. Lei e Denise sono amiche praticamente dalla loro nascita, indissolubilmente legate: infatti, le loro strade non si sono neanche dimezzate quando Liza è entrata a far parte dei Serpeverde e Denise è diventata un'allegra, esuberante Tassorosso.

«Sì,» risponde ancora ansimante l'altra,«ma ho messo la bacchetta dentro la valigia. E, se l'avrei tirata fuori in quel momento, sarebbe stata un caos totale.». Oltre che esuberante, diciamo anche che una Tassorosso piuttosto distratta.

«Avessi, non avrei. È congiuntivo.» dice una voce alla porta della cabina, appartenente a una persona che non avevamo avvistato, ma che subito abbiamo riconosciuto: quella di Phoebe.

Phoebe è la persona che completa la nostra strana compagnia, formata da quattro amiche di case diverse, con i colori dei capelli diversi. Perché mentre Denise ha una lunghissima capigliatura bionda con occhi verde prato, la chioma di Phoebe è nera come il buio, che arriva fino alle sue spalle, e lo sguardo scuro celato sotto due enormi lenti. Tipico aspetto da Corvonero, come lei è.

E quando Liza sfoggia antiche mode babbane sottoponendo i suoi capelli castani come i suoi occhi alla rasatura della parte sinistra, io mi limito semplicemente a lasciare crescere i capelli il più possibile. Ovviamente sono rossi, ormai mi sembra un marchio di fabbrica degli Weasley. Diciamo che è ereditario, come le lentiggini.

Comunque mi piacciono, il rosso è il mio colore preferito e penso che si abbini con i miei occhi azzurri.

«Phoebe, non rompere le scatole» ribatte aspramente Liza.

«Cara amica, cerca di mantenere la calma. Stavo correggendo la nostra Denise affinché non faccia questi gravi errori in una verifica.» spiega la Corvonero.

«Strano» mormoro, guardandomi intorno.

«Cosa?» chiede Denise, che sta già riacquistando una normale frequenza di respiro.

«Albus non è ancora arrivato.».

E appena finisco di pronunciare queste parole, sento delle voci dal corridoio:«Ora, per te non potrei neanche venire nella vostra cabina?».

«Sinceramente sì! Sei un viscido Serpeverde, come tuo padre...».

La solita, complicata storia. Albus è sempre stato un tipo introverso, ma quando si tratta di proteggere (o almeno, secondo lui questo è proteggere) i suoi cari non ha paura. Forse è questo il motivo per cui lui appartiene alla mia stessa casa. Comunque, ritornando al mio discorso, Al è contrario alla mia relazione. Questa caratteristica di lui spesso mi fa infuriare, perché non è colpa mia se, dando ripetizioni a colui che sarebbe diventato il mio ragazzo, abbiamo scoperto di piacerci a vicenda e ci siamo messi insieme.

Il problema sta nel chi è il mio ragazzo.

«È sempre così, eh?» osserva Liza, e una volta tanto posso darle ragione.

Scuoto la testa ed esco infuriata nel corridoio, richiamandoli:«Al! Scorpius! Smettetela subito!».

Eccoli litigare, ringhiarsi contro come al solito.

«È stato lui ad iniziare!» addita Albus. Non riesce a sopportare Scorpius, forse perché appartiene ad una famiglia purosangue, i Malfoy, nemica della nostra. Ma lui è diverso dai suoi parenti; è un Serpeverde, ma esistono anche Serpeverde simpatici, spumeggianti e cortesi, anche se decisamente ambiziosi.

«Ma sei mi hai spinto!» ribatte l'altro come un bambino.

«Però non l'ho fatto apposta!».

«Davvero? Non l'hai fatto apposta? Non ci credo neanche se...».

«Basta!» interrompo entrambi.«Quel successo è successo, lasciamo perdere. Il treno sta per partire, muovetevi.».

Rientro ancora più infuriata di prima, con i due al seguito, le teste basse alzate ogni tanto solo per scambiarsi occhiate ostili. Si siedono vicino a Liza, uno a destra ed uno a sinistra, e nella cabina cala il silenzio, violato solo qualche secondo dopo da Scorpius:«Rose, ho convinto papà ad invitarti da noi per un weekend da noi, quest'estate. Insomma... volevo sapere se ti faceva voglia.».

Mi sento arrossire; non posso accettare. Cerco di spiegarmi:«Ecco... io...».

Non riesco a dirlo, perciò Liza interviene:«Allora, brevemente: Rose non ha detto assolutamente nulla ai suoi genitori perché ha paura che suo padre ti carbonizzi. Ecco tutto.».

Scorpius mi guarda con un'espressione strana, fra il sorpreso e l'arrabbiato.«Mi avevi promesso che avresti detto tutto!».

«Sì... lo farò, il prima possibile.» rispondo titubante. Ho solo paura che papà si comporti come Al, ovvero che discrimini il mio ragazzo, ecco tutto.

Sinceramente, lo discrimina anche senza che lo sia.

 

Iris

2677

La sveglia mi avverte che devo alzarmi e io balzo in piedi, che già non dormivo da decine di minuti. Spesso sono riluttante ad abbandonare il letto, ma non oggi.

Oggi è un giorno speciale.

È il mio quindicesimo compleanno e, in tutti questi anni, neanche una briciola di entusiasmo per questo evento è scappata dal mio corpo.

In pochi minuti sono già a tavola, pronta per fare colazione. Ad aspettarmi c'è mio padre, che legge il giornale e mi rivolge un grande sorriso quando mi vede.

«Già in piedi, eh?» domanda, venendo verso di me ed abbracciandomi.

«Papà, sai che non è un giorno a caso.» spiego, staccandomi il più velocemente possibile dall'abbraccio. Oggi mi verranno a trovare tutti i miei amici lontani, che abitano in altri distretti e che vedo di rado. Sono molto affezionata a loro, perché qui nel dodici non ho una grande folla di amici, sono piuttosto chiusa.

«E secondo te, me ne sono dimenticato?» ribatte lui, ancora più sorridente.«Buon compleanno, piccola.».

«Papà, ho quindici anni, non sono più tanto piccola.» rispondo. A dire il vero, non ho poi una voglia estrema di crescere. Sto bene così, con i miei genitori che si amano e una serenità costante.

«Sì, ma sei mia figlia. Per me sarai sempre piccola.» ribatte, ritornando a sedere.

Sento una voce e dei passi pesanti provenire dalle scale:«Iris, sei già sveglia?». È mia madre, ancora pigiama, che continua:«Non c'è tanto da stupirsi.» e mi stampa un bacio sulla guancia, sussurrando:«Auguri, Iris.».

«Grazie, mamma.» rispondo. Mamma è molto protettiva nei miei confronti, anche se da lei ho preso leggermente l'essere scontrosa. Ma in fondo ne vado fiera, perché è una delle donne più importanti della storia di Panem.

«Hugo non si è ancora svegliato?» domando a mio padre, sedendomi a tavola. Hugo non è altro che quel pigrone di mio fratello, che passerebbe anche giornate intere a dormire. E a farmi dispetti. È incredibile quanto siamo diversi, ovvero quanto lui sia esuberante e socievole ed io decisamente il contrario.

«È domenica, niente lo potrebbe svegliare.» risponde, spalmando della marmellata su una fetta di pane.«Tranne me.», continua, alzandosi e dirigendosi verso la camera di mio fratello.

Ad un tratto, il telefono esegue il suo assordante squillo per avvertirmi che qualcuno sta chiamando.

Sarà qualcuno che mi vuole fare gli auguri? Nel dubbio, vado a rispondere.

«Pronto?» chiedo, dopo aver sollevato il telefono.

«Pronto, Iris? Sono Klewen.».

Klewen? È da un po' che non lo sentivo.

Klewen è un mio amico, veniva a scuola con me ottenendo ottimi risultati: era decisamente il migliore della classe, riusciva sempre a inventare strani marchingegni elettronici. Poi, cinque anni fa, ha ricevuto l'invito di una prestigiosa scuola del Distretto 3 a diventare un suo studente; e da allora l'ho sentito di rado. Tre... al massimo quattro volte all'anno.

«Ciao! Sono felice di sentirti... come va?» ribatto, sorpresa da quella chiamata come dalle altre che ogni tanto fa.

«Bene, bene... senti, ma perché non vai ad aprire la porta?» risponde lui, lasciandomi stupita per la sua domanda.

Leggermente preoccupata per la salute mentale del mio amico, ribadisco:«Nessuno ha suonato, non avrebbe senso.».

«OK, come vuoi.». E dopo questa sua risposta, il campanello trilla.

E per me non è una coincidenza.

«Klewen... ma... alla porta...» balbetto, quasi spaventata da quella apparente casualità. E se fosse lui, che cosa succederebbe? E se non fosse lui, ne rimarrei delusa?

Ridacchia e poi continua:«L'unico modo per scoprirlo è aprire, non pensi?».

Mi dirigo verso la porta, apro la serratura, abbasso la maniglia e spalanco l'uscio.

Lo riconosco quasi subito, è rimasto come quello di cinque anni fa. Capelli spettinati, occhiali rotondi, vispi occhi scuri, sottile, naso enorme, oggettivamente brutto. È solo cresciuto un po' in altezza, mi supera di quasi una decina di centimetri.

«Klewen! Non mi aspettavo di vederti!» esclamo, salutandolo e dicendo la verità.

«Ciao, Iris. Vedo che non sei cambiata per niente. Infatti, non abbracci gli amici che non vedi da tanto tempo.» ribatte, osservando una cosa piuttosto giusta. Non regalo facilmente abbracci, non sono per tutte queste smancerie.

Alzo le spalle, quando sento mia madre venire verso di me, chiedendo chi era al telefono. Anche lei resta sorpresa dalla presenza del mio amico, come capisco dalla sua espressione e dalle sue parole:«Klewen! Ciao! Allora, come vanno gli studi nel distretto 3? Sono faticosi? Penso, è così tanto che non ti vediamo...».

«Ciao, Katniss.» la saluta lui cordialmente.«In effetti sì, negli scorsi anni dovevo rimanere in estate per sostenere degli esami; vedevo i miei genitori solo quando mi venivano a trovare al 3. Quest'anno, per la prima volta, mi lasciano passare le vacanze estive nel distretto dodici... Oh, comunque sono un grandissimo maleducato! Non ti ho ancora augurato un buon compleanno!» si rende conto il mio amico.

«Non importa.» sussurro sottovoce. Noto una strana valigetta stretta nella sua mano sinistra.«Cos'è quella?».

«Oh, è il tuo regalo di compleanno.» risponde ed entra in casa.«Dove posso posarla?».

Mamma fa spazio sul tavolo e indica il posto libero.

Allora Klewen apre la valigetta e rimango sbalordita dal suo contenuto di tasti colorati attaccati da entrambi i lati, fili e un vetro nero, su cui compaiono delle scritte dopo che Klewen abbia premuto un tasto: “Benvenuto”.

«Klewen... ripeto la domanda: cos'è quella?» chiedo, leggermente preoccupata da quel che potrebbe essere.

«Una macchina del tempo.» risponde lui, cliccando una successione di tasti.

«Non ci credo.».

È questa la mia prima, secca reazione. Non ci credo, tre parole che esprimono tutta la mia sincerità. So che Klewen è un genio, ma penso che questo sia impossibile anche per lui.

«Lo sospettavo» borbotta fra sé e sé, per mettersi ad osservare il suo orologio da polso:«Tre, due, uno...».

Un lampo di luce blu elettrico esplode dentro la stanza accompagnato da un boato, ma dopo che il fumo provocato si sia ritirato mi accerto che la cucina non abbia subito danni.

No, fortunatamente è tutto a posto, tranne la mia pazienza, che mi induce a gridare:«Klewen! Cosa caspita significa tutto questo?».

Lui non apre bocca, ma prende una bottiglia sdraiata che prima non avevo notato e me la porge. Vedo che contiene qualcosa, così svito il tappo e lo afferro.

È una foto di me, nella cucina, che guardo un'immagine.

Un flash mi assale gli occhi.«Scusa,» esclama Klewen, «ma è una dimostrazione. Posso prendere questa bottiglia?» domanda ed io annuisco.

Noto che la foto è già stata sviluppata, messa nella bottiglia ed è assolutamente identica a quel che tengo in mano.

«E adesso la rimando indietro di cinque minuti» spiega il mio amico, facendo ispezionare la bottiglia da un raggio verde. Dopo qualche secondo, sotto i nostri occhi, svanisce.

Cerco di collegare i tasselli di questo strano puzzle.

«Adesso ci credo.».

Una macchina del tempo! Una cosa fantastica e l'ha inventato un mio amico. Potrà risolvere tantissime situazione, annullare gli Hunger Games, persino la conquista dello stato che Panem era!

Non torna però che l'abbia portata qua. E per questo chiedo:«Il governo lo sa?».

Klewen scuote la testa.«E perché?» cerco spiegazioni.

«Potrebbero utilizzarla per cose che non condividerei. Più che altro, penso che sia il destino ad aver deciso che le cose sarebbero andate così e non le voglio cambiare.» ribatte.

Non sono d'accordo.«Il destino potrebbe aver compreso i suoi errori e li vorrebbe cambiare; non credi?».

«No.» risponde.«Devono accadere anche delle cose negative, tutto non può essere semplice.».

Non capisco ancora una cosa:«Perché allora hai inventato una macchina del tempo?».

«Hai ragione, dopo questo mio discorso non avrebbe senso. Ma l'ho fatto per scoprire come viveva la gente prima che questo stato diventasse Panem, soprattutto se le terre straniere erano abitate.» risponde.«E qui entri in gioco tu.» continua indicandomi.

«Dovrei andare nel passato?» domando, sinceramente preoccupata da questa sua idea.

«No, la mia macchina può solamente trasportare oggetti nel passato e prendere oggetti dal passato. Per questo dovresti fare una corrispondenza con una persona che abita in quel tempo, tenendo nascosto questa macchina. Ho già scelto la data e le coordinate, tu devi solamente scrivere.» spiega.

Una cosa mi balena in mente:«Non ha un senso! Perché lo dovrei fare io e non tu? E questo qualcuno che riceverà la mia lettera, come farà a verificare che viene dal futuro e non è uno scherzo? E se poi incontrassi qualcuno di pericoloso? Fammelo ripetere, Klewen, ma tutto questo non ha un senso.».

«Allora, Iris, fammi spiegare tutto con calma: lo dovresti fare tu perché io fra pochi giorni ritornerò alla scuola, e lì mi potrebbero prendere più facilmente rispetto a te qui. E se la persona non ti crederà... pace, cercheremo di instaurare una corrispondenza con una persona di un altro tempo o che abita in altre coordinate. E se incontrassi qualcuno di pericoloso, potrai mandare un biglietto nel passato, che dovrebbe arrivare fra tre... due... uno...».

Nulla.

Allora mia madre, che era rimasta spettatrice a questa scena, interviene:«Anche questo, però, sarebbe cambiare il destino di qualcuno. Se l'abitante del passato inviasse delle lettere a Iris, sarebbe una cosa paranormale che potrebbe non essere nei suoi piani.».

«No, anzi, ne farebbe parte.» ribatte Klewen.

Ci penso un attimo: sarebbe bellissimo comunicare con una persona del passato, avere un amico di penna che ti rispetti non perché sei figlia della salvatrice di Panem ma perché sei tu.

«Klewen, sei un inventore pazzo e tutto questo non ha un senso. Ma insegnami ad usare questa macchina, io ci sto.».

Il mio amico sorride.

È l'inizio di qualcosa di molto pericoloso, però ogni tanto bisogna rischiare.

 

Spazio autrice

Due settimane e un giorno che devo aggiornare.

Lo so, è troppo, e questo capitolo è a dir poco mediocre ma comunque lunghissimo. Spero nella remota possibilità che vi piaccia. Altrimenti, per favore, potreste dirmi cosa non va con una recensione negativa? Grazie :)
Allora, la scuola è finita (per chi non deve fare degli esami, e io per fortuna non sono una di quelle). Quindi buone vacanze a tutti, spero che potrò aggiornare più frequentemente.

Non saprei che dire, tranne che:

Alla prossima,

Bolide

  
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