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Autore: Saysomething97    12/06/2014    2 recensioni
KURTBASTIAN
Kurt come tutti i giorni scappa da Karofsky e dalla sua banda. Un semplice livido sulla guancia lo farà avvicinare a Sebastian e magari un semplice aiuto da uno sconosciuto si trasformerà in altro.
Dal primo capitolo: *“Okay, comunque sono Sebastian Smythe e sai dovresti metterci qualcosa su quel livido o continuerà a gonfiarsi”
“Cosa sei ora la mia infermiera?”
“Se per te va bene” mi rispose Sebastian facendomi l’occhiolino.
Mi prese per un braccio e mi fece uscire dal locale.
“Comunque non mi hai detto come ti chiami”
“Kurt, Kurt Hummel” risposi.
Non sapevo per quale motivo lo stessi seguendo ma tanto ormai la situazione non poteva peggiorare.*
Genere: Angst, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dave Karofsky, Hunter Clarington, Kurt Hummel, Sebastian Smythe, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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P.O.V Sebastian

Dopo quella lunga giornata era ormai giunta l’ora di rientrare a casa, prima di girare per salire le scale trovai la signora Stewart seduta dietro la sua piccola scrivania piena di scartoffie. Era una specie di guardiana del palazzo ed era la persona che retribuiva le tasse. Alzò lo sguardo dagli occhiali da lettura e mi fece un grande sorriso:

“Ehilà ragazzino, come sta tua madre?” conoscevo quella signora da poco più di un anno ma era subito diventata molto confidenziale nei miei confronti e si era sempre preoccupata della salute di mia madre.

“Tutto bene Beth, oggi non sono potuto andare a trovarla ma ho sentito le infermiere  per telefono e mi hanno assicurato che la situazione è stabile e che mia madre è tranquilla.”

“Sono contenta, un giorno di questi penso che andrò a trovarla”

Le feci un segno di consenso e cortesia e cominciai a salire le scale, ero troppo stanco per continuare quella conversazione.

Frugai nella borsa in cerca delle chiavi e dopo svariato tempo a cercare le trovai, aprii la porta con calma ed entrai.

Quell’appartamento era lontanamente somigliante agli ambienti in cui ero abituato a vivere.

Era minuscolo, si potevano vedere ai lati del muro delle stanze delle macchie di muffa che aumentavano appena pioveva. Entrando la prima stanza che trovavi era quella dove è situato il mio letto matrimoniale ed accanto a quest’ultimo un piccolo comodino con sopra una lampada ed un armadio. Alla destra di questi oggetti c’era una piccola cucina. Infine sulla sinistra un’altra stanza dove era situato il bagno, dotato di una doccia mal funzionante.

Non era il massimo come abitazione ma ormai mi ero abituato a viverci.  Era un anno che abitavo lì da quando fui costretto a rinchiudere mia madre in una clinica per malati di Alzheimer.

Mia madre e mio padre si conobbero al college dove entrambi frequentavano il corso di letteratura inglese.

Mio padre un ragazzo ricco di origine inglese, invece mia madre una semplice ragazza francese che era entrata in quel college grazie ad una borsa di studio.

Non so esattamente in che modo la loro storia fosse iniziata o come i due si fossero innamorati l’uno dell’altra, ma una cosa la sapevo, si amavano follemente.

Ebbero solo me come figlio e tutto filava liscio considerando che vivevamo in una delle svariate ville della famiglia Smythe, mia madre non era mai andata a genio alla famiglia di mio padre, ma per non far allontanare il figlio i miei nonni cercarono di accettarla. A dire la verità neanche io gli andavo a genio molto probabilmente a causa di mia madre, mi trattavano diversamente dagli altri nipoti, ma a me non importava avevo sempre accanto a me i miei genitori.

Io ero il solito ragazzo viziato che non pensava ad altro che a divertirsi a cui i problemi della vita non passavano neanche per la mente. Fino a quando non scoprimmo che mia madre stava cominciando a soffrire di Alzheimer  naturalmente la notizia ci sconvolse ma mio padre riuscì  a tenerla sotto osservazione portando infermieri e medici nella nostra casa. La situazione non era grave al massimo lei si scordava di averci detto qualcosa o di aver fatto qualcosa, i primi sintomi della malattia.

Fino a quando una sera io e mia madre scoprimmo che mio padre era morto a causa di un incidente stradale a cui era stato coinvolto mentre tornava da una visita ai miei nonni.

Inutile dire che questo evento ha peggiorato la condizione fisica e psichica di mia madre ed ovviamente i miei nonni non hanno voluto a loro carico un adolescente ed una malata che andava sempre peggiorando, quindi insieme ci siamo trasferiti in quest’appartamento.

Dopo qualche mese decisi di far entrare mia madre in una clinica adatta al suo caso, la situazione era invivibile ed io non riuscivo a starle dietro tra la scuola e tutto.

Frequentavo la Dalton, per fortuna mio padre aveva già provveduto a tutte le spese per studiare in quel posto, altrimenti avrei dovuto lasciare anche quella scuola.

Lì conobbi Hunter e da lì cominciarono le nostre scommesse che mi fruttavano un ottimo guadagno per me e mia madre.

Ma ora che ero deciso a lasciarmi alle spalle tutta questa storia dovevo decisamente trovare un lavoro.

Decisi di andarmi a fare una doccia per scaricare la tensione, ripensare a fatti passati mi alterava sempre.

Sotto il getto di acqua calda cominciai a pensare a Kurt a come anche dopo tutto quello che passa pensa davvero nell’esistenza del principe azzurro ed a come è così speranzoso riguardo il futuro.

Mi sarebbe piaciuto essere di più come lui, io sono sempre stato il tipo di ragazzo da una botta e via sicuro che l’amore è solamente una stupida storia da film o da cartone Disney.

Sempre stato pessimista riguardo il futuro, e vedere quel ragazzo così sorridente, che nonostante tutto continua ad andare avanti mi fa stare bene e mi fa venire voglia di proteggerlo.

Questi miei pensieri si interruppero quando sentii bussare alla porta. Mi misi di fretta un asciugamano intorno alla vita e mi avviai verso la porta.
I tonfi si facevano sempre più forti.

“Ehi con calma!” sbraitai mentre aprivo la porta.

Davanti a me trovai Kurt con il viso paonazzo di lacrime ed uno sguardo vuoto.

In un battito di ciglia me lo ritrovai attaccato al busto, era successo tutto così velocemente che ero perplesso solo dopo pochi secondi ricambia l’abbraccio quando sentii gli svariati singhiozzi di Kurt.

Non sapevo cosa fosse successo ma l’unica cosa che riuscii a fare fu quella di accarezzargli la schiena, fu un gesto spontaneo.

Poi con la mano libera chiusi la porta.
 
*Salve popolo di efp *si ripara con una pentola* scusate per l’enorme ritardo, davvero sono dispiaciuta.  Ormai vi sarete anche stufati di sentirmi sempre dire le stesse cose quindi vado al dunque. Questo capitolo non serve molto per lo scorrere della storia ma mi sentivo di farvi conoscere un po’ di più la storia di Sebastian perciò ecco qui. È anche più corto degli altri, vi richiedo scusa. Quindi niente spero vi sia piaciuto, ringrazio tutte le persone che continuano a seguire questa storia ed a recensirla. E spero che continuate anche in futuro, vi auguro buone vacanze ed alla prossima! Dì*
  
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