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Autore: alpha_blacky    13/06/2014    0 recensioni
Ah, la scuola media, una continua lotta tra le pareti di un edificio, ma dove possono nascere anche nuovi amori...
Genere: Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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 “Sveglia dormigliona!!!!” disse  Avery. La mia giornata tipica inizia con lei che mi salta addosso. È decisamente assillante la mia sorellina. Voglio dormire perché non capisce?
“VERAAAAAAAAA” urla fracassandomi i timpani; se prima ero in dormiveglia ora sono sveglia.
“ Me lo ricordo ancora il mio nome” borbotto tra me e me. Apro un occhio. Lo richiudo velocemente. C’è troppa luce. Meglio ritornare al buio…”Vera alzati che ci fai ancora nel letto?! Finirai per arrivare in ritardo ancora” accidenti la mamma. Perché nessuno mi lascia dormire?
“Ecco arrivo, un attimo” riapro gli occhi e rimango accecata dal fascio di luce proveniente dalla finestra aperta dalla mamma. Lasciarla chiusa no, eh?
Richiudo gli occhi scivolando di nuovo nell’oscurità. Mi preparo al fare la cosa peggiore che si può fare quando si sta nel proprio letto al caldo: uscirne. “Ok Vera” senza darmi il tempo di ripensarci mi scopro di botto dalle coperte, ancora ad occhi chiusi e mi butto nella cabina armadio. Brrr che freddo….apro di scatto gli occhi per cercare qualcosa con cui vestirmi e quasi urlo spaventata vedendo la mia immagine riflessa allo specchio.
Due occhi nocciola contornati da occhiaie scure mi fissavano spaventati. Capelli corvini scompigliati incorniciavano un viso troppo spigoloso.
Alzo una mano verso quel viso. Il mio viso. Un viso tanto familiare quanto criticato. Mi scuoto dai miei pensieri quando sento il vetro freddo dello specchio sotto le dita.
Velocemente mi giro verso l’armadio, pesco un jeans ed una maglia a caso e li porto in bagno  con me. Mi lavo, mi vesto, prendo lo zaino e scendo subito.
 “Ciao ci vediamo a pranzo” dico mettendo la giacca pesante; faceva molto freddo in quei giorni.
“Ciao, cara” dice mia madre. Squadrandomi  aggiunge “Vuoi andare a scuola  in pantofole?”
AH. Mi accorgo di non essermi messa le scarpe. Butto la cartella a terra e corro in camera mia. Mi infilo in fretta e furia gli stivali color cuoio- i miei preferiti- e ritorno nell’ingresso dove la mamma sta aiutando Avery a mettersi  lo zaino in spalla. “Ciao, buona scuola Èv”. La mia rossissima sorellina mi lancia uno sguardo truce e mugugna” Ciao”. 1-0 per me, cara. Lei ha sempre odiato essere costretta ad andare con mamma a scuola perché lavora lì come insegnante. Io non ho dovuto subire l’umiliazione di andare a scuola con la mamma maestra perché andavo già alle medie quando ci siamo trasferite dal nostro paesino sperduto in questa  grande metropoli; quando mamma e papà si sono separati, mamma ha deciso di portare me e mia sorella nel luogo in cui lei, a detta sua, aveva passato “gli anni migliori della sua vita”. Vediamo papà non più di una volta al mese e ciò va bene sia a lui che a noi.
“Buona giornata” dice mia madre, sorridendomi con le sue labbra piene quanto le mie. Le sorrido anche io ed esco. Finalmente. Fuori da quel luogo. Voglio molto bene a mia madre e a mia sorella, ma mi sento stretta con loro. Voglio essere libera. Voglio viaggiare. Voglio conoscere persone. Respiro l’aria fresca della mattina e mi incammino verso la fermata del bus.
“Ehi sei arrivata finalmente”. Katy Sanderson, una ragazza vicino la quale mi siedo in autobus mi saluta.
“Ehi” dico io a mia volta. Mi siedo vicino a lei solo perché mi fa tenerezza. Con i capelli biondi legati in due trecce,  gli occhi chiari ingigantiti a dismisura dagli occhialoni e la media del 10 in pagella, Katy è lo stereotipo della secchiona media, alias non viene considerata da nessuno. La società sa essere molto crudele.
“Pare ci sia un nuovo tipo a scuola. Un bel tipo.” Dice lei.
“Ah si?” mi fingo interessata; io e i ragazzi siamo due mondi inavvicinabili “Chi te l’ha detto?”
“Quelle ragazze laggiù” risponde indicandomi un gruppo di papere odiose che avevo già catalogato negli anni precedenti, capitanate dall’unica con un cervello, Cecelia Stewart. Mi sta piuttosto simpatica; se vuole fare o dire qualcosa la fa, senza tanti giri di parole e con tutta sincerità. Del tipo, se non le piace come stai vestita, te lo dice; perciò puoi stare sicura che se ti fa un complimento non è ne falsa, tantomeno invidiosa, dopotutto non ne ha motivo. Con la sua carnagione scura ereditata dalla madre tunisina, i grandi occhi verdi, i lunghi capelli tinti di biondo e il fisico sinuoso, è una delle ragazze più carine del nostro istituto. L’unico suo difetto fisico è che un po’ bassina, raggiunge a malapena il metro e 50.
“Ah” la conversazione finisce lì perché arriva il bus e saliamo prendendo posto, sentendo la confusione che fanno i soliti imbecilli per accaparrarsi i posti migliori, ovvero quelli infondo. Idioti.
Arriviamo a scuola che la campanella è già suonata, così, salutata Katy, mi affretto ad arrivare in classe. Fortunatamente a prima ora ho arte e l’aula sta al piano terra.
Noto che la professoressa non è ancora arrivata e saluto tutti con un allegro “Buongiorno classe!” tutti si girano e mi rivolgono uno sguardo del tipo “tu stai fuori”. Eh gia, io sono quella strana della classe. Suvvia, un po’ di allegria! Ma oggi c’è uno sguardo in più. Entrando, non mi ero accorta che tutti sono raggruppati intorno ad un singolo individuo, il “nuovo bel tipo”. Mi fissa incuriosito. Beh, di certo è  carino, anche un’asociale un po’ svitata come me lo nota. Capelli biondi, occhi azzurri, il solito figo che si crede di essere chissà chi. L’unica cosa che lo particolarizza è quel codino dietro la testa. Per il resto lo trovo quasi anonimo.
“ Ciao, io sono Alexander, ma gli amici mi chiamano Alex” si alza dal banco su cui era seduto e si presenta. Nessun sorrisetto spaccone o robe simili. Già mi sta più simpatico.
“Io sono Vera, piacere” gli dico. Non sembra tanto antipatico.
“Bella collana, ti piace Harry Potter?” eh già, le fortune della vita sono le mamme che per il dieci a matematica ti regalano il ciondolo dei doni della morte.
“Si, io adoro Harry Potter”  gli rispondo. Vorrei evitare di approfondire l’argomento perché sono alquanto ridicola quando lodo la genialità della cara Joanne.
“Perché?” questa parola mi coglie un po’ alla sprovvista. Che domanda è?
“ Perché è una saga fantastica. Perché i personaggi sono ben costruiti, hanno tutti un proprio ruolo nella storia. Perché sono libri che insegnano a cresc…” vengo interrotta da quel maledetto idiota di Giovanni.
“ Ehi Giannì, come sei secchiona” quello stupido pallone gonfiato…
“Sono libri che insegnano a crescere, cosa che dovrebbero fare tanti in questa classe…” detto ciò, gli rivolgo uno sguardo di fuoco e sposto di nuovo la mia attenzione ad Alex, che sta facendo un sorrisetto divertito.
Il pallone gonfiato non ha tempo di rispondere perché, con un buongiorno allegro quasi quanto il mio, la professoressa di arte entra in classe. Sorrido soddisfatta e prendo posto, soddisfatta di aver zittito quel cafone ignorante e di aver divertito quel ragazzo. Alex.
Salve a tutti coloro che hanno letto. se avete qualche (o tante) critica da farmi, non abbiate paura. Meglio una critica costruttiva che complimenti non meritati. Grazie a chi commenterà e mi esporrà la sua opinione. Spero vi sia piaciuto questo primo capitolo, al prossimo capitolo, Alpha  
   
 
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