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Autore: happysheep    09/06/2014    2 recensioni
Laon si nasconde, in fuga dal suo popolo, in fuga da sua padre, in fuga da se stesso. Cerca di dimenticare chi è realmente, sperando di cambiare. Purtroppo però ciò che ci lasciamo alle spalle molto spesso torna a bussare alla nostra porta e difficilmente possiamo ignorarlo... soprattutto se si tratta della persona più pericolosa al servizio di suo padre.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

 

Capitolo 7

“Dove siamo?” chiesi come prima cosa, perentorio.
“Villagio di Uclia, poco lontano da dove ci siamo incontrati. Non appena si è addormentato, ho ritenuto più saggio trovare un posto per riposare, dove potessimo anche ottenere delle cavalcature.” rispose senza battere ciglio il soldato.
La sua risposta non mi sorprese: niente di meno da Dan il perfezionista.
“Molto bene. Notizie degli inseguitori?”
“Per ora tutto tace, mio principe. Temo che non tarderanno a trovarci, i segni del nostro scontro non sono pochi, ma non mi sono fidato ad andare più lontano. Non sarei riuscito a proteggerla adeguatamente mentre dormiva. Il fatto che adesso si fidi di me significa che… ha incontrato la regina vero?” domandò lui esitante.
La mia voce si fece lontana, quasi sognante, persa ancora in un mondo grigio e piatto. “Sì, l’ho vista. Mi ha spiegato anche il tuo compito… motivo per cui non ti sto uccidendo in questo momento.”
L’ultima parte venne affiancata da un mio sorrisetto ironico, in cui però si potevano vedere vere tracce di minaccia. Non avrei permesso di nuovo a Dan di avermi alla sua mercé, vulnerabile così a lungo.
Mi alzai dal letto, allontanando le coperte, e notai che il pugnale pendeva al mio fianco, in un fodero di pelle molto semplice. Guardai interrogativo l’uomo, che rispose scrollando leggermente le spalle. “È vostro ora. Quello renderà più facile il trasporto.”
Oooh questa non me la posso perdere. “E dimmi… chi mi avrebbe messo il fodero al fianco?” domandai sorridendo, con un mormorio.
La risposta giunse immediata, lui perplesso, ignaro delle mie insinuazioni. “Io ovviamente, chi altri?”
“Oh! Male, molto male Dan. È così ti piace mettere le mani addosso alle persone addormentate. Almeno dimmi, com’è stato? Il mio corpo era di tuo gradimento?”
Immediatamente il suo volto si accese di un rosso brillante, colpito dalle parole. Non si aspettava di certo una domanda del genere, ed imbarazzato, iniziò a balbettare.
Ohohoho qui qualcuno è timido vedo.
Avanzai molto lentamente verso di lui, lo sguardo da predatore che aveva avvistato una facile preda. L’altro fece un piccolo passo indietro, incerto delle mie intenzioni, incerto delle proprie intenzioni. Gli passai accanto, sfiorandolo delicatamente, un tocco di spalla contro spalla. In quel momento sentii un breve sospiro tremolante da parte sua. Contento del risultato, uscii con un grosso sorriso.
Scoprii che ci trovavamo in una semplice taverna, il numero delle stanze era talmente esiguo che il corridoio si affacciava direttamente al piano inferiore. I tavoli erano pochi, ma anche così sembrava che la gente si fosse accalcata tutta nel locale.
Dev’essere l’unico posto della zona dove si possa bere, pensai distrattamente, scendendo le scale. Notai che alcuni mi fissavano, forse interessati o forse curiosi del nuovo arrivato, ma non diedi loro attenzione. Mi avvicinai invece al bancone, e lanciai un sorriso luminosissimo al ragazzo che vi lavorava, decisamente bello, e dal modo in cui rispose, interessato.
“Ciao, bell’addormentato.” disse per prima cosa.
Lo guardai un attimo, sbattendo le palpebre. La mia espressione si incrinò lievemente.
“Come scusa?”
“Ahah, no scusa tu. È che quando sei arrivato, stavi dormendo e il tuo amico ti portava in braccio. Dimmi, dove l’hai lasciato?”
“Mi piace mantenere le distanze. Non siamo mica sposati.” Ok, più chiaro di così non potrei essere.
Ma non sembrarono necessari ulteriori chiarimenti, gli si illuminò il volto, rendendolo ancora più affascinante. Poggiai lievemente la mia mano sulla sua e a voce bassissima gli chiesi: “Quando finisci?”
L’altro non si mise problemi, passò un attimo lo straccio sul bancone, chiamò un giovane dal retro e subito dopo mi raggiunse. Nel cingermi il fianco con un braccio, avvicinò la sua bocca al mio orecchio. “Non ho orari, sono il padrone. Fai un fischio e io sarò sempre pronto.”
“Oh. Sai potrei anche darti retta, ti fischierò così tante volte che probabilmente alla fine mi dirai no.”
Bleah, mi sto facendo senso da solo. Sento che mi verrà qualche conato.
Il locandiere non condivideva le miei opinioni anzi, dalla grandezza del sorriso, sembrava che gli avessi proposto il matrimonio. “Vieni con me!” iniziò a guidarmi verso la porta, pronto a trovare un posto al riparo da occhi indiscreti.
“Lucas!” Una voce, parecchio infastidita a quanto pare, sovrastò il brusio della sala, che si spense immediatamente. Dan mi fissò irato, le mani strette alla balaustra con grande forza, tanto che il legno scricchiolò.
“Non credi che dovresti restare dentro? Tra poco dobbiamo andarcene, si sta già facendo tardi. Abbia perso abbastanza tempo con il tuo pisolino.”
Certo, sono sicuro che sarà quello il motivo per cui mi vuoi dentro. Ma figurati.
“Susu Daniel, non dovresti preoccuparti così tanto! Abbiamo ancora tempo, non credi? Questo gentile locandiere mi ha detto che sa dove ci possiamo procurare dei cavalli. È così gentile che si è preso persino il disturbo di accompagnarmi, pensa! Sarebbe da veri maleducati rifiutare.”
Detto questo mi voltai, e seguii il giovane fuori dalla sala. Ancora una volta neppure una mosca volò. Lo sguardo di tutti si alternava tra noi, che tranquillamente uscivamo ancora abbracciati e Dan, che livido di rabbia ci lanciava sguardi infuocati, tali che li sentivo sulla schiena. Quando chiusi la porta mi accertai che sbattesse, giusto per dare un effetto melodrammatico alla scenata.
Subito il giovane (a breve avrei scoperto che si chiamava Jan) abbandonò il mio fianco, mi prese la mano e con sguardo invitante mi condusse al fienile di fianco alla sua locanda.
Passammo parecchio tempo lì dentro. Tocchi infuocati, respiri bollenti, e gemiti. Quando uscimmo, accaldati ma soddisfatti, il nostro volto portava il nome di Piacere. Fatto che non sfuggì al soldato appoggiato al muro opposto alla porta del locale. Con occhi color carbone prima lanciò uno sguardo gelido al giovane, che un poco preoccupato si allontanò in tutta fretta dopo un breve saluto, e poi rivolse il suo fastidio verso di me. Io, come sempre, mi limitai a fare un sorriso sardonico.
“Spero che sia soddisfatto finalmente, principe. Le guardie ormai saranno molto vicine. Se prima eravamo in pericolo, il tempo perso per soddisfare i suoi bisogni di certo non ha aiutato.”
“Dan, lasciami dire due cose: quando e come voglio soddisfare i miei bisogni non sono affari tuoi; ed inoltre mai dire che del buon tempo passato con me sia sprecato, dici così solo perché non hai ancora provato. Comunque, andiamocene, neanche io ho voglia di ritrovarmi le guardie addosso.”
Le ultime parole famose: un’improvvisa ondata di mana attraversò i dintorni, subito seguita da urla strazianti.
“Troppo tardi temo.” Mormorò cupo Dan.
“Sembra che abbiano fatto uscire allo scoperto i pezzi grossi.” dissi con un fischio di ammirazione: tutto intorno al villaggio era stata eretta una barriera di notevole forza, invisibile all’occhio, senza un singolo punto debole.
“Incantesimo di classe difensiva, livello Generale:  Carapace.” Commentò piatto Dan, con una punta di preoccupazione.
“Adesso sei diventato un enciclopedia per incantesimi? Comunque non c’è bisogno di dirmelo, so che è uno dei generali, se proprio vuoi saperlo è Tibor, ma scommetto che ci sono anche gli altri. Conoscendo Oberon avrà deciso di dare il tutto per tutto… Allora Dan, danziamo?” chiesi io spensierato, allungando la mano verso di lui.
Per una volta il rigido soldato sembrò capire l’ironia e con un sorriso disinvolto, inclinò il capo, eseguendo una riverenza: “Le concedo il primo ballo, principe.”
“Oh mio caro, tu sì che sai come corteggiare un uomo.”
Il divertimento e l’esaltazione della prossima battaglia stavano iniziando a prendermi.
Liberai ogni oncia di mana nel mio corpo, sprigionando una forza tale da illuminarmi (sapete, se in questo mondo fossero esistiti i fari al neon, probabilmente le persone mi avrebbero paragonato a quello) e liberare fortissime scariche di vento. Congiunsi i palmi, concentrando l’aria in quell’unica zona, preparandomi all’incantesimo più adatto a spezzare barriere del genere. Quella qui utilizzata presentava infatti un reticolo cristallino: grazie ai diversi punti focali possedeva una grande difesa; allo stesso tempo però era la sua debolezza. Infatti, una volta distrutto un singolo punto, sarebbe stato facile abbatterla completamente.
In teoria il piano era semplice, ma attuarlo non lo sarebbe stato affatto: il potere necessario a distruggere quel singolo punto d’incontro sarebbe stato tremendo. Dan comprendendo le mie necessità, assunse una posizione difensiva, pronto a difendermi da qualunque attacco nemico.
Ovviamente non tardarono ad arrivare: con tutto il potere che stavo liberando, era difficile non notarmi.  Provarono a lanciare alcuni dardi di fuoco e ghiaccio verso di me, ma vennero immediatamente distrutti dalle fiamme del mio cavaliere nella sua brillante armatura. Come si conviene a dei buoni soldati, capirono immediatamente che non sarebbero riusciti ad abbattermi immediatamente, perciò cambiarono tattica e puntarono contro Dan. Per ribaltare la loro mancanza di potenza rispetto all’avversario, cecarono di creare un incantesimo più potente unendo le forze: lo rinchiusero in una gabbia di solida roccia, creando intorno un’altra gabbia e così via, di modo da renderla una prigione a strati multipli. Una volta terminato però, non si dedicarono tutti a me, alcuni rimasero concentrati sull’incantesimo, rafforzando i muri e ricostruendo di continuo quelli distrutti. Due invece mi rivolsero dei ghigni soddisfatti, già alcune sfere di fuoco nelle mani. Purtroppo per me non avevo ancora finito le preparazioni, quindi non potevo muovermi, o avrei dovuto ricominciare tutto da capo. Ma non mi dovetti preoccupare: con un rombo assordante infatti, la gabbia si sciolse come neve al sole, un mare di fiamme eruttando da una singola figura. I soldati cercarono di creare barriere protettive, sfortunatamente per loro senza effetto: a poco a poco vennero erose, ogni difesa stracciata; con urla assordanti, non poterono fare altro che cedere all’attacco, al fuoco, al dolore. In breve tempo di loro non rimase nulla.
Altri soldati giunti da poco non si avvicinarono, probabilmente alla ricerca di un metodo per abbatterlo. Fecero solo dei deboli tentativi con alcuni bombardamenti, ma senza successo.
Mentre si arrovellavano il cervello, io finalmente terminai. Tra le mani non più congiunte, si era formata una lancia dai colori violacei e dai contorni indefiniti; non la toccavo direttamente, ma la potevo manipolare muovendo semplicemente il palmo della mano. Per testarla la agitai un paio di volte verso i soldati nei dintorni, che si allontanarono timorosi, o addirittura si protessero con degli scudi, quando invece arrivò loro giusto una brezza leggera. Ridacchiai soddisfatto ed assunsi una posa di lancio.
“Dan, preparati: appena abbatto il primo punto di congiunzione della cupola,  tu parti da quello e distruggi tutti gli altri; poi  ai soldati penso io.” mormorai poco prima di muovermi.
Lanciai con tutta la forza che avevo l’arma, che una volta allontanatasi abbastanza iniziò a ruotare su se stessa, acquisendo un’incredibile forza di penetrazione. Quando raggiunse la barriera, un bagliore viola illuminò la zona. Nonostante ciò, potei percepire distintamente il contrasto tra le due forze: la barriera sembrava non voler cedere, ma col tempo non ebbe scelta, annientata dalla forza superiore del mio incantesimo.  Abbattuto quello, subito percepii le fiamme distruttive cercare e abbattere ad uno ad uno gli altri punti di intersezione, diffondendosi come un virus.
Durante l’abbattimento dello scudo io mi dedicai alle altre guardie: prima lanciai alcune sfere di vento che diversamente da quelle nemiche, annientarono facilmente le loro difese. Probabilmente ritenendomi un tipo di attaccante a lunga distanza, i sopravvissuti si avvicinarono con spade e pugnali, commettendo anche in quel caso un grave errore. Presi infatti la mia nuovissima arma e la danza delle lame iniziò. Colpo su colpo; scintille di acciaio contro acciaio; grida di dolore; carne squartata; schizzi di sangue a bagnare i dintorni, ben poche mie. Ruotai, evitai, tagliai, saltai, calciai, pugnalai… nessuno si salvò. Alcuni minuti dopo alzai lo sguardo, mentre il cielo cadeva in numerose schegge luminose. I miei vestiti erano schizzati di sangue, ma non me ne preoccupai, probabilmente a breve ne sarebbe arrivato altro.
“Grazie per avermi dato del tempo principe. Mi ha sorpreso… non sapevo che fosse abile con le armi da taglio.”
“Figurati se la mamma non ci ha insegnato a combattere a distanza ravvicinata. Sarebbe stato penoso: i figli della Regina di spade che non riescono ad usare un’arma. Poi l’evocazione della lancia mi ha sfiancato, quindi preferisco evitare di lanciare incantesimi per qualche ora. Non posso neppure creare le illusioni con il pugnale: non ho mai provato e non mi sembra il caso di farlo ora, ti pare?”
“Capisco... però se non è in grado di usare la magia, temo che sarà difficile batterci. Non crede, principe?” disse una voce alle mie spalle.
Sospirai per niente sorpreso, li avevo percepiti avvicinarsi, ma viste le loro capacità sarebbero stati comunque in grado di capire la mia fatica. “Tibor, Ilona, Alexander, da quando i generali si spostano da soli? Non vedo Yuri però… è in vacanza?”
Finalmente mi voltai per osservare i volti dei tre nemici. Due erano molto simili, anche se di sesso differente: Tibor e Ilona, i generali gemelli. I loro capelli un tempo completamente castani erano ormai ornati da numerose ciocche grigie (non so bene se per lo stress o la vecchiaia); nonostante ciò il loro corpo era ancora agile e scattante, capace di rivaleggiare facilmente quello di giovani ventenni. Il terzo membro era Alexander, il più giovane da un secolo a questa parte ad ottenere la sua carica; era difficile darne una vera e propria descrizione, visto che indossava sempre un cappuccio talmente grande da coprire completamente i suoi lineamenti, nascondendoli nell’ombra (credo che ci fosse un incantesimo dietro, ma anche se fosse, era talmente flebile che mi era impossibile percepirlo).
Tibor inclinò il capo in saluto quando incrociai i loro sguardi e rispose: “No, sire. Ci sembrava scortese abbandonare la regina in un momento simile, quindi Yuri è rimasto al suo fianco. Il suo viaggio non è ancora terminato…” la sua voce si spezzò leggermente al finire della frase, ma subito venne rincuorato dalla sorella, che con dolcezza gli strinse il braccio.
“E ditemi, la vostra è una visita di piacere? Ho sentito che qui vicino ci sono delle terme fantastiche, un vero toccasana per il corpo!”
“La prego principe la smetta, sa benissimo perché siamo qui. Per piacere ci segua senza lottare. Senza la magia non può sperare di battere tutti e tre, neanche con l’appoggio di Dan.”
“Ho solo detto che preferirei non usarla, mica che non posso.” ribattei io facendogli l’occhiolino. Subito afferrai la mano di Dan, mi avvicinai al suo orecchio e mormorai: “Preparati a rendere le cose bollenti.”
Sollevai una forte corrente d’aria, che avvolse i tre senza preavviso, non l’avvicinai troppo, in quanto i loro scudi l’avrebbero dispersa in fretta, ma di colpo vennero avviluppatii da numerose fiamme. Dan, capendo le mie parole aveva subito creato un bel tornado di fuoco, che continuammo ad alimentare aumentando il potere di entrambi gli incantesimi.
Quando fui sicuro che avrebbe retto per un po’ iniziai a correre, allontanandomi. Lanciai un breve sguardo alle mie spalle, chiedendomi perché la mia guardia non si fosse mossa, ma con un gesto mi fece capire di non fermarmi.
Li terrò a bada il più possibile, lei scappi. Probabilmente cercava di farmi capire questo, o semplicemente voleva offrire loro del tè. Qualunque fosse il motivo, io fuggii. Mi sentii un po’ codardo ad abbandonarlo, ma lo conoscevo: sarebbe scappato in un modo o nell’altro.
Corsi con tutta la forza che avevo, evitando ogni ostacolo, svoltando angolo dopo angolo. Non potevo permettermi di volare, quindi dovetti accontentarmi di attraversare vicoli e vie nascoste per non farmi trovare. Ero quasi arrivato alla foresta quando dovetti fermarmi, ogni via di fuga bloccata: ero stato circondato completamente da una barriera. Cercai di riprendere fiato, spossato dalla corsa; non avevo potuto neppure utilizzare delle magie di sostegno fisico, per evitare che mi rintracciassero, ma sembrava che fosse stato inutile.
“Ora basta scappare, principe. Non si addice ad una persona del suo rango.” disse Tibor spuntando da una casa di fronte, seguito subito da Ilona.
“Siete proprio persistenti, cosa vi costa lasciarmi andare? Avete Mikhael come principe no? Prendetevi lui e fatemi vivere la mia vita.” esclamai, seriamente infastidito.
“Sa bene quanto me che potendo lo faremmo, ma non è questo il caso. Adesso ci segua.” ribatté l’altra.
Certo, come no pensai. Invece di rispondergli, mi limitai a dare fondo alla mia riserva di mana, sperando che bastasse per sconfiggerli entrambi. Dal terreno iniziarono ad innalzarsi numerose sfere di metallo che, richiamate  e manipolate dal mio potere presero la forma di catene, la cui punta terminava in uncini acuminati. Senza perdere tempo, le diressi verso i due, che non si mossero, essendo protetti da un ulteriore scudo. Subito dopo risposero a loro volta sferrando numerosi attacchi.
Ilona si lanciò contro di me ad una velocità folle, i pugni ben stretti. Cercai di scartare di lato, ma il mio movimento ebbe vita breve: sbattei in fatti contro un'altra barriera, perdendo l’equilibro e rendendomi impossibile un contrattacco. La nemica ne approfittò, comparendomi subito alle spalle: dopo un calcio ben assestato al retro del ginocchio, cercò di farmi perdere i sensi con una serie di pugni prima al fianco e poi alla testa. Grazie alle mie difese riuscii a resistere, ma ormai vedevo tutto sfocato. Non potevo sperare di batterla in un combattimento corpo a corpo, quindi cercai di allontanarmi. Scossi la terra, così da farle perdere un punto d’appoggio solido, quindi con una bolla d’aria la allontanai, ma sembrava che anche questa mossa fosse stata prevista, infatti dopo pochi metri, una barriera comparsa alle sue spalle venne usata come punto d’appoggio per un ulteriore scatto nella mia direzione. In tutta fretta diressi le catene a creare una sorta di rete che grazie soprattutto alla sua stessa spinta, causarono qualche danno stordendola momentaneamente.
Mentre recuperavo un attimo fiato, lanciai una serie di incantesimi: prima di tutto evocai uno spirito del Metallo, che si sarebbe occupato del controllo delle catene, fornendomi aiuto (non osai evocarne uno più potente, in quanto avrebbe richiesto troppo tempo), quindi manipolando la terra, creai una serie di crepacci. I due avversari evitarono tutte le spaccature senza problemi, saltando da un punto all’altro, ma non era con quello che speravo di ferirli. Mentre erano in aria infatti, erano più vulnerabili e li attaccai. Mentre le diverse catene non lasciavano loro spazio per destreggiarsi, iniziai a lanciargli ad alta velocità diverse sfere di metallo, della grandezza di una mano. Puntai soprattutto verso Tibor, perché se avessi abbattuto lui, sarebbe stato molto più semplice sconfiggere la sorella.
Inizialmente la sua difesa rimase perfetta, ma a poco a poco cedette. Neppure un generale poteva sopportare due attacchi in contemporanea, mentre era costretto a saltellare come un coniglio per non finire sotto terra. Fu musica per le mie orecchie sentire la barriera infrangersi e con esse le costole del guerriero, provate dalle mie sfere. Ovviamente non mi fermai a questo: il metallo assunse infatti una forma appuntita che trapassò lo stomaco del generale, facendogli sputare sangue.
Il territorio fu nuovamente libero, ogni barriera abbattuta a causa delle ferite e della mancata concentrazione del loro creatore. Non ebbi però tempo per godermi la vittoria, infatti durante il mio attimo di distrazione Ilona, sfuggita all’assalto delle catene, si era avvicinata abbastanza da tirarmi un pugno. La forza dell’attacco fu tale che mi schiantai contro il muro di una capanna, che cedette sopra di me.
Sputando sangue cercai di liberarmi dai detriti, ma il corpo non rispondeva bene ai comandi.
Stronza, mi deve aver rotto un bel po’ di costole e almeno un braccio. Dannazione, dannazione, dannazione.
Dopo alcuni tentativi, riuscii a concentrarmi abbastanza da crearmi una via di fuga spostando i detriti. Quando ne uscii, vidi che Ilona era affianco al fratello, cercando di capire il danno. Gorgogliai una risata, e seppur dolorante riuscii a dire: “Non l’ho ucciso, se lo porti in fretta da un guaritore si salverà.”
Lei rispose con un semplice sguardo infuocato, d’odio puro; prese il fratello tra le braccia e si allontanò, con tutta la velocità che il ferito poteva sopportare.
Mi accasciai ad una parte di muro ancora intatta, continuando a sputare così tanto sangue che iniziavo davvero a preoccuparmi. Non conoscevo molti incantesimi di guarigione, e anche quei pochi che ero in grado di utilizzare, mi permettevano solamente di accelerare un poco la rigenerazione.
Non riesco neppure ad invocare uno spirito ormai, non ho praticamente più mana, e come minimo devo avere parecchie ferite interne per colpa delle schegge d’ossa. Bella fine per un genio in fatto di magia, non c’è che dire.
Cercavo di rimarginare le ferite interne con i pochi poteri curativi che possedevo, ma non sembravo avere molto successo. Le palpebre iniziarono a chiudersi, le forze mi abbandonarono e non potei fare nulla per impedirlo. Per un po’ cercai di lottare, ma senza successo.
Che cavolo… scappo una volta e riesco a stare in latitanza per anni, scappo la seconda volta e mi ritrovo a morire il giorno dopo. Dimmi se non è sfortuna questa. Non posso neppure dire che sia stato un viaggio divertente… sembra che ti raggiungerò presto, mamma.
Infine mi arresi al calore che sentivo crescere sempre più, chiusi gli occhi e mi abbandonai all’oblio.
In un mondo di completa tenebra, in cui neppure il mio corpo sembrava esistere, l’unica presenza costante era il calore. Un onda bruciante, dolorosa, cocente. Il tempo passava, ma non ero in grado di seguirlo, potevano essere secondi, minuti, ore, giorni.
Quando riaprii gli occhi, non ero sicuro se fossi semplicemente passato aldilà, se questo fosse il famoso Infinito tanto acclamato dal popolo. Devo ammettere che non era un granché: ero disteso su un giaciglio di paglia (particolarmente scomodo) all’interno di una grotta; da quanto potevo vedere fuori stava piovendo; senza contare che a causa delle continue vampate ero sudato fradicio. Ormai sicuro di essere sopravvissuto, mi voltai mormorando debolmente. “Dan?”
Finalmente vidi chi mi faceva compagnia nella grotta. Nonostante non fossi in grado di esprimerlo al meglio, ero assolutamente sbalordito: non soltanto non c’era Dan, ma non conoscevo neppure la ragazza che mi stava sorridendo mezza divertita.
“Mi dispiace ciccio, ma non sono Dan. Preferisco che mi chiamino Nahia.”
Cercai di alzarmi, ma una fitta lancinante al costato me lo impedì, facendomi ricadere pesantemente a terra e provocandomi ancora più dolore. Subito si mosse verso di me, tirando fuori dalla borsa al suo fianco una fiala contenente del liquido che mi fece bere forzatamente. “Potresti startene fermo per cortesia?” disse irritata. “Già è un miracolo che ti abbia trovato e guarito in tempo, sarebbe alquanto fastidioso se morissi ora.”
Combattendo un altro attacco di tosse, cercai di muovermi il meno possibile, sperando che mi passasse in fretta. Una volta tranquillizzato un poco la osservai più attentamente. Una donna alquanto affascinante, dalla pelle color caffelatte. L’attenzione veniva però concentrata maggiormente sui suoi occhi, per il loro colore: uno era infatti viola, mentre l’altro era color zafferano.
Probabilmente l’avevo fissata troppo a lungo (mi era sembrato poco tempo, ma con la febbre che mi ritrovavo non si poteva mai dire) perché domandò: “Dimmi, trovi interessante quello che vedi? Mi dispiace ma non c’è niente in vendita!” con un espressione divertita.
“Non preoccuparti, non vedo niente di interessante.” Risposi io con un accenno di sorriso. “Passando alle cose serie… chi sei e dove sono?”
“Non perdi tempo eh? Come ho già detto mi chiamo Nahia e ci troviamo in una grotta vicino ad Uclia. Sono stata attirata dai rumori della battaglia, tra l’altro complimenti, sei piccolino ma riesci a fare parecchio danno se ti ci metti.” terminò lei ridendo.
Io senza darle retta continuai con le mie domande. “Per caso hai visto se c’era qualcun altro nel villaggio? Alto, biondo occhi neri, gioca col fuoco?”
“No, mi dispiace. A dire la verità non ho neppure controllato, ti ho subito tratto in salvo. Non sono una persona bravissima?”
“Certo, certo. Dimmi, sei sicura che non ci troveranno qui? Ho giusto un esercito intero che mi segue, sai.” commentai ironico.
Un sorriso divertito le attraversò il volto. “Non preoccuparti ciccio, ho messo un sacco di barriere in giro, non potranno rintracciarti. Saremo soli soletti, non è fantastico?
“Si, certo. Ora però puoi anche confessarmi cosa vuoi in cambio. Difficilmente la gente si prende tanto disturbo per salvare uno sconosciuto. Men che meno se deve stare attento ad un intero esercito di soldati nel frattempo.”
Non potevo fare molto in quello stato, ma non mi costava nulla fare domande. Al massimo mi avrebbe minacciato, cosa che non avrebbe potuto comunque peggiorare la mia situazione.
Per un secondo gli occhi le si rabbuiarono, ma in breve assunse di nuovo un espressione divertita. “Ogni cosa a suo tempo mio giovane paziente, adesso cerca di riposarti. Quando ti sveglierai, starai molto meglio.” Mise una mano sulla mia fronte, applicando un incantesimo del sonno.
Mentre la coscienza scivolava via, riuscii a mormorare alcune parole: “Cerca Dan, per favore.”
“Stai tranquillo, ci pensa sorellona Nahia a te ora. Dormi.”
Infine mi abbandonai nuovamente al buio e al calore, perdendo i sensi.


  
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