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Autore: Strange__    13/06/2014    4 recensioni
La mitologia greca racconta che, un tempo, gli uomini erano esseri perfetti e Zeus, invidioso di tale perfezione, li divise in due: da allora ognuno di noi è alla ricerca dell'altra metà.
Jamie l'ha trovata in un supermercato dimenticato dal mondo di Londra, un anno e mezzo fa.
Ha i capelli lunghi e le gambe corte.
Angie è l'altra metà della mela.
[SEGUITO DELLA FAN FICTION "MEGLIO DEGLI OREO"]
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Se l'amore non sei tu, l'amore non esiste. '
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Goodbye
(10)
 
Dopo i fogli bruciati con scritto ‘hai smesso di amarmi’
 
“Jamie?” Cerco di scuoterlo e di farlo svegliare.
Ieri sono riuscita a farlo addormentare verso le quattro passate e finché non ci sono riuscita sono stata costretta a rimanergli accanto perché come mi allontanavo gli venivano gli spasmi.
“Jamie, svegliati.” Gli passo una mano sulla fronte imperlata di sudore e comincia ad aprire gli occhi.
Si passa una mano sulla faccia e apre completamente gli occhi. Quando si rende conto di chi ha di fronte li sgrana leggermente.
“Angie?” Più che come un’affermazione suona come una domanda. “Cosa ci faccio qui?”
Lo ignoro e gli passo una tazza di the. “Bevi.” Jamie la prende con le mani leggermente tremanti. Mi alzo in piedi e passo le mani suoi pantaloni come a togliere la sporcizia. “Ti ho preparato anche una tazza di latte e una di caffè. Te le vado a prendere.” Annuisce quasi impercettibilmente mentre si mette a sedere con l’aiuto del braccio non occupato a tenere la tazza.
Entro in cucina e mi poggio con le braccia sul tavolo. Sono frustrata, stanca e frustrata. Per non parlare della confusione che ho in testa. Dal momento in cui Jamie si è presentato alla mia porta ho passato la notte in bianco, cosa che non ha molto giovato alla mia sanità mentale.
Mi passo una mano sulla fronte e mi avvicino alle due tazze che avevo precedentemente riempito mi giro per andare in sala da Jamie ma lui è in mezzo alla porta della cucina con lo sguardo fisso sulla tazza che ha in mano.
“Non devi prenderti cura di me.” Sussurra.
Scuoto la testa. “Non ti lascio uscire di casa con una sbornia del genere.”
“Ho detto tutto quello che ricordo di aver detto?” Mi chiede in un sussurro quasi inudibile.
Alzo le spalle. “Dipende da cosa ricordi di aver detto. Se ti riferisci al fatto che mi hai mandata a fanculo ripetutamente e poi hai detto di amarmi, sì, l’hai fatto.” Dico cercando di rimanere lucida.
Jamie alza lo sguardo. “Io…”
“Eri ubriaco, non è successo niente.” Non sono sicura di essere pronta ad affrontare questo argomento.
“Ero ubriaco, è vero.” Dice mentre sposta una sedia e ci si siede sopra. “Ho gridato di odiarti  per le strade della città, sono arrivato fin sotto casa tua e ho bussato alla porta ripetutamente. Volevo dirtelo in faccia che ti odiavo, poi hai aperto e, cazzo,  io ero ubriaco ma tu eri ugualmente bellissima e ti amavo. E così quando mi hai chiesto cosa ci facessi lì, al posto di un ‘vaffanculo ti odio’ mi è uscito un ‘vaffanculo ti amo’. Perché quello che odio, qui, non sei tu. Sono io.”
Ci metto qualche secondo a realizzare quello che ha detto e mi poggio con le braccia sul ripiano della cucina perché le ginocchia mi tremano troppo. “E allora perché mi hai lasciata?” Domando in un sussurro. Mi tremano anche le corde vocali.
“Perché sono un idiota, ecco perché.” Dice mentre sbatte la tazza sul tavolo. Mi fa male vederlo così frustrato, così stanco, così… non Jamie. Jamie sorride sempre, sorride anche troppo. “Mi dispiace per tutto quello che ho combinato.”
Scuoto la testa. “Non è vero, non ti dispiace. Non sul serio. Non mi avresti fatto male, altrimenti. Ti ricordi il nostro primo appuntamento? Cosa mi hai detto prima di baciarmi, quando eravamo sotto casa mia? Che un mio bacio valeva le macerie in cui, forse, ti avrei lasciato. Però sotto quelle macerie ci sono io, non tu.” Dico. Jamie cerca di controbattere ma glielo impedisco con un gesto della mano. “E’ stato facile, almeno?” Chiedo.
Jamie aggrotta le sopracciglia. “Cosa è stato facile?”
“Lasciarmi. Dire tutte quelle cose belle e poi andarsene come se non fosse niente. Come se non fossimo stati niente. Come se non fossi niente.”  
“Tu non hai fatto niente per impedirmi di fare quello che stavo facendo. Forse è stata solo una prova per sapere quanto avresti lottato per me.”
“Tu mi stavi lasciando! No, peggio. Tu mi stavi dicendo che non mi amavi più. E ora dimmelo, dimmelo, cosa avrei dovuto fare? Chiudere gli occhi e dirti che invece io ti amavo? Piangere, o magari supplicare di restare accanto a me contro la tua volontà? Avrei dovuto dirti che si poteva ancora aggiustare qualcosa? Che potevamo ancora aggiustarci? No. ‘Vattene’, ecco cosa. ‘Vattene’ perché ti amo ancora ma non posso più vederti.”
Jamie prende un respiro profondo  e poi ricomincia a parlare. Forse in questo modo ci stiamo facendo più male che bene. “Dopo neanche due settimane sei uscita con un altro, dimenticandoti completamente di me.”
Spalanco leggermente la bocca, incredula di quello che ho sentito. “Ma che ne sai? Che ne sai che quando vado a dormire porto ancora il tuo maglione grigio, che ogni volta che mi guarda penso a come mi guardavi tu e che ogni volta che mi sorride, il suo sorriso sostituisce il tuo , che ne sai che il ricordo di noi ha il sopravvento su tutto, che ne sai dell’effetto che mi fa sentire il tuo nome, che nell’attimo che ti ho conosciuto ho cominciato a vedere il mondo con occhi migliori, che ne sai che se bussi ancora alla mia porta io ti aprirò ogni volta, accudendoti come se non ci fossimo mai lasciati, come se non mi avessi mai fatto del male? Che ne sai? Già, tu che ne sai? Mi chiedo se tu mi abbia mai veramente amata.”
Mi guarda con gli occhi leggermente sgranati, come se si fosse appena svegliato da un brutto sogno. In questo momento mi sembra un bambino completamente indifeso. Si alza in piedi e mi guarda dritto negli occhi. “Quando ti abbiamo ritrovata su quel muretto, otto ore dopo che ti avevo lasciata ed eri lì, bianca, stesa, con gli occhi chiusi, ho temuto che non li avresti riaperti più. Mi hanno sempre detto che amare è un atto di coraggioso egoismo. Ma in quel momento non ho visto né coraggio né egoismo. In quel preciso momento, ho capito che amore è avere le vertigini quando non sei tu a sporgerti. Quando ho pensato che forse non ti saresti svegliata più, ho pensato che sarei morto anche io. E non è vero che non c’ero quando ti sei svegliata, ho chiesto ad Ezra di non dirlo a nessuno che in realtà ero lì. E poi ti sei fatta dimettere dopo un’ora che ti eri svegliata, perché sei una roccia. Lo sei sempre stata. L’ho capito sin dal momento in cui ti ho vista in quella libreria, mentre scrivevi sul telefono e maledivi la libreria per non avere Città di cenere. Quindi ti prego, non venirmi a dire che non ti ho amata, perché stai mentendo non solo a me, ma anche a te stessa.” Mi asciugo una lacrima mentre continuo a guardarlo negli occhi ormai lucidi.
“Ti ho sempre guardato come si guarda qualcosa che si sa già che ci mancherà. Troppo bello per durare, per essere vero, troppo bello per diventare un’abitudine. Ti guardavo come si guardano i diciotto anni quando se ne hanno quindici, qualcosa di meravigliosamente inarrivabile. Anche se poi, in quel caso, arrivano. Ti guardavo così e per questo piangevo quando ci pensavo, troppo bello per essere mio. –mi interrompo un secondo per riprendere fiato- Troppo bello per amarmi, troppo bello per restare. E quando mi hai detto ‘non ti amo più’ ho saputo di aver ragione. Tu eri troppo per me, io ero solo troppo inadeguata.” Ma chi l’avrebbe detto che dopo un anno e mezzo ci saremmo ritrovati in casa di mio fratello a discutere di tutte quelle cose che non abbiamo mai avuto il coraggio di dirci, ma se per chiudere definitivamente la nostra storia o per mandarla avanti, ancora non lo so.
“Forse non sei quella che viene definita ‘bellissima’. Forse non hai gli occhi chiari, i capelli a contrasto con gli occhi, le labbra rosse, la pelle abbronzata anche d’inverno o le gambe dritte e lunghissime.
Forse non sei così. Sei anche meglio. Sei diversa, e c’è da amarti e da trovarti bellissima proprio per questo.
Perché è bello il modo in cui sorridi quando leggi un libro.
E’ bello il trucco che ti scivola sulle guance quando piove o quando piangi, che in fondo è la stessa cosa.
Sei molto più della bellezza che ti impongono oggi.
Sei molto più bella.” Non so precisamente quando sono diventata un fiume in piena. Però capisco, mentre Jamie mi abbraccia, che è un addio.
Cerco di placare i miei singhiozzi. “Non si torna più alla vita di prima dopo certi incontri. Io dopo aver conosciuto te non sono più stata la stessa e non mi ricordo neanche più come facevo a sorridere se non ti avevo nemmeno mai visto. E non so più che fare, e vorrei potermi grattare via la pelle tanto forte da togliere tutti quei brividi, e poter soffocare ogni ricordo per poter dormire almeno una notte, e poter tornare indietro per cambiare tutto. Ma non si può. Non si può. E lo sai anche tu che questo è un addio. Il nostro sbaglio è stato aver smesso di domandarci se ci saremmo persi e aver cominciato a chiederci quando sarebbe successo.
E sai che succederà?
Continueremo a cercarci, nelle canzoni, nelle citazioni, nei libri, tra gli sguardi della gente. Magari la sera, che ci frega sempre. Ci penseremo, di nascosto, e fingeremo. Fingeremo di aver pensato ad altro. Ci mancheremo.
E questa sarà la nostra punizione, la punizione per non aver provato a tenerci insieme mentre tutto tra di noi stava per crollare.” Porto una mano alla bocca per placare un singhiozzo e lo guardo negli occhi e vedo, mentre mi guarda con le braccia lasciate sui fianchi e lo sguardo lucido, che qualcosa dentro di lui si è spezzato. Qualcosa che non tocca a me aggiustare. “E non farmi venire voglia di abbracciarti perché realizzare di non poterlo fare fa male” Ma Jamie mi viene incontro e mi accoglie tra le sue braccia. E ci stringiamo l’uno all’altro come se fossimo l’unica ancora che ci tiene sul mondo. Ci aggrappiamo ai vestiti, con le unghie, mentre piangiamo perché la consapevolezza che ormai non c’è più niente da salvare tra di noi è così pesante che da soli non riusciamo a tenerla.
“Non ci stiamo dicendo addio perché non ci amiamo, ci stiamo dicendo addio perché ci amiamo troppo.”





ASDFGHJKL.
So che è tantissimo che non aggiorno ma come sapete (chi mi segue anche su facebook, almeno) è per i vari problemi legati ad internet che non aggiorno.
Ma sono ancora qui!
Angie e Jamie parlano e si confrontano anche se più o meno non si capisce niente. E' perché entrambi sono disastrosamente confusi oltre che anche un po' arrabbiati perché in fondo Angie è stata lasciata ma Jamie voleva capire solo fino a che punto lei l'avrebbe trattenuto.
So che in fondo non ha senso ma non tutti la pensiamo allo stesso modo e Jamie la pensa così.
Voi che ne pensate?
Fatemelo sapere in una recensione!
Scusate ancora per il ritardo e alla prossima :)
Vi amo,
Angie
Ps. Fatemi gli auguri, ieri è stato il mio compleanno! <3


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