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Autore: Benio Hanamura    10/06/2014    1 recensioni
[Mademoiselle Anne/Haikara-san ga toru]
“Il mio nome è Kichiji Hananoya… o meglio, questo è il mio nome dall’età di 15 anni. Fino ad allora ero Tsukiko, la sesta figlia della famiglia Yamada...”
Nel manga originale della Yamato è detto ben poco del passato della geisha Kichiji, che fa la sua prima comparsa come causa inconsapevole di gelosia della protagonista Benio nei confronti del fidanzato Shinobu, ma che poi si rivelerà essere solo una sua ottima amica e stringerà una sincera amicizia con Benio stessa, per poi segnare anche l’esistenza del padre di lei, vedovo inconsolabile da tanti anni.
Per chiarire l’equivoco e per spiegarle quale rapporto c’è davvero fra lei e Shinobu, Kichiji racconta la sua storia del suo passato a Benio, dei motivi per cui è diventata geisha, abbandonando suo malgrado il suo villaggio quando era ancora una bambina, ma soprattutto del suo unico vero amore, un amore sofferto e tormentato messo a dura prova da uno spietato destino…
Dato che questa storia è solo accennata nel manga, ma mi è piaciuta e mi ha commossa molto, ho deciso di provare ad approfondirla e di proporvela come fanfiction!
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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  Le prime avvisaglie giunsero a luglio. Koji cercava di non farmelo pesare, ma io mi ero resa conto che in quelle ultime settimane le cose stavano cambiando. Non i suoi sentimenti  verso di me, che erano sempre intensi e sinceri, ne avevo ogni giorno di più la certezza, ma una cosa era sicura: qualcosa di brutto era nell’aria, qualcosa che lo impensieriva molto. Lo si capiva dal suo comportamento e da quello dei suoi compagni quando venivano al nostro okiya ed erano meno scherzosi, meno allegri del solito; lo si capiva da strani discorsi di altri clienti o invitati a varie feste in vari locali, che però io, per la mia giovane età non riuscivo bene a comprendere; lo si capiva anche dal fatto che di feste se ne organizzavano sempre di meno.
   Anche i nostri clienti più affezionati si facevano vedere più di rado, come se fossero presi da altro, e questo inizialmente mi rese felice, dato che una sera avevo sentito per caso Hasegawa-san (sì, proprio quell’Hasegawa-san!) dire alla okasan che stava iniziando a valutare il desiderio di diventare il mio danna, ma poi nessuno me ne fece parola, il che voleva dire che lui stesso non era più tornato sull’argomento, forse perché aveva cambiato idea. 
  Ma non solo non mi dicevano nulla su Hasegawa-san, non mi dicevano nulla di nulla, sebbene anche le geishe anziane parevano sapere, solo che non volevano turbare inutilmente noi giovani. Finché non lo scoprii da sola, una notte di inizio agosto in cui non riuscivo a dormire per il troppo caldo. Diretta verso il giardino allo scopo di rinfrescarmi un po’ e conciliarmi il sonno, dal corridoio sentii delle voci provenire dalla stanza socchiusa della okasan, che stava discorrendo con le geishe anziane: era scoppiata la Prima guerra mondiale e c’era il rischio che anche il Giappone ne venisse coinvolto!
   Ora capivo tante cose, finalmente, ciò che mi era parso strano per tanti giorni trovava la sua spiegazione: Hasegawa-san aveva dei figli che in caso di intervento militare del Giappone  sarebbero stati chiamati a compiere il proprio dovere verso la Patria; Keiko, una geisha compagna di apprendistato di Kiyoko aveva spesso gli occhi lucidi perché in pena per il suo danna, un capitano della marina, e così tante altre persone erano in pena, oltre che per ciò che sarebbe potuto accadere loro, innanzitutto per i loro cari che sarebbero stati più direttamente coinvolti… Così anche Koji correva lo stesso rischio, ancora di più per via della sua prossima promozione!
  Mi sentii raggelare il sangue, e stava già albeggiando quando riuscii a trovare sollievo nel sonno. Koji, il mio adorato Koji… ci eravamo ritrovati da così poco, più o meno un anno, e da ancora meno ci eravamo finalmente chiariti riguardo i nostri sentimenti, ma forse avremmo dovuto separarci di nuovo! Forse per mesi, forse per anni, forse… no, non riuscivo nemmeno a considerare quell’ultima plausibile ipotesi, ma una cosa era certa: intanto dovevo rivederlo al più presto, dovevo parlargli, se c’era davvero questo rischio lui doveva dirmelo! Sarei corsa io stessa a raggiungerlo in caserma, accettando il rischio di farmi scoprire e di scatenare uno scandalo, se Miyuki non si fosse offerta di portare a Koji il mio messaggio. Ed intanto quella mattina ero riuscita ad evitare le esercitazioni quotidiane, lamentando un terribile mal di testa causato da una notte insonne (il che in parte era vero!), così mia sorella mi portò in camera la sua tempestiva risposta in cui avevo tanto sperato: Koji non avrebbe mai sopportato di lasciarmi a lungo nel tormento senza venire in mio soccorso per darmi conforto, ed infatti sarebbe venuto a trovarmi all’okiya quella sera stessa.
  Quelle poche ore sembrarono eterne, anche perché temevo sempre che qualche altro cliente venisse a chiedere di me, anche se si lavorava di meno capitava ogni tanto la visita di qualcuno, giunto da noi per un improvviso bisogno di distrarsi, staccare un po’. Per fortuna non si presentò nessuno ed io potei occupare il pomeriggio a prepararmi per il mio amore, e lo feci con maggiore cura del solito, come se temessi che sarebbe stata l’ultima volta. Ed appena fui pronta finalmente arrivò lui, come sempre annunciato da Miyuki che poi ci lasciò immediatamente soli.
   Mi gettai subito fra le sue braccia e mi strinsi forte a lui, come se fosse stato il mio unico possibile appiglio per non precipitare in un profondo baratro, e lui ricambiò il mio abbraccio, lasciandomi sfogare finché non ebbi esaurito le lacrime. Dunque era vero, se non negava voleva dire che era tutto vero, la possibilità che andasse in guerra esisteva!
“Non è sicuro che dovrò partire per il fronte” mi disse appena mi fui un po’ calmata  “Il nostro governo ha ricevuto una richiesta ufficiale di aiuto da parte del governo britannico nel debellamento dei depredatori tedeschi dalla Cina, ma per ora ha deciso di mandare un ultimatum alla Germania… Magari all’idea che anche la nostra nazione si possa unire alla Triplice Intesa già in guerra contro di loro deciderà di lasciar perdere!”
Era evidente quanto non credesse davvero a questa eventualità, infatti non convinse nemmeno me e non ci provò ulteriormente. E non mi diede nemmeno maggiori informazioni su quella brutta questione che comunque io non avrei potuto mai comprendere.
“Sono un soldato, Tsukiko, ed era logico che avrei dovuto combattere prima o poi: ho votato la mia vita al servizio della Patria, con l’impegno che in una situazione come questa non sarei mai venuto meno. E’ questa la mia carriera, come la tua è rallegrare le persone con la tua arte e la tua grazia, allo scopo di collaborare al sostentamento della tua famiglia e non deluderla mai. Insomma, nemmeno io posso deludere la mia famiglia, come il mio paese…”
“Però a quanto pare puoi tranquillamente far soffrire me, che sarò tua moglie!”sbottai all’improvviso, evitando a stento di urlare troppo forte.        
Ma me ne vergognai subito, appena incrociai il suo sguardo, i suoi bellissimi occhi divenuti un po’ lucidi. Si stava sforzando molto per soffocare il suo grande dolore ed io mi resi conto di averlo attaccato ingiustamente, come una bambina, così come dopo tanto tempo ero riuscita di non farmi più considerare da lui.
 “Perdonami” gli sussurrai.
“Lo sai che per me tu conti più di tutto” disse lui, annuendo ed accarezzandomi il viso “Non sai come vorrei non dovermi più separare da te, ma stavolta temo che non potrò mantenere la mia promessa: non solo per il mio dovere, la mia lealtà verso la patria, ma ancora di più per il rispetto verso di te! Invece una parte di me vorrebbe farlo: potremmo fuggire insieme, lontano da tutto e da tutti, spesso certe fughe falliscono sul nascere, ma potremmo riuscirci, sparire nel nulla, trasferirci dove nessuno ci conosce e sposarci, per vivere insieme per sempre!”
Solo per un attimo una tenue luce di speranza scaldò il mio cuore: “Koji, forse…”
“No… Come credi che sarebbe la nostra vita? Saremmo sposati, questo è vero, e molto probabilmente avremmo anche i figli che desideriamo, ma al di là di questo? Io sarei un disertore, dovrei nascondermi per sempre come un criminale, un traditore! Non sarei più l’uomo di cui ti sei innamorata, avrei per sempre il rimorso di aver abbandonato i miei compagni e la mia patria nel momento più difficile, inizierei ad odiare me stesso e forse potrei prendermela con te, per essere la causa di tutto… Così come tu inizieresti a considerare diversamente me, che ti avrei condannata ad una vita da fuggiasca, oltre ad averti indotta a tradire la tua famiglia, a dimenticarla come ha fatto tua sorella Hanako, tanto disprezzata al villaggio! Riflettici, Tsuki-chan, se dovessimo davvero sacrificare i nostri ideali il nostro amore finirebbe per snaturarsi e deteriorarsi sempre più, e nessuno di noi due potrebbe sopportarlo!”
Annuii, ormai anch’io ero abbastanza adulta da capire che Koji aveva perfettamente ragione: non solo era forte, gentile e bello, era anche estremamente leale verso la patria, la famiglia, non avrebbe mai tradito i propri ideali, ed in fondo lo amavo tanto anche per questo.
  Anzi, in quel momento lo amai ancora di più. Ed anche lui provò la stessa cosa, infatti quando lo implorai, a fil di voce, di non andarsene, di restare ancora un po’ con me perché non doveva partire l’indomani, lui mi accontentò subito, nonostante sapessimo entrambi quanto rischiosa fosse la situazione: eravamo nella mia stanza all’okiya, anche se era ormai notte chiunque avrebbe potuto accorgersi di ciò che stava accadendo, magari anche solo passando in corridoio, vedendo la luce spenta!
   Eppure quella notte accadde, ciò che da quando l’avevo rivisto dopo tanti anni avevo segretamente desiderato, pur se con immenso imbarazzo. Niente a che vedere con quella terribile notte con Hasegawa-san, i suoi apprezzamenti volgari, il suo corpo flaccido e sgraziato che mi schiacciava come un macigno abbandonandosi pesantemente su di me, senza alcun riguardo, spinto solo da quella malata frenesia fisica di violare una ragazzina innocente:  grazie a Koji quei ricordi atroci, che ogni tanto mi erano tornati prepotentemente in sogno per parecchie notti dopo alla cerimonia del mio mizuage, si fecero sempre più lontani e vaghi. Lui si comportava esattamente come mi sarei aspettata, era dolce, delicato, tenero; nemmeno per un attimo ebbi paura, fra  le sue braccia mi sentivo sicura e protetta, esattamente come quella fatidica e gelida notte di tanti anni fa, e mi tornavano in mente i nostri pochi ma spensierati incontri al villaggio, lungo il sentiero vicino la mia casa, quando ridevamo e scherzavamo insieme, non potendo a quell’epoca minimamente immaginare a cosa saremmo andati incontro. Non era solo una mia fantasia come quando sopportavo stoicamente che il mio corpo venisse violato ed umiliato da Hasegawa-san, ma una meravigliosa realtà: era Koji a baciarmi, accarezzarmi, stringermi forte. Era Koji che sentivo con tutta me stessa e che era finalmente parte di me. E come per miracolo niente ci distolse, nessuno ci disturbò: in quei brevi ma intensi momenti eravamo solo noi due, niente e nessun altro esisteva: le altre geishe e l’okiya con le sue regole, l’esercito imperiale giapponese, che tanto tempo gli sottraeva impedendogli di stare con me quanto avrebbe dovuto, ma soprattutto quell’orribile guerra che di lì a poco me lo avrebbe strappato per chissà quanto tempo.
  
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