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Autore: syontai    12/06/2014    8 recensioni
Un mondo diviso in quattro regni.
Un principe spietato e crudele, tormentato dai fantasmi del passato.
Una regina detronizzata in seguito ad una rivolta.
Una regina il cui unico scopo è quello di ottenere sempre più potere.
Un re saggio e giusto da cui dipendono le ultime forze della resistenza.
Una ragazza capitata per il volere del destino in un mondo apparentemente privo di logica, e lacerato dai conflitti.
Una storia d'amore in grado di cambiare le sorti di una guerra e di tutto questo magico mondo.
This is Wonderland, welcome.
[Leonetta, accenni Pangie, LibixAndres e altri]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 40

Ognun per sé

Odiava ammetterlo, ma era contenta che Pablo l’avesse raggiunta. E mentre da una piccola ciotolina di legno sbeccata sorseggiava un ricostituente, ottenuto dalla miscela di numerose piante sparse per la palude, aspettava con ansia che il marito finisse di parlare con la madre. Come aveva sospettato era infuriato nero, ma la sua rabbia era dettata per lo più dalla preoccupazione. Chiusa dentro la sua stanza, era ancora sconvolta per quello che era successo la notte prima. Non aveva ottenuto un bel niente, e il suo viaggio era stato inutile. Ne prese sempre maggiore consapevolezza, e si sentì una sciocca. Che cosa mai sperava di ottenere? Credeva davvero che il padre avrebbe messo da parte il suo orgoglio e la sua estrema attenzione per le leggi della Palude?
“Come le avete anche solo permesso di fare una cosa tanto sciocca? Poteva rimetterci la vita! Una seduta con gli spiriti!”. Le urla di Pablo nella stanza adiacente erano fin troppo forti, e almeno la obbligavano ad interrompere i suoi tristi pensieri. Angelica tentava di spiegare, e parlava talmente piano che non riusciva a capire tutto, ma era chiaro che stesse marcando il fatto che era stata la figlia a insistere tanto per una cosa del genere. Roteò gli occhi esasperata, e cercò di mettersi in piedi, ma le venne un capogiro, e proprio in quel momento la porta si aprì rivelando i due. Pablo era ancora rosso in faccia, e la guardava con una severità che le ricordava molto quella del padre, mentre Angelica si era fatta piccola piccola di fronte alle accuse del re, e stava in un angolino dell’uscio, accennando un sorriso nel vedere che si fosse ripresa.
“Se ci potessi lasciare da soli sarebbe l’ideale” disse Galindo con tono finalmente più pacato all’anziana donna, che con un cenno di assenso, ritornò alle sue mansioni di casa. Non appena la vide allontanarsi l’uomo chiuse la porta e si fiondò al lato del letto, osservando attentamente ogni particolare del suo viso.
“Vedo che ti sei ripresa” sentenziò con voce atona, storcendo la bocca, e evitando di guardarla negli occhi. Angie gli fece cenno di sedersi al suo fianco, e subito Pablo ubbidì, nonostante si sentisse notevolmente nervoso e anche un tantino arrabbiato. Strinse la sua mano, e la portò alla guancia, per poi chiudere gli occhi. Quanto le era mancata la sensazione della pelle del marito sulla sua. Tante notti si era sentita sola nel suo giaciglio gli occhi le si inumidivano, sentendo la mancanza del consorte, ma adesso che lo aveva di nuovo accanto il cuore le esplodeva in petto per la gioia. Non le importava che fosse offeso con lei, era pronta a prendersi una bella dose di rimproveri, ma se era lui a farglieli le andava bene.
“Mi sei mancato tanto…”. Pablo irrigidì la mascella a quelle parole. Solo al sentire quella voce così dolce, quelle parole tanto sentite, aveva voglia di lasciarsi tutto alle spalle e di baciarla con foga, ma un minimo di orgoglio lo aveva, e intendeva conservarlo.
“Si può sapere che ti è preso? Andare via, senza dire nulla a nessuno, lasciando una misera lettera!” esplose poi l’uomo, scostando la mano dalla guancia di Angie. Mai lo aveva visto così infuriato come in quel momento, e in effetti non gli si poteva dare torto. Non si era comportata affatto come una buona moglie, sebbene continuasse a credere di aver agito nel modo migliore possibile.
“Se te ne avessi parlato non mi avresti permesso di venire fin qui” rispose, tenendo alto lo sguardo fiero. Non si era mai sottomessa a nessuno, era uno spirito ribelle, e Pablo aveva imparato ad amarla anche per il suo essere scostante. Aveva intenzione di spiegargli i motivi che l’avevano spinta ad andare alla Palude, ma subito venne anticipata. “Vorrei anche vedere! Attraversare il Regno, da sola, senza scorta, per addentrarti in questa sorta di giungla…certo non ti avrei dato questa libertà! Non sai quanto sono stato preoccupato, non puoi nemmeno immaginarlo; ero fuori di me, e ho subito intuito che avessi deciso di tornare in quest’inferno”.
“Ma io dovevo tornare! Pablo, sono stanca di non poter fare nulla per i miei sudditi, sono stanca di rimanere chiusa in quelle quattro mura mentre le persone muoiono per difendermi. Sono stanca!”. Le lacrime iniziarono a scendere dapprima silenziose, poi accompagnate da alcuni singhiozzi. Pablo finalmente si decise a guardarla negli occhi, e un forte senso di compassione lo invase. Non poteva vedere la sua Angie disperarsi tanto, e sapeva che prima o poi la pressione a cui era stata sottoposta l’avrebbe fatta impazzire. Era il momento però di farle capire che la loro forza era la forza di tutto il Regno. “Credi che sia stato felice di mandare quei ragazzi allo sbaraglio, in una missione così pericolosa? Credi che non pianga nel vedere le famiglie distrutte da questa guerra? Non lo faccio davanti a nessuno, ma quando sono solo Angie, a volte arrivo a desiderare di morire”. La voce gli tremava, e il corpo era scosso dai brividi. “Ci penso ogni notte, ogni istante della mia vita…penso che mentre faccio colazione, mentre cammino, c’è gente che sta sacrificando la propria vita, per difendere un ideale. Ho voglia di abbandonare tutto e seguire queste persone, perché la penso come loro, ma so che i miei obblighi me lo impediscono. Essere re non significa solo comandare un esercito, assumersi le responsabilità delle glorie e delle sconfitte. Se non scendo in campo o non faccio nulla non è per vigliaccheria. So che non posso perché la gente ha bisogno di un riferimento, e se io perdessi la vita in azioni avventate si troverebbero priva di una guida. Gli equilibri in una guerra sono instabili, e noi sovrani siamo più importanti che mai per mantenerli”. Angie si chinò verso di lui, ricercando la sua espressione piena di dolore. Si stava liberando del peso che portava tutti i giorni, e si sentì una sciocca; l’aveva abbandonato, seguendo un istinto, mentre lui continuava a lottare per dare stabilità.
“Non riuscivo a rimanere a guardare. Non ce l’ho fatta”. Non valeva nulla, lo sapeva bene, ma aveva bisogno di essere sincera con Pablo.
“Nessuno può capirti meglio di me. Alcune notti penso di non farcela più, vorrei solo sparire dal mondo. Noi siamo un simbolo, Angie. Io e te. Siamo ciò che tiene unite terre tra loro lontane contro una minaccia comune”.
Noi siamo un simbolo. Tutto assunse un aspetto diverso. Un simbolo. Cosa significava essere un simbolo? Ma soprattutto, quali responsabilità comportava? Grazie a Pablo lo stava scoprendo, e non era certa che gli piacesse. Essere un simbolo significava a rinunciare ad alcune libertà, e lei odiava sentirsi costretta. Per una volta però non contava quello che voleva, semplicemente si era trovata ad essere qualcuno che non aveva scelto di essere, ed era pronta a sostenere Pablo come e più di prima.
“Ci sono io con te”. Pablo annuì e in pochi secondi si ritrovò ad essere cullato dalle sue braccia. Erano stesi l’uno accanto all’altro sul letto, e Angie gli accarezzava i capelli con dolcezza. Continuava a ripetergli che non l’avrebbe più lasciato da solo, che avrebbero affrontato tutto insieme. “Affronteremo tutto. Insieme”.
 
Federico si massaggiò il capo, ancora dolorante. Ci volle qualche secondo prima che riuscisse a rimettersi in piedi e con questa miracolosa azione arrivarono anche le imprecazioni. Era stato un vero e proprio ingenuo. Davvero credeva che Francesca sarebbe venuta con lui senza cercare di fuggire? Probabilmente ancora non si fidava di lui, e pensava che l’avrebbe portata nuovamente in prigione. Maledizione, borbottò tra i denti, cercando di ricordare che cosa era successo. Stava cercando di capire dove dovessero procedere, rimasto con la mente al gruppetto che cercava di raggiungere il Pentagono. Non aveva fatto in tempo a voltarsi verso la regina deposta per sapere se fosse pronta a proseguire a piedi quando sentì un colpo fortissimo in testa. L’ultima cosa che ricordava era il rumore di un bastone che cadeva a terra, prima di perdere i sensi. Doveva aspettarselo, probabilmente nemmeno lui si sarebbe fidato al suo posto. Finalmente riusciva a mettere a fuoco ciò che gli stava intorno, mentre si massaggiava le tempie e il bozzo che aveva sulla testa. Gli lacrimavano gli occhi per il dolore, ma non aveva tempo da perdere: doveva raggiungere Francesca prima che si cacciasse in quale guaio; il regno di Fiori non era affatto sicuro, pieno di bande di briganti e sicari. Provò a chiamarla più volte con la voce impastata mentre sbandava a destra e a sinistra, come un ubriaco.
Correva, correva finché ne aveva la forza. Più distanza riusciva a mettere tra lei e Federico, meglio era. Era stanca di tutti, stanca di essere una prigioniera. Mentre correva si sentiva libera, ed era una sensazione che non provava ormai da tanto tempo. Ogni tanto era costretta a fermarsi, perché tutti quegli anni di prigionia l’avevano resa debole fisicamente, ma appena ne aveva la possibilità ricominciava a correre. Acosta l’aveva ingannata più volte, ed era certa che l’avrebbe fatto di nuovo, per questo non appena l’aveva visto abbassare le difese aveva raccolto un bastone piuttosto massiccio e pesante, l’aveva colpito in testa senza attendere un secondo, ed era fuggita via. Non si era pentita affatto di quella scelta, anzi era sorpresa del coraggio che aveva mostrato. Si aggirava all’interno di un boschetto da parecchi minuti ormai, e aveva perso il sentiero principale. Avrebbe dovuto preoccuparsi, ma si sentiva stranamente tranquilla: se riusciva a stare lontana da Federico tutto sarebbe andato per il meglio, ne era sicura. Sentì un rumore di foglie secche pestate, e delle voci non troppo lontane, quindi si appiattì contro il tronco di un maestoso abete, rischiando di inciampare tra le sue radici.
“Non ho ancora sentito ringraziamenti per quello che ho fatto” sbottò un ragazzo, zuppo dalla testa ai piedi. In realtà, come ebbe modo di notare in seguito, tutto quel singolare gruppetto era fradicio. Quando si era allontanata dalla città aveva visto un’onda gigantesca comparire dal nulla e abbattersi su di essa. Lei e Federico l’avevano evitata di un pelo, ed erano rimasti per un po’ di tempo ad osservare l’acqua scrosciare per la vallata prima di mettersi in viaggio.
“Ringraziamenti? Ringraziamenti per aver rischiato di farmi morire spiaccicata contro i cancelli del Palazzo?” disse ironica una ragazza, dai capelli biondo cenere. 
“Avevo calcolato tutto nei minimi dettagli! Non è colpa mia se a Miss Voglio-morire-infilzata-dalle-guardie non è sembrata la soluzione migliore. Non avevo molto tempo per escogitare di meglio! E rompere le difese magiche di quel luogo è stato tutto tranne che uno scherzo!”. Difese magiche, magia…doveva trattarsi di un mago! Francesca si portò una mano alla bocca inorridita. Tutti i maghi erano sotto il servizio di Nata e lui non doveva fare eccezione. Ma allora perché erano in fuga se erano dalla parte della regina? L’unica spiegazione che le balenò in mente era che la stessero cercando per riportarla in cella.
“Comunque sia, non importa, abbiamo l’elmo!”. La voce era allegra, nonostante stanca. Strinse i pugni: no, non erano alla sua ricerca. Non appena ebbe sentito nominare l’elmo di Fiori, aveva allontanato quell’ipotesi. Doveva trattarsi di una banda di ladri. E grazie all’aiuto del mago avevano ben pensato di fare il colpo della vita.
“Ma voi come avete fatto a trovarci?” chiese quello stesso, rivolgendosi ad una giovane coppia; la ragazza aveva il braccio intorno alle spalle del compagno e saltellava, gemendo di tanto in tanto per il dolore.
“Non è stato difficile. Gli incantesimi si vedevano in lontananza…deve essere stata dura per Dj fronteggiare quella strega! Comunque sia il fuoco che ha scatenato è stato piuttosto utile per mettere fuori gioco quegli alberi dagli aghi mortali” spiegò brevemente quest’ultimo.
“Fuoco infernale…avrei dovuto pensarci io! Purtroppo però non so maneggiare bene quel tipo di incantesimo” esclamò sconsolato il mago.
“Maxi, perché non provi di nuovo quell’oggetto? Almeno per essere sicuri che funzioni ancora” si intromise la bionda.
“Mica è di cartapesta! Stiamo parlando di un potente oggetto magico, l’acqua non gli fa mica male” esclamò con tono sicuro il mago, beccandosi una gomitata in piena pancia, che lo fece piegare in due dal dolore. “Emma…era necessario?”.
“Per farti stare zitto questo ed altro”. Il gruppetto si fermò a pochi passi dall’albero che la nascondeva, e Francesca sperò fino all’ultimo che non la trovassero.
“Wow! Vedo tutto quello che succede. Tante informazioni, troppe…è un’esperienza incredibile”. Quello che avevano chiamato Maxi aveva indossato l’elmo della sua famiglia, e non riusciva ad accettarlo. Come osavano quei profanatori da quattro soldi mettere le mani su un oggetto così prezioso, e per lei tanto importante? Spinse la schiena sempre più contro il tronco, cercando di resistere alla tentazione di uscire allo scoperto, fino a farsi male. “C’è qualcuno!”. Quell’esclamazione la riscosse dai suoi propositi, ed iniziò a sudare freddo. “Dietro quell’albero!” esclamò Maxi, togliendosi subito dopo l’elmo, e indicando in quella che temeva essere la sua direzione. Francesca chiuse gli occhi, e rallentò il respiro. Non si riferiva a lei, non si riferiva a lei…più se lo ripeteva più le sembrava inverosimile; chi altro poteva essere nascosto dietro un albero nei paraggi? Le sue incertezze svanirono non appena si sentì afferrare il braccio, e venne strattonata fuori dal suo nascondiglio, rischiando di inciampare.
“E tu chi sei?” domandò uno dei ragazzi, quello con l’inquietante cicatrice lungo la guancia. Tentò di divincolarsi, ma la stretta di quel tipo era salda come l’acciaio.
“Lasciatemi stare! Non si tratta così una donna!” strillò, cercando di attirare la parte femminile della compagnia. La mora scosse le spalle, mentre la bionda aveva tirato fuori il pugnale e se lo passava tra le mani, completamente disinteressata a quella scena. Il ragazzo con l’elmo sotto braccio si avvicinò con aria confusa, e non appena la vide sbiancò di colpo. In tutta fretta abbassò il capo e abbozzò un inchino.
“Maxi, ma che stai facendo?”. La mora lo guardò stranita, mentre il mago aveva acuito lo sguardo e la fissava intensamente, con un mezzo sorriso.
“Che cosa state facendo voi! Lei è l’unica e legittima erede al Trono, la regina Francesca!” spiegò l’altro, senza alzare lo sguardo, e rimanendo inginocchiato, in attesa di un suo segnale per rialzarsi. Dj anche si fece avanti e affiancò Maxi, per poi fare uno svolazzante inchino.
Andres mollò di scatto la presa e la guardò evidentemente a disagio. “Ma come mai siete qui? Vi sapevamo intrappolata da Natalia nelle segrete del castello” domandò il mago, corrugando la fronte. Non si era sbagliato, quella era la regina Francesca in carne ed ossa, non si trattava di una semplice somiglianza.
“Sono stata liberata” rispose con un sussurro, evitando lo sguardo indagatore dei presenti.
“E chi ti ha salvato?”. Fu proprio Andres a rivolgere quella domanda. Ricordava che Federico avrebbe approfittato del trambusto causato dalla loro infiltrazione al castello per liberare una persona a lui cara.
“Nessuno. Sono fuggita da sola” ribatté evasiva Francesca. Il gruppetto si congedò per qualche secondo e si mise in cerchio, discutendo sul da farsi.
“Cha facciamo?” esordì Dj, bianco in volto per tutto lo sforzo che aveva fatto nel tentativo di recuperare l’elmo.
“E’ ovvio. La lasciamo qui. Sarebbe solo una palla al piede la principessina” ghignò Emma, rinfoderando il pugnale. Sembrava davvero certa che quella fosse l’unica soluzione possibile, ma Maxi e il mago si scambiarono uno scambio sconcertato.
“Non possiamo lasciarla qui! Lei è la nostra regina…quella autentica!” si difese quello, stringendo l’oggetto sotto braccio; ottenne subito un cenno di assenso del compagno che gli diede subito manforte. “Esatto! Io non ce la faccio a lasciarla qui. Almeno portiamola al sicuro!”.
“Per una volta sono d’accordo con Emma…non possiamo perdere tempo, abbiamo una missione” si intromise con forza Libi. Emma prima la guardò sorpresa, poi sorrise beffarda, contenta di aver ottenuto l’appoggio della rivale.
“Immagino che la decisione finale spetterà al capo” disse il mago, puntando quindi il suo sguardo su Andres, seguito poi da tutti gli altri. Prima che potesse rispondere un colpo di tosse li costrinse a voltarsi. Francesca si era avvicinata, fino ad essere a pochi passi da loro, e doveva aver ascoltato tutto.
“Non intendo in alcun modo intralciarvi. Vi chiedo solo di non abbandonarmi qui…se mi insegnerete a combattere potrei esservi di aiuto! Imparo molto velocemente. E…potrei esservi utile con la vostra missione! Insomma, so fare tantissime cose, anche se non si direbbe”. Francesca parlava a raffica, senza dare loro il tempo nemmeno di controbattere. “E so anche cucinare!” aggiunse con un sorriso.
“Beh, nessuno si lamenta mai della zuppa che preparo io!” esclamò Emma. Dj divenne verde, e Maxi imitò l’atto di vomitare. Libi stessa rivolse gli occhi al cielo con un’espressione disgustata, e Andres addirittura fece finta di non aver sentito. “Quindi mi state dicendo che non vi piace?!” proseguì adirata. “Quando nessuno ne chiede dell’altra due domande potresti fartele” si lasciò scappare Dj, venendo incenerito con un solo sguardo. Emma chiuse gli occhi, poi li riaprì di scatto e senza che potesse prevederlo diede nuovamente una gomitata sulla pancia al mago, che si piegò in due gemendo.
“Allora, posso venire con voi?” chiese speranzosa la regina.
“Potrebbe tornarci utile”
“Sarà una palla al piede”
Tutte quelle opinioni lo frastornavano e non sapeva a chi prestare ascolto. “D’accordo, d’accordo, può venire con noi” disse alla fine, ottenendo consenso da una parte e disapprovazione dall’altra. Francesca sorrise raggiante, e si mise al fianco di Emma provando a scambiare due chiacchiere, smorzate subito dalle risposte in monosillabi di quest’ultima, evidentemente scocciata da quella che riteneva essere solo una bambina viziata. “Vogliamo aggiungere qualcun altro a questa sorta di circo? Il mago da quattro soldi già lo abbiamo” proferì sospirando. Ovviamente Dj non prese molto bene quel non troppo velato insulto, e si sentì in dovere di rispondere, ma Maxi gli fece cenno di non dare il via all’ennesima litigata. Andres e Libi invece procedevano un po’ distaccati dal resto del gruppo, evitando di guardarsi negli occhi.
“Volevo ringraziarti per avermi salvato” cominciò la ragazza, trovando dopo qualche minuto il coraggio. Zoppicava al suo fianco, e ogni tanto si reggeva sulla spalla del compagno.
“Non c’è di che” rispose secco l’altro, senza molte cerimonie. Di nuovo silenzio. Si sentiva ancora molto a disagio, al ricordo della serata trascorsa insieme prima che la loro copertura saltasse. Com’era bella con quell’abito elegante, una vera dama! Scosse la testa cercando di non pensarci, ma più di provava meno ci riusciva. Gli sembrava di essere nel tentativo di spegnere un incendio con solo un cucchiaino d’acqua. “Nient’altro?” aggiunse con apparente freddezza. Libi si fermò e lo fissò sconcertata: un attimo prima gli salvava la vita, rischiando la sua per proteggerla, e l’attimo dopo faceva finta di nulla. Una volta le diceva che dovevano tornare buoni amici, e la volta dopo la trattava come un’estranea. Continuava a non capirci nulla, tutta quell’incertezza le dava sui nervi. Voleva che la situazione fosse chiara una volte per tutte, a costo di insistere e risultare noiosa.
“Beh…in realtà si. Volevo sapere come mai hai rischiato tanto per salvarmi. Un gesto tanto…”.
“L’avrei fatto per chiunque, non solo per te”. Colpita. Ma non aveva intenzione di demordere, non era il tipo.
“Non si tratta solo di questo”. Il silenzio calò nuovamente, stabilendo un nuovo scenario. Andres sembrava seriamente in difficoltà ed era chiaro che volesse evitare quella conversazione più di ogni altra cosa.
“Andres…penso sia venuto il momento di dirti la verità. Io…ecco, io…”.
Un urlo li fece sobbalzare, e quando accorsero videro Fran attaccata al braccio di Emma, mentre guardava un serpente che sibilava minaccioso, nascosto tra le foglie secche.
“E’ solo una biscia” cercò di tranquillizzarla Maxi, facendola solo scuotere il capo. Qualcuno accorse alle loro spalle fino a raggiungere il gruppo, che si voltò di scatto al sentire un rumore di passi, pronti a difendersi da eventuali attacchi, ma subito i volti tesi si rilassarono alla vista di Federico.
“Francesca!” disse lui, senza degnare gli altri di un solo sguardo, e fiondandosi dalla sua amata, che alla sola vista divenne rossa di rabbia. E di fronte alla rabbia di Francesca, anche il serpente più velenoso e temibile sarebbe fuggito, infastidito da quel frastuono.
“Tu stammi lontano, smettila di seguirmi!” strillò, mollando con uno strattone il braccio di Emma, e andando verso il conte Acosta per affrontarlo testa a testa.
“Ma io…”.
“Tu niente! Non credere che solo perché mi hai liberato allora mi fidi di te! Tutt’altro! Avrei dovuto colpirti più forte con quel bastone”. Andres rimase a bocca spalancata: addirittura aveva messo KO il conte per poter fuggire dalle sue grinfie? Si doveva essere perso molti passaggi, perché non ci stava capendo nulla. “Quindi vi conoscete?” se ne uscì, incontrando lo sguardo infuriato della regina, e quello rassegnato di Federico.
“Certo che lo conosco! Questo maledetto infame mi ha fatto rinchiudere nelle segrete!” ribatté la ragazza, guardandosi intorno in cerca di un’arma con cui difendersi. Non trovando nulla, sbuffò arrabbiata, e si mise a braccia conserte, come una bambina a cui era stato negato un gioco prezioso.
“Ti ho già spiegato che non avevo scelta…avevo bisogno che Nata si fidasse di me. Ma adesso sei libera!”.
“Libera di non averti tra i piedi” commentò rapidamente, guardando i suoi nuovi compagni in cerca di un appoggio. Senza che però se l’aspettasse tutti erano già intorno a Federico, a parlargli amichevolmente e a dargli pacche sulle spalle.
“Non mi dire che è questa ragazza dal carattere difficile che dovevi salvare!” scherzò Andres.
“Preferisco definirla vivace!” rispose l’altro con un sorriso a trentadue denti. Francesca cercò di sbracciarsi per ottenere la loro attenzione, ma sembrava essere diventata invisibile di fronte ad Acosta. Diede un calcio ad una pigna, sbuffando nuovamente.
“Hai visto che onda ha creato DJ?”.
“Ehi, era l’unico modo per fuggire”.
Tutti chiacchieravano spensierati, e Francesca si sentì nettamente fuori luogo. Soprattutto non poteva sopportare che i suoi ‘amici’ portassero rispetto per quel traditore maledetto. “Beh, ora che l’avete salutato possiamo andare?” li interruppe facendosi largo tra il gruppetto, e sfidando Federico con aria compiaciuta.
“Vuoi andare con loro?” le chiese sinceramente preoccupato.
“Certo”. Era proprio quello che voleva, dimostrargli che non dipendeva in alcun modo da lui, e che già era pronta a rendersi utile per qualche buona causa. O almeno sperava si trattasse di una buona causa, perché in effetti non sapeva nulla di quel gruppo.
“Scordatelo, non ti permetterò mai di correre tutti questi pericoli”. Si trovavano faccia a faccia ed entrambi emanavano scintille dallo sguardo.
“Non dicevi lo stesso mentre marcivo in una galera” sbottò Francesca, inarcando un sopracciglio. Sentiva la mano fremere dalla voglia di dargli un pugno in pieno viso, ma si trattenne solo perché si riteneva una persona civile.
“Era diverso! Comunque lì dentro eri al sicuro. Invece affrontare un viaggio di punto in bianco, correndo tutti i rischi annessi…puoi scordartelo. Adesso tu vieni con me e ti porto al Regno di Picche, o in qualche villaggio sicuro”. Federico era irremovibile: non le avrebbe permesso di commettere una sciocchezza. Quel gruppo era destinato a morire, lo sapeva bene. Solo per recuperare un pezzo dell’armatura dovevano aver rischiato di lasciarci le penne…
“Non ero al sicuro! Ero in trappola, che è ben diverso”.
“Per quanto avete intenzione di continuare a battibeccare? No, perché io avrei un certo languorino” osservò Emma, anche se era estremamente divertita da quel piccolo sipario che avevano messo su i due.
Federico le lanciò un’occhiata di fuoco, quindi tornò a fissare Francesca. Perché doveva essere sempre tutto così difficile? Perché non poteva fidarsi di lui e basta, invece di cercare di aggredirlo quando meno se l’aspettava?
“Non puoi decidere per me, quindi non ti resta che andartene” si sentì rispondere con tono acceso.
“Ho deciso. Vengo con voi”.
“COSA?!” esclamarono tutti in coro. “No, Andres, sta diventando davvero ridicola questa situazione” si lamentò Emma.
“Non posso lasciare Francesca da sola, devo proteggerla…E inoltre non saprei dove andare, visto che ormai al Palazzo sospetteranno di me” spiegò brevemente, mentre Francesca lo guardava inorridita. Aveva fatto di tutto per non dover stare vicino ad Acosta, e il pensiero di un lungo viaggio in sua compagnia le dava il disgusto. Ma tanto i suoi compagni non avrebbe mai accettato una cosa del genere, e già si pregustava il secco no di quello che aveva sospettato essere il leader.
“D’accordo” disse Andres, alzando le spalle. “No, non puoi farlo!” urlò subito lei, agitando le braccia. “Mi dispiace, ma gli devo parecchi favori…e questo è il minimo che posso fare. Ma appena uno di voi due ci intralcia, potete considerarvi entrambi fuori” ribatté l’altro con fermezza, facendoli annuire.
“Non preoccuparti. Vedrò di starti lontano” la rassicurò Federico, con un sorrisetto vittorioso.
“Sarà meglio per te” sibilò la regina, cominciando a camminare in testa al gruppo per uscire dal bosco. A quanto pare quella bastonata aveva fatto impazzire il conte Acosta se era sicura che lei l’avrebbe mai perdonato. “Vivesse nella sua illusione” concluse tra sé e sé, mentre gli altri la intimavano di rallentare.
Il terreno degradava dolcemente, fino a quando non si trovarono sulla sporgenza di un bassopiano. Ai loro piedi c’era una piccola discesa a strapiombo rocciosa, e lì erano state scavate alcune nicchie. Venivano infatti usate dai pastori per passare la nottata quando portavano il gregge a pascolare per più di un giorno. Tutti concordarono nel fermarsi per mangiare e riposare in uno di quei rifugi, e ognuno si prese il suo posto. Federico era rimasto in silenzio durante tutto il tragitto nonostante i tentativi di Maxi e Dj di scherzare un po’. Una volta sistematisi, Andres raccontò a Francesca lo scopo della loro missione, e ogni singolo dettaglio. Poiché si era unita spontaneamente a loro, e potendosi fidare ciecamente della regina, grazie anche alle assicurazioni di Federico, riteneva giusto metterla al corrente dei loro piani.
“Quindi stiamo andando a Cuori in questo preciso istante?” chiese la ragazza, ingenuamente, ringraziando con un cenno Maxi che le passava una ciotola con la coscia succulenta di un coniglio che erano riusciti a cacciare durante il giorno.
Andres era seduto su un masso appena fuori dal rifugio, ed era intento a spiegare ai due il viaggio a cui si sarebbero dovuti preparare. Aveva tracciato sul terreno con un esile fuscello una mappa abbozzata del Paese delle Meraviglie marcando con delle linee ondulate il percorso che aveva progettato.
“Una volta raggiunto il castello di Cuori, tenteremo di recuperare la spada magica, uno dei quattro artefatti, e ci dirigeremo a Quadri”. Al solo sentire nominare quella parola Francesca rabbrividì. “Il Regno di Ludmilla Ferro” mormorò appena. Andres la guardò interrogativo, e lei si fece coraggio.
“La conosco poco, ma circolano voci poco piacevoli sul suo conto. Insieme a me è forse la più giovane regina salita al trono da cento anni a questa parte. Un’abile preparatrice di pozioni dicono. D’altronde i suoi antenati eccellevano in quell’arte, e pare che nella biblioteca del castello vi siano alcuni incantesimi sconosciuti persino ai maghi più saggi di Fiori. Non mi stupirei se avesse protetto lo scudo con qualcuno dei suoi trucchi. Dicono anche che abbia avvelenato i genitori per diventare regina”. Dj si era avvicinato e subito si fece pensieroso: altre trappole magiche, ma qualcosa gli diceva che stavolta le sue conoscenze e i suoi poteri sarebbero stati ben poco utili. Maxi invece si rigirava l’antico elmo tra le mani. Due piccole ali di bronzo erano incise ai lati, una delle quali  recava la scritta ‘sapientia’.
“Attento ad usarlo” gli fece il mago, facendolo riscuotere di colpo. “E’ molto potente, ma anche difficile da usare, come avrai notato”.
“Quando lo indosso…vedo tutto. E’ una sensazione stranissima, è come avere un paio di occhi ovunque”. Era perplesso e si vedeva bene. Un’idea gli frullava in mente da un po’, ma non sapeva se avrebbe davvero funzionato.
“Usalo con moderazione, mi raccomando”. Dj fece un occhiolino, e dopo aver sbadigliato profondamente si avvicinò al suo giaciglio, vicino a Libi.
Quando tutti chiusero occhio, Maxi faceva avanti e indietro, essendosi proposto per il primo turno di guardia. Non avrebbe dovuto farlo, ma la tentazione era fortissima. Il fumo del fuoco spento gli stuzzicava le narici, ricordandogli la cena di quella sera. Più sentiva il terreno scricchiolare sotto i suoi piedi, più arrivava ad una conclusione: era un’occasione unica e non poteva farsela sfuggire. Non aveva mai provato a concentrare la sua attenzione su un luogo che non fosse vicino a lui, ma sentiva di dover tentare. Afferrò l’elmo, chiuse gli occhi e lo indossò.
Immagini di ogni tipo, uomini in locande, eserciti che si muovevano. Tutto scorreva confuso davanti ai suoi occhi.
Voglio trovare solo quella persona.
Faceva fatica a ricordarne il nome, eppure l’aveva sognata così tante volte. Quella ragazza bellissima, da sogno, era realmente esistente? Se si trovava in quel Paese l’elmo avrebbe dovuto trovarla. Violetta. Si, si chiamava Violetta. Il nome risuonava chiaro nella sua testa, e concentrò la sua attenzione su ogni singola lettera, sui vaghi ricordi che aveva della ragazza. Quando riaprì gli occhi si ritrovò in una stanza buia. Si guardò le mani e vide che esse sparivano nell’oscurità, così come il suo corpo. Era una sua proiezione, che l’elmo stesso aveva costruito per esaudire il suo desiderio. Il silenzio era rotto unicamente dai singhiozzi del pianto. Stesa sul letto, una figura minuta emetteva quei suoni strozzati, e Maxi si avvicinò cauto. Illuminato dalla luce della luna, il viso di Violetta sembrava essere stato adornato di perle, talmente tanto risplendevano le sue lacrime. Continuava a fissare il letto di fronte al suo, dove dormiva un’altra persona, con aria affranta, e piangeva sempre più forte. Maxi avvertì una stretta al cuore, e nonostante ciò, non poté non rimanere incantato dalla sua bellezza, dal suo essere indifeso. Si sedette ai piedi del letto, e continuò a guardarla. Avrebbe tanto voluto far sparire quelle lacrime, non sapeva perché, ma lo desiderava e basta. Chi la stava facendo soffrire così? Lui non l’avrebbe mai permesso, l’avrebbe protetta sempre e comunque.
“Non piangere” le sussurrò, ben sapendo che sarebbe stato tutto inutile. Lui non era in quella stanza, non materialmente almeno, era la magia dell’elmo che gli permetteva di stare al suo fianco. “Non piangere” ripeté con dolcezza, scandendo bene le parole. Sfiorò la guancia della ragazza con il dorso della mano, e tutto venne risucchiato nel nulla. Di nuovo si ritrovò in un universo di immagini che stavolta scorrevano talmente violentemente, infiltrandosi nella sua testa, da farlo impazzire.
Si sfilò l’elmo velocemente, e per poco non perse l’equilibrio. La testa gli faceva ancora male: voci, azioni, luoghi. Tutto talmente impresso e fumoso allo stesso tempo che non riusciva quasi a mettere a fuoco il luogo in cui si trovava. Si lasciò cadere a terra, respirando affannosamente. Ecco cosa si provava ad usare l’elmo per troppo tempo. Aveva perso la concentrazione e la magia dell’oggetto aveva preso il sopravvento. Doveva smettere di usarlo, non poteva più vedere Violetta o avrebbe potuto rischiare grosso, anche con la vita. Ripensò alla ragazza, che piangeva, e alla stretta al cuore che gli aveva provocato. Ripensò al calore che gli aveva donato solo guardandola. No. Non poteva rinunciarci. Doveva imparare a controllare quell’elmo. Aveva bisogno di quella visione, di quella ragazza. Non sapeva perché, ma ne aveva bisogno.
 
Un piccolo accampamento al confine tra Cuori e Fiori era illuminato solo da alcune sparute torce, che usavano le guardie per vegliare nei dintorni. Un uomo a cavallo raggiunse il limite dell’accampamento. Rivolse due parole alle guardie, e scese da cavallo, porgendo le redini ad una di esse. Mentre camminava velocemente per raggiungere la tenda posta al centro, sudava freddo. Ludmilla non l’avrebbe presa bene, affatto. Si sfilò i guanti bianchi con cura, e li allacciò alla cintura, in modo tale da essere pronto per ottenere l’udienza senza troppi indugi. Difatti non si fermò nemmeno di fronte alla guardia reale, mostrando solamente un lasciapassare. Non appena fu dentro quasi fu stordito dal profumo intenso ed inebriante di incenso che dominava l’aria. Su un piccolo baldacchino soffice, Ludmilla era leggiadramente distesa e lo guardava indulgente.
“Che splendide notizie mi porti, mio fedele consigliere?” domandò con voce acuta, ma profonda e sensuale allo stesso tempo.
“Ci sono dei piccoli problemi…niente che non si possa risolvere”. Quella risposta non piacque affatto alla Ferro, che storse il naso infastidita. Nonostante ciò non si spense il sorriso sulle sue labbra, anzi si accentuò, provocatorio. “Di quali problemi parli?”.
“L’elmo…non c’è più”. Il sorriso le morì all’istante e fu presto sostituito dall’ira. “Quella sciocca regina! Lo sapevo che mi avrebbe giocato un brutto scherzo, ma questa volta me la paga!”.
“A meno che non abbia inscenato un furto e non abbia deciso di distruggere la sua reggia non credo che sia stata lei. L’elmo è stato rubato. Da un gruppo di sconosciuti che si è introdotto a tradimento nel palazzo a sentire le guardie”. Ludmilla strinse le labbra che divennero sottilissime, e cercò di non esplodere. Non poteva rinunciare a quell’oggetto, non poteva! Il suo piano aveva subito un ulteriore rallentamento, come se già non avesse fin troppe difficoltà. Il consigliere intuì le sue paure, quindi le sorrise rassicurante, e si inchinò ai suoi piedi. Le prese la mano con dolcezza, e gli depose un rapido bacio, tutto questo senza interrompere il contatto visivo. Ludmilla arrossì compiaciuta, e si tranquillizzò dopo qualche secondo. “Come farei senza di te…sei unico” sussurrò lei, ritirando la mano con uno scatto, e giochicchiando con la cinta dorata che teneva la sua veste bianca leggera.
“Troverò il modo di riprenderlo. Fidati di me. Piuttosto dovremmo pensare al viaggio per andare a trovare il tuo futuro sposo. Non mancano che pochi giorni”. La donna sbuffò quindi rivolse uno sguardo al cielo, scocciata. “Non me ne può importare di meno di quel principe da quattro soldi, mi serve solo per mettere le mani su quella spada! E lo sai bene questo”.
“Lo so, ma almeno fingiti contenta di queste nozze di fronte a tutti” ghignò il consigliere.
“Ovvio, sarò solare e pronta ad indossare l’abito bianco”. Il ragazzo si alzò, e con un breve inchino si congedò.
“Buonanotte, mia regina” le disse prima di uscire. Ludmilla chiuse gli occhi e gli lanciò un bacio con la mano.
“Buonanotte, Diego”. 







NOTA AUTORE: Chiedo scusa per l'enorme ritardo con cui aggiorno ma mercoledì ho avuto un impegno, chiamasi anche esame, e non ho avuto proprio tempo...fatto sta che non sono per niente soddisfatto del capitolo dal punto di vista stilistico (per me è un grandissimo NO), ma siccome sono in ritardo non ho avuto il tempo materiale di mettermi a rivederlo e assestarlo come si deve (che poi non è detto che ci sare riuscito, quindi-). Comunque sia, Pablo e Angie si riappacificano (<3), e si scopre un po' di più il personaggio di Galindo, un personaggio di fondo molto fragile, che però si mostra forte per il bene comune. 
Nel frattempo volano scintille per i Fedencesca, che si uniscono al gruppo *^* Ahahahaa, e poi volevo sapere quanti di voi stanno shippando EmmaxDj in questa storia, perché a me fanno seriamente morire, non lo so, ce li vedo troppo (soprattutto Dj :P). Nel frattempo Maxi usa l'elmo per entrare in 'contatto' con Violetta, e sembra che se ne sia innamorato a prima vista (e qui parte la rivolta di tutti i Leonetta xD)...per di più nel finale scopriamo perchè Ludmilla vuole sposare Leon...vuole la spada :/ E viene a galla anche un nuovo personaggio, che qui vediamo solo di sfuggita...si tratta proprio del nostro Diego *^* E...non vi anticipo che cosa combinerà questo personaggio, lo scoprirete da voi :P Come vi sempre vi ringrazio per l'enorme appoggio che mi date sempre, e niente...alla prossima! :P
syontai :D 
  
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