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Autore: Yo Yo Sango 16    12/08/2008    3 recensioni
Una dodicenne si troverà ad un tratto in una situazione davvero importante per la sua vita, che potrebbe capovolgerla completamente. Non fatevi ingannare dal titolo, perché ci si unisce a qualcuno solo una volta nella vita! La mia prima fic su HXH, sono davvero contenta! YO! ^0^
Genere: Romantico, Commedia, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mattina seguente si svegliò con i primi raggi del sole e con il cuore che batteva a mille

La mattina seguente si svegliò con i primi raggi del sole e con il cuore che batteva a mille. La sveglia non aveva suonato ma di sicuro era ancora in tempo. Sua madre la aiutò a fare le valigie. Ne riempirono ben quattro, con tutti i vestiti, gli accessori, un po’ di cibo (messo dal padre per paura che non la nutrissero neppure), giochi per passare il tempo e un po’ di libri di scuola, per non rimanere indietro.

Mentre Taysa stava per mettere il proprio libro di storia dentro la valigia, la mano le si fermò a mezz’aria. Automaticamente sfogliò il libro e rilesse attentamente il paragrafo dedicato alla famiglia Zaoldyeck.

“La famiglia Zaoldyeck abita nella reggia, posta sul Monte Kukuru, nella repubblica di Padokia, nella regione di Dentora. Si dice che su quel vulcano spento, alto 3772 metri, circondato da un’immensa foresta, si nasconda il loro castello ma nessuno l’ha mai visto. Gli attuali membri della famiglia Zaoldyeck sono: il bisnonno, il nonno, la nonna, il padre, la madre e i loro 5 figli. Tutti i componenti sono famosi e temutissimi mercenari.”

Le altre informazioni riguardavano la porta principale, poiché all’interno non c’era mai stato nessuno… perlomeno nessuno che fosse tornato indietro a raccontarlo!

Con aria sofferente mise il libro in valigia e la chiuse. Fissò per un poco le quattro valigie e andò subito in sala dove i suoi genitori la aspettavano. Si accoccolò fra le braccia della madre e si fece coccolare per due ore buone. Parlò con il padre e coccolò anche il fratellino. Fu proprio mentre stava parlando con lui che suonarono alla porta. Appena sentì il trillo, Taysa balzò in piedi col cuore in gola. Si fiondò in bagno, si pettinò i capelli e si ripeté un po’ di norme di cortesia. Si ripresentò in corridoio con i battiti cardiaci nelle orecchie e il sangue che le ribolliva nelle vene. Proprio per tutto il rumore e la confusione che aveva in testa non sentì una parola. Solo alcuni mozziconi di frasi riuscì a captare.

-Ricordati di lavarti i denti.-

-… non aver paura…-

-Ti verremo a trovare.-

-Buona fortuna.-

Dopo mille abbracci e singhiozzi Taysa dovette uscire dalla propria casa… per sempre.

 

Davanti a lei stava un uomo sui quarant’anni, con un colorito pallidissimo in faccia. Faceva davvero spavento! Taysa cercò di stare in posizione eretta, disse grazie e prego tutto il tempo. Salì su una macchina enorme, nera. Si sedette sui sedili di dietro e con un rombo la macchina partì.

Dopo qualche minuto Taysa si distese e rilassò i muscoli, tesi per la tensione. La macchina era così grande che la strada che sfrecciava non faceva alcun rumore. I sedili in pelle nera erano veramente scomodi. Tutto quel silenzio era più rumoroso di una banda di jazz. L’autista non parlava e Taysa si sentì meno terrorizzata. Dopo qualche minuto una voce gracchiante salì da una specie di radiolina.

-Avete caricato la bambina?-

Finalmente Taysa sentì la voce dell’autista.

-Sì.-

Detto ciò non fiatò più. La città si allontanava e, stranamente, la curiosità cominciò a farsi spazio tra la paura. Non aveva voglia di pensare a nulla, soprattutto ai suoi genitori o si sarebbe rimessa a tremare. Gli alberi passavano in fretta fino a che non si diradarono del tutto. Davanti a loro stava un’enorme porta decorata con statue di draghi. In fretta e furia Taysa riuscì a riprendersi il suo libro di storia e andò alla pagina dove stava la foto della porta d’ingresso. Con l’evidenziatore, molto prima, aveva sottolineato la frase: “nessuno l’ha mai visto.” e rifletté… forse lei poteva essere la prima persona al mondo che avesse visto l’interno del palazzo! Ora era completamente eccitata all’idea di vedere dentro. L’autista fermò la limousine e andò a parlare con un custode che stava lì. Non capì bene cosa successe ma vide che il grosso portone si apriva lentamente e rumorosamente. Doveva essere davvero pesante perché lasciava profondi solchi per terra.

L’autista risalì e ripartirono. Taysa, sta volta, voleva a tutti i costi concentrarsi bene e guardare attentamente tutto ciò che vedeva. Se un giorno sarebbe riuscita ad uscire da quella reggia avrebbe raccontato tutto alle sue amiche e forse sarebbe addirittura finita sui giornali e in TV. A quell’idea il cuore le batteva forte e le mani le sudavano dall’emozione.

Appiccicò il naso al finestrino e guardò attentamente.

Abbiamo superato la porta…

Uh, che bella foresta… quanti alberi…

Non si riesce a vedere attraverso la vegetazione…

Uffa, che noia… ci sono solo alberi, alberi, alberi e ancora alberi!

Quand’è che arriviamo?

Ma è tutto loro questo posto? Certo lo vorrei io un giardino così grande.

Mi immagino che pena per la madre quando i bambini le chiederanno: “Mamma, posso andare a giocare in cortile?”

E lei: “Sì, certo, ma quale parte? Quella a nord? A sud? Mi raccomando portati la bussola, caro, e anche la cartina geografica del giardino!”

-Ah, ah, ah!-

“Mettiti l’anti-puntura per gli insetti e ricordati di non allontanarti troppo!”

Che spasso! Per lei sicuramente no perché sarà sempre in pensiero per loro! Poi la regina ne ha addirittura cinque di figli!

Dovrebbe installare loro un detector o appiccicargli una micro-spia alla maglia.

Chissà se potrò giocare anch’io qui intorno?

Il libro di storia non dice quanti anni hanno i figli…

Però ieri ho sentito quel signore dire che potevo andare bene al minore… mah, vedremo.

Uff, continuo ad annoiarmi. Facciamo uno dei giochi che mi sono portata dietro.

Taysa aprì una valigia e ne trasse fuori un gioco elettronico. Cominciò a pigiare i tasti e fu subito calamitata dallo schermo digitale. Per un attimo pensò che forse era sgarbato giocare in auto, ma dopotutto non poteva mica morire di noia!

Un brontolio sordo la distrasse. Solo allora si accorse di avere una fame da lupi. Subito si abbracciò la pancia ed arrossì completamente.

-Mi scusi.-

Come previsto l’autista non rispose ma le indicò uno sportellino situato nel sedile della macchina.

-Quale? Questo?-

Con uno scatto riuscì ad aprirlo e dentro ci trovò due merendine e qualche caramella.

-Ah, grazie!-

Senza pensarci su le scartò e le mangiò. Cercò di essere il più gentile possibile mentre mangiava, tenne sempre la bocca chiusa e masticò lentamente. Cercò soprattutto di non fare briciole. Non volendo disturbare l’autista, né sporcare la lussuosissima macchina, infilò le cartacce delle merendine nella tasca della giacca.

Chissà quanti dolciumi avranno i principini.

Dovranno di sicuro prestarmene qualcuno.

Almeno il mio futuro marito. Quel che è suo, ormai è anche mio! Forse comincia a piacermi la vita di coppia!

Senza che se ne fosse accorta erano già entrati nel Monte Kukuru e stavano sorpassando una coltre nera di nuvole minacciose. Quando si ricordò di essersi dimenticata di osservare tutto si arrabbiò con se stessa. Si riattaccò al finestrino e fissò attentamente ciò che la circondava.

La foresta era finita, ora stavano entrando nel castello e tutto aveva un’aria tremendamente minacciosa. L’oscurità invadeva tutto, castello compreso. La paura la assalì nuovamente poiché quel luogo faceva assai intimorire.

Raccolse le cose che aveva messo in giro per i sedili e le risistemò in valigia ordinatamente. Ora non rimaneva che aspettare il suo arrivo.

 

 

Dopo qualche altro minuto di viaggio la limousine parcheggiò fuori dal castello. Li accolse un maggiordomo pallido e silenzioso come l’autista. Il maggiordomo prese le valigie e l’autista si allontanò con la limousine. Il primo cominciò ad avviarsi senza dire nulla a Taysa. Doveva andare con lui? Oppure doveva restare lì? Insomma, nessuno parlava, accidenti!

E se tutti quelli dentro al castello fossero così?

Tutti pallidi, pallidi e silenziosi?

Che noia, mamma mia.

Lo sarà di sicuro anche il mio futuro marito.

Voglio tornare a casa.

Taysa piantò i piedi per terra. Voleva farsi rispettare, se avesse dovuto far qualcosa che almeno qualcuno si degnasse di parlarle. Se il maggiordomo non le avesse detto niente non si sarebbe mossa da lì! Sapeva di rischiare molto perché con una famiglia di mercenari non c’è da scherzare ma non aveva paura di morire. Avrebbe preferito essere uccisa pur di non stare con quei musoni. Incrociò le braccia al petto e aspettò. Il maggiordomo si allontanava sempre di più finché non lo vide sostare. Si voltò con quel suo viso cadaverico e la fissò con quei due occhietti vispi e incavati che si ritrovava. Taysa aveva recepito il messaggio… forse era meglio darsi una mossa!

 

Si spostarono in varie facce del castello esterno finché entrarono da una porticina. Si fermarono dopo aver percorso un corridoio assolutamente normale, senza alcuna decorazione o quadro come se l’era immaginato. Il maggiordomo la fece entrare in una stanza e le chiuse la porta in faccia.

MI HANNO CHIUSA DENTRO!

Forse non c’era soluzione che aspettare. La sala era non troppo spaziosa, per terra stava un tappeto di velluto rosso e una sedia. Le tende erano molto raffinate ma la stanza era prevalentemente vuota. Taysa provò ad aprire la porta (anche se sapeva che non avrebbe tentato di uscire) ma scoprì, con delusione, che era stata chiusa a chiave. Erano prevenuti! Non poté far altro che sedersi sulla seggiola ed aspettare.

 

Dopo circa una decina di minuti sentì la porta aprirsi. Sta volta, davanti a lei, stava una donna, una cameriera. Anche lei aveva tratti molto pallidi ma la sua espressione era dolce.

-Ciao.-

L’aveva salutata!

-C-Ciao…-

-Sarai spaventata, povera piccola. Mi dici il tuo nome?-

-Il mio… nome? È Taysa, signorina.-

-Bene, Taysa. Io sono una domestica di questo palazzo e mi occupo soprattutto dei figli della mia padrona. Sono una tutrice. Ho avuto a che fare con parecchie aspiranti mogli di questa famiglia e tu non sei neppure la più piccola. La moglie assegnata più piccola che ho potuto accudire aveva soli sei anni.-

-SEI ANNI… oh, mi scusi.-

-Non ti preoccupare. Per quindici giorni potremo darci del “tu” poi tu dovrai chiamarmi semplicemente “domestica” e io ti darò del “voi” chiamandoti “principessina”.-

-Mi sposerò fra quindici giorni???-

-No, stai tranquilla. Prima del matrimonio dovranno passare anni, mia cara. Dovrai imparare tutte le regole di comportamento e molte altre cose. Vieni, ti accompagno nella tua stanza.-

Con passo spedito sparì dietro la porta. Beh, almeno questa era meglio!

 

 

-Stiamo entrando nel vero e proprio palazzo. Rimarrai estasiata dalla bellezza di qui.-

-Mi scusi, anche lei… ehm, anche tu sei un mercenario?-

-Io? Oh, no, no. Io non farei del male ad una mosca, ma se mi farai arrabbiare potrò darti delle punizioni più o meno severe. La più severa sarebbe portarti dal Re in persona. Sei un tipo eccentrico?-

-No… non credo.-

-Lo sospettavo. Hai l’aria di una bambina tranquilla e penso che non ti darò mai punizioni di alcun tipo.-

-Hai mai dato punizioni ad un componente della famiglia?-

-Anni fa sì, poi hanno cambiato tutore. Ora i figli sono già addestrati per l’omicidio e gli agguati, quindi li segue un maestro professionista. Io li ho accuditi tutti e cinque fino all’età di tre anni. Per voi “mogli in erba” devo pensarci sempre io.-

-Capi… wow!-

Erano entrati nel castello vero e proprio e lo spettacolo che le si parava davanti era incomparabile. I muri erano decorati in rosso e in oro, i soffitti pitturati con disegni maestosi, i quadri raffiguravano personaggi colti e raffinati. L’unica cosa inquietante era che regnava l’oscurità. Nessuna luce era accesa e neppure i raggi del sole potevano filtrare.

A mano a mano che salivano si scorgevano sempre più domestici che andavano da una parte all’altra ed erano, come sospettava Taysa, tutti molto tenebrosi, pallidi e misteriosi.

-Scusa, ma tutti qui avete un aspetto così macabro?-

La domestica si fermò e la osservò per un poco.

-Davvero? Siamo così spaventosi per te?-

-Oh… ehm… no, è che siete molto più pallidi della gente delle nostre parti.-

-Per quanto riguarda il nostro pallore è perché sul Monte Kukuru non può filtrare il sole e noi viviamo nelle tenebre dalla mattina alla sera. Per quanto riguarda “le vostre parti”…-

Il suo sguardo si rabbuiò.

-… devi scordarti il tuo villaggio.-

 

 

 

 

Eccomi di nuovo a voi con un nuovo chappy!!! Spero davvero che vi piaccia anche questo^^

A proposito: sono stata davvero felice di aver ricevuto qualche commento! Ero convinta che fosse stato un fiasco totale e invece… RINGRAZIO DA MORIRE Dragon Girl31 (ihih, l’idea è sembrata curiosa anche a me e mi sono divertita un mondo a scriverla! Continua a seguirmi, mi racco!), bily (sono really contenta che ti piaccia^^) E CHIHIRO (già, già, ora vedrai, non anticipo niente… ù.ù) PER AVER COMMENTATO E TUTTI QUELLI CHE HANNO SOLO LETTO!!!

Al prossimo capitolo… ciaoooooo!!!!

  
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