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Autore: MiriiSupertramp    11/06/2014    6 recensioni
«Pronto Em? Mi stai ascoltando?» mi risvegliò lui dai miei pensieri contorti sul suo conto, mentre parcheggiava l'auto nel vialetto di casa mia.
«Cosa? S-sì, ovvio!» risposi io, facendogli praticamente intuire il mio disinteresse verso le sue conversazioni piccanti con la tizia.
Sbuffò e di conseguenza sbuffai anche io, prima di aprire la portiera e scendere dall'auto. [..]
«A chi pensavi?» chiese, curioso.
Giusto Em.. a chi pensavi? A chi potevo mai pensare? Chi è quell'idiota che è sempre e costantemente nella mia testa da almeno due anni? A te, brutto coglione!
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Okay, spero vivamente di appassionarmi a questa nuova ff che sto provando a scrivere e spero appassioni anche voi! Non scrivo una ff da oltre un anno, se vi piace per favore fatemelo sapere attraverso una recensione. Dopo ciò, adios! x
Genere: Comico, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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so close but so far apart.
















Dopo esattamente otto giorni, alle quattro del mattino, mi ritrovai nuovamente nella mia cameretta con una bellissima ed enorme borsa aperta sul mio letto con vestiti sparsi dappertutto, ancora indecisa su cosa indossare per quello stramaledettissimo concerto che si sarebbe tenuto qualche ora più tardi, che avevo desiderato per così tanto e che finalmente era giunto a realizzarsi. Avevo l'aspetto di una psicopatica in crisi con i capelli raccolti in una cipolla disordinata, una canotta lunga fino al ginocchio che fungeva da pigiama e il cervello che sembrava essere attraversato da una mandria di tori impazziti. In poche parole: non stavo capendo un cazzo. In meno di mezz'ora Louis sarebbe passato a prendermi e il solo pensiero di dover affrontare l'intera situazione con lui, da sola, senza le dolci parole di Zayn che mi rassicuravano sul dover mantenere la calma ogni qual volta perdessi il controllo di una qualsiasi situazione, ancora in pigiama e senza la più pallida idea di cosa avrei indossato, stavo andando in panico.
Presa da una sensazione di timore e sconforto, afferrai il cellulare e, senza preoccuparmi dell'orario, telefonai all'unica persona in grado di trasmettermi sicurezza con il solo suono della voce: Zayn. Quando ero ormai al quinto squillo e non avevo ancora ricevuto risposta e stavo praticamente per piangere dallo sconforto, udii la sua voce calda e assonnata
«Piccola» sussurrare e il mio cuore perse qualche battito.
«Non posso andarci»
 dissi di colpo, sbuffando leggermente e sedendomi a gambe incrociate sul letto, iniziando ad attorcigliare un lembo di lenzuolo intorno al mio dito. Lo sentii sospirare prima di «Non essere stupida» esclamare, schiarendosi la voce: lo immaginai mentre si metteva più comodo nel letto, ormai sveglio per colpa mia. Per l'intera settimana lo avevo assillato con le mie paure e le mie domande stupide su quanto all'ottanta percento il discorso che avrei provato a far nascere col castano sarebbe rovinosamente precipitato per il trovarsi continuamente in una situazione di totale imbarazzo.
Il moro mi aveva ascoltata e mi aveva detto che era normale da parte mia reagire così dopo tutto quello che era successo con Louis, e anche se sapevo che in fondo un poco lo odiava perché ancora non riusciva a dimenticare le parole cattive che mi aveva rivolto mesi prima, era rimasto in silenzio ad ascoltare i miei lamenti e a consolarmi come meglio poteva. Non volevo sembrare ancora una volta una bambina capricciosa ai suoi occhi così mi limitai a sbuffare e a rimanere in silenzio. Silenzio che venne poi rotto dall'ennesimo sbuffo di Zayn che
«Ascoltami piccola» iniziò schiarendosi la gola, per poi «Vai tranquilla, divertiti. Goditi queste ore perchè è uno dei tuoi desideri e si sta per avverare. Lascia perdere Louis, pensa solo a divertiti. Verrei con te, ma non posso. Però quando tornerai, sarò pronto ad ascoltare tutto ciò che hai da dirmi, nei minimi dettagli». Un sorriso si dipinse sul mio volto e cominciai a mordermi il labbro inferiore al solo pensiero di averlo svegliato per una stupidaggine, per una mia paranoia stupida e da deficienti che mi stava solo facendo perdere tempo e mi stava intossicando un'esperienza che avrei dovuto ricordare nel tempo come una delle più belle della mia vita. Per un attimo mi sentii anche particolarmente egoista e mi maledissi mentalmente per aver dato di matto per un qualcosa che non era nemmeno successo, se non nella mia testa, davanti al mio ragazzo. Solo in quel momento mi resi conto che probabilmente avevo esagerato e che probabilmente adesso poteva pensare che io, infondo, amassi Louis fin troppo e questo avrebbe potuto portarlo ad allontanarsi da me. Quel pensiero cominciò a torturarmi i pensieri e «Scusa Zay» dissi in un soffio, sentendomi appena sollevata solo quando questo «Lo sai che ci sono sempre» affermò, facendomi arrossire e permettendo al mio cuore di riprendere quella corsa che aveva iniziato quando aveva risposto al telefono con la voce assonnata.
Era così bello.
Ed era mio.
Così come io ero sua.
Lasciai che tornasse a dormire e in fretta e furia mi buttai sotto la doccia perché ormai avevo davvero poco tempo. Paranoie del cazzo. Quando finalmente infilai le mie adorate Dr. Martens al piede, il ragazzo dagli occhi celesti bussò al campanello di casa. Raccolsi le ultime cose, infilandole velocemente in borsa quasi a casaccio e mi precipitai giù dalle scale, sempre dopo aver lasciato un bacio a mamma appena sveglia.


Eravamo in macchina da almeno quaranta minuti e il discorso ancora non era precipitato: stupida Emily. Louis aveva iniziato a parlare di vecchie esperienze che avevamo vissuto insieme, la maggior parte delle quali erano pure abbastanza ridicole ed imbarazzanti. Non so come e non il perché ma se ne era uscito fuori con una situazione imbarazzante al massimo per me è divertentissima per lui che avevamo affrontato tipo tre anni prima. In pratica Louis aveva assistito alla mia caduta stratosferica causata da una stupidissima buccia di banana nel bel mezzo del cortile della scuola, durante l'ora di pranzo: tutti si erano girati per guardare la ragazzina e per sbellicarsi dalle risate. Ricordavo ancora benissimo l'espressione che aveva assunto il volto di Louis, al mio fianco e con il vassoio tra le mani, che anzicché aiutarmi aveva preferito piegarsi dalle risate mentre io continuavo ad esclamare «Aiutami per favore», ripulendomi dalla pasta che mi era finita sul petto. Volevo morire dalla vergogna. Intanto ricordare quell'esperienza aveva fatto ridere entrambi per un bel po' durante il viaggio.
Da quando avevo messo piede nella sua auto, più pulita del solito, il sorriso era come incollato sulle nostre labbra. Eravamo eccitati all'idea di vedere dal vivo il nostro gruppo preferito: era da quando avevamo iniziato ad ascoltarli che ci ripetevamo
«Un giorno li ascolteremo dal vivo» e così era stato. Io, personalmente, ancora non me ne facevo capace di tutta la situazione e probabilmente anche Louis la pensava come me: troppa euforia, troppa felicità e troppa agitazione. Alla fine avevo optato per una gonna nera corta e una maglietta con il logo dei Green Day stampato sopra. E mi piaceva come stavo. Dopotutto sarei stata in una fottuta arena e avrei sudato parecchio probabilmente, quindi sti cazzi quello che avevo addosso.
Mancava poco all'arrivo sul posto dove si sarebbe tenuto il concerto e proprio per questo ci fermammo alla prima area di servizio, se tale si poteva chiamare quella specie di locale che puzzava un po' troppo di cacca di mucca e di fattoria, perché entrambi avevamo urgente bisogno di usare il bagno: pipì.
Le mie paranoie, in tutto ciò, erano sparite e mi ero ritrovata a ridere e scherzare proprio come i vecchi tempi con quello che consideravo sempre e comunque il mio migliore amico. Il tutto anche grazie a Zayn e alla sua voce e alla sua presenza: era riuscito a tranquillizzarmi con le sole parole e non potevo che ringraziarlo mentalmente.
Mentre aspettavo Louis, appoggiata alla sua auto, perché a quanto pare era ancora in bagno, ne approfittai per fumarmi una sigaretta in santa pace. Al quarto o al quinto tiro, vidi la sua testolina castana sbucare dall'entrata del locale con un sorriso enorme sulle labbra e una busta tra le mani.
«Che hai comprato?» chiesi mentre il ragazzo si avvicinava sempre più alla sua auto e «Qualcosa da sgranocchiare durante la fila» rispose, mantenendo sempre il solito sorriso sornione. Stranamente non aveva commentato per nulla il fatto di avermi beccata con una sigaretta tra le dita, quando solitamente aveva sempre da ridire. Ma ora le cose erano diverse, giusto? Gli sorrisi di rimando e nuovamente ci ritrovammo sull'autostrada.
Improvvisamente mi ricordai del discorso di Charlotte e, un po' presa dalla curiosità e un po' dalla preoccupazione,
«Ultimamente sei diverso sai» soffiai, iniziando a guardare il paesaggio che si mostrava ai miei occhi: il sole stava sorgendo in quel momento e i colori del cielo erano davvero belli, da una parte c'era l'azzurro chiaro mischiato al giallo e all'arancione dei raggi solari, e dall'altro il blu notte che ancora incombeva sulle nostre teste. Lasciai che quel paesaggio attirasse la mia attenzione perché dopo la mia affermazione non avevo proprio il coraggio di guardare il ragazzo al mio fianco negli occhi. Però lo sentii sospirare prima di «Su cosa?» disse atono, mentre continuava a tenere lo sguardo sulla strada di fronte a sé. «Non lo so.. a volte ho come l'impressione di vederti spento..» dissi torturando la pelle della mia gamba e «Ho solo capito delle cose» ricevetti di tutta risposta. «Cioè?» chiesi, voltandomi di scatto verso di lui, improvvisamente preoccupata da quella che potrebbe essere diventata la sua risposta e improvvisamente consapevole del discorso che stavamo intraprendendo: mi stavo scavando, in un certo senso, la fossa da sola.
Mi guardò per un secondo, che bastò per farmi abbassare rapidamente lo sguardo e puntarlo sulle mie cosce scoperte per la gonna forse un po' corta, e
«Ho capito che ci sono delle cose più importanti di altre» disse ritornando con lo sguardo dove lo aveva prima.
Non dissi più nulla. Evidentemente non voleva andare oltre con il discorso e in parte lo capivo: purtroppo anche per me alcune cose risultavano troppo personali per potergliele confessare, avendo quasi vergogna.
In ogni caso riuscì a cambiare discorso a far tornare il sorriso sulle labbra di entrambi, dato che si era spento in quell'arco di tempo che era sembrato infinito, come se fosse bloccato.


Arrivammo all'arena poco più tardi e quello che ci trovammo davanti agli occhi ci lasciò con la bocca aperta, tanto che sembrava stesse per toccare il terreno: c'era una marea di gente all'esterno dell'edificio, già in fila da chissà quanto tempo, c'erano persone nelle tende, alcune al di fuori di queste, altre invece erano appena arrivate come noi e si affrettavano per raggiungere la fila, proprio come me e Louis. La cosa a dir poco spaventosa fu l'orario: se erano solo le otto del mattino e c'era tutta quella gente, cosa diavolo ci sarebbe stato all'apertura del concerto da parte dei gruppi di supporto?
Con un sorriso a trentadue denti, le mani che prudevano per l'ansia e il fiato corto, anche io e Louis ci unimmo a quelle persone e passarono davvero parecchie ore prima che riuscissimo ad entrare all'interno e a rimanere, per quanto fosse possibile, ancora più sbalorditi. Riuscimmo ad arrivare in quarta o quinta fila, grazie a Louis che mi aveva afferrata per mano e aveva corso più che poteva, scavalcando o strattonando senza interesse chiunque intralciasse il nostro cammino.
Il palco era di dimensioni stratosferiche con una passerella al centro lunga una decina di metri, c'erano luci colorate da tutte le parti e sul palco c'era già qualcuno che intratteneva il 'pubblico'. Mi guardai attorno e notai come man mano tutta l'arena si stava riempendo di persone: era una sensazione magnifica.
D'un tratto si spensero le luci e una voce ci diede il benvenuto con un
«Benvenuti alla SykeHouse Arena di Sheffield»: si dilaniò il delirio in tutto l'edificio e né io né Louis potemmo fare a meno di urlare e lasciare che le lacrime d'emozione bagnassero le nostre guance, insieme a tutta la folla.
Non immaginerete mai la felicità che scoppiò nel mio cuore quando vidi quei tre bellissimi uomini fare la loro entrata spettacolare, accompagnati da fuochi d'artificio e fumo a volontà e riuscirono a spaccare tutto nel vero senso della parola. La musica suonava così forte che quando tutto fu finito pensai di essermi drogata con qualcosa di pesante: la testa faceva male, la gola mi bruciava, sbandavo quando camminavo e non smettevo di ridere e cantare a squarciagola. Ma ero talmente felice e soddisfatta di quell'esperienza che non me ne importava.

«È stata l'esperienza più bella di tutta la mia vita» esclamai saltellando e raggiungendo finalmente l'auto che avevamo parcheggiato più in là, lontano dall'arena. «Peccato che è durata troppo poco» continuò Louis al mio posto, togliendomi così le parole da bocca.
Lo guardai per un attimo e notai le labbra sottili secche e screpolate, bisognose di acqua, gli occhi di un azzurro così liquido, sembravano persi, come se ancora non avessero metabolizzato tutto quello che era appena accaduto e i capelli. I capelli erano scombinati in un modo così strano: nemmeno a prima mattina gli diventavano così. Forse perché avevamo saltato, urlato e ballato per più di due ore e quello era il risultato. Non osavo immaginare i miei di capelli in che condizioni erano.
Annuii alla sua affermazione aggiungendo un
«Però è stato divertente» non potendo fare a meno di pensare che fosse bellissimo anche mentre concordava silenziosamente con me, anche in quello stato: sudaticcio, con la barba accennata, i capelli da psicopatico e un permanente isorriso mozzafiato sulle labbra.
Distolsi lo sguardo ed entrai in auto per non perdermi ancora una volta in quei maledettissimi occhi che si ritrovava: quelli erano in assoluto il mio tallone d'Achille, il mio punto debole, quello più delicato. Erano un tassello che avevo quasi dimenticato il potere che avessero su di me: bastava sfiorarlo per farlo ritornare a galla, quasi più forte di prima.
Senza rendermene nemmeno conto, mentre il ragazzo dagli occhi celesti e il sorriso sbarazzino sulle labbra guidava per le strade di campagna per raggiungere nuovamente l'autostrada e parlava di quanto si sentisse felice ed eccitato, ricordando ogni minimo dettaglio della serata, mi addormentai cullata dal suono della sua voce acuta e dal rumore del vento che picchiava sui finestrini dell'auto.


«Em! Emily!» mi sentii chiamare dolcemente da quella voce che conoscevo meglio delle mie tasche e piano piano riaprii gli occhi, rischiando quasi di affogare con la mia stessa saliva per colpa di due occhi azzurro mare fin troppo vicini ai miei e al mio viso: quegli occhi insieme al sorriso smagliante sorridevano ed erano ancora più belli.
Il mio cuore perse qualche battito ma riuscii a riprendermi in tempo per
«Che succede?» farfugliare con la voce ancora impastata dal sonno. Notai che l'auto veniva rimessa in moto e «Manca poco a casa tua» disse il ragazzo al mio fianco, tornando con le mani sul volante e lo sguardo sulla strada. Mi alzai lentamente, guardando fuori dal finestrino, avendo giusto il tempo per riconoscere il cartello 'Doncaster' passarmi davanti agli occhi e mettendomi meglio sul sedile «Scusa se mi sono addormentata» mi affrettai a dire perché davvero mi sentivo in colpa: avevo lasciato che guidasse per più di due ore, durante la notte, completamente da solo perché io mi ero abbattuta come un pesce lesso. Sorrise e «Ma sei scema?» esclamò continuando con un «Tranquilla! Mi sono divertito lo stesso, anche da solo» detto ridacchiando.
Gli diedi un pugno scherzoso sulla spalla e, dopo qualche minuto di silenzio, senza riuscire a controllare le mie parole e la mia boccaccia,
«Ti voglio bene Lou» dissi guardandolo dritto negli occhi: mi mancò il fiato probabilmente e probabilmente lo stesso successe a lui dato che mi guardò per un infinità di minuti con la bocca semi-aperta, prima di fermare di botto la macchina, appena prima il vialetto di casa mia. «Eccoci qui» disse improvvisamente imbarazzato o nervoso, non saprei dirlo ma strinse con forza il volante dell'auto e indicò appena con un dito il cancelletto nero in ferro battuto, che recintava tutta l'abitazione.
«Eccoci qui» ripetei in un sussurro, prima di voltarmi ed incrociare il suo sguardo, che ora si era poggiato su di me, sul mio corpo e sul mio viso. «Grazie per questa giornata» dissi, un po' malinconica e un po' fredda a dirla tutta: gli avevo detto di volerlo bene e non aveva dato risposta.
Perché?
Puntò i suoi occhi nei miei e, sperai con tutto il cuore che non notasse l'improvviso tremolio che aveva assalito le mie mani, il sudore che improvvisamente stava prendendo posto sulla mia fronte, tra le mani e dietro la schiena e soprattutto sperai che non sentisse il battito frenetico del mio cuore, che a momenti sarebbe esploso nel mio petto. Perché aveva ancora quest'effetto su di me?
Non riuscii nemmeno a pensare a tutte queste cose contemporaneamente perché mi ritrovai le sue labbra appiccicate alle mie, in un bacio morbido e leggero. I miei occhi erano dapprima spalancati per lo stupore di quello che realmente stava accadendo, dopodiché, automaticamente, si chiusero e lasciarono che quel semplice sfioramento di labbra diventasse qualcosa di più intimo: le mie braccia finirono dietro al suo collo, avvicinandolo sempre più al mio corpo, le sue mani si insinuarono sui miei fianchi, sotto la maglietta nera sporca e sudata, la sua lingua tracciò il contorno delle mie labbra e, senza esitazioni, lasciai che entrasse nella mia bocca per incontrarsi con la mia e insieme scambiarsi saliva ed eccitazione.
Era il bacio che avevo sognato per anni: per anni avevo immaginato i posti più stravaganti, le situazioni più strane durante le quali avrei potuto avere la possibilità di assaporare quelle labbra, ma mai mi ero immaginata che sarebbe successo in macchina, dopo il concerto del nostro gruppo preferito e quando ormai avrei dovuto dimenticarlo perché lui aveva detto che io ero un maschiaccio, che io non ero all'altezza per giudicare le ragazze che si portava a letto e soprattutto che io, Emily Moore, non ero desiderabile per un ragazzo.
Un ragazzo che invece aveva trovato dell'affascinante e del 'sexy' nel mio aspetto fisico, al contrario, c'era e non erano quelle le sue labbra che in quel momento stavo baciando. Non potevo fargli una cosa del genere, non me la sarei mai perdonata. Più che altro non volevo.
Come attraversata da una scarica elettrica che mi permise di risvegliarmi da quell'attimo di confusione, mi resi conto che in realtà non erano le labbra di Louis quelle che volevo baciare, ma erano quelle di un altro ragazzo, più alto e più magrolino che al momento stava sicuramente dormendo nel suo letto, in quel letto che aveva fatto da testimone alla nostra storia.
Così poggiai due mani sul suo petto e lo allontanai, dandomi da un lato della stupida perché quel bacio era stato il mio desiderio per così tanto e ora lo stavo respingendo.

«Q-qualcosa non va?» articolò il ragazzo, spostandosi nuovamente sul suo sedile, dato che si era come tuffato sul mio corpo incastrandomi contro la portiera dell'auto, mentre riprendeva fiato e si passava la lingua sulle labbra, come per gustare ancora una volta il sapore che avevano lasciato le mie labbra sulle sue, e «N-non posso Lou» dissi, sentendo le lacrime riempire i miei occhi.
«I-io posso darti tutto, Em» disse lui portando il suo sguardo nel mio, la sua voce era incrinata e vederlo così mi fece male: che voleva significare tutto questo? Perché mi aveva baciata? Perché proprio ora che ero felice e avevo un fidanzato bellissimo? Perché?
«M-mi dispiace Lou..» riuscii a dire prima di aprire la portiera dell'auto e precipitarmi fuori da essa, con le lacrime che ormai avevano preso a scivolare sul mio viso: troppe sensazioni tutte in una giornata.
In quell'auto era successo un qualcosa di così giusto ma così sbagliato allo stesso tempo: quella cosa così giusta si era mescolata a quell'errore che difficilmente mi sarei perdonata.
I miei pensieri ora andavano solo al moro e a quello che avevo fatto, che avevo lasciato accadesse.
















HEEEEEEEEEEEEEI!
Scuola finita e probabilmente senza debiti! 
Avrò così tanto tempo per aggiornare questa storia che sono eccitata alla sola idea!
Finalmente il concerto e l'attesissimo bacio tra Em e Lou! Come vi sentite? HAHAHAHAH u.u
Fatemelo sapere attraverso una piccola recensione! 

Manca così poco al concerto dei ragazzi che non sto più nella pelle!
Prenderò l'aereo da sola per arrivare a Milano! Ho pauuura! Hahaha(':
Chi di voi ci sarà? 

A presto bellezze! x

miriisupertramp

ps. perdonatemi gli errori, ma vado di fretta!

  
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