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Autore: _keys_    11/06/2014    2 recensioni
-Perché sei venuta qui?-.
-Volevo evadere da quella città e da quelle brutte situazioni e provare a volare-.
-Provare a volare?!- mi chiese in maniere retorica.
-Si provare a volare. Come le farfalle.-.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chiacchiere e partenze.


Il tepore del sole e i rumori della città che incomincia la giornata domenicale mi svegliarono. Mi stropicciai gli occhi e realizzai di trovarmi su una panchina a dormire. Chi mi aveva vista aveva pensato che ero una barbona. Mi ricordai delle sigarette che avevo nella borsa e ne accesi subito una di prima mattina. Avevo lo stomaco vuoto, quindi fumare senza mangiare niente non era il massimo, ma lo feci lo stesso. Guardai l’ora sul telefono e erano appena le sette. La locanda avrebbe aperto alle otto, ma io dovevo andare lì per le sette e mezza. Così mi alzai, barcollai un secondo dato che mi ero alzata troppo velocemente e m girava la testa e poi mi incamminai verso il locale. Me la presi con comodo e quando arrivai Bob, il proprietario, aveva già aperto. Entrai e già si sentiva odore di zucchero per i cornetti.
-Buongiorno Bob!- disse entrando e sorridendo.
-Buongiorno anche a te Eva-.
-Sono la prima?-.
-Si come sempre! Oggi si chiude prima-.
-Come mai?-.
-Devo partire quindi pomeriggio non si lavora-.
-Se è un problema la chiusura, puoi affidarla a me!-.
-Già fai tante cose, riposati questo pomeriggio che ti vedo stanca-.
-Già- dissi sospendendo il discorso.
Andai a mettermi la divisa, poi “pronta” a cominciare la giornata cominciai a organizzare i tavoli e la cassa. Verso le otto e dieci cominciarono ad arrivare i primi clienti, ma di domenica la situazione era sempre abbastanza tranquilla. Mi ricordai che dovevo parlare con Bob, così appena trovai un minuto di tempo per parlargli in tranquillità, lo raggiunsi in ufficio. Bussai alla porta e la sua voce grave mi incitò ad entrare dentro e a sedermi sulla sedia di fronte a lui. Io presi posto comodamente e mi schiarii la voce per incominciare a parlare.
-Allora Bob, dovrei parlarti-.
-Dimmi tutto Eva, anche se immagino di cosa mi vuoi parlare-.
-Ah si?-.
-So che devi partire e ho capito quindi che quest’estate non sarai disponibile a lavorare qui-.
Io annuii con la testa facendogli capire con un’espressione che aveva centrato in pieno il punto.
-Esatto- dissi poi.
-Non ti devi preoccupare. So tutta la situazione che ti porti addosso, una vacanza ti fa bene e poi non ti preoccupare, se quando torni avrai ancora voglia di lavorare per me un posto c’è sempre!- mi disse tranquillizzandomi.
-Non so come ringraziarti Bob-.
-Non mi devi ringraziare, promettimi solo che ti divertirai-.
Gli sorrisi.
-Ci proverò- dissi con le lacrime agli occhi.
Bob mi sorrise e con quel sorriso l’aria da duro capo che aveva si sciolse in un secondo.
-Su, ora torna a lavorare!- disse.
Io gli sorrisi ancora una volta e tornai alla caffetteria, dove intanto erano entrati altri clienti, tutti conoscenti dato che erano clienti domenicali abituali. Prendevano il solito quasi tutti quanti. La giornata lavorativa passò in fretta. La domenica chiudevo sempre io e poi tornavo a casa, ma dato che quel giorno il locale chiudeva prima, a chiudere fu Bob. Salutai tutti quanti, ma prima di farlo il capo disse a tutti quanti che aveva deciso di lasciar chiuso per tre giorni il locale. Quindi avrebbe riaperto il giovedì. Poi a me mi chiamò in disparte e mi disse che dato che avrei dovuto lavorare per un giorno solo, dato che la mia partenza era fissata per sabato, ero in ferie da quel giorno stesso. Mi disse di ripassare in locanda solo per salutare e non per andare a lavorare. Io lo ringraziai e poi uscii per andare a casa. Poi mi ricordai delle chiavi che avevo dimenticato, così per mia fortuna trovai il locale ancora aperto e presi le chiavi. Mi incamminai verso casa e nel tragitto accesi un’altra sigaretta. Decisi di chiamare Dotty, l’amica di mia madre per sapere se mia sorella Charlie fosse ancora lì. Mi rispose subito e mi disse che era ancora lì e che se mi andava potevo andare a casa sua. Pensai che James era ancora a casa mia così decisi di andare da Dotty. Ad aprirmi fu proprio Charlie che appena mi vide mi saltò al collo.
-Mi sei mancata sorellona- mi disse dopo avermi stampato un bacio sulla guancia.
-Anche tu amore mio- le risposi io accarezzandole la testa- Dov’è zia Dotty?- chiesi poi.
Charlie considerava Dotty sua zia e in un certo senso era come se fosse davvero così.
-È in salotto con zio Stu- mi rispose trotterellando in direzione dei due.
Arrivai in salotto dove erano seduti a tavola a mangiare.
-Entra cara- mi disse Dotty abbracciandomi e baciandomi sulla guancia.
-Ciao zia!- dissi abbracciandola. La chiamavo anche io in quel modo. Poi mi diressi verso zio Stu e lo salutai allo stesso modo.
-Hai fame tesoro? Vuoi mangiare?- mi chiese zia.
-Nono grazie, ho già mangiato- dissi mentendo.
-Sicura?-.
-Si si-.
-Se vuoi riposarti o farti una doccia tiepida sai dove trovare il tutto-.
-Si grazie, se non ti dispiace vado sotto la doccia-.
-Certo non fare complimenti, sai dove trovare i tuoi vestiti-.
Annuii sorridendo e prima di andare in bagno, andai verso la camera che ormai era la mia e di Charlie a prendere biancheria e vestiti puliti. Poi andai a farmi una bella doccia tiepida che mi sciolse un po’ i nervi. Quella casa era come se fosse casa mia ormai. Dotty e Stu non avevano figli nonostante ci avessero provato ad averne uno per molto tempo. Finii di fare la doccia e poi mi vestii. Dovevo parlare sia con Dotty che con Stu, così scesi giù. Per mia fortuna Charlie era andata a riposare, così potevo parlare tranquillamente con i due.
Ci sedemmo tutti quanti intorno al tavolo e io incominciai a parlare.
-Allora quando parti?- mi chiese zia Dotty.
-Sabato- risposi io lasciando le parole a mezz’aria.
-Hai tutto quanto quello di cui hai bisogno?-.
-Si devo solo andare a casa a prendere gli altri vestiti. La maggior parte li ho qui ma devo prendere anche quelli che mi rimangono a casa-.
-Tua madre lo sa?-.
-No- risposi guardando in basso.
-Glie lo devi dire- mi consigliò mio zio.
-Non cambierebbe niente, tanto farei lo stesso tutto di testa mia e lei non farebbe niente impotente come sempre. Le lascio solo gli ultimi soldi che ho guadagnato-.
-E tu con quali soldi partirai?-.
-Ho altri soldi messi da parte. Basteranno-.
-Con Charlie come farai?- mi disse Stu.
-Non lo so ancora. A casa con mamma non ci può stare e non voglio nemmeno lasciarla a voi per tutto questo tempo. Credo di portarla con me-.
-Ma tu vai lì per divertirti, non per stare dietro a tua sorella-.
-Saprò fare entrambe le cose, non mi va di lasciare a voi tutto il controllo-.
-Cara, badiamo a tua sorella da molto tempo e tre mesi non ci spaventano affatto. È meglio che la lasci qui a noi, portarla lì significherebbe attraversare troppi cambiamenti-.
-Lo so, ma…-.
-Eva, tu e Charlie per me e Dotty siete come due figlie. Non puoi portarla con te e lasciarla a noi non è un problema. Anzi ci fa solo che piacere. Quest’estate andremo a trovare i miei genitori in Grecia e lei ormai conosce tutti lì, le farebbe piacere incontrare i suoi cuginetti. Le piace stare lì. Quindi la porteremo con noi. Sentirà la tua mancanza ma tu qualche volta fatti sentire e soprattutto dille appena si sveglia che partirai per un po’- disse zio Stu.
Io sorrisi ad entrambi comprendendo che fosse la scelta migliore per tutti quanti.
Abbracciai entrambi e poi andai in camera di Charlie dove era a giocare con le bambole sedute per terra.
-Amore, ti devo parlare- le dissi avvicinandomi a lei e sedendomi a terra.
-Cosa mi devi dire?- disse lei sorridendo, pettinando i capelli del suo gioco.
-Ti piacerebbe rimanere con gli zii questa estate? Ti porteranno anche in Grecia. Che ne dici?-.
Il suo viso si illuminò.
-Davvero mi portano in Grecia?-.
Io annuii.
-Si voglio andarci!- esclamò- Tu verrai con noi?- mi chiese poi.
-No, è questo che voglio dirti. Sabato partirò per tre mesi per la California-.
-E dov’è la California?- mi chiese.
-In America-.
-E quanto è lontana l’America?- chiese ancora.
-Un po’- risposi io.
-E cosa ci vai a fare?-.
-Vado con zia Maggie- anche Margaret lei chiamava zia.
-A fare cosa?-.
-A lavorare e divertirci un po’- risposi io rimanendo sul vago.
-Io non posso venire con te?- mi chiese poggiando a terra la bambola.
-Amore io ti porterei volentieri, ma non è possibile. Non saprei a chi lasciarti mentre sono a lavoro-.
-Però promettimi che tornerai- disse avvicinandosi a me.
-Certo che tornerò amore mio- dissi abbracciandola.
-Allora ti lascio andare- disse dandomi un bacio sulla guancia.
Poi corse verso Stu e Dotty e dalla cameretta la sentii urlare contenta di andare in Grecia.
Fui sollevata dal fatto che la prese abbastanza bene.
Il mio unico problema ora era non farlo scoprire a mia madre.
Mi arrivò un telefonata da Maggie.
-C’è stato un errore- mi disse appena le risposi.
-Quale errore?- chiesi io.
-La partenza è stata fissata per martedì e non per sabato-.
-Cioè dovremmo partire dopodomani?-.
-Esattamente-.
-Come hanno fatto a sbagliarsi?-.
-Ho detto io la data sbagliata-.
-E non potevi correggere?-.
-Mi vergognavo-.
Io sospirai.
-Ecco cosa significa lasciare a te un compito così-.
-Ehi, non prendermi tanto in giro. Dobbiamo per forza partire martedì-.
-Il lavoro non è un problema dato che Bob mi ha anticipato le ferie, l’unico che rimane è la scuola-.
-Salutiamo tutti prima qual è il problema?- disse lei felice di andare prima.
-Va bene, ma ora, immediatamente, devi accompagnarmi a casa a prendere i vestiti rimanenti-.
-Perfetto, ti passo a prendere, sei da Dotty?-.
-Si-.
-Dieci minuti e sono lì-.

andai in cucina dove c’erano tutti e annunciai l’anticipazione della mia partenza. Dotty mi suggerì di dormire lì fino alla mia partenza ed io accettai.
Maggie arrivò poco dopo e per mia fortuna mia madre e James non erano in casa. Presi velocemente le mie robe, lasciai sul tavolo i soldi senza nessun biglietto e tornai da Dotty.
Il lunedì andammo a scuola e dicemmo ai professori che saremmo partire. Parvero infastiditi ma non ce ne importava più di tanto. Il pomeriggio passai alla locanda a salutare tutti dicendo che sarei partita l’indomani. Stive mi diede una busta da lettera, facendosi portavoce di tutti e mi disse che erano un aiutino economico. Accettai il regalo e tornai a casa. Dotty preparò una cena immensa per salutarmi come si deve e mi sforzai di mangiare il più possibile. Poi salutai Charlie consapevole che la mattina precedente non l’avrei potuta salutare dato che sarei partita molto presto.
Poi andai a dormire anche se in realtà non chiusi occhio. Pensai molto a quella che sarebbe potuta essere la mia vacanza. Speravo solo che sarebbe andato tutto per il meglio.
La mattina mi “svegliai” presto. Dalla scrivania presi alcuni oggetti, che erano farfalle, regalatemi dai miei zii. Avevo sempre adorato le farfalle. Le misi in borsa, non feci colazione e Maggie passò a prendermi poco dopo. Salutai tutti e un po’ mi dispiacque lasciarli.
Poi andammo all’aeroporto. Ci imbarcarono quasi subito e il volo non tardò a partire.
Maggie mi strinse la mano.
-Questo è l’inizio di una nuova vita- mi disse guardandomi dolcemente.

Spazio autrice.
Eccomi qui con il secondo capitolo di questa nuova storia. Che ne pensate? I ragazzi ancora non entrano nella storia ma non temete entreranno presto. Ditemi cosa ne pensate in una piccola recensione, mi farebbe molto piacere. Un bacione e buon mercoledì a tutte! 


 
  
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