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Autore: Persej Combe    11/06/2014    1 recensioni
Un giorno, tanto tempo fa, ho incontrato un bambino. Non lo dimenticherò mai. È stato il giorno più emozionante di tutta la mia vita. Nessuno potrà mai avere la stessa esperienza che ho avuto con lui. Ciò che abbiamo visto, è precluso soltanto a noi.
...In realtà, non ricordo neanche il suo nome. Non ricordo nemmeno se ci siamo presentati, a dire il vero. Però non smetterò mai di cercarlo. Un giorno so che le nostre mani si uniranno di nuovo, come quella volta. Perché noi siamo destinati a risplendere insieme per l’eternità.

[Perfectworldshipping]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Elisio, Professor Platan, Serena
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Eterna ricerca'
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5 .  Ascesa alla Torre Maestra
I


 

   Platan ed Elisio erano seduti sul divanetto nello studio del Professore, immersi in una nutrita chiacchierata che andava avanti ormai da più di un’ora.
   «È vero, Elisio, su questo punto non posso che darti ragione... Però ho ancora qualche dubbio».
   «Se mi dirai di cosa si tratta proverò a dissipare ogni tua incertezza. È bene che riguardo a questo argomento tu sia pienamente convinto delle tue capacità, se così non fosse rischieresti di perdere ogni cosa».
   «Me ne rendo conto,» disse stringendo il manico della teiera poggiata sul tavolo di servizio «ma se anche riuscendo nel mio intento poi non dovesse cambiare nulla? E se ogni mia fatica non fosse servita a niente? Insomma... Mi sentirei un idiota e basta. Uno sciocco, un illuso».
   Chiese ad Elisio se volesse altro tè e glielo versò nella tazza. Nella stanza si diffuse un profumo vanigliato, che in qualche modo quietò il senso di oppressione che aleggiava fra le preoccupazioni del Professore. Il rosso lo vide sospirare e sorrise.
   «Questa cosa deve starti molto a cuore, non è vero?» domandò Elisio dopo aver bevuto un sorso di quella bevanda calda e dolce.
   «Moltissimo. È per questo motivo che ogni volta che ci penso o che ne parlo mi preoccupo così tanto. Ehi!» esclamò imbarazzato «Però è da più di mezz’ora che ne stiamo discutendo, non vorrei annoiarti con i miei problemi!».
   «Assolutamente no!» rise «Siamo amici, non l’hai detto anche tu? E gli amici non dovrebbero aiutarsi a vicenda nel risolvere i propri problemi? Starti vicino e darti conforto è il mio più grande piacere, Platan. Ecco, voglio che tu sappia questo. Se dovessi sentire il bisogno dell’appoggio di qualcuno, ogni volta sarò pronto a tenderti la mano e a fare ogni cosa in mio potere per aiutarti. Mi troverai sempre al tuo fianco, nella buona e nella cattiva sorte. Non potrei mai venire meno al nostro legame».
   Dopo che Elisio ebbe finito di pronunciare le sue parole, fra i due calò un leggero silenzio. Era abbastanza raro che tra i loro discorsi soggiungesse una pausa in modo così brusco, ma allo stesso tempo tranquillo e delicato, si rese conto Platan.
   O forse no.
   Infatti, pensandoci meglio, si accorse che in realtà era una cosa che stava accadendo sempre più spesso, soprattutto negli ultimi tempi. Comunque non gli dava fastidio, anzi: gli piaceva rimanere a guardare Elisio in quei frangenti silenziosi. Adesso, mentre lo osservava, sentiva la sua voce echeggiargli nelle orecchie. Da un lato provava imbarazzo per il fatto di essere così al centro delle sue attenzioni, dall’altro ne era estremamente lusingato. Riponeva una grande stima nei suoi confronti e sapeva che la cosa era reciproca. Lo guardò meglio. Era davvero una gran persona: buona, gentile, educata, sempre disponibile. Si considerava fortunato ad averlo come amico. Ogni volta che era con lui si sentiva come rincuorato dalle proprie ansie e dai propri tormenti, la sua vicinanza gli scaldava l’animo. Non era cosa che molti fossero in grado di provocargli. Adorava passare il tempo con lui: in quei momenti provava un senso di benessere, una strana familiarità che non aveva mai sentito neanche nei confronti dei suoi genitori. Elisio si mostrava sempre premuroso, non gli faceva mai mancare nulla. E tuttavia quando era con lui non aveva bisogno d’altro. Gli bastava ascoltare il suono della sua voce profonda, rivolgere gli occhi al suo sguardo rassicurante, e ogni suo problema, guidato dalle sue parole concise, pareva trovare una via per giungere a una soluzione.
   Fin dalla sera in cui si erano conosciuti bevendo caffè aveva avvertito una forte attrazione per il suo carattere appassionato, per la sua intelligenza, per il suo intelletto, e questa si era piano piano acuita, in particolare nell’ultimo periodo. Se ne era reso conto, ma non aveva mai sentito la necessità di nasconderlo: dopotutto non ci trovava nulla di male.
   Intanto anche il rosso si era concesso qualche istante per guardare il compagno. Scrutava la leggera insicurezza dipinta nelle venature dei suoi occhi chiari e non poteva fare a meno di pensare a quanto rendessero bello il suo viso, quasi innocente, come quello di un bambino. Eppure voleva fare in modo di eliminare dal suo animo qualsiasi dubbio, perché era sicuro che così sarebbe diventato ancora più bello.
   Aveva capito ormai che le cure che sempre più spesso stava rivolgendo nei sui confronti, non erano altro che il frutto di un sentimento ben preciso che a poco a poco stava cominciando a definire nella mente.
   «Ti ringrazio, Elisio. Sei davvero un caro amico», disse Platan dopo un po’ guardandolo negli occhi con la gratitudine più sincera. Poi sussultò come scosso da un pensiero improvviso e si alzò di scatto dal divano esclamando: «A proposito! Elisio, ho una sorpresa per te!».
   «Per me?» chiese frastornato. Di cosa si trattava?
   «Per te, Elisio, per te!» disse, ridendo della sua incredulità mentre rovistava in una borsa che aveva lasciato sulla scrivania. Finalmente trovò la cosa che stava cercando e chiese, tenendola ancora nascosta nella tasca: «Potresti gentilmente chiudere gli occhi?».
   Quello gli riservò un’occhiata sorpresa.
   «Beh. D’accordo», disse, eseguendo quella curiosa richiesta. Platan sorrise tutto emozionato e tirò fuori dalla borsa una Poké Ball. Silenziosamente chiamò il Pokémon che vi era dentro e lo prese tra le braccia. Il cucciolo lo guardò felice e, quando il ragazzo si mise un dito sulle labbra per fargli cenno di non fare rumore, gli leccò la mano contento.
   «Oh, basta, così mi fai il solletico!» ridacchiò sotto i baffi. Gli diede una carezza.
   «Platan, ci vuole ancora molto?» chiese Elisio, che intanto fremeva dalla voglia di sapere che cosa stava succedendo.
   «No, no, ecco! Ho quasi fatto!» esclamò. Si risedette sul divano accanto a lui e prese le sue mani.
   «Non sbirciare!» gli disse ironicamente. Tanto già sapeva che avrebbe riaperto gli occhi solo quando glielo avrebbe detto lui. Elisio era troppo onesto.
   Posò con delicatezza il cucciolo fra le sue braccia e rimase ad osservare la sua reazione.
   Il rosso sentì qualcosa di morbido fra le dita e, dopo qualche attimo di incertezza, cominciò ad accarezzare quella palla di pelo. Il Pokémon scosse la coda e posò le zampine sul suo petto, spingendo la testa in alto.  Prese a leccargli tutta la faccia ed Elisio non poté fare a meno di sorridere.
   «Posso riaprire gli occhi?».
   «Certamente!».
   Sbatté le ciglia un paio di volte e si ritrovò faccia a faccia con un Litleo.
   «Ehi! Ciao, piccolino!» disse con dolcezza mentre lo carezzava sotto il musetto.
   «Leeeo!» lo salutò il Pokémon guardandolo fisso nelle iridi azzurre. Poi gli leccò la punta del naso e si accoccolò a lui.
   «Platan, è davvero per me?» chiese, ancora un po’ incredulo. Il Professore annuì, il sorriso che aveva sulle labbra si era fatto ancora più luminoso.
   «L’altro giorno sono andato a trovare Diantha alla Lega Pokémon e mentre ero di ritorno mi sono imbattuto in lui sulla Via Detour. Sai, volevo tanto ringraziarti in qualche modo per quelle cose che mi avevi detto il giorno in cui mi hanno dato la nomina, così ho pensato che avrei potuto prenderlo e darlo a te».
   Elisio ascoltava le sue parole senza batter ciglio e nel mentre accarezzava il muso del piccolo Litleo accucciato sulle sue gambe. Il Pokémon era così gratificato dalle sue carezze che lo si poteva sentire fare le fusa.
   «Non sono sicuro che i Pokémon carini e graziosi siano il tuo genere, ma per qualche motivo i Pyroar mi ricordano di te...» continuò Platan osservando la forma dei suoi capelli e cercando di trattenersi dal ridere.  Trovava che ci fosse una strana e curiosa somiglianza fra la criniera del leone e la sua capigliatura.
   «Oh no, i Litleo mi piacciono molto, a dire la verità. E anche i Pyroar. Sono così possenti. Dopotutto, il leone è il re della foresta, no?».
   «Un re proprio come te!» sorrise «Qualche sera fa non mi stavi raccontando delle tue nobili discendenze?».
   «Platan, continuo a ripeterti che è una storia risalente a mille e mille anni fa, non so quanto possa esserci di vero...».
   «Beh, ma perché non potrebbe essere?» si alzò di nuovo dal divanetto e si avvicinò alla scrivania, prendendo tra le mani la borsa di prima «Dopotutto, hai quel portamento regale, una bellezza sfolgorante, due occhi azzurri come il più limpido dei cieli, un’intelligenza pari a pochi, una cortesia e una cavalleria da fare invidia al più educato dei gentiluomini... Insomma, perché no?».
   Platan raccolse alcune cose sparse per il tavolo e le infilò nel bagaglio, ricapitolando ogni volta attentamente tutto quello che già ci aveva messo dentro sulle punte delle dita.
   «Per diventare re avrei prima bisogno di una principessa», asserì Elisio, lo sguardo fisso sul muso di Litleo. Il Pokémon gli leccò le dita per incitarlo a coccolarlo ancora. Posò la mano sulla sua testolina e gli diede una grattatina dietro le orecchie.
   «Oppure di un principe», disse dopo un po’.
   Platan, voltato di spalle, sorrise involontariamente di un sorriso impregnato di tenerezza. Si portò un ciuffo di capelli dietro un orecchio e proseguì a raccogliere i suoi oggetti.
   «Elisio, sei bi?».
   «Bi che?».
   «Niente, lascia perdere!» rise. Finì di raccattare tutto quanto e si mise la borsa in spalla. Poi prese una valigia che aveva posato a terra e si voltò verso l’amico.
   «È ora?» chiese Elisio.
   «È ora», rispose Platan.
   Il rosso si alzò con un sospiro, tenendo il cucciolo in braccio. Il Professore si affacciò alla porta e chiamò un’assistente, che venne a prendere il vassoio con la teiera e tutto il resto e lo salutò. Poi si avviò verso il corridoio e fece cenno ad Elisio di seguirlo. Chiuse la porta del suo studiolo a chiave. Tirò su la mano sinistra e si mise ad osservare l’anello che aveva al dito medio con aria soddisfatta.
   «Bello, eh?» disse, alzandola verso l’altro in modo che potesse vedere il gioiello.
   «Ti sta molto bene, sì».
   «Finalmente sono riuscito ad ottenere il Megacerchio! Una volta arrivato alla Torre Maestra, la Megaevoluzione non avrà più segreti per me!».
   Durante gli anni che aveva passato a Sinnoh a studiare sotto la guida del Professor Rowan, una volta gli era capitato di leggere qualche riga dei suoi vecchi quaderni dove si era appuntato ogni cosa riguardo ai suoi studi nel corso degli anni. In particolare c’era un paragrafo che lo aveva sorpreso molto, dato che prima non gli era mai capitato di sentir parlare di una cosa simile.
   A quanto pare, sembra che alcuni Pokémon siano in grado di andare incontro ad un ulteriore stadio evolutivo rispetto alla norma. Tuttavia non è ancora chiaro se esso possa essere raggiunto solo da dei soggetti particolari o se invece si tratti di una capacità nascosta in ogni Pokémon e che quindi, per mostrarsi, ha bisogno di specifiche condizioni. Non si conosce la natura di queste condizioni, né in che modo ottenerle. Inoltre, l’unica regione in cui si hanno testimonianze circa questo fenomeno è quella di Kalos, altrove sembra che sia sconosciuto o che, anzi, non sia mai avvenuto.
   «Professore!» subito era corso a chiedergli spiegazioni «Professore, che cosa significa?».
   Il Professor Rowan, intento a leggere un libro, aveva rivolto l’attenzione su di lui e aveva notato che stava tenendo in mano il suo quaderno.
   «E quello dove lo hai trovato?» aveva chiesto.
   «Ah! ...Era tra i libri che mi aveva chiesto di sistemare, ma non sapendo dove metterlo ho cominciato a sfogliare qualche pagina per vedere di cosa si trattava. Mi scusi, se vuole vado a rimetterlo dov’era».
   «No, no, non ce n’è bisogno! Vieni qui, fa’ un po’ vedere. Era da tanto che lo cercavo...».
   L’aveva preso in mano e aveva dato un’occhiata alla pagina dove Platan aveva tenuto il segno.
   «Era questo che stavi leggendo?».
   «Sì. Professor Rowan, allora è vero che alcuni Pokémon possono evolversi ancora pur avendo raggiunto l’ultimo stadio?».
   «Sì. Si tratta della Megaevoluzione».
   «La Megaevoluzione?».
   «Non ne hai mai sentito parlare? Che strano, eppure credevo che a Kalos fosse una cosa abbastanza nota... Siediti, Platan, avvicina pure quella poltrona lì e mettiti qua. Ecco, sì, va bene così».
   «Professore, pensavo che si trattasse solo di una leggenda...».
   «E con ciò? Mio caro ragazzo, devi sapere che in ogni leggenda c’è un pizzico di verità. Non sottovalutarle mai».
   Fu in quel momento che aveva preso la decisione: se un giorno fosse riuscito a realizzare il suo sogno di diventare un Professore di Pokémon, avrebbe rivolto le sue ricerche allo studio di quel fenomeno.
   «Quanto a lungo starai via?» chiese Elisio, risvegliandolo dai suoi ricordi.
   «Non so,» disse dopo un po’ «dipenderà da quanto mi ci vorrà per imparare a padroneggiare la tecnica. Ma sono sicuro che ce la farò! Sì, mi impegnerò al massimo! Diventerò il nuovo Sapiente della Megaevoluzione e a quel punto...!».
   «Come siamo agguerriti, mio caro Platan!» lo interruppe con una risata. Gli rivolse un sorriso divertito e gli diede una lieve carezza sulla spalla.
   «Vedrai! Sarà il nuovo inizio di una grande serie di scoperte scientifiche!».
   «Non ne dubito».
   Si fermarono di fronte al cancello del Laboratorio e si guardarono. Platan stringeva con eccitazione la valigia tra le mani.
   «Le nostre strade si dividono qui, Elisio», disse.
   «Cosa? Pensavo almeno di accompagnarti fino alla stazione».
   Il Professore scosse la testa e sorrise: «Non preoccuparti, la strada me la ricordo!».
   «Ma no, non è questo! È che...».
   Platan si avvicinò a lui e gli diede un bacio sulla guancia.
   Era la prima volta che si baciavano. Elisio era abbastanza sorpreso, non se l’era aspettato. Il Professore si allontanò da lui, con il solito meraviglioso sorriso stampato in faccia. Il giovane dai capelli rossi lo guardò negli occhi per un paio di secondi. Improvvisamente si sentì invadere dalla nostalgia. Per quanto tempo sarebbero stati lontani l’uno dall’altro? Già ne sentiva la mancanza. Scosse la testa. Cercò di tornare in sé stesso, di riprendere contegno e di scacciare dalla mente quei pensieri da femminuccia.
   «Ricordati di tenere sempre appresso il tuo Holovox, se ho qualche minuto libero una chiamata magari te la faccio», gli disse. Platan tirò fuori l’Holovox dalla tasca della camicia azzurra e glielo mostrò.
   «Lo terrò sempre qui, va bene? Adesso però vado, altrimenti rischio di perdere il treno», si avviò.
   «Aspetta!» avrebbe voluto rimanere con lui anche solo un altro minuto in più. Quello, voltato di spalle, girò il viso verso di lui.
   «Litleo vorrebbe salutarti», disse Elisio come scusa, tendendogli il Pokémon. Il leoncino lo guardò con aria confusa. Platan rise e si riavvicinò. Fece una carezza a Litleo e guardò Elisio. Gli diede un secondo bacio sull’altra guancia e si allontanò.
   «Grazie di nuovo», disse infilandogli fra le dita la Poké Ball del Pokémon. Poi prese la strada che portava verso la stazione e, prima di svoltare, alzò la mano e lo salutò: «Au revoir, mon ami!».


***
Angolo del francese.
   * Au revoir, mon ami Arrivederci, amico mio .

  
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