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Autore: Fragolina84    09/06/2014    0 recensioni
Sequel di "I belong to you" e "The tomorrow key" pubblicate nella sezione Film/Iron Man
"E così è qui che finisce la vita di Tony Stark. Certo, l’ultima cosa che avrei pensato era che sarebbe stato per tramite della donna che amo. Ma, a ben pensarci, poteva andarmi peggio: meglio morire guardando il suo viso che per mano di qualsiasi cosa Loki abbia intenzione di scatenarci contro"
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tony Stark/Iron Man
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I love Avengers'
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Tony ha avvisato Victoria di andarsene al più presto.
Il suo avvertimento sarà giunto in tempo?
Buona lettura!

 

Dopo la telefonata con Tony, Victoria rimase per un momento accanto alla vetrata, a fissare la città che si dispiegava sotto di lei.
La preoccupazione che aveva sentito nella voce di Tony le faceva intuire che molte delle persone che in quel momento camminavano sul marciapiede sotto di lei, impegnate nelle loro faccende, non sarebbero arrivate vive alla fine della giornata.
Ma lei non era in grado di fare nulla per evitarlo. L’unica possibilità era quella di obbedire a Tony e togliersi di mezzo, per permettergli di lavorare senza essere distratto dalla necessità di proteggerla.
«Jarvis, chiama Gary e dì a Brian di preparare la macchina, per favore».
«Subito, signora» rispose, mentre lei raccoglieva la borsetta e vi infilava il cellulare.
Era una fortuna che per quel viaggio non avessero portato via anche Elizabeth. La bambina era reduce da una brutta influenza e Victoria non aveva voluto rischiare, lasciandola a casa con Zoey, la sua tata. In fondo il viaggio a New York doveva durare solo un paio di giorni e grazie alla tecnologia Stark, potevano restare in contatto in ogni momento.
«Mi dica, signora».
La voce di Gary la riscosse dai suoi pensieri e lei alzò lo sguardo. L’uomo era in piedi davanti alla porta dell’ascensore ancora aperta.
«Ho appena parlato con Tony. Dobbiamo andarcene subito».
«Problemi?» chiese Gary.
«Al momento no, ma sembra che stiano arrivando» replicò la donna. «Dov’è Brian?»
«È di sotto, signora. Sta preparando la macchina. Devo avvisare Leo di preparare il jet?» chiese, ma Victoria scosse la testa.
«No, non prendiamo l’aereo. Andiamo in auto».
«Molto bene» commentò Gary.
Tony le aveva raccomandato di fare in fretta perciò non prese altro che la propria borsa, seguendo Gary all’interno dell’ascensore. Scesero direttamente al piano interrato dove Brian era ad attenderli con la limousine. Ma quando le porte si aprirono, l’enorme garage era completamente buio.
Gary estrasse immediatamente la propria pistola, spostandosi in modo da coprirla del tutto.
«Qualcosa non va» sussurrò, mentre premeva il pulsante per far richiudere le porte dell’elevatore che però rimasero immobili.
Spinse Victoria su un lato dell’ascensore, in modo che la porta di acciaio la coprisse in parte e le rimase davanti, cercando di scrutare davanti a sé alla ricerca della minaccia che sicuramente si nascondeva nel buio.
Qualcosa brillò di luce azzurra a qualche metro da loro e Gary socchiuse gli occhi: era troppo in basso per essere il minireattore del signor Stark e la luminosità era comunque diversa. Fece un mezzo passo avanti per cercare di capire di cosa si trattava.
Una potente scarica di energia lo colpì al petto, scaraventandolo indietro. Colpì la parete dell’ascensore con la schiena con tanta violenza da sentire il crac dell’osso della spalla che si spezzava. Ma non aveva molta importanza: il grido angosciato di Victoria gli trafisse i timpani e lui sapeva di essere un uomo morto. Non aveva nemmeno bisogno di abbassare la testa – non ne aveva nemmeno la forza, in verità – per osservare il buco che aveva nel petto.
Ciò che gli dispiaceva maggiormente era la certezza che chiunque fosse lì, non era certo venuto per lui. L’obiettivo era Victoria, senza dubbio. E lui non era stato in grado di proteggerla. Ma mentre formulava quel pensiero sentì la propria coscienza allontanarsi, mentre il buio si chiudeva su di lui.
Victoria distolse lo sguardo mentre gli occhi di Gary diventavano vitrei e opachi e una lacrima le scese sul viso.
«Suvvia, signora Stark. Si tratta solo di un piccolo danno collaterale. Nulla che meriti le sue lacrime» disse una voce melliflua nel buio davanti a lei.
La donna sollevò il capo e strinse i denti. Era troppo tardi: l’avvertimento di Tony non era arrivato in tempo e, ne era sicura, quei tizi erano lì per impossessarsi della Stark Tower. Si chiese dove fosse finito Brian e sperò che non avesse fatto la stessa fine di Gary.
«Lei chi è?» sbottò, caricando la voce di tutta l’autorità che poteva, stupendosi lei per prima di quanto fosse ferma e decisa.
«Un amico di suo marito» rispose la voce, mentre quella bolla di tremolante luce azzurra avanzava verso di lei, ancora dentro l’ascensore.
«Allora si faccia vedere, amico di mio marito» replicò lei.
Lo udì ridacchiare. Poi schioccò le dita e le luci si accesero all’improvviso, costringendola a socchiudere gli occhi per difenderli dall’abbagliamento. Quando le pupille si adattarono alla luce, lo vide.
Quella voce untuosa apparteneva ad un uomo alto con i capelli neri pettinati all’indietro. Aveva gli occhi chiari e le labbra sottili atteggiate in quel momento ad un ghigno. Indossava degli strani abiti di colore verde scuro e, sopra di essi, una specie di cappotto di un tessuto che lei non aveva mai visto. Nella mano destra stringeva un bastone dorato in cima al quale c’era quella sfera di palpitante luce azzurra che aveva notato prima.
«Sono sicura che mio marito non ha amici che vanno in giro vestiti in quel modo» disse Victoria, scrutando nel frattempo le altre persone che erano con lui.
Quello più lontano da lei era un uomo di mezza età. I capelli che un tempo dovevano essere stati biondi erano sbiaditi dall’età e indossava una camicia a quadri e un paio di pantaloni grigi. Aveva gli occhi più azzurri che la donna avesse mai visto, anche se sembravano falsi come se portasse una sorta di lenti a contatto.
Gli altri personaggi che gli stavano intorno erano vestiti di nero, come una squadra speciale, ma tutti avevano gli stessi occhi azzurri, cosa che incuriosì Victoria.
«Può anche uscire di lì. Mi creda, non intendiamo farle del male» la rassicurò l’uomo, anche se le sue parole suonarono più come una minaccia.
Victoria uscì dall’ascensore e quello strano uomo fece un passo verso di lei. Il suo aspetto era quello di un essere umano ma ai suoi occhi c’era qualcosa che stonava. Sembrava un personaggio di un altro tempo e di un’altra epoca o forse di un altro mondo. C’era qualcosa di alieno nel suo comportamento, nel suo modo di camminare, nel modo di guardarla con uno sguardo che la spaventava a morte.
«È ancora più bella di quanto mi avevano detto».
Quelle parole le ricordarono dolorosamente quelle che tanto tempo prima aveva pronunciato Christopher Roberts quando aveva tentato di portarla via da Tony e un brivido freddo le scivolò lungo la schiena.
«Posso sapere chi è lei?»
Ribolliva di rabbia: il cadavere di Gary giaceva dietro di lei, ma sapeva che doveva stare calma e concentrata perché si trovava in una situazione di estremo pericolo. Doveva dare l’impressione di essere fredda e calcolatrice tanto quanto quello sconosciuto.
«Mi scusi, sono proprio maleducato» si giustificò. «Il mio nome è Loki e provengo da Asgard».
Victoria non era un’esperta in materia ma sapeva che nella mitologia norrena Loki era il dio del caos, nemesi di Thor. Solo un paio di giorni prima Victoria sarebbe scoppiata a ridere di fronte ad una tale affermazione, ma dopo ciò che le aveva mostrato Tony sui Vendicatori e lei aveva visto con i suoi occhi le immagini olografiche di Thor, era quasi sicura che quell’uomo fosse chi diceva di essere.
«E cosa la porta a New York?» domandò Victoria. Sapeva di dover prendere tempo: Tony l’aveva chiamata e le aveva detto di andarsene ed era certa che si stava già precipitando lì. Se fosse riuscita a guadagnare tempo…
«Potrei restare ore qui a chiacchierare con lei, signora Stark. Tuttavia, mi trovo costretto ad affrettare un po’ i tempi. Ho grandi progetti per questo vostro insignificante pianeta, ma per portarli a termine mi serve questo edificio» spiegò, facendo un passo avanti.
La donna si parò tra lui e la porta dell’ascensore.
«La Tower è di proprietà del signor Stark. Lei non può entrare» esclamò, ricevendo in risposta un sorriso da serpente.
«Lo sa, signora Stark: voi umani siete molto interessanti» disse Loki. «Siete tra le creature più insignificanti dell’intero cosmo, eppure sembra che non possiate fare a meno di mettervi in mezzo a cose talmente più grandi di voi da rischiare di restare schiacciati come insetti. Cos’è? Propensione al masochismo?».
«Si tratta di coraggio, orgoglio, giustizia, onore: tutte parole di cui lei non conosce il significato, a quanto pare» replicò Victoria.
Loki non si era aspettato quella risposta tagliente. La guardò negli occhi: aveva appena visto la sua guardia del corpo morire davanti a sé e lui poteva quasi sentire l’odore della sua paura. Quando le aveva detto di venire da Asgard, non gli era sembrata sorpresa, come se sapesse che lui era un dio venuto da un altro pianeta. Forse Stark le aveva fornito qualche informazione. Se così era, doveva averle anche detto quanto fosse pericoloso.
Eppure era lì davanti a lui, fiera nonostante la paura, e gli sbarrava la strada ben sapendo che era una partita persa in partenza. Vuoi fare l’eroina? Vuoi essere all’altezza di Ironman e partecipare alla battaglia? Ti accontento subito, mia cara!
Non aveva bisogno di muovere un muscolo perché i suoi gli obbedissero. Strinse appena lo scettro e Brian spuntò dietro a Victoria. Lo aveva trovato lì, affaccendato intorno ad una Rolls, quando era arrivato: sapeva che era uno degli uomini di Stark e pensava che, conoscendo il palazzo, avrebbe potuto dar loro una mano. Perciò non l’aveva ucciso ma aveva usato lo scettro su di lui che ora obbediva ai suoi ordini come un cagnolino ben addestrato.
Brian afferrò la donna per le braccia, bloccandola. Lei sussultò e si divincolò anche se non aveva possibilità di liberarsi da quella stretta: Brian era un colosso d’uomo che sfiorava i due metri e non ce l’avrebbe fatta neanche se lui non avesse avuto in corpo l’energia del Tesseract.
Victoria si voltò per vedere chi l’aveva afferrata.
«Brian! Che stai facendo?»
Lui non rispose né abbassò lo sguardo, ma Victoria vide che i suoi occhi, che sapeva essere neri, erano di quell’azzurro impossibile, uguale a quello degli uomini che facevano da guardie del corpo a Loki, uguale alla luminescenza dello scettro del semidio di Asgard.
«Lasciami andare, Brian!» sbottò, cercando di liberarsi.
Loki le si avvicinò: «Brian obbedisce ai miei ordini, signora Stark. E dovrebbe farlo anche lei».
Victoria tornò a guardare davanti a sé e vide Loki a meno di un metro. Le labbra formavano una severa linea sottile e la guardava senza battere ciglio.
«Dov’è Ironman?» chiese all’improvviso ma Victoria non rispose, limitandosi a guardarlo con disprezzo e a girare la testa dall’altra parte.
La mano di Loki scattò velocissima, afferrandole il mento e obbligandola a guardarlo. Le sue mani erano gelide. «Dov’è Ironman?» scandì lentamente.
Lei tacque, sostenendo il suo sguardo senza abbassare gli occhi.
«Forse non sono stato chiaro» disse infine Loki, «tu mi dirai tutto ciò che voglio sapere, che tu lo voglia o meno. E farai tutto ciò che io ti ordinerò, così come il tuo amico Brian».
«E come intende costringermi a parlare?» chiese Victoria. «Vuole torturarmi? È così che fate su Asgard per far parlare i prigionieri?»
Loki rise con una risata finta e artificiosa. «Oh, certo che no. Sarò anche di un altro mondo, ma anche su Asgard celebriamo la bellezza. E non la sciuperei mai. Non la tua, Victoria» disse, sfiorandole la guancia e scostando i capelli dal suo viso.
«Non mi tocchi» gridò lei, cercando di allontanarsi dalla sua mano, ma non riuscendo a spostarsi perché trattenuta da Brian.
«Come ho detto, non ho bisogno di torturarti. Mi dirai tutto, bellezza. Tutto ciò che sai» ripeté Loki e alzò lo scettro.
Victoria si accorse che emetteva un leggero sibilo e la sfera luminosa sulla sommità sfavillò mentre lo avvicinava a lei. Cercò di nuovo di liberarsi dalla ferrea presa di Brian ma lui la strinse ancor di più e Loki le appoggiò delicatamente la punta acuminata dello scettro al centro del petto.
La donna rabbrividì mentre un grande gelo si diffondeva nel petto. Rimase ad occhi chiusi, finché la sensazione passò. Improvvisamente non vedeva più la necessità di dibattersi nella stretta di Brian e si rilassò; poi aprì gli occhi e fissò Loki.
«Lasciala andare, Brian» ordinò questi e Brian la lasciò. Victoria non si mosse.
«Dov’è Ironman?» chiese Loki.
«Non lo so. Mi ha chiamato prima, ma non mi ha detto dove fosse».
«Però sta venendo qui, giusto?»
La donna annuì. «E sapeva che stavi arrivando».
«Molto bene» approvò Loki. «Vedi? Non è stato poi così difficile».
Loki si voltò verso gli uomini dietro di lui e, al suo ordine, quelli scattarono e liberarono l’ascensore dal corpo di Gary, gettandolo da parte come un sacco d’immondizia. Poi salirono sull’elevatore, seguiti da Brian, Victoria e, per ultimo, Loki.
Quando le porte si chiusero, Victoria scorse il proprio riflesso sulla superficie a specchio: i suoi occhi erano diventati dello stesso azzurro cangiante degli altri occupanti dell’ascensore.
  
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