Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: lyssa    14/06/2014    2 recensioni
Raccolta a tema sheriarty: per un amore e un'ossessione che nessuno potrà mai comprendere, per i due re al lato opposto della scacchiera e per tutto ciò che avrebbero potuto avere insieme.
#1 - the little touch with the underwear
#2 - stargazing
#3 - you weren't supposed to leave
[temi e avvertimenti possono variare, maggiori informazioni all'inizio di ogni capitolo]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim Moriarty, Sherlock Holmes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Titolo: Stargazing
Fandom: Sherlock BBC
Genere: Slice of life, Introspettivo, Sentimentale
Personaggi: Sherlock Holmes, Jim Moriarty
Rating: Verde. Prometto che alcune delle prossime saranno a rating più alto~
Conteggio Parole: 1948
Avvertimenti: ///
Riassunto: « Non mi stai ascoltando! » L’improvviso cambio del tono di voce riporta Sherlock alla realtà. Jim lo fissa con un broncio infantile dipinto sul volto. La smorfia è talmente esagerata che non riesce a capire se Moriarty lo stia solamente prendendo in giro – ipotesi probabile – o se sia veramente offeso – ipotesi ancora più plausibile.
Note: Questo è un headcanon che ho da un po'. Per colpa di tumblr (e di alcune persone con cui ho ampliato l'idea) ho deciso di scriverci su, anche perchè avevo bisogno di fluff ;____;. Ovviamente il riferimento a Jim appassionato dello spazio e il fatto che abbia scritto un libro sono riferimenti al Moriarty originale. Spero che vi piaccia uwu <3








«Noia.»

La voce fuoriesce dalle labbra socchiuse in un flebile sussurro, fioca e leggera si spegne poi nel silenzio assoluto della stanza. Sherlock è sdraiato sul divano, lo sguardo perso a osservare il soffitto e nessun caso di cui occuparsi. Tutti i criminali di Londra – o per lo meno quelli degni di essere definiti tali – sembrano essere andati in vacanza, lasciandolo in preda alla banalità di un mondo che si muove troppo lentamente.

« Noia. » Ripete, atono.

Ha bisogno di una sigaretta. Vuole solamente riempirsi le narici di fumo e sperare che parte di esso riesca a colmare in qualche modo il vuoto opprimente che sente all’altezza del petto. Non si tratta solo di noia, è qualcosa di più: una sensazione familiare a cui non è mai riuscito a dare un nome, un malessere esistenziale che accompagna la consapevolezza di possedere un cervello migliore degli altri, un qualcosa che lo ha seguito negli anni più bui della sua vita, quando la droga era l’unica compagna.  La convivenza con John ha contribuito a rendere tutto più sopportabile, più semplice e in qualche modo migliore; eppure ci sono notti dove la prevedibilità del mondo lo colpisce con una forza tale da togliergli il fiato. Una sigaretta aiuterebbe, se solo John non si fosse disfatto della sua scorta evidentemente-non-così-segreta solo pochi giorni prima. Si rizza a sedere, la schiena appoggiata a uno dei braccioli e le ginocchia al petto. Niente casi, niente fumo, niente distrazioni. Niente di niente.

Viene strappato brutalmente dai suoi pensieri quando la vibrazione del cellulare si attiva, producendo un rumore sordo a causa del contatto con il tavolo. Le iridi chiare si spostano velocemente sul piccolo oggetto, mentre l’identità del mittente prende rapidamente forma nella sua testa – solo lui può contattarlo in quel modo nel cuore della notte.

La prima cosa che vede sono gli occhi, scuri e profondi, illuminati da una luce che Sherlock non sa se ricondurre alla genialità o alla follia. Il resto del volto segue subito dopo: labbra dischiuse in un sorriso più affilato di qualunque lama, pelle chiara e capelli nerissimi, meticolosamente tirati indietro con una quantità di prodotto probabilmente eccessiva. Riesce quasi a percepire anche l’odore della colonia costosa. Con uno scatto felino afferra il telefono, le labbra che si aprono in un sorriso di cui non è realmente consapevole. L’euforia sul suo volto ha però vita breve: non appena gli occhi scorrono le due righe di testo questa si spegne, lasciando il posto a una confusione espressa dalle sopracciglia aggrottate e la bocca appena dischiusa.

“È una splendida notte per osservare le stelle cadenti, Sherlock.
Vuoi unirti a me? –JM”


Forse si tratta di un codice per risolvere uno dei vecchi casi ormai archiviati dalla polizia. Forse si tratta di un modo per metterlo alla prova o per attirarlo in un luogo specifico. Le possibilità prendono una forma quasi concreta: sono un insieme ordinato di immagini e lettere che si susseguono rapide nella mente, vengono spostate, archiviate, cancellate; il tutto mentre le dita si muovono veloci sul touchscreen.

“Osservare le stelle cadenti? James, mi deludi. –SH”

“Sempre meglio che stare sul divano ad annoiarsi, Sherlock. –JM”

“Hai installato di nuovo delle telecamere a casa mia? –SH”

“Forse. –JM”

“O forse ti conosco fin troppo bene, dolcezza. –JM”

“Non pensavo di essere così prevedibile. –SH”

“Non è colpa tua tesoro, non essere triste. Mi annoio anche io. –JM”

“Allora, vieni con me? –JM” 

“Per far cosa, guardare le stelle? Come se in una metropoli come Londra fosse possibile. –SH”

“Non vedo alcun problema. –JM”

“Dunque è un sì? –JM”

“Forse. –SH”

“Dammi tre secondi. –JM”


Sherlock conta ad alta voce, gli occhi chiari puntati sullo schermo. La lampada del soggiorno si spegne nel momento stesso in cui la parola “tre” lascia le sue labbra. Probabilmente un blackout. Considerando la drammaticità del criminale, Jim ha probabilmente tolto la corrente a tutta la città. Per qualche ragione, Sherlock trova la cosa decisamente apprezzabile.

“Problema risolto. xxx –JM”

Il cellulare si illumina ancora. Questa volta mostra un indirizzo.







Quella che Sherlock vede non appena mette piede sul tetto, il luogo dell’incontro, è poco più di una sagoma indistinta.

C’è un uomo seduto per terra a circa una decina di metri di distanza: è girato di spalle e guarda fisso verso l’alto, come alla ricerca di qualcosa invisibile al normale occhio umano. La fioca luce della luna crescente lo illumina appena, riflettendosi sul candore della camicia bianca. Sherlock non dubita neanche per un istante che quello sia James Moriarty.

C’è qualcosa nell’aria, quando lui e il criminale si trovano nello stesso spazio: qualcosa di palpabile quanto invisibile, una sorta di forza che li attrae l’uno verso l’altro – e no, non si tratta di quella sensazione descritta in ogni romanzo rosa, niente farfalle nello stomaco o sciocchezze simili. Assomiglia più alla vertigine che si prova nello stare ai margini di un precipizio o al fascino esercitato dalle fiamme. Jim non si muove di un millimetro neanche quando Sherlock avanza a passo deciso verso di lui e si siede al suo fianco. Più interessato al volto della propria nemesi che al cielo stellato, il detective fa scivolare lo sguardo su Moriarty, ne osserva i lineamenti, le occhiaie marcate che segnalano una grave mancanza di sonno –  semplice insonnia? Notti passate ad organizzare crimini di cui Sherlock è all’oscuro?  – e il pallore accentuato dalla luce della luna.

Decide di rompere il silenzio solo dopo una manciata di secondi.

«Mi aspettavo almeno un telescopio.»

«Niente giocattolini questa volta.» Jim si volta finalmente per osservarlo, l’angolo delle labbra appena alzato. «Focalizzando l’attenzione su un punto specifico si rischia di perdere di vista il quadro generale, Sherlock.» Aggiunge, per poi sdraiarsi per terra e sollevare nuovamente lo sguardo.

Il fatto che Jim stia prestando più attenzione al cielo che a lui, lo infastidisce. Quando poi solleva la mano sinistra ed esclama qualcosa come “eccone un’altra!” Sherlock non può fare a meno di sbuffare. La situazione è a dir poco assurda.

«Non pensavo che ti interessassero queste cose. Sono così banali…» L’ultima frase è un sussurro, pieno di una delusione che spinge Jim a cercare il volto del detective con gli occhi. Rimane in silenzio James, si passa la lingua sulle labbra e continua a fissarlo, immerso in pensieri che Sherlock non può in alcun modo prevedere.

«Le comete mi interessano da quando sono bambino.» Fa una piccola pausa prima di continuare. «Non solo quelle ovviamente, l’intero cosmo è incredibilmente… affascinante.»

Jim continua a parlare e la sua voce morbida diventa una melodia sulla quale i pensieri del detective si muovono. Parla di astrofisica e teoremi matematici, elenca formule e dimostrazioni che Sherlock ha cancellato dalla propria mente diversi anni prima, in quanto inutili. Talvolta la meticolosa spiegazione scientifica viene interrotta e lascia spazio a vecchie leggende del mondo classico: storie di eroi e di amori che hanno dato il nome alle costellazioni. A volte invece Jim si interrompe nel bel mezzo della frase per indicare un’altra stella cadente, poi continua come se nulla fosse.

Sherlock lo ascolta senza prestargli davvero troppa attenzione. La vastità del cosmo appare incredibilmente noiosa e ordinaria se paragonata a James Moriarty.

Jim ride e, per essere un uomo dalle mani lorde di sangue, la sua risata è incredibilmente cristallina e pura. È talmente incompatibile con la visione che Sherlock ha del criminale che non può fare a meno di chiedersi se l’altro lo stia prendendo in giro. Forse tutta quella situazione è una farsa come Jim l’informatico, forse è l’identità di consulente criminale ad essere fittizia, un’immagine poco rappresentativa della persona che James è. Forse invece – e questa è l’ipotesi che Sherlock reputa più sensata – sono entrambe reali alla stessa maniera.

Jim è imprevedibile, una contraddizione vivente e il detective si rende conto di sapere incredibilmente poco del suo passato o di quella che è la sua vita privata. Non solo non possiede alcuna informazione utile su di lui, ma lo ha sempre considerato unicamente in veste di consulente criminale. Una figura complementare una propria che vive unicamente in sua funzione, più un gioco che una persona in senso stretto. Improvvisamente, vuole saperne di più. Vuole sapere come è nato il suo interesse per il cosmo, vuole sapere quante notti ha passato insonne ad osservare la volta celeste e, nonostante la sua visione su certi argomenti non sia cambiata, vuole sapere perché Jim ne è tanto affascinato.

 «Non mi stai ascoltando!» L’improvviso cambio del tono di voce riporta Sherlock alla realtà. Jim lo fissa con un broncio infantile dipinto sul volto. La smorfia è talmente esagerata che non riesce a capire se Moriarty lo stia solamente prendendo in giro – ipotesi probabile – o se sia veramente offeso – ipotesi ancora più plausibile. «Non ti farò leggere il libro che ho scritto.»

«Libro?» Le sopracciglia si aggrottano in un'espressione corrucciata.

«Te l’ho detto che non mi stavi ascoltando. Troppo tardi, tesoro.»

«È inedito.»

«Ovviamente.» Jim sospira pesantemente, come se affermare l’ovvio fosse qualcosa di fisicamente doloroso. «Nessuno al mondo sarebbe in grado di comprenderlo.» Continua a fissarlo dritto negli occhi, le labbra ora strette in una linea perfettamente dritta.  «Nessuno.» Rimane in silenzio per quelli che sembrano anni. I secondi avanzano, interminabili e lo sguardo di Jim diventa talmente insostenibile che, per la prima volta da quando si trova lì, Sherlock si mette a osservare il cielo pur di non essere costretto a guardarlo negli occhi. «Sicuramente non una persona che non era a conoscenza della teoria eliocentrica.» Solo allora Jim apre le labbra in un sorriso.

A quelle parole Sherlock sospira esasperato, ricevendo in risposta solo una risatina.

«Oh, andiamo. Leggi anche tu il blog di-» Si interrompe a metà, lanciando un’occhiataccia all’altro. «Lasciamo perdere.» Non ha voglia di discutere. «Sono comunque l’unica persona abbastanza intelligente per comprenderlo.»

«Mhhhhh. Non ne sono convinto. Ma voglio concederti il beneficio del dubbio, per questa volta.» Jim lo afferra improvvisamente per la spalla. La presa non è forte, ma è sufficientemente stretta per sentire le sue dita sulla pelle. È una sensazione abbastanza strana: solitamente non hanno molti contatti di tipo fisico, un po’ perché non sono realmente necessari, un po’ perché è più il tempo che passano lontani che in compagnia l’uno dell’altro. È strano sì, ma non è spiacevole. Sherlock si abbassa appena, permettendo alla mano di Jim di salire e appoggiarsi dietro al collo. Il suo tocco è più leggero, adesso.

«Facciamo un gioco.» Sussurra, facendolo chinare maggiormente e avvicinandolo di più a sé. Adesso sono talmente vicini che Sherlock riesce a riconoscere l’odore del gel per capelli e la marca della gomma da masticare che presumibilmente aveva in bocca prima che lui arrivasse. «Vinci se vedi più stelle cadenti di me. Il premio è ovviamente una copia autografata del mio libro.»

«Tutto qui?»

«Tutto qui.»

«Fin troppo semplice.» Sherlock sogghigna, appoggiando una mano su quella di Jim. Sfiora delicatamente le sue nocche con la punta dei polpastrelli prima di spostarla dalla base del proprio collo. Senza aggiungere un’altra parola si sdraia sul pavimento, accanto all’altro.

«Non mi chiedi cosa succede se vinco io?» Sherlock non lo guarda, troppo impegnato ad osservare il cielo alla ricerca di qualche stella cadente, ma può percepire il sorriso canzonatorio nella sua voce. 

«Perché dovrei?»

«Perché non voglio farti vincere. Sono ancora offeso.» Si rende conto che Jim si è avvicinato solo quando sente il suo respiro sulla propria pelle. 

«Se vinco io, questa notte torni a casa con me.»

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: lyssa