Libri > Hunger Games
Ricorda la storia  |      
Autore: _cashmere    12/06/2014    1 recensioni
« Sono una sgualdrina, Kelan. » fece lei in risposta. « Ci sarà sempre una parte di me sudicia e impura, ma mi piace, proprio come tutte le altre parti di me. Posso perdonare. Puoi dire lo stesso di te, stronzo. Puoi perdonare. Sei in grado di farlo. »
[...] Forse era pura e semplice passione quella che provava in sua compagnia, o forse era l'amore vero. Quell'amore che dapprima ti mette in ginocchio, e poi ti sferra il colpo di grazia. Quell'amore che sopraggiunge nei momenti più inaspettati, quello che ti sazia solo per pochi attimi, dopo i quali torna ad essere forte più che mai.
Quell'amore così simile ad un ciclone che distrugge. Ecco cos'era Ludmilla.


[ Spin-off/prequel di Schwartz's Roses | Lilith/Kelan/Ludmilla | Spoiler! ]
Genere: Angst, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
- Questa storia fa parte della serie 'I fantasmi sono fatti di memoria.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Note: Ok, non ho mai messo le note ad inizio capitolo, ma stavolta è d'obbligo :3
In primis, me(h) è tornata, per vostra grande sfortuna, e ha in cantiere anche il nuovo capitolo di Schwartz's Roses che – tanto per citare le parole della Lock/Marilù/Quella-Tizia-Rompiballe, è caduta nel dimenticatoio. 
Questa about è appunto un suo spin off/prequel, anche abbastanza spoiler (sebbene per il momento chi la segue si chiederà che cosa c'entri con Veve tutto questo), ed è incentrata su due personaggi che compariranno tra una decina di capitoli: Kelan J. Browning e Ludmilla Violet Alsar. Lei forse sarà più familiare a chi segue l'interattiva La Diabolica Edizione della Memoria di Clovniss_Kia, è la mia dolcissima tributina del 9 in versione semiadulta perennemente scazzata.
E niente, Avril Lavigne mi ispira un casino, e se passaste a leggere qui mi fareste muy happy 

Cashmere in Deathland on Facebook ~




Photobucket Pictures, Images and Photos








Di giorno ella era deliziosa come un elfo del cielo, ma di notte aveva una natura cattiva e selvatica, era invece un orrendo batrace, silenzioso e piangente, con gli occhi tristi.

Hans Christian Andersen, La figlia del Re delle Paludi.




Anche al di fuori dell'edificio imbiancato a calce l'aria puzzava di alcol, fumo e asfalto.
Kelan era uscito per fare una camminata mentre Lilith era rimasta nel salone a conversare con i pochi invitati rimasti. La osservò da dietro al portone prima di chiuderselo alle spalle: l'abito bianco le ondeggiava dolcemente lungo i fianchi mentre parlava, facendo sembrare le sue forme un po' più morbide di come fossero realmente. Si arrotolò un ricciolo intorno al dito e si chinò a sussurrare qualcosa ad una signora tarchiata, ridendo di gusto.
Era la ragazza più graziosa che avesse mai visto.
La prima boccata d'aria pulita fu per lui come un soffio vitale. Inspirò a pieni polmoni quella brezza frizzantina mentre si allontanava, beandosi dell'assenza di qualsiasi rumore.
Perlomeno qui non c'è quella musica assordante. pensò con un sorriso.
Sfiorò con un dito la superficie ruvida di una villetta fatta interamente di mattoncini rossi, probabilmente dimora di qualcuno di importante. Era la prima volta che si trovava in quella zona del Distretto, ma d'altronde frequentandola aveva capito che Lilith conosceva molti posti carini e poco noti ai suoi concittadini.
Un sassolino lo colpì all'improvviso all'altezza della nuca, infilandosi poi dentro la camicia. 
Bambini idioti.
Si girò di scatto, irritato, ma non vide nessuno. Gli unici rumori che ora si sentivano provenivano dal locale che aveva appena abbandonato. Evidentemente Lilith aveva alzato ulteriormente il volume della musica, lei adorava ballare.
« Sorpresa! » fece una voce alle sue spalle. 
La donna che aveva parlato era seminascosta dietro la villetta di mattoni. Sbucò fuori dal suo nascondiglio con una risatina infantile, e saltellò verso di lui con un sorriso odioso stampato sul volto. Il suo corpo era coperto solamente da un tubino nero sgualcito e quasi interamente strappato, che copriva a malapena quelle parti che nel corpo femminile dovrebbero essere nascoste.
« Milla. » fece Kelan sorpreso. Di tutte le persone che si aspettava venissero a trovarlo quel giorno – il giorno del suo matrimonio – lei era quella a cui aveva pensato meno.
« Volevo solo farti le mie più sincere congratulazioni. »  disse quella freddamente.
Malgrado tutto, Kelan sorrise. A giudicare dall'alito acre e dalla giarrettiera che reggeva a stento in mano doveva essere ubriaca fradicia. Aveva bevuto per darsi alla pazza gioia come tutte le sere o aveva bevuto per disperazione? 
Non doveva pensarci. Dopotutto, lui ora era un uomo sposato, e per giunta con una delle ragazze più ambite del distretto. A cosa gli serviva più una semplice puttana?
« Non è necessario che fingi allegria, Ludmilla. » ribatté lui. « So benissimo quello che provi nei miei confronti. Lo sanno tutti qui. »
« D'accordo, d'accordo, non ti scaldare! » rise Ludmilla. I suoi occhi, però, erano vuoti, freddi come il ghiaccio e più taglienti di mille lame. Metteva paura. 
« Ma toglimi una curiosità, mio caro. » continuò, sussurrandogli all'orecchio con fare suadente. « Cos'ha fatto quella per conquistarti? Ti ha succhiato l'uccello? Perché quello lo so fare molto bene anche io. » 
Kelan ebbe un brivido quando sentì il fiato caldo della ragazza sul proprio collo, e per un momento provò un odio feroce nei confronti di quella dannata provocatrice. Sapeva di essere bella, sapeva di essere perfetta, e usava quell'arma per avere tutto ciò che desiderava nel momento stesso in cui iniziava a volerlo. Ma non poteva permettersi di fare così anche con lui, non il giorno del suo matrimonio.
Lo stava torturando, gioiva nel farlo, proprio come un’ape difficile da scacciare. Ma poiché non riusciva a capire il suo modo di pensare, avvertiva una minaccia alla sua supremazia. Per questo pungeva.
« Piantala. E toglimi subito le mani di dosso. » sibilò, vedendo che la ragazza gli aveva posato una mano sulla spalla.
« Sono una sgualdrina, Kelan. » fece lei in risposta. « Ci sarà sempre una parte di me sudicia e impura, ma mi piace, proprio come tutte le altre parti di me. Posso perdonare. Puoi dire lo stesso di te, stronzo. Puoi perdonare. Sei in grado di farlo. »
Kelan si grattò la testa, confuso. Ma che diamine stava dicendo? 
Avrebbe voluto chiederle a cosa si riferisse quell'affermazione, ma Ludmilla si era già allontanata, lasciandolo lì con mille interrogativi.
Puoi perdonare. Sei in grado di farlo.


Ludmilla coprì pudicamente il suo corpo nudo con il misero lenzuolo del suo letto, sorridendo come una bambina felice dopo aver ricevuto il premio che le avevano promesso da tempo. 
Erano passati quasi sei mesi dall'ultima volta che aveva fatto l'amore con Kelan, e si era quasi dimenticata quanto ciò fosse appagante. Quei baci rubati nei pomeriggi in cui lui avrebbe dovuto lavorare, gli abbracci e il sentire le sue mani su di sé la mandavano in estasi più di qualsiasi droga. 
Si girò verso di lui e lo vide intento a rivestirsi. Sospirò, pensando a chissà quando avrebbero potuto rivivere quei momenti così intensi. In fondo, Lilith era ingenua, ma non certo stupida.
« Kelan? » fece, stupendosi per il tono dolce che aveva adoperato. Non l'aveva fatto apposta, non sarebbe stato da lei, le era semplicemente venuto spontaneo.
« Si? »
Si arrotolò una ciocca di capelli intorno al dito, abbassando appena gli occhi per non far trasparire le emozioni che stava provando in quel momento. Lei era Ludmilla Violet Alsar, non poteva permettersi di apparire debole agli occhi altrui.
E provare emozioni era una debolezza. Una stupida, inutile debolezza dell'animo umano che andava soffocata.
« Riuscirai mai ad amarmi? » gli chiese.
Kelan la guardò, stupito che una frase del genere fosse uscita dalla bocca di una delle peggiori sgualdrine del Distretto. Avrebbe potuto aspettarsela da Lilith, ma non certo da Ludmilla.
In un solo istante gli tornarono alla mente le notti piene di magia che da circa tre anni trascorreva con lei. Quelle emozioni così dannatamente intense che per molto tempo aveva cercato in sua moglie, ma che solo lei riusciva a fargli provare. Forse era pura e semplice passione quella che provava in sua compagnia, o forse era l'amore vero. Quell'amore che dapprima ti mette in ginocchio, e poi ti sferra il colpo di grazia. Quell'amore che sopraggiunge nei momenti più inaspettati, quello che ti sazia solo per pochi attimi, dopo i quali torna ad essere forte più che mai.
Quell'amore così simile ad un ciclone che distrugge. Ecco cos'era Ludmilla.
Si sedette accanto a lei e le depositò un piccolo bacio nell'incavo tra il collo e la spalla, facendola sussultare.
« Penso di amarti già da molto tempo. » rispose.
« E per quale motivo hai scelto lei? » gli soffiò sulle labbra.
Ci siamo. pensò Kelan. Il momento che tanto aveva temuto era arrivato proprio quando meno se l'aspettava, quando pensava che gliel'avrebbe potuto nascondere ancora per un po'.
« Quando ho sposato Lilith » spiegò lui frettolosamente, come se volesse togliersi un peso dallo stomaco. « Lei era da pochi mesi incinta di due bambine. Le nostre figlie. » 
Ludmilla ammutolì per qualche istante, poi iniziò a ridere. Non era una risata forzata, era stranamente spontanea. Kelan si sentì sollevato e deluso dalla sua reazione: si sarebbe aspettato che avesse usato le sue abilità per scatenare un terremoto nella stanza, o almeno che lo ferisse gravemente, ma di certo non quello.
« Sul serio? » sghignazzò la Alsar. « Tu… Tu ti sei scopato la Schwartz? » 
« Oh, smettila. È mia moglie! »
« E com'è a letto, dimmi un po'. » continuò, poggiando le mani sul petto nudo del giovane e spingendolo sul materasso. « Ho sentito dire che è solo una sciocca ragazzina frigida. »
Kelan la zittì con un bacio, stringendola a sé. In quel momento desiderò di poter tornare indietro nel tempo fino a pochi anni prima, fino al giorno in cui aveva preso in moglie una sciocca bambina odiata dal Distretto solo per i suoi rapporti con l'occulto. Ma poi rivide come in un lampo il sorriso di Penélope che per la prima volta lo chiamava papà e le prime corse per la casa di Clarissa e pensò che, in fondo, forse era meglio che le cose fossero andate così.


Si aggirava come un anima in pena per le stanze dell'hotel, un randello in mano, trattenendo a stento i rantoli convulsi che gli salivano alle labbra. 
Erano passati due anni dal giorno in cui Lilith, con i soliti occhi rossi e gonfi di pianto, gli aveva dato la notizia, sentita per caso da un passante. Strinse le mani intorno all'arma, pensando a quanto dovesse aver sofferto nel sentire la propria carne staccarsi piano piano dal corpo, riducendola ad un misero scheletro.
Seicentosessantasei pugnalate.
Non gli importava più di nulla, ormai. 
Seicentosessantasei pugnalate.
Doveva smettere di pensare a lei. Doveva smettere di pensare e basta. Nessuno avrebbe potuto riportarla indietro.
Seicentosessantasei pugnalate.
Dio, gli mancava tutto di lei. Quel profumo eccitante che si mescolava così bene con il suo, la sua risata grottesca e musicale al tempo stesso. Semplicemente gli mancava il suo essere così tanto Ludmilla, selvaggia eppure così dolce. 
« Kelan? » 
Ecco di nuovo quella voce. Quella schifosissima voce piagnucolante che usciva dall'altrettanto schifosa e immonda bocca di sua moglie. Se ne stava lì, la stronzetta, con la solita espressione terrorizzata dipinta sul volto e con la coglioncella della figlia ottenne attaccata al lembo della gonna, tanto spaventata nel vederlo quanto la madre.
« Lilith. Cara, dolcissima Lilith. » scandì l'uomo con una calma a dir poco inquietante. « Penso sia il caso di stabilire una nuova regola. Quando mi vedi in questa sala, indipendentemente da ciò che sto facendo, devi farmi il porco piacere di non disturbarmi. Risulta così difficile da capire? »
Io… » Lilith tirò su con il naso, proprio come una bambina. « « Ci sono visite per te, tesoro. »
Kelan la scostò da sé con un gesto brusco, facendola urlare dallo spavento. 
« Faresti meglio a levarti dai coglioni sin da ora. » sibilò, e quella non si attardò a sparire in chissà quale stanza dell'albergo insieme alla bambina.
Sullo stipite del portone principale era appoggiata una ragazza che non poteva avere più di quindici anni. Morbidi capelli che dal castano viravano gradualmente verso il biondo platinato, occhi di un incredibile azzurro vivo coperti da un pesante strato di trucco e labbra nerastre che serravano una sigaretta sottile, quell'ospite emanava un'incontestabile spavalderia. 
L'uomo la squadrò con fare indagatore, indugiando sul tatuaggio che aveva sul braccio recitante l'ambigua frase: “Chi ha detto che la notte è fatta per dormire?”. Era sicura di aver già visto quel faccino strafottente da qualche parte, ma neanche passando in rassegna tutte le sue conoscenze era in grado di ricordare dove.
« Beh? » fece la ragazza, prendendo la sigaretta tra due dita. Aveva un'odiosa parlata strascicata, sembrava quasi che gli stesse facendo un favore nel rivolgergli quel misero monosillabo. « A questo punto non dovresti invitarmi ad entrare? »
Si fece strada da sola dentro quell'enorme labirinto che era l'hotel, e senza che Kelan le dicesse nulla si gettò lunga sopra ad uno dei divanetti della hall.
« Chi sei e cosa sei venuta a fare, ragazzina? » chiese, visibilmente irritato dall'atteggiamento della nuova arrivata.
« Chiamami pure Cissy. O Vivì, a te la scelta. » rise quella. « E sono venuta perché sarai anche riuscito a persuadere la Alsar, ma a me non incanti. »
Una fitta di nostalgia si fece strada nel petto di Kelan nel sentire il cognome di Ludmilla, ed ebbe una fugace visione di un rossetto rosso accanto ad una giarrettiera sgualcita.
« Cosa c'entra Ludmilla in questa storia? »
« Calmo, calmo, non ti scaldare. » ringhiò Cissy. « So da fonti molto attendibili che tu amavi quella povera disgraziata, ma che non la sposasti perché una certa Schwartz – per la quale provavi pressappoco gli stessi sentimenti – era incinta. Sto forse sbagliando? »
No. » fece.
« Il punto è questo. » continuò lei. « In tutti questi anni ti sei premurato di non far mancare nulla alle tue care figliolette, oh no, ma allo stesso tempo non sapevi neanche della mia esistenza, paparino. »
Kelan si lasciò quasi cadere dalla poltrona per la sorpresa. Non era possibile, di certo doveva aver frainteso. 
« Cosa… Cosa avresti detto? » balbettò.
« «Adesso puoi chiamarmi Browning. » fece la ragazza, inespressiva. « Narcissa Ludmilla Violet Browning. »  
Kelan ammutolì. Erano forse lacrime quelle che lottavano per uscire dai suoi occhi?
« Che c'è. » fece imperterrita la ragazza. « Credevi davvero che scoparti mia madre tutti i santi giorni non avrebbe avuto conseguenze? Sveglia! »
« Ma come… Quando… Voglio dire, quanti anni hai? E dove sei stata per tutto questo tempo? » farfugliò.
Narcissa picchettò con un dito sopra la sigaretta, facendo cadere la cenere bollente sul lussuoso tappeto della hall. 
« Mi stai stressando. » sibilò. « Ma sappi » si avvicinò al suo orecchio con fare minaccioso e sensuale al tempo stesso, in un modo che gli ricordò terribilmente Ludmilla. 
« Che ora hai una figlia in più, paparino. »

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: _cashmere