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Autore: Benio Hanamura    13/06/2014    1 recensioni
[Mademoiselle Anne/Haikara-san ga toru]
“Il mio nome è Kichiji Hananoya… o meglio, questo è il mio nome dall’età di 15 anni. Fino ad allora ero Tsukiko, la sesta figlia della famiglia Yamada...”
Nel manga originale della Yamato è detto ben poco del passato della geisha Kichiji, che fa la sua prima comparsa come causa inconsapevole di gelosia della protagonista Benio nei confronti del fidanzato Shinobu, ma che poi si rivelerà essere solo una sua ottima amica e stringerà una sincera amicizia con Benio stessa, per poi segnare anche l’esistenza del padre di lei, vedovo inconsolabile da tanti anni.
Per chiarire l’equivoco e per spiegarle quale rapporto c’è davvero fra lei e Shinobu, Kichiji racconta la sua storia del suo passato a Benio, dei motivi per cui è diventata geisha, abbandonando suo malgrado il suo villaggio quando era ancora una bambina, ma soprattutto del suo unico vero amore, un amore sofferto e tormentato messo a dura prova da uno spietato destino…
Dato che questa storia è solo accennata nel manga, ma mi è piaciuta e mi ha commossa molto, ho deciso di provare ad approfondirla e di proporvela come fanfiction!
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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    La mattina dopo fui risvegliata da un senso di freddo; infatti allungai un braccio e Koji non c’era, il che mi indusse a sollevarmi di scatto. Vedendo che il sole era già alto mi allarmai e mi affrettai a rivestirmi, terrorizzata all’idea che qualcuno potesse averlo sorpreso insieme a me in piena notte: prima di chiunque altro dovevo assolutamente trovare Miyuki, che forse avrebbe potuto sapere qualcosa e che avrebbe potuto prepararmi a ciò che avrei dovuto affrontare.
    Ma prima che potessi uscire fu lei a raggiungermi in camera, e prima di richiudersi i fusuma alle spalle controllò il corridoio, per accertarsi che non stesse arrivando nessuno.
   “Koji è andato via all’alba” mi disse subito “Non preoccuparti, nessuno l’ha visto, l’ho accompagnato io stessa fino all’uscita. A quell’ora le altre dormivano ancora profondamente!”
    Mi rassicurò sul fatto che l’avrei sicuramente rivisto a breve, ed io fui molto grata a mia sorella, pur provando un enorme imbarazzo per averle dato tanti fastidi: poverina, aveva deluso le aspettative che avevano riposto in lei e non era diventata geisha ed anche se dopo la fase più dura era poi riuscita ad uscire dall’okiya forse non si era mai ripresa del tutto dopo la morte della povera Aiko;  tuttavia da quando l’avevo raggiunta Miyuki mi era sempre stata molto vicina, sempre pronta per sostenermi e confortarmi in caso di necessità. Non era mai stata particolarmente dotata ed intelligente, ma aveva sempre vegliato su di me in maniera molto discreta, preoccupandosi di non dimostrarsi mai troppo invadente. Ed aiutandomi addirittura con Koji, nell’ultimo periodo, aveva dimostrato di essere disposta per amor mio a correre anche dei rischi, perché se qualcuno all’okiya avesse scoperto quanto lei avesse contribuito al perpetrarsi di quella che era a tutti gli effetti una condotta indegna avrebbe avuto senz’altro dei problemi, e magari la okasan avrebbe anche potuto riconsiderare quell’affare con la signora Shiori che aveva rifiutato anni prima.
    Koji fece il possibile per tener fede a ciò che mi aveva lasciato detto, ma in realtà non ebbe modo di tornare all’okiya prima di una decina di giorni dopo, perché, mi spiegò, in quella situazione incerta era stato comunque deciso di intensificare il più possibile le esercitazioni, con la più frequente organizzazione di simulazioni di battaglia. Nonostante le mie accorate richieste di spiegazioni lui continuava ad impegnarsi per non farmi pesare troppo la sua ansia ostinandosi a minimizzare la situazione, dicendo che quella decisione era stata presa per prudenza, anche perché qualche esercitazione in più non avrebbe fatto certo male ai soldati come lui  e sarebbe stato ancora più istruttivo per i compagni più giovani, quelli appena diplomati come Shinobu, che per la loro ancora troppo scarsa esperienza non sarebbero comunque stati mai utilizzati in questa occasione. Ma, mi spiegava, il fatto che si stava temporeggiando invece di rispondere subito alla chiamata del governo britannico era la dimostrazione che non c’era un significativo interesse per la questione, e che perciò c’erano buone speranze che non si sarebbe arrivati a nulla.
   Quanto pregai perché succedesse proprio questo! Ma la situazione non fece che peggiorare, anche se Koji cercava di nascondermi la reale situazione mi bastava affacciarmi in strada per sentire i discorsi sempre più cupi della gente. Fu così che mi arrivò all’orecchio la notizia che il governo giapponese aveva appena mandato un ultimatum alla Germania. Quando, tre giorni dopo l’ultimatum, rividi Koji, lui non solo non provò nemmeno a sminuire la cosa, ma sorvolò abilmente sull’argomento, ostinandosi invece sui nostri lontani ricordi al villaggio, chiedendomi notizie sulla mia famiglia e raccontandomi persino della sua, come mai aveva fatto. Assecondai quel suo quasi assurdo tentativo di evasione, perché nonostante si sforzasse di apparire sereno era evidente quanto la tensione fosse evidente in lui, dalla costante tensione dei tratti del viso, dalla rigidità dei movimenti, e l’angoscia traspariva ormai fin troppo nettamente dai suoi occhi. Io ero terrorizzata all’idea di cosa sarebbe potuto accadergli, ma non dovevo pensare solo a me stessa, ma soprattutto a cosa lui stesse provando. Anch’io dovevo aiutarlo in tutti i modi, impegnarmi a farlo rilassare almeno per quelle poche ore, non solo com’era il primo dovere di una geisha ma soprattutto com’era il mio dovere verso colui che tanto amavo. E sempre per lui dovevo cercare di dimostrarmi forte, perché non era giusto che si preoccupasse anche per me. Così feci, per tutta quella serata e per i giorni successivi, racchiudendomi, la sera, in sempre più accorate preghiere. Per qualche giorno funzionò pure, iniziai a pensare di essere stata davvero troppo pessimista, magari questa Germania avrebbe anche potuto avere paura del nostro possibile intervento, non era detto che si sarebbe davvero arrivati allo scontro! Così un bel giorno Koji sarebbe tornato da me, finalmente di nuovo con un bel sorriso rilassato, per darmi due buone notizie: che la guerra era stata scongiurata e che finalmente la sua promozione era divenuta effettiva e che avremmo potuto amarci alla luce del sole, con lui come mio aspirante danna. Beh, forse per quello correvo troppo, ma col tempo, sicuramente…
Invece anche la più piccola delle mie speranze era destinata ad infrangersi, e prima di quanto temessi: il 23 agosto la dichiarazione di guerra del Giappone alla Germania fu una realtà! Lo seppi quel pomeriggio, al rientro all’okiya di Keiko, che era stata al teatro con il suo danna, ed in quell’occasione lui le aveva dato la notizia: non avrebbe avuto occasione di incontrarla per un bel po’, perché l’esercito avrebbe iniziato, dall’indomani, ad inviare le sue truppe al fronte! Proprio come feci quella notte di tanti anni fa per cercare mia sorella nel bosco anche stavolta decisi di scappare fuori, dimentica di ogni buon senso, per cercare Koji, per chiedergli se anche lui sarebbe partito: non potevo importunare sempre Miyuki, e poi non avrei sopportato l’attesa del suo ritorno. Ma com’era prevedibile nelle strade c’era una gran confusione, fra gente che leggeva i giornali di lì a poco distribuiti commentando la notizia ed i tanti pianti di donne, mogli o madri di soldati. Come avrei potuto piangere, gridare anch’io come loro, per trovare in quello sfogo un minimo sollievo, ma non potevo! Mi sentii improvvisamente smarrita, volevo raggiungere la caserma ma non sapevo più che direzione prendere, e dopo aver svoltato appena un paio di vicoli vidi tutto girare attorno a me e poi tutto si fece buio.
   Per fortuna non finii a terra, perché qualcuno mi aveva sorretta in tempo. Appena riebbi la visibilità di ciò che avevo intorno guardai in faccia il mio soccorritore per ringraziarlo e trasalii: era Shinobu!
   Il giovane amico di Koji si accertò che mi fossi ripresa, quindi, cedendo alla mia accorata richiesta di sapere la verità, mi spiegò che effettivamente era scoppiata la guerra, e che per prima sarebbe stata impiegata la marina, alla quale appunto il danna di Keiko apparteneva. Ma che purtroppo con tutte le probabilità anche la fanteria sarebbe intervenuta. Purtroppo anche lui doveva affrettarsi a raggiungere la caserma per l’ennesima riunione di quegli ultimi giorni, perciò appena mi ebbe riaccompagnata davanti all’ingresso dell’okiya mi congedò, assicurandomi che se davvero la fanteria fosse stata chiamata al fronte Koji non sarebbe mai partito senza salutarmi. Raccolsi le forze appena sufficienti per rientrare nell’okiya mantenendo un adeguato contegno e ritirarmi nella mia stanza, lamentandomi con le altre di una terribile emicrania. E passando provai per un attimo invidia per Keiko, che era libera di piangere per il suo amato senza ritegno, confortata da Kiyoko e dalla okasan.
   Io invece non potevo, come molte altre mie colleghe dovevo mostrarmi poco coinvolta, profondamente dispiaciuta per alcuni nostri clienti ma niente di più. Dovevo tenere sempre a mente gli insegnamenti di Kikyo-san, che mi aveva ribadito più volte come una brava geisha dovesse adattarsi all’umore del suo cliente, cercare di intuire le sue necessità ed assecondarle il più possibile, e che mai e poi mai avrebbe dovuto dimostrare disagio fuori luogo, meno che mai mostrare uno stato d’animo negativo che potesse causargli ulteriore scontento invece di dargli ciò che richiedeva, qualche ora di serenità e svago. Keiko poteva fare un’eccezione perché soffriva e si preoccupata al suo danna, al quale più che a chiunque altro doveva devozione, ma il mio danna non era un militare. O meglio, io non avevo un danna, e  se non avesse potuto essere Koji speravo vivamente di non averne mai uno, nemmeno in futuro.
  Passò qualche altro giorno, in cui non ci furono altre novità e nemmeno rividi il mio amato, ma io tenevo duro ed aspettavo. Lo aspettai fino a quella sera. Quell’ultima, tristissima sera. C’era stata una piccola festa all’okiya, qualcosa di così contenuto da dover essere definita solo una piccola riunione di famiglia, solo con pochissimi clienti affezionati. C’era Sakamoto-san, un brav’uomo di oltre 80 anni, che non aveva più voluto risposarsi dopo la morte per malattia di sua moglie trent' anni prima, viveva da solo dopo i matrimoni delle sue due figlie e veniva ogni tanto a trovarci solo per avere un po’ di compagnia ed assistere ai canti ed alle danze, disapprovando certi atteggiamenti lascivi di altri e considerando noi geishe giovani più delle nipoti premurose che oggetti di piacere; poi c’era Fujita-san, un musicista che ogni tanto si dilettava anche a comporre haiku che amava sottoporci, dato che anche lui in famiglia non era abbastanza apprezzato e compreso. Infine c’era Hasegawa-san, che per tutta la serata feci di tutto per tenere quanto più lontano possibile: il timore che lui potesse tornare sull’argomento e proporsi come mio danna non mi aveva mai abbandonata del tutto. In un altro momento quel mio atteggiamento schivo non sarebbe servito a niente, non solo mi avrebbe notata lo stesso, lo avrei addirittura stimolato di più, ma eravamo in quel momento. Un momento delicato, difficile, angoscioso per tutti, anche per lui. Infatti non lo si riconosceva più: di solito la sua risata, sguaiata e forte, sovrastava tutto e tutti, come pure i suoi commenti, talvolta discutibili e persino rasenti la volgarità quando era ubriaco. Come ho già detto non era mai sgarbato, nemmeno con le maiko alle prime armi, solo che era alquanto rozzo, grossolano nei modi, faceva parte del suo modo di essere. Tuttavia quella sera era fin troppo serio e teso, e soprattutto, cosa più assurda per lui, taciturno, rispondeva addirittura a monosillabi! Il che poteva voler dire solo una cosa, il problema erano i suoi due figli, un capitano ed un maggiore dell’esercito. Ed infatti era così, loro due si stavano preparando, sarebbero partiti il giorno seguente, per Lungkow, una località situata lungo la costa nord della penisola dello Shantung, per partecipare al conflitto contro i tedeschi. Al di là di altri suoi discutibili comportamenti, Hasegawa-san amava molto i suoi figli, ed era ora così abbattuto che furono gli altri due a sostenerlo, che paradossalmente in quella situazione drammatica se la passavano meglio di lui.
Appena sentii Hasegawa-san riferire questa cosa a Kikyo-san non potetti più resistere, così sgattaiolai furtivamente fuori, approfittando del fatto che nessuno nella sala prestava particolare attenzione a me, dato che tutti troppo presi da altri pensieri.  

  


Note:
Lungkow:
   La 18ª Divisione fanteria fu la prima grande unità giapponese ad iniziare le operazioni terrestri. Questa unità era forte di ben 23.000 soldati e 142 pezzi di artiglieria. Sbarcarono il 2 settembre a Lungkow, ed il 18 alla baia di Laoshan, che era a 18 miglia dalla città. Il governo inglese (così come quelli delle altre potenze europee) era consapevole delle mire espansionistiche giapponesi, e quindi decise di inviare un contingente simbolico di 1.500 uomini.
  
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