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Autore: Persej Combe    12/06/2014    1 recensioni
Un giorno, tanto tempo fa, ho incontrato un bambino. Non lo dimenticherò mai. È stato il giorno più emozionante di tutta la mia vita. Nessuno potrà mai avere la stessa esperienza che ho avuto con lui. Ciò che abbiamo visto, è precluso soltanto a noi.
...In realtà, non ricordo neanche il suo nome. Non ricordo nemmeno se ci siamo presentati, a dire il vero. Però non smetterò mai di cercarlo. Un giorno so che le nostre mani si uniranno di nuovo, come quella volta. Perché noi siamo destinati a risplendere insieme per l’eternità.

[Perfectworldshipping]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Elisio, Professor Platan, Serena
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Eterna ricerca'
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6 .  Ascesa alla Torre Maestra
II


 

   Appena arrivato a Yantaropoli il Professor Platan si diresse al proprio albergo, ritirò le chiavi della sua stanza e cominciò a mettere in ordine le proprie cose nella camera. Si fece una doccia fredda: lì vicino al mare si bolliva dal caldo. Luminopoli si trovava nella zona centrale della regione, perciò era abbastanza protetta dalle ondate di calore. Non era abituato a quel clima. Bagnarsi un po’ gli aveva dato sollievo, tuttavia, appena uscito dal bagno, sentì di nuovo tutta l’aria calda appiccicarsi sulla sua pelle. Il ventilatore che stava sul tavolino era troppo piccolo e non aiutava molto a rinfrescare la stanza. Bulbasaur era spalmato sul quadratino del centrino fatto con l’uncinetto, di fronte alla ventola, per cercare di trovare un po’ di frescura. Platan sospirò. Faceva davvero troppo caldo per rivestirsi. Decise di rimanere con solamente l’asciugamano annodato sui fianchi, tanto per il momento non doveva andare da nessuna parte. Si sdraiò sul letto e rimase ad osservare l’anello del Megacerchio che aveva al medio sinistro. Accarezzò la pietra che vi era incastonata con un dito. Sorrise. Non vedeva l’ora di presentarsi alla Torre Maestra e cominciare i suoi studi. Si tirò a sedere e si guardò intorno.
   «Fa caldo, eh, Bulbasaur?» disse. Si avvicinò al Pokémon e lo prese in braccio per fargli qualche coccola. Non aveva niente da fare e si annoiava.
   «Secondo te se chiamo Elisio in questo momento lo disturbo?» chiese.
   «Bulbasaur!» rispose il Pokémon.
   «D’accordo, allora provo a fargli uno squillo!».
   Si sedette sul letto con l’Holovox in mano e avviò la chiamata. Aspettò un paio di minuti, ma nessuna risposta.
   «Forse sta lavorando...?» bisbigliò, mordendosi le labbra. E invece ecco apparire l’ologramma dell’amico di fronte ai suoi occhi.
   «Ehi, Elisio! Ciao, sono io!» esclamò sollevato. Finalmente!
   «Ciao, Platan! Scusami, ma avevo lasciato l’Holovox nell’altra stanza e non avevo sentito che stava suonando... Se ne è accorta Akebia che stava lavorando di là e me lo ha portato. Come stai?».
   «Seduto, grazie».
   «Sì, e io in piedi», lo guardò scettico «Non intendevo in quel senso!».
   Risero insieme.
   «A parte gli scherzi, come va? Il viaggio? È andato bene?» disse Elisio.
   «Tuuuutto a posto! Come vedi, sono qua! Però si muore di caldo, accidenti...».
   «Lo vedo, sei mezzo nudo e praticamente grondi di sudore! Perché non provi a farti una doccia?».
   «Già fatto, ma non ha funzionato».
   «Altrimenti, visto che sei a Yantaropoli, potresti andare a fare un bagno al mare».
   «Peggio ancora! Mi rimarrebbe tutta la sabbia appiccicata addosso, che fastidio... E poi non ho il costume».
   «Non hai il costume?».
   «Ti ricordo, mon cher ami, che non sono venuto qui per fare il turista!» scosse un dito in aria facendo segno di “no”. Elisio sembrò distrarsi un attimo. Si chinò con la testa verso il basso, come se fosse intento a scrivere qualcosa su dei fogli.
   «Parla, ti ascolto», disse.
   «Sicuro che non ti dia fastidio? Se stai lavorando, non vorrei...».
   «Tranquillo, vai avanti. Devo finire di scrivere questa relazione, ma intanto cinque minuti per te ce li ho. Perciò non sprecare tempo».
   Platan rimase a pensare a quello che avrebbe potuto dirgli. In fondo non si vedevano solamente da poche ore, che c’era di nuovo da raccontarsi?
   «Platan, ci sei?».
   «Elisio, mi manchi».
   Elisio alzò la testa e guardò dritto negli occhi l’ologramma, con la mano che stringeva la penna tutta tremante. Abbassò la vista e continuò a scribacchiare.
   «Anche tu mi manchi», disse in tono apparentemente impassibile. Platan sorrise imbarazzato. Sotto sotto gli piacevano queste sue timide esternazioni d’affetto. Rimase ad osservare il suo viso e i suoi occhi azzurri contornati da quelle sottili ciglia rosse. Chissà quali pensieri stava celando quello sguardo assorto?
   «Senti,» esordì Elisio dopo un po’ «adesso devo andare. Però dopo cena sono libero, se hai voglia di scambiare quattro chiacchiere con qualcuno...».
   «Mi farebbe molto piacere!».
   «Va bene. Per che ora mi faccio trovare?».
   «Facciamo le dieci. Prima vorrei fare un giro in città per vedere in che modo muovermi domani. La sera credo che sia l’unico momento della giornata in cui la temperatura si fa più gradevole, da queste parti».
   «Perfetto. Allora alle dieci. A dopo, Platan. Un bacio».
   «Grazie, anche a t...».
   Ormai aveva già chiuso la chiamata, però si era bloccato all’improvviso per l’imbarazzo. Si accarezzò le labbra.
   «Un bisou...» disse sottovoce. Probabilmente aveva voluto “ricambiare” i due baci che gli aveva dato lui quella mattina. Nonostante ciò, Platan si perse nell’immaginazione. Pensò a Elisio, alle sue labbra. Non ci aveva mai fatto caso, ma nel pallore del suo viso risaltavano parecchio. Rosa e lineari, sottili. Pensò che erano belle. Poi improvvisamente sentì il desiderio di toccarle. Gliele avrebbe volute sfiorare, anche solo per un attimo...
   Per la prima volta si ritrovò attratto da lui non solo dal punto di vista intellettuale, ma anche da quello fisico.
   Chiuse gli occhi e sospirò, accarezzandosi le braccia. Cominciò a farsi mille domande. Come sarebbe stato dargli un bacio sulle labbra? Come sarebbe stato sentire il loro sapore in bocca? E di che cosa avrebbe saputo questo sapore?
   «Ah!» premette forte le dita sulle labbra fin quasi a farsi male e scosse la testa pieno di vergogna di sé stesso. Ma che stava facendo? Elisio era il suo migliore amico! Provava un grande rispetto nei suoi confronti, non poteva rivolgergli certi pensieri!
   Si alzò, si spruzzò un po’ d’acqua di colonia addosso e si vestì, cercando di scacciare quella sensazione di disagio nello stomaco. Si pettinò e finì di sistemarsi. Bulbasaur si aggrappò alla sua spalla e insieme uscirono dall’albergo. Dopo aver girato un po’, il Professore entrò in un ristorante e si sedette a un tavolo per ordinare qualcosa da mangiare. Ad un certo punto, una ragazza si avvicinò.
   «Mi scusi...» disse, sedendosi sulla sedia di fronte a lui.
   «Sì?» la guardò frastornato, smettendo di tagliare la sua bistecca con forchetta e coltello. La ragazza lo osservava e sorrideva entusiasta.
   «Ma lei è il Professor Platan, non è vero?!» esclamò.
   «Ehm... Sì?».
   «Finalmente, per quanto tempo ho aspettato questo momento! Mi chiamo Alexia, lavoro per il Corriere di Luminopoli!» si presentò «Se non le dispiace, mi piacerebbe farle qualche domanda per il prossimo numero del giornale».
   «Ah, volentieri! Però che ne dice se ne riparliamo più tardi...? Magari davanti a un caffè?».
   «Oh, ma certo, mi scusi!» rise con le guance completamente rosse «Allora la aspetto a uno dei tavolini del bar qui di fronte. Faccia pure con calma, mi scusi ancora!».
   «Arrivederci! Hai sentito, Bulbasaur? Mi farà un’intervista!» esclamò, rivolgendosi entusiasta al suo Pokémon.
   «Bulba?».
   «Diventerò famoso!».
   «Bulba, bulbasaur!».
   «Sì, lo so che sono appena diventato il Professore della regione di Kalos e dovrei già essere soddisfatto così... Ma, ehi, pensa se poi cominciassi ad andare in televisione! Elisio mi potrebbe vedere su quel mega televisore che ha a casa sua! Sarebbe così orgoglioso di me!».
   Arrossì di colpo.
   «...Bulbasaur», mormorò il Pokémon guardandolo di sottecchi.
   «Come dici?» chiese, non avendo sentito bene «Secondo te è già contento di me?».
   «Bulbasaur!».
   Sorrise dolcemente.
   «Sarebbe bello se fosse veramente così...».


   Dopo essersi presi il caffè e una coppa di gelato, il Professore e Alexia si incamminarono per le strade di Yantaropoli. La notte era tranquilla, sulla spiaggia regnava una calma sottile e silenziosa.
   «La ringrazio davvero, Professore! Era da tanto che desideravo intervistarla, ma non ne avevo mai avuto l’occasione. Vedrà, sicuramente il prossimo numero sarà molto interessante!» disse la ragazza sorridendo.
   «Grazie a lei per avermi ascoltato!».
   «Oh, ma si figuri!» arrossì.
   Continuarono a passeggiare sulla riva l’uno vicino all’altra, chiacchierando di varie cose. Giunsero di fronte alle mura della Torre Maestra. Platan si fermò ad osservare le torrette, i tetti e infine il balcone che vi era sulla cima più alta. Il giorno dopo sarebbe entrato per arrivare fin lassù.
   «Professor Platan, posso farle una domanda che assilla molte delle nostre care lettrici?» chiese Alexia, incalzata dall’affascinante sorriso che si era formato sulla bocca del ragazzo mentre guardava la torre.
   «Certo, mi dica» rispose, anche se in realtà la stava ascoltando distrattamente, preso ancora una volta dai suoi viaggi nell’immaginazione.
   «Lei ha una fidanzata?».
   Platan tornò immediatamente con i piedi per terra e arrossì, ringraziando il cielo che fosse notte e che nel buio la ragazza non potesse vedere l’espressione imbarazzata che si era formata sulla sua faccia.
   «È questo che si chiedono le vostre care lettrici?».
   «Oh sì, le assicuro che è molto popolare!».
   «Ma davvero...?!» rise nervosamente «Oh... che cosa... simpatica!» rise ancora, cercando di trovare qualche modo in cui contenere la vergogna.
   «Quindi?».
   Alexia lo osservava con malizia. Voleva estorcergli quella risposta a qualsiasi costo. Platan si vide costretto a rispondere: «No, non ho una fidanzata. Però...».
   Però...? Però che? Che c’entrava quel “però”? E perché improvvisamente si era ritrovato a pensare al modo in cui Elisio lo aveva salutato quel pomeriggio? A quel bisou che non si sapeva che sapore avesse, al modo in cui si era sentito immaginandoselo tutto per sé...? Si accarezzò le labbra con le dita. Sorrise senza saperne la ragione, ricordando il momento in cui con esse aveva sfiorato le guance di Elisio prima di partire. E poi ripensò a quella storia del Milotic, e come lo aveva guardato negli occhi mentre gli aveva detto quelle parole, alla sua voce lieve; e poi ancora pensò alle tante carezze apparentemente innocenti che si erano dati spontaneamente, ora ne capiva il loro significato nascosto e si sorprendeva nel rendersi veramente conto del perché gli avessero fatto provare ogni volta un così grande senso di gratificazione. Forse, l'amore a volte è davvero cieco.
   L'amore...
   Sentì il suo cuore martellare nel petto e qualcosa come un assurdo bisogno di piangere.
   Possibile? Si stava...? Si era...? ...Innamorato di...?
   «Ehi, tu, laggiù! Mostrami il tuo anello!» disse in tono di sfida un uomo avvolto nel buio, i piedi immersi nell’acqua. I suoi occhi brillavano nell’oscurità. Platan li fissò senza tremare ed alzò la mano sinistra, mostrando l’anello con la Pietrachiave al misterioso figuro.
   «Anche tu hai un Megacerchio, allora».
   «Chi sei?».
   «Questo non ha importanza, adesso. Dimmi, hai intenzione di scalare la Torre Maestra e scoprire in questo modo i segreti della Megaevoluzione?».
   «Sono venuto qui solo per questo».
   A Platan sembrò di scorgere un sorriso compiaciuto sul volto dell’uomo. Alexia stava in silenzio religioso ad osservare la scena.
   «Come siamo agguerriti, mio giovane amico!» rise «Bene, molto bene. Ma c’è una cosa che devo dirti. Non tutti sono in grado di padroneggiare la Megaevoluzione. Ciò che è necessario, fondamentalmente, è un fortissimo legame con il proprio Pokémon. Tu credi di essere all’altezza di questo legame?».
   «Certo!».
   «Dimostramelo».
   L’uomo fece uscire dalla sua Poké Ball un Lucario. Voleva battersi? Platan accettò la sfida.
   «Garchomp, vieni fuori!» disse.
   Garchomp mise le zampe a terra cacciando un minaccioso ruggito. Girò la testa e si scambiò uno sguardo d’intesa con il suo Allenatore. Platan toccò la pietra incastonata nell’anello e alzò la mano al cielo.
   «Garchomp! Megaevolvi!».



***
Angolo del francese.
    * Mon cher ami Caro amico mio ;
    * Un bisou Un bacio .

  
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