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Autore: Aryelle    09/06/2014    2 recensioni
CROSSOVER TRA PERCY JACKSON ED HARRY POTTER RECENTEMENTE SPOSTATA IN QUESTO FANDOM
Alexandra era cresciuta con poche certezze nella vita, ma su quelle poche certezze, ci aveva costruito su la sua intera esistenza.
Era cresciuta conoscendo bene il suo ruolo nel mondo, aveva imparato ad accettarlo, e a conviverci.
Era cresciuta tra una famiglia che l'amavano e la sostenevano, i Malfoy, e una famiglia che l'aveva educata in modo piuttosto bizzarro, gli Dei.
Ma si sa, anche se una guerra tra Dei e Titani non riesce a smuovere quelle poche certezze, l'adolescenza e tutti i problemi da essa portati, beh, ci riescono eccome.
Questa è la storia di una semidea la cui materia preferita è Pozioni, la storia di una guerriera il cui sogno è diventare Medimago. Questa è la storia di Alexandra, figlia di Zeus.
Questa storia era già stata pubblicata, ma ho deciso di riscriverla, cambiandola un po'. Spero che mi darete un vostro parere.
Genere: Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Malfoy, Famiglia Potter, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Astoria, Harry/Ginny, Lily/Scorpius
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Figlia di Zeus'
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Qualcosa di freddo le sfiorava il polso, sembrava lo stesse accarezzando. Qualcuno le bloccò il polso. Quella che scoprì essere una lama, le penetrò nella pelle. Cercò di divincolarsi, ma era come se non sentisse il suo corpo. La lama penetrò ancora di più. Il sangue le colò lungo il polso, sentiva la sua scia calda e densa.

Qualcuno le si avvicinò, sentiva il suo fiato sul collo, e poi più su, sull’orecchio. Una voce suadente, una voce orribilmente familiare. Sentì salirle un senso di disgusto, che le attorcigliava lo stomaco. Le venne la nausea. Non lui.

Una mano la abbracciò da dietro. Poteva essere romantico, se non fosse che l’altra mano impugnava la lama.


-È per una buona causa, lo capisci, vero mia cara Alex?- sentì salirle l’adrenalina, e non potendo colpirlo, o ferirlo, urlò dalla frustrazione e dalla rabbia.

-Dovevi unirti a me quando ne avevi l’occasione- un bacio sul collo- insieme saremmo stati invincibili, e la profezia, grazie a te, avrebbe favorito noi- un altro bacio sul collo.

La nausea divenne ancora più forte.

-Perché mi hai abbandonato per loro, Alex?- delle labbra si impossessarono delle sue.

Un urlo di rabbia, più forte del primo, le morì dentro. Il sangue continuò a colare.

Si alzò a sedere di scatto, sudata e affannata. Un rivolo di sudore le scese lungo la schiena.

È stato solo un sogno, si disse, un sogno molto frequente.

Si ristese, cercando di tranquillizzarsi, e di rallentare il battito del suo cuore. Ieri sera si era addormentata nella speranza di liberare la mente, ma gli stessi pensieri con cui si era addormentata, tornarono a farle visita.

Non poteva dimenticare ciò che era successo ieri sera a cena. Ad un certo punto sua zia si era alzata, felice, con una luce raggiante negli occhi, dicendo che aveva aspettato che tutta la famiglia fosse riunita per dar loro una notizia. Aspettava un bambino.

Capì che quella era stata una novità anche per lo zio quando, all’udire la notizia, rimase come impietrito. Dopo un attimo di smarrimento, lui si era alzato felice, ma aveva letto qualcos’altro nel suo sguardo. Quasi spavento.
Decise che era ora di alzarsi.

Le tende della porta finestra erano chiuse, per cui era ancora buio nella sua stanza. Si alzò, ancora tremante, indossò la vestaglia, e aprì le tende. La luce le colpì violentemente gli occhi. Doveva essere metà mattinata, e ne ebbe conferma dall’orologio sul suo comodino. Dieci e un quarto.

Si recò verso il bagno per aggiustare un po’ i capelli e lavarsi. Quando tornò in camera trovò sul comodino il vassoio con la sua colazione preferita.

Contrariamente a quello che pensi, sono un ottimo chef, o almeno, un po’ di pancake e un tè ai mirtilli li so preparare. Hai un quarto d’ora per fare colazione e raggiungermi nel parco. Solita corsa.
-S

Alex sorriso leggendo il biglietto. Lei e suo cugino ogni mattina di fine estate, la trascorrevano nel parco della villa, dove correvano e si arrampicavano sugli alberi, a volte facendo a gara.

 Erano cose che facevano quando erano bambini, ma a loro piaceva farlo ogni estate, come se lei non se ne fosse mai andata, come se nulla potesse mai cambiare il loro rapporto. Inviò la lettera che aveva scritto la sera prima a Lily, e raggiunse il cugino.

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Odiava doversi portare indietro tutti i compiti di Divinazione, ma proprio non riusciva a concentrarsi su una materia così inutile. Il vento fuori aumentò. Lily alzò lo sguardo dai libri, affacciandosi alla finestra.

Vide qualcosa che si avvicinava, un punto che diventava sempre più grande. Si accorse che era il gufo dei Malfoy, quindi, Alex l’aveva risposta.

Uscì dalla sua stanza di corsa, scendendo in cucina, per prendere la lettera. Ma quando era arrivata alla fine della rampa di scale, che dava sulla cucina, si arrestò. I suoi genitori stavano parlando a bassa voce, quindi di qualcosa che lei e i suoi fratelli dovevano restarne all’oscuro.

-…mi ha inviato ieri un gufo Draco. Astoria è incinta. Non è al sicuro, non qui- diceva suo padre, piuttosto frettolosamente, come per paura di essere scoperto.

Perché la madre di  Scorpius era in pericolo? E soprattutto, perché pensava a lei come la madre di Scorpius e non la zia della sua migliore amica? Quando sentì la madre rispondere, tornò a concentrarsi sulla conversazione.

-Sai di quanto è incinta?-

-Quasi due mesi. Se solo riuscissimo a capire il perché di tutte queste spar…- il padre si arrestò di colpo, quando dalla porta che dava sul giardino, entrò Albus, con in mano la lettera che lei aspettava.

Doveva dire ad Alex quello che aveva sentito. Doveva dirle che sua zia era in pericolo. Senza nemmeno sapere perché lo era.

E, soprattutto, doveva smettere di pensare al migliore amico di suo fratello.

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-Questa situazione è fin troppo strana- commentò Lily, stringendo tra le sue mani il frappé.

Quel pomeriggio, insieme a Lily e Alice, Alex si era concessa una passeggiata per Diagon Alley, per poi finire con un frappé da Florian Fortebraccio, dove, sedute al loro solito tavolino, avevano parlato dell’estate trascorsa e delle ultime novità, come quello che Lily aveva sentito nella cucina di casa sua.

-Che poi, a pensarci, quando zia ce lo ha detto, zio Draco è rimasto congelato- riflettè Alex, rigirandosi il bicchiere tra le mani.

-Beh, questo non significa niente- puntualizzò Alice- voglio dire, non te lo aspetti un altro figlio dopo tutto questo tempo, anche se sono ancora abbastanza giovani-

-Anche questo è vero, ma lo zio lavora ai piani alti del Ministero. Lui qualcosa sa. Qualcosa che si muove nell’ombra e di cui non vogliono dirci nulla- sembrava che Lily volesse aggiungere altro, ma poi si fermò.

-Chissà se c’è qualche collegamento tra queste sparizioni e la tua tentata cattura- pensò Alice.

-No Aly, dimentichi che io non sono incinta- commentò sarcastica Alex.

-Hmm io non saprei- rispose Alice studiando il suo frappé, che all’occhiata delle sue amiche, si affrettò ad aggiungere- mi riferivo ad altro. Forse loro ti volevano per altro-

-Non lo so, quest’estate, parlandone con Annabeth, abbiamo pensato che fosse qualche amico di Luke, ma non ha senso spingersi fin qui- non potendo parlare apertamente della guerra coi Titani, parlavano di Crono e del suo esercito come di Luke e i suoi amici.

-Dimentichi che quello era un mago Alex, loro non si servono dei maghi- precisò Lily –io ti dico questo. Alla prossima sparizione, ne parli con papà, o almeno con tuo zio-

-Ragazze, vado un attimo in bagno. Voi aspettatemi, così paghiamo e raggiungiamo i ragazzi- dopo un cenno d’assenso delle sue amiche, Alex si alzò, entrando nel locale per cercare il bagno.

Per sua sfortuna, il bagno era occupato così dovette aspettare fuori. Iniziò a battere nervosamente il piede per terra, in preda all’inquietudine. Dette la colpa all’iperattività.

Quando finalmente il bagno fu libero, vi entrò, chiudendosi la porta alle spalle. Era piccolo e stretto, e le dava la sensazione di essere intrappolata. Aprì la finestrella che si affacciava sul retro del bar.

Ma se ne pentì subito.

Quando l’aprì, dietro di essa, c’era una figura incappucciata, immobile, come ad aspettarla.

Ed aveva un mantello viola.

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Doveva esserselo immaginato. Albus si era allontanato da Frank e i suoi compagni con una scusa a dir poco banale, doveva ritirare un libro per sua zia al Ghirigoro, ma in realtà era stato attirato da qualcos’altro. Un urlo femminile. Fece per tornare indietro, quando sentì un gemito in un vialetto scuro, all’angolo tra il Ghirigoro e la gelateria di Florian Fortebraccio.

Ora era sicuro di averlo sentito. Si addentrò silenziosamente nel vialetto, il più silenziosamente possibile. Odiava non essersi portato il mantello di suo nonno con sé.

Una volta girato l’angolo, vide la scena. Due uomini, con un mantello viola che copriva loro anche la faccia, chini su una donna svenuta. Un uomo aveva in una mano una bacchetta e una siringa nell’altra, mentre l’altro aveva un coltello che splendeva di luce propria al buio. Non ne aveva mai visti così, non di quel materiale così splendente.

Cercò di pensare alla svelta, a come aiutare la donna. Non poteva usare la magia, aveva appena sedici anni.

Si guardò intorno, e vide una mazza arrugginita accanto al suo piede. Lentamente la prese, e si avvicinò ai due uomini di spalle. Poteva farcela.

Se solo fosse stato attento a dove metteva i piedi. I due uomini, attirati dal rumore del vetro che aveva calpestato, si girarono. In un attimo, l’uomo con la bacchetta, iniettò il liquido contenuto nella siringa nel collo della donna, e si smaterializzò con il suo complice.

Controllò se ci fosse qualcun altro nel viale. Erano soli. Controllò se la giovane donna fosse viva, e quasi sospirò quando sentì il sangue pulsarle nelle vene. Non sembrava ferita.

Il più delicatamente possibile, la prese in braccio, e uscì dal viale, pronto a cercare aiuto. Vide una chioma scura e disordinata come la sua fuori la libreria.

-James- lo chiamò a voce alta, cercando di catturare l’attenzione del fratello, che si girò nella sua direzione.

-Albus eccot….che è successo?- chiese spaventato, quando vide il corpo della giovane donna accasciato tra le sue braccia.

-Aiutami, poi ti spiego- il fratello corse al suo fianco, e, una volta posata la donna per terra, prese la bacchetta dalla tasca dei pantaloni.

Nel frattempo un capannello di persone si era raccolto intorno a loro.

-Dobbiamo portarla al S.Mungo-

-Sarà ancora viva?-

-Chiamate un medico-

Erano tante le voci che si accavallavano intorno a loro mentre James tentava un Innerva.

La donna aprì i suoi occhi scuri di scatto.

-Il mio bambino- sussurrò disperata, una mano abbandonata sul ventre.

Fu un attimo, e poi svenne di nuovo tra le loro braccia.

 
 
 
 
 
 
 
 
Un po’ a causa della scuola, un po’ per altro, ho ritardato questo capitolo di un paio di settimane. Ma oggi ce l’ho finalmente fatta! Speravo che uscisse un po’ più lungo, e stavo per continuare a scriverlo, ma ho deciso di continuare nel prossimo capitolo, per chiarire un po’ cosa rivelarvi o meno. Qui la storia inizia a movimentarsi un po’, con alcune novità. Spero che il capitolo vi piaccia, e che mi farete sapere cosa ne pensate. Ringrazio inoltre chi recensisce e chi segue la mia storia. Un bacione a tutti, e buona estate!
  
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