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Autore: Tomoko_chan    10/06/2014    4 recensioni
Una tradizione lega Naruto e Hinata fin da quando erano piccoli. Si ritrovano, ogni anno, mentre cade la prima neve dell'inverno su Konoha, per osservare l'unico fiore che continua a crescere testardo nonostante le intemperie: l'Elleboro, la rosa di Natale, un fiore che significa liberazione, liberazione da un dolore, da uno stato di angoscia, e dunque rinascita. Un fiore che li accomuna, che li vedrà conoscersi, innamorarsi, invecchiare.
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Quando cade la neve, tutto viene coperto dal silenzio. E’ il modo di zittirci della Natura. Ferma e guarda silenziosa, ci dice, gettando questa coperta bianca sul paesaggio. E’ l’unico fenomeno davvero silenzioso, la neve: il fulmine esplode in un boato, la pioggia scandisce il tempo, il vento sussurra, mentre la neve ci abbraccia col suo silenzio assordante.
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Prima classificata al contest "Winter Contest {NaruHina}" indetto da Dolcemente Complicata sul Forum di EFP, e vincitrice dei premi "Miglior Hinata", "Migliore grammatica", "Premio Originalità".

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Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Nuovo Personaggio, Un po' tutti | Coppie: Hinata/Naruto
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Naruto Shippuuden, Più contesti
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Elleboro - Forza e Rinascita
Comunemente chiamato rosa di Natale,
l’Elleboro è il fiore da regalare a chi si appresta
a iniziare una nuova avventura o ha voglia di cambiamento.
Il suo significato è quello di liberazione:
liberazione da un dolore, da uno stato di angoscia, e dunque rinascita.
 
Capitolo 11, Dolore coperto da neve.

 
L’apparecchio emetteva lo stesso suono ad intervalli sempre uguali da giorni, ormai.
Le lenzuola bianche si muovevano a stento sopra il petto di lui, che faticava a respirare.
Hinata aveva più volte usato il byakuugan per guardare dentro di lui, dentro suo figlio.
Aveva constatato che l’afflusso di chakra era debole, ma costante. Aveva visto il cuore battere, era anche riuscita a scandirne il moto meglio di quella macchina a cui era attaccato. Aveva visto che, nonostante tutto, Haruto era vivo.
Sakura le aveva detto che era solo questione di tempo. Che, nonostante i nemici avessero colpito alcuni punti vitali, Haruto aveva superato l’intervento con successo. Il paziente – aveva usato quel nome tanto impersonale su suo figlio, nonostante l’avesse visto crescere insieme a Daisuke. Non l’avrebbe mai perdonata – avrebbe dovuto riprendersi con calma, con i suoi tempi. Prima o poi si sarebbe svegliato.
Yukiko, la sua unica figlia femmina, di sedici anni da poco compiuti, fremeva di rabbia. Poche volte l’aveva vista così furente, quasi impaziente. Sua figlia, bionda, con gli occhi degli Hyuga, la pelle candida e i lineamenti di Naruto e Kushina, aveva ereditato da lei la calma, la pazienza, la diplomazia e l’eleganza, venuti fuori con la crescita, ed il temperamento forte e deciso da Naruto. In quei giorni però, era totalmente cambiata. Il giorno prima aveva urlato contro Sakura, affermando che se ne infischiava delle sue belle parole, che doveva fare qualcosa invece di starsene con le mani in mano, perché suo fratello era completamente fuori uso da due settimane. La donna era rimasta scioccata, ma sapeva che aveva pienamente ragione. Anche lei si stava preoccupando e la notte non dormiva, passando il tempo a rivedere le cartelle.
Akira, il più piccolo della famiglia, che era identico a lei nel fisico e uguale a Naruto nel carattere, nonostante i suoi dieci anni, diceva che avrebbe rivoltato la terra se il suo onii-san non si fosse svegliato. Ogni giorno gli raccontava la sua giornata, lo prendeva in giro perché “si era perso quella scena mitica” e quando arrivava al motivo della sua assenza, a stento tratteneva le lacrime.
Naruto lo vedeva poco e niente. Lui, l’Hokage della Foglia, stava dando anima e corpo per ritrovare i nemici, i quasi assassini, che avevano fatto questo a suo figlio. Le poche cose che si sapevano erano che suo figlio, in missione con la sua squadra nel villaggio della Nebbia, era stato isolato e preso di mira dagli avversari. Sul suo corpo erano chiari i tentativi di difendersi e attaccare a sua volta, ma dopo un probabilmente estenuante conflitto, Haruto era caduto a terra esamine. Gli anziani del villaggio avevano tentato di togliere Naruto dall’incarico, poiché considerato troppo poco obbiettivo per portare a termine l’indagine. Lui, di rimando, aveva mobilitato mezza Konoha per le ricerche, mettendosi in prima fila. Pochi erano stati i momenti in cui aveva visto la sua famiglia, ma Hinata sapeva bene che suo marito, ogni notte, andava a far visita a suo figlio, guardandolo sconsolato mentre dentro ribolliva, cercando inutilmente di guarirlo con il potere di Kurama, promettendogli che avrebbe trovato i colpevoli.
Lei stessa non capiva come stesse riuscendo ad apparire la più calma nella sua famiglia. Dedicava tutto il suo tempo ad Haruto, standogli vicino in ogni momento. Per distrarsi dal dolore che provava, gli teneva la mano e gli raccontava di come lei e suo padre si fossero innamorati.
Avrebbe tanto voluto andar via da Konoha e uccidere con le sue stesse mani coloro i quali avevano osato sfiorare suo figlio con tale violenza e malignità, ma lo stesso impeto che la spingeva a far giustizia da sola le impediva di lasciare quella stanza, dove suo figlio respirava a stento, dove qualcuno aveva bisogno di lei, delle sue cure, delle sue premure. Poco si era interessata del Clan, in quelle due settimane. Aveva lasciato il comando a sua sorella Hanabi, che la andava a trovare tutti i giorni con molti messaggi di rassicurazione da parte degli Hyuga. In quei venti anni aveva rivoluzionato il Clan, rendendolo una comunità salda e forte, diventando un Capo deciso, risoluto e soprattutto amato. Così adesso si ritrovava a leggere tante, tante lettere.
Naruto entrò nella stanza aprendo di scatto la porta, seguito da Yukiko.
Lui aveva il fiatone per la corsa, la giacca da Hokage sopra i suoi usuali vestiti, la testa coperta di neve. Lei indossava la giacca del padre, arancione, sopra i suoi vestiti da ninjia blu scuro.
Stava nevicando? Non se ne era accorta. Diede uno sguardo veloce alla finestra: era buio pesto e la neve scendeva veloce. Un altro inverno, un altro Natale.
Naruto incrociò gli occhi tristi della moglie. Storse il naso, facendo una smorfia addolorata: purtroppo non poteva fare molto per lei, più che condividere la sua stessa malinconia.
<< Dì qualcosa a tua figlia. >> mormorò il biondo, avvicinandosi al letto per sfiorare in segno di saluto i capelli del figlio << E’ uscita senza il mio permesso. >>
<< In che senso “uscita”? >> chiese la donna, guardando prima il marito e poi la ragazza.
<< Uscita da Konoha. >> affermò l’altro, la voce solenne.
<< Per? >>
 << Tua figlia ha organizzato una squadra di alto livello, con Kiba, Shikamaru e gli altri, per andare alla ricerca di quegli stronzi che hanno torturato Haruto, nonostante io glielo avessi severamente vietato. >> disse, stringendo i pugni e guardando severamente la figlia.
<< E li ha trovati? >>
<< Sì! >> stavolta fu la figlia a rispondere, esultando. << Li stanno già interrogando. >>
Hinata si alzò di scatto e abbracciò la figlia. << Sei stata bravissima. >> mormorò, al suo orecchio.
<< Ma come? Non le dici niente? >> chiese il biondo, stupito << Poteva morire! >>
<< Come in ogni missione. >> ribatté la donna << E poi, si è comportata esattamente come te alla sua età. >>
<< Ciò non toglie che sia un comportamento stupido. >> rispose seccato lui.
<< Yukiko, va a casa di zia Hanabi, adesso. >> disse la donna alla ragazza, ignorando le parole dell’uomo << Occupati di Akira, mi raccomando. >>
La ragazza salutò la madre con un bacio sulla guancia, che diede anche al fratello, stringendolo in un piccolo abbraccio. Fece una linguaccia al padre, che la guardava ancora stizzito, per poi uscire dalla stanza.
Appena la porta si chiuse, Hinata prese per mano Naruto e lo fece sedere, si appoggiò sulle sue gambe e lo strinse forte a sé, scostandogli la neve di dosso mentre entrambi guardavano stanchi il figlio Haruto.
<< Lo hanno fatto per colpire me. >> mormorò il biondo, desolato << Hanno preso Haruto per ferire me. Stanno tentando di indebolirmi e, insieme a me, tutta Konoha. >>
<< Shhh… >> sussurrò lei, tentando di cullarlo, di calmarlo << Non puoi fartene una colpa. >>
<< E’ tutta colpa mia. >> Naruto si portò una mano sul viso, intristito e mortificato.
<< Cos’è colpa tua, amore? >> chiese lei, alzandogli il viso per guardarlo negli occhi << I nemici tenteranno sempre di farti del male ed è normale che attacchino le persone che ami. Ma non è una colpa avere una famiglia che ti ama, anzi, è la tua forza. >>
Sentì le sue membra rilassarsi sotto i suoi tocchi leggeri e rassicuranti. Per fortuna non erano più bambini, lei era cresciuta, erano cresciuti insieme, altrimenti non sarebbe mai riuscita a tranquillizzarlo così.
<< Non puoi portare Yukiko da me e pretendere che la punisca, quando tu stesso non riesci a farlo. >> disse lei, aiutandolo a togliersi la giacca da Hokage.
<< E’ che… non avrei sopportato di perdere anche lei. >> mormorò lui, dandole un bacio sulla guancia per poi appoggiarsi al suo petto, chiudendo gli occhi.
<< Noi non abbiamo perso nessuno. >> rispose lei candidamente, stringendolo a sé nuovamente << Guarda, Haruto è lì. >>
Naruto aprì gli occhi e vide il figlio per l’ennesima volta in quel letto di ospedale. Vide i suoi capelli biondi, il viso delicato ereditato dalla madre, la pelle leggermente più simile alla sua. Vide la sua bocca socchiusa attaccata al respiratore. Desiderò ardentemente rivedere i suoi occhi guizzanti guardarlo incantato, come da bambino. Si scostò dal petto di Hinata e con una mano fra i suoi capelli l’attirò a sé, baciandola a lungo, aggrappandosi alle sue labbra rosee come a strapparle la forza che serviva a lui. Gli scese una lacrima.
<< Non so come fai, Hinata. >> le disse, appoggiando la fronte contro la sua << Sei la roccia di questa famiglia. >>
Hinata era incapace di rispondere a quel complimento, assolutamente esagerato a parer suo, così tornò ad abbracciare il marito, cercando di trasmettergli calma e tranquillità. Osservò il mazzo di fiori poggiato sul comodino accanto al letto del figlio. Rose rosse, rosa, gialle, blu, e poi quei fiori particolari, le Rose di Natale.
Ripassò a memoria il loro significato: liberazione, liberazione da un dolore, da uno stato di angoscia, e dunque rinascita.




 


Mi perdonerete, vero? Perchè stare lontanto da EFP per un mese è più un dolore per me che per voi! 
Perdonatemi! Ma intanto torno con un super capitolo, lungo e, purtroppo, abbastanza triste. 
Spero vi piaccia!
 
   
 
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