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Autore: foreverwithyou    15/06/2014    2 recensioni
Emma Marshall abbandona la sua mansueta New York per dirigersi nella ricca e sfacciata Beverly Hills.
Con la sua faccia tosta e le sue ironiche battute, Emma riuscirà a tener testa a quella che sembra essere una sfida impostale dal suo karma negativo.. ma saranno sufficienti per tollerare anche la presenza del vicino di casa?
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Dal testo:
«Stai bene?» dice un ragazzo ben piazzato, moro con indosso solo un adorabile costumino color rosa fragola «Sai, stavamo facendo una battaglia e..»
«Non me ne frega un emerito cazzo della vostra battaglia. Mi avete bagnata tutta!» sbraito senza sentire ragioni.
«Non sei di qui, vero?» sentenzia il ragazzo passandosi un dito sotto il mento e sorridendo in modo beffardo.
Lo guardo sconvolta.
«Ma come sei perspicace! [...]
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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II.
 
“Don’t let them in, don’t let them see. Be the good girl you always had to be”

 
«Bruce non mi aveva detto che eri così bella! È un vero piacere conoscerti, Emma»
Spalanco la mia bocca in un bellissimo sorriso di copertura. Questa vocina stridula mi stava già sulle palle durante le videochiamate tramite skype, figuriamoci dal vivo. Mi astengo nel dare un altro giudizio sull’eccentrica Tanya, la venticinquenne che affianca quella testa pelata di mio padre da più o meno due anni.
Cosa ci troverà mai in lui, oltre il conto in banca che vomita dollari? Io non lo so. Ha la trippetta che gli si appende sulla cinta che sorregge i pantaloni, il cranio che gli si intravede e quasi cinquant’anni.. Parliamoci chiaro: mio padre non è proprio Brad Pitt! Quindi non capisco come possa una ragazza così maledettamente young & beautiful stare con un uomo così. C’è da dire però che, per me, è l’uomo migliore di questo Mondo e che non lo cambierei con nessun’altro. Anche se è mancato negli anni più importanti della mia vita, alle feste di compleanno, a Natale e Capodanno.. chi se ne frega? È pur sempre mio padre e una sua chiamata, pure in ritardo di qualche giorno, mi rendeva allegra.. Ero al settimo cielo e mi sentivo la bambina più felice del pianeta!
Le tendo una mano. In questo momento è l’unica cosa educata che mi incita a fare il mio cervello malconcio! Neanche il tempo di un boccheggio che mi ritrovo spiaccicata contro la quarta abbondante del seno di Tanya. Mi viene voglia di imprecare! Quante operazioni deve aversi fatto per arrivare a tale mostruosità?! Sono dure come il marmo!
Mi stringe forte a se pronunciando delle frasi degne di una Biancaneve sotto ecstasy.
Per non parlare del suo Chanel n°5 che mi penetra nelle narici fino ad arrivare all’apice della mia testa. Si è spruzzata tutta la boccetta o cosa?!
Bruce capisce che è ora di mettere fine a tutto questo teatrino e mi invita a vedere la mia camera. Mollo Tanya che, tutta euforica, saltella sulle sue zeppe progettando grandi mattinate di shopping e chiacchierate pomeridiane, tra me e lei, per passare il tempo.
Io e lei?
«Il mio attico è ancora danneggiato a causa degli alluvioni di quest’ultimo anno, quindi ho dovuto spostare la tua camera nel lato ovest della casa, spero non ti dispiaccia!»
Scuoto il capo con fare deciso: basta che ho una branda dove dormire sonni tranquilli e una finestra semmai qualcosa nel mio intestino dovesse andare storto..
Rosa. Rosa ovunque.
«I colori li ha scelti Tanya»
«Due pollici bene bene in alto per i suoi gusti così principeschi!» Dico mimando il gesto con le mani, accompagnati sempre dal mio sorriso di copertura.
Da quando ho messo piede in California, questo sorriso del cazzo non ne vuole sapere di abbandonarmi: sembro una via di mezzo tra un ornitorinco con una paralisi facciale e una winx alcolizzata.
Papà mi lascia un po’ d’intimità presupponendo che io adesso disfi il mio bagaglio. Sbuffo sonoramente mentre mi avvicino alla finestra, nascosta da un’ingombrante tenda rosa. Il paesaggio che copre quest’orripilante pezzo di stoffa monocromatico è.. come dire.. fa proprio schifo: è un cazzo di muro con una cazzo di finestra!
In compenso, se mi sporgo verso destra c’è una strada, la stessa che mi ha condotta qui.
La stanza, però, è molto spaziosa e dotata di qualsiasi cosa un’adolescente abbia bisogno. Mi ricorda un po’ la mia vecchia stanza, a parte per il rosa barbie delle pareti e della maggior parte degli oggetti. C’è perfino un laptop della Apple poggiato sulla scrivania.. Da quando il mio si è scassato, l’unica piattaforma per le chat la trovavo nella sala informatica della scuola –sempre se gli insegnanti non erano in giro- ,e il mio prezioso blackberry che quegli idioti patentati mi hanno bagnato.
Non capisco come la gente possa essere così ipocrita e subdola. Se vuoi te lo ricompro. Mi viene voglia di strozzarlo a quel bamboccio con il costumino color fragola. Uh.
Se non avesse usato quei modi così barbari e sfacciati, l’avrei giudicato in un altro modo.. Perché, in fin dei conti, era davvero carino con i suoi capelli bagnati e brillanti alla luce del sole, i suoi occhi color caramello e quel dannato sorrisetto infame.
Tiro un respiro di sollievo che sembra riecheggiare in questa silenziosa stanza, mi avvicino al mio trolley e lo poggio sul letto. È tempo di svuotarlo e di cominciare ad adattarsi, il mio anno a Beverly Hills è appena cominciato!
Ripongo i miei jeans e le mie canotte colorate nell’apposito armadio bianco latte –finalmente qualcosa che non mi ricordi quella squinternata di Barbie-. Tutto si è sgualcito durante il viaggio. Che iella!
Ci penserò poi, ora devo svuotare l’altra metà del trolley. Per essere un soggiorno di un anno, ho portato davvero poche cose.. Beh, non è che a New York navigavamo proprio nell’oro. Io e mamma abitavamo in un modesto bilocale in periferia, io andavo al liceo e, a volte, rassettavo casa mentre mamma faceva degli extra a lavoro. Ha sempre lavorato come rappresentante, da quando ha finito il college. Negli anni ho realizzato che il suo lavoro deve piacerle proprio tanto se non l’ha mai cambiato. Ha perfino accettato una proposta assurda in Cina! Se lei è felice, anch’io lo sono.
Mi dispiace solo non averla potuta affiancare in questa nuova, esaltante esperienza. Mamma però lo sa, gliene ho parlato: io e l’Asia non leghiamo proprio. L’idea di stare lì un anno mi rendeva ansiosa, sebbene stessi con lei. E poi, erano anni che non vedevo mio padre e la sua nuova residenza qui a Beverly Hills, nella quale si è trasferito da qualche tempo. Era l’occasione giusta per riabbracciarlo e tentare di gettare le basi per quel rapporto padre-figlia che non si è mai creato.
Mi tuffo su questo bel lettone duro e invitante e sniffo l’odore di detersivo ai fiori di loto –almeno credo che siano fiori di loto- che emana la federa del cuscino gonfio e morbido come un sufflè.
«Tesoro, è pronta la cena» Dice papà una volta fatto il suo magnifichevole ingresso in camera.
Mi trascino giù dal letto a mo’ di zombie e seguo la Pelata fino alla sala da pranzo. Durante il tragitto faccio una specie di visita guidata. Il mio piano, da come ho notato, è una zona notte; invece, la zona giorno è di sotto con salone, cucina, biblioteca e solo Dio sa cos’altro. Il pavimento di quasi tutta la villa è in marmo opaco e il soffitto è spesso contornato da luci a led, bianche e soffuse.
Arriviamo a destinazione e al centro della stanza regna un grosso tavolo con ben otto posti a sedere!
«Ti piace la casa, Emma? Abbiamo anche un giardino meraviglioso. Dopo cena, facci un salto» Domanda Tanya prendendo posto alla sinistra di mio padre, seduto a capotavola.
«Non è troppo grande per sole due persone?»
La mia apparente ingenuità fa ridere Tanya e Bruce di gusto che mi guardano compassionevoli. Cosa avrò mai detto di buffo?! «Dico sul serio» Sussurro permettendo alle loro risate di sovrastare il mio tono quasi inudibile.
Mi accomodo anch’io, facendo aderire perfettamente le mie chiappe al cuscino morbido e spugnoso della sedia. Spero solo di non rimanere il segno.
«Benvenuta a Beverly Hills, Emma!» Dice Tanya atterrendomi con i suoi occhi grandi e tondi, del colore del ghiaccio.
Non so se ringraziarla o chiamare aiuto, quindi distolgo lo sguardo e lo punto sul mio piatto ancora vuoto, rimanendo in religioso silenzio.
Dopo pochi istanti, una donna di mezz’età con i capelli scuri raccolti in una crocchia, il corpo massiccio e un’affabile sorriso cattura la mia attenzione. Dal grembiule che indossa e il vassoio che ha ben saldo tra le mani, queste ultime coperte da graziosi guanti bianchi, credo che sia una cameriera.
«Emma, lei è Joanne Talisse, la nostra governante»
La donna si sfila un guanto e mi tende una mano regalandomi uno sguardo sorridente, vivo e di un colore verde bosco. Ma solo io ho gli occhi di un emerito color diarrea?
Joanne ci serve la cena e, non appena mette piede fuori dalla sala, Bruce e Tanya iniziano a mangiare.
«Qualcosa non va, tesoro?» Domanda mio padre con la bocca ancora occupata a masticare la carne ancora fumante.
«Nulla.. è che io e la mamma eravamo abituate a ringraziare Dio prima di cena»
«Perdonaci, Emma. Non lo sapevamo. Abbiamo fatto la figura dei barbari, ci dispiace» Dice Tanya adagiando le posate sul bordo del piatto e mettendo le mani giunte.
«Non dovete farla con me, assolutamente! È solo che-»
Papà mi guarda, mi sorride e annuisce comprensivo.
Okay, questo è senz’altro il momento più imbarazzante della mia vita. Non mi aspettavo che loro non avessero quest’abitudine, credevo che, nell’euforia di avermi qui, se ne fossero dimenticati! Lo davo per scontato, insomma!
Dopo qualche secondo di raccoglimento, iniziamo a mangiare. Per tutta la durata della cena, il senso di colpa per aver obbligato papà e Tanya a fare la preghiera con me, mi logora quindi rimango in silenzio ad ascoltare le loro frasi che, di volta in volta, riempiono l’ambiente. Io annuisco, ogni tanto, ma vorrei essere risucchiata in un buco nero.
Al termine della cena Tanya mi confessa di volermi conoscere un po’ meglio e che avremmo tempo per farlo. Sicuro! Abbiamo trecentosessantacinque giorni da passare insieme. Ce la spasseremo come non mai..
«Guarda un po’ che ora si è fatta» Constata la Pelata «non dovresti andare a letto, signorina? Domani hai scuola»
Afferro papà per la manica della camicia e guardo il suo orologio appuntato al polso che segna già le dieci.
«Mamma sarà già arrivata ad Hong Kong, devo chiamarla!» Esclamo dileguandomi di sopra, in camera mia.
Socchiudo la porta e mi siedo sul letto, sfilando il blackberry malconcio dagli anfibi.
Il tuo credito è esaurito.
Panico. Come chiamerò quella sciacquetta di mia madre, adesso? Dai, blackberry del mio cuore, hai superato la doccia che ti hanno fatto prima quei bifolchi, vuoi mollarmi proprio adesso?
Continuo a premere qualsiasi tasto, in preda alla più totale disperazione, finchè non lancio un urlo strozzato.
«Emma, tutto bene?» Accorre papà.
Mi aggrappo disperatamente alla sua camicia, mentre una lacrimuccia insulsa si sofferma su una ciglia.
«Bruce, non riesco a mettermi in contatto con Hong Kong, mannaggia.. in più il mio telefono è KO. Cosa faccio adesso?»
«Se vuoi ti presto il mio cellulare internazionale, lo uso quando chiamo all’estero per i miei business»
C-cosa hai detto? «Magari»
Oh, che carino questo cellulare: sembra essere uscito da una puntata di Star Trek.
Compongo il numero di mia madre e attendo che lei risponda.
«Pronto?»
È bello sentire la sua voce, però è meno bello sapere che non proviene dalla stanza accanto o dal corridoio, ma dall’altra parte del mondo.
«Madre! L’aereo non è decollato nel posto sbagliato, sono sollevata»
«Emma?! Ma da quale telefono stai chiamando?»
«Da quello del capitano Kirk»
«Cosa?»
«Lascia perdere. Piuttosto, dove sei ora?»
«Sono appena arrivata in albergo, ma tra qualche giorno mi trasferisco in una vera casa dato che la permanenza è lunga. Hong Kong è bellissima, tesoro.  Farò tante foto e le posterò su facebook, metti tanti mi piace e lascia tanti commenti, okay?»
«Come sei moderna, mamma. Santo Iddio!»
«Tutto bene da te? Com’è Beverly Hills? Fatti delle selfie con papà, voglio vedere com’è diventato in questi anni»
«Non ho visto ancora nulla, il viaggio dall’aeroporto alla casa di papà è stato veloce. Lui è sempre lo stesso, a parte la calvizie!»
«Conosciuto qualche ragazzo carino?»
«Ma ti pare, mamma? Sono qui da nemmeno sette ore»
«Chi lo sa cosa ti riserva il destino, figliuola!»
«Madre, sei la vergogna»
«Portami rispetto, mocciosa! Ora ti saluto, ho un meeting di benvenuto tra poco più di due ore. Ti chiamo stasera»
«Già è sera, mamma»
«Non qui a Hong Kong, tesoro. Ti voglio bene»
«Anch’io»
Stacco il telefono e mi ficco sotto le lenzuola che sanno di fresco e pulito.
Mamma aveva un tono così sereno, menomale! Non vorrei che non riuscisse a reggere la lontananza. Fai un buon lavoro, mammina e torna presto.
«Posso entrare?» Dice papà sulla soglia della porta, destandomi dai miei pensieri.
Mi tiro a sedere e annuisco.
«Grazie per il cellulare, è stato molto utile» Dico indicando il gigante aggeggio poggiato sul comodino di fianco al letto.
Papà sorride e si siede accanto a me «Posso farti una domanda?»
«Anche due, Bruce!»
«Da quando fai la preghiera prima di cena?»
Il mio cuore perde di un battito. Tengo il suo sguardo per un po’, poi lo sposto altrove, nell’angolo meno illuminato della stanza.
È vero, non mi importa molto se lui non ci è stato in tutti questi anni e che il nostro dialogo è stato pari a zero, però il mio desiderio di avere una certezza, una guida, una protezione nella mia vita c’è sempre stata. Quando lui e mamma divorziarono io andavo ancora all’elementari. I primi tempi furono tragici: non vedere più papà a colazione, in giro per l’appartamento, rientrare la sera dopo una lunga giornata di lavoro.. era dura.
Dovevo sopportare quell’enorme vuoto che aveva lasciato in me e che nessuno, nemmeno mamma con tutti i suoi sforzi negli anni, è riuscito a colmare.
Per lui ero scricchiolo, o bimba. Mai Emma.
Mai.
Diciamo pure che mi stava bene quando lui faceva ancora parte della mia quotidianità, ma quando poi se n’è andato, quella mattina.. beh, le cose sono un po’ cambiate.
Non ero scricchiolo, o bimba. Ero Emma.
Emma e basta.
Per quanto cercassi il risvolto positivo in tutto ciò che facevo senza di lui, non lo trovavo. Mi auto-convincevo che le cose andassero bene, per il verso giusto, ma nessuno sa le pene che ho patito. Nessuno e, fino a poco tempo fa, nemmeno io.
Sono fortunata, però: io un papà ce l’ho ancora, lo vedo, lo tocco, lo sento mentre c’è chi non può fare nulla di queste cose perché un padre non c’è l’ha.
«Chiedimi il perché, piuttosto»
Il suo sguardo curioso e limpido diviene perplesso e muto. «D’accordo.. Perché, allora?»
«Prego perché così posso, per un solo istante, pensare a tutto quello che la vita mi ha tolto e mi ha dato durante gli anni e che continua a fare tutt’oggi. È un gioco abbastanza sporco il suo, ma è necessario per crescere»
Il mio visino pallido viene colorito da una smorfia di malinconia mista all’orgoglio. No, non era una bugia.
La prima sera senza papà, mamma cucinò delle ali di pollo fritte. Come se fosse ieri! Apparecchiò il tavolo e mi disse di prendere posto senza toccare nulla. Obbedì senza discussioni anche perché il mio stomaco rifiutava tutto quel giorno, come se fosse pieno. Sì, pieno.. pieno di dolore. Mi accomodai e poco dopo mi raggiunse anche mamma, mi guardò e disse che da quella sera in poi avremmo pregato tutte le sere prima di riunirci per la cena. Non capii le sue parole, ero troppo piccola e la mia casa non era mai stata sorretta dai comandamenti di Dio.. Almeno fino ad allora.
«In poche parole, non ho vinto il premio come migliore padre dell’anno!» Scherza alleggerendo il peso delle mie parole. «Ho capito e mi dispiace. Avrei dovuto cercarti di più»
Punto di nuovo gli occhi su di lui. L’ultima cosa che volevo è fargli pesare i suoi errori. Mi getto sulla sua spalla, abbracciandolo forte. Il momento che stavo aspettando.
«Ti voglio bene» Mugugno sulla sua camicia, in preda alla frenesia.
Papà abbandona la mia stanza promettendomi di rivederci la mattina seguente, felice come uno scolaretto. Mi giro e rigiro tra quelle profumate lenzuola finchè non cado in un sonno profondo, sconfitta dalla stanchezza di nove ore di viaggio e di tutto ciò che ha portato a galla il mio oscuro passato una volta visto il mio splendido presente!



Spazio autrice

Buongiorno, mie care. Come avete potuto notare, questo capitolo è stato molto più lungo dell'altro. Spero che non vi abbia annoiato.
Fatemelo sapere tramite una recensione. Non ho assolutamente idea di quando riuscirà a battere il prossimo capitolo -spero oggi, mi sento ispirata-
Ma non temete: non appena l'avrò scritto, revisionato, letto e riletto, lo pubblicherò! Parola di lupetto aw.
Per spoiler o altro, c'è il mio fake di
Facebook.
La frase in cima al capitolo è della canzone "Let it go" di Demi Lovato.

foreverwithyou

 

La camionista del mio cuore: Emma Marshall
 
   
 
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