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Autore: loryherm    13/08/2008    6 recensioni
Bill Kaulitz era un ragazzo strano, lo era sempre stato...non credeva che potesse esistere una persona in grado di amarlo in ogni sua sfaccettatura, e prenderlo così com'era, peccato che questa persona stesse con... Come troverà l'amore, Bill? La strada per il successo? Come è arrivato a diventare famoso, con i suoi migliori amici? La storia dei Tokio Hotel in un' incredibile serie di eventi.
Genere: Generale, Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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bk19 Maschere, smascherate.

Quel bus era troppo stretto, soffocante.
Non riusciva a respirare nemmeno un filo d'aria.
Cazzo, voglio uscire.
Non c'era tempo per le chiacchiere, Gin non aveva voglia di parlare, nemmeno con Georg.
"Eddai, almeno guardami, però."
Ginevra obbedì, ma lo raggelò con uno sguardo fermo, che non ammetteva repliche.
"G, senti: lascia perdere, ok? Sono cavoli miei, me li risolvo da sola." Sbottò.
Il bassista assottigliò gli occhi smeraldini, tirando indietro la testa e poggiando la schiena alla parete. Sbuffò lievemente, e le indico la porta col braccio. "Vai, allora. Ma non fare casini. Abbiamo uno show da fare, e Bill ci serve vivo, e possibilmente in grado di sfoderare un buon centinaio di sorrisi che non sembrino drasticamente plastici." Disse, con una voce stranamente monocorde.
Ginevra lo guardò di nuovo per un secondo, accigliandosi. "Mi stai dicendo che non posso nemmeno parlargli?" Domandò.
"No, ti sto dicendo di non ferirlo."
L'assistente al suono si trovò completamente sprovvista di suoni in quel momento.
Quel faccino dolce sembrava meritarsi la benevolenza di tutti quanti. Che avesse sbagliato a trattarla in quel non importava a nessuno. Bill andava protetto, non doveva essere rimproverato mai di niente e aveva sempre ragione.
Non sia mai che quella checca isterica si metta pure a frignare.

Uscì senza dire una sola parola. Non si degnò nemmeno di fargli capire quanto ci fosse rimasta male.
Finalmente cominciava a riprendersi un pò. Erano secoli che non riusciva a comandare il suo corpo, e a domare i suoi sentimenti. Quanto stesse male dentro, in quel momento, non aveva nessuna importanza.

Scesero dal bus quando ormai era già passata l'ora di pranzo. Non si erano fermati per mangiare e Nana stava ancora cercando di tenere a bada i morsi allo stomaco, quando incrociò David sul sentiero che portava all'albergo.
"Quanto altro tempo ancora ci terrai a stecchetto, David? Non puoi continuare ad evitare le stazioni di servizio, o moriremo prima di arrivarci in Hotel!"
Il manager le rifilò uno dei suoi sorrisetti serafici. "Non morirete mica per un paio d'ore."
Oddio, ma si lega tutto quest'uomo!
La sorpassò senza guardarla, ma lo sentì ridere mentre varcava la soglia di quell'albergo che solo in quell'istante stava guardando con attenzione.
Grazie al cielo non c'erano fan in giro, solo qulche passante curioso. Era un luogo protetto e periferico, e questo significava che c'era una possibilità di dormire tranquilli per quella notte.
C'erano alberi d'ovunque, il palazzo era antico, ottocentesco, bianco ed elegantissimo. Due gradinate laterali in marmo portavano ad una piccola terrazza sulla facciata, c'erano lampioni dall'aria pittoresca, e fiori, tantissimi fiori di colori diversi, che insieme creavano uno dei migliori profumi tra quelli che ricordava.
La porta era di vetro, pulitissima, e rifinita in argento.
"Carino, vero?"
Il suono della sua voce le faceva ancora uno strano effetto. Sentiva di aver perso un pò della sensibilità nelle parti dello stomaco, e di certo non era la fame.
Maledette farfalle.
Afferrò la sua mano, senza voltarsi. Tom le si avvicinò e rise sommessamente. "So che il lusso non ti piace molto, ma ti ci abituerai."
"Cercavo di dimenticare quanto il lusso mi desse fastidio." Sibilò con una smorfia.
I suoi ricordi non le piacevano per niente. Di posti laccati d'oro e ricolmi di diamanti ne aveva visti a sufficienza, così tanti che le bastavano per una vita intera. C'era sempre un lato oscuro in agguato dietro a quel mondo luccicante, e lei ne era stata inghiottita tanto tempo prima. Fortunatamente ora respirava ancora, e a vivere in mezzo a tanti onori e comodità insieme a lei c'erano persone umili e vere, fortunatamente ancora integre.
"Ci sono tanti tipi di lusso, quello che posso offrirti io credo che non ti faccia poi così schifo."
Nana spalancò gli occhi e si voltò per guardarlo. Tom stava ridacchiando.
"Non cambi mai, non c'è verso." Sbuffò, tirando indietro un boccolo impertinente dagli occhi azzurro mare. Tom sorrise di sbieco, consapevole di come quel semplice gesto fosse capace di farle diventare le ginocchia molli come burro al sole.
"Fa parte del mio intramontabile fascino, tesoro." Soffiò. La baciò sulla bocca brevemente, e si incamminò verso l'entrata. Nana restò impiantata in quel punto per un altro momento, ascoltando il rumore dell'acqua scrosciante dalla fontana che le stava di fronte. C'era aria di natura in quel posto, così immerso nel verde. Sarebbe piaciuto a Bill, forse.
Si ricordò giusto in quel momento che forse avrebbe dovuto dirgli qualcosa, dargli qualche consiglio. Doveva stare parecchio male, e lui c'era sempre quando lei metteva il broncio. Magari non sarebbe spettato a lei, ma non poteva farci niente. Gli voleva bene, e anche se era solo la sua tuttofare, lo trattava come un amico. Non aveva mai visto i ragazzi con gli occhi di una fan, o con quelli di una semplice dipendente, ma con quelli di una ragazza qualunque. Ormai non c'erano barriere tra loro.
Sorrise, pensando che era bello aver trovato finalmente qualcosa che si avvicinasse ad una specie di atipica famiglia.
"Nana, hai visto per caso Gustav?"
La ragazza si voltò e inquadrò una Loreen piuttosto affannata, che le stava sorridendo incerta.
"No, mi dispiace. Sono entrati solo Tom e David, io stavo aspettando Bill...tu l'hai visto?"
Loreen negò col capo, sentendo il suo cuore accellerare lievemente i battiti, e i suoi occhi diventare d'improvviso vacui e privi di espressione.
Nana si sforzò di sorriderle cercando di infonderle un briciolo di calma, non appena si accorse che Loreen stava perdendo quel poco del suo colorito. "Saranno insieme, forse stanno chiarendo. Non andare in crisi, ora andiamo ad aspettarli nella Hall."
Loreen annuì, e cominciò a muovere qualche passo. Nana le si affiancò subito. "Allora, com'è andata con Ginevra?" Domandò. "Tanto male? Ti vedo un pò giù di tono."
La brunetta alzò lo sguardo su di lei, seria. "No, con lei è tutto sistemato. Ma mi preoccupa quello che mi dirà Gustav. Credo di averlo deluso parecchio."
Nana sbuffò. "Suvvia, io non la vedo così tragica." Loreen inclinò lo sguardo, e si fece quasi compunta. "Credimi, per me e Bill lo è. Forse perderemo la fiducia di un amico, anzi è probabile che l'abbiamo già persa. Per noi è importante." Disse, con voce quasi severa. Nana pensò subito di essere stata piuttosto superficiale, e abbassò lo sguardo, a mo' di scusa. Loreen, però, sorrise amaramente. "Non ho ancora avuto il coraggio di parlare con lui, e pensa che Bill mi crede tanto forte." Il suo sguardo era perso nel vuoto. Quando varcarono la grande porta di vetro bianco, una piacevole sensazione di calore la avvolse, ma quasi non ci badò. Continuò a camminare fino alla reception senza aggiungere altro. Stranamente non c'era nessuno ad accoglierle, e così suonò il campanello dorato che le stava di fronte. Nana si sentiva tanto inadeguata a dispensare consigli. Di amici ne aveva avuti ben pochi nell'intero arco della sua vita, perciò si limitò ad annuire e a sorriderle, quando si voltò di nuovo verso di lei, sperando che tanto bastasse.
"Buongiorno signorine." Una giovane donna dai lunghi capelli biondi raccolti in una coda di cavallo stava sorridendo loro. "Come posso esservi utile?"
Aveva lo sguardo attento, un poco altezzoso, la bocca coperta da un filo di rossetto scarlatto, e un foulard blu sul collo a contrastare il chiarore quasi alieno della sua pelle.
Loreen si accorse immediatmente di quanto quel sorriso apparisse plastico.
"Il numero delle nostre siute, per cortesia." Rispose prontamente. La ragazza ampliò il suo sorriso. "I vostri nomi, prego."
"Loreen Mauren, e Nana..." Solo in quel momento Loreen si rese conto di non conoscere il cognome della sua amica, e le sorrise con imbarazzo. Nana rise sommessamente. "Weisse." Disse.
La receptionist prese a battere i nomi delle ragazze sulla tastiera del computer ultima generazione che aveva dinanzi. Ebbe d'improvviso come un attimo di esitazione, poi rivolse il suo sguardo alle due, e tutto il gelo che fino a quel momento aveva nascosto dietro ad un sorriso di circostsanza, trasparì immediatamente. Era quasi inqiuetante avere quegli occhi verdi puntati addosso, ora così pieni di astio.
"Voi state con i Tokio Hotel?" Sibilò.
Loreen esitò per un momento, presa alla sprovvista.
Non ci starà mica dando delle bugiarde?
Forse vuole sapere se siamo le loro ragazze. Ma le è permesso chiederci una cosa del genere?
"In che senso scusi?" Domandò.
"Avete prenotato le stesse suite." Osservò quella, sempre più fredda.
Se gli sguardi potessero uccidere...
"No, deve esserci stato un errore." Loreen si rese conto che Nana poteva avere un tono molto più raggelante. "Noi abbiamo camere separate, e..."
"Nessuno sbaglio, non si preoccupi." Una voce alle loro spalle le fece voltare entrambe. Tom sorrideva tranquillo, quasi malandrino. I suoi occhi nocciola brillavano divertiti sotto la visiera del suo cappellino rosso. La ragazza bionda diventò immediatamente uno zuccherino. Le sue guance si rilassarono e il suo sorriso divenne largo e caldo.
"Le camere 452, e 453, sono occupate dalle ragazze, e anche da me e da mio fratello." Continuò il rasta, con voce soffiata e suadente, appoggiandosi col gomito al bancone.
Nana era a bocca aperta. "Starai scherzando, mi auguro. David ci ucciderà prima di farci fare una cosa del genere." Sussurrò. Tom le rivolse uno sguardo liquido. "Io sono maggiorenne, tu anche più di me, quindi facciamo ciò che ci pare." Replicò.
"Il ci era retorico? Perchè non mi pare di averti dato il mio permesso." Nana aveva un sopracciglio inarcato.
"Cioè non vuoi dormire con me?" Domandò Tom sbrigativo, con uno sguardo ora furbo e lievemente presuntuoso.
Nana boccheggiò, presa in contropiede. "N-non ho detto questo."
"Allora? La 452 è nostra?"
La ragazza annuì immediatamente, senza staccare gli occhi da quelli del rasta. "Ok." Mormorò. Si voltarono entrambi nello stesso momento verso la recepsionist, che aveva perso improvvisamente un pò di allegria. "Queste sono le chiavi." Soffiò, senza togliere gli occhi dal dolce profilo del chitrarrista. Nana volle evitare anche che i due si sfiorassero, e sporse il braccio per afferrare le chiavi dorate. "Grazie." Ringhiò. Quella le fece una specie di smorfia che riuscì a mascherare per sorriso. Loreen decise di mettere fine a quella pagliacciata inutile e si sporse sul bancone con sguardo deciso. "Potrei avere anche la mia chiave? Mi perdoni, ma sono stanca e non ho tempo da perdere."
Ma che diavolo mi prende?
"Certo." La biondina non aveva nessuna intenzione di replicare adesso.
Le porse la chiave con un gesto secco, e Loreen rimase ad osservare quel 453 per un attimo, prima di sparire oltre l'arco di marmo che la divideva dalla Hall.
Non sapeva nemmeno se avesse o no voglia di vedere Bill. Quella mattina lui e Gustav si erano lanciati parecchi sguardi di fuoco, ma lei non ne sapeva niente. D'improvviso aveva smesso di parlarle, e adesso lui e il batterista erano anche scomparsi dalla circolazione. Ora che ci pensava nemmeno Georg e Fey si erano visti.
Sorrise, sperando che almeno all'amica le cose stessero andando per il verso giusto.

"Non dico che sono arrabbiato con lei. Non siamo amici. E' che ci siamo presi in confidenza col tempo. Io le raccontavo un pò di cose, e ricevere una porta in faccia in modo così brutale, devo dire che...bè, ci sono rimasto un pò male."
Fey sorrise dolcemente, perdendosi nell'intensità dei suoi occhi verdi, che per la prima volta vedeva ricolmi di un sentimento un pò più profondo, e vero.
Sulle riviste patinate che con gli anni aveva collezionato, aveva visto miliardi e miliardi di volte il suo sguardo suadente, lo stesso che lui (dal vivo) le aveva rivolto parecchie volte in quei giorni, anche se in modo più velato e sincero. Adesso però, poteva vedere il vero Georg Listing, deluso, un pò triste, forse felice di potersi aprire per la prima volta con una persona diversa, nuova, a cui si era affezionato, malgrato tutto.
"Potrei scagliare una lancia in suo favore e dire che si è sentita scoperta e tradita, in seguito ad essersi aperta con qualcuno per la prima volta dopo tanto tempo, ma scommetto che questo non ti basterebbe, vero? Tu già lo sai...è che avresti voluto che lei ricambiasse il favore e si confidasse con te. Pensavi di meritare un pò della sua fiducia, ed è per questo motivo che sei arrabbiato." Disse.
E per la seconda volta, Georg rimase stupito da lei, in un modo talmente intenso che restò a fissarla per svariati secondi. Secondi in cui non si preoccupò nemmeno di cosa lei potesse pensare del fatto che se ne restasse zitto a guardarla in quel modo invadente.
Aveva capito tutto. Lui non aveva dovuto nemmeno finire di spiegarsi, o cercare di fingere. Lo aveva smascherato, completamente.
"E' perchè hai degli occhi sinceri, Georg." Sussurrò lei, ricambiando il suo sguardo con la stessa pericolosa intensità.
Si, pericolosa. Perchè ormai da quello sguardo era rimasta incantata a tal punto da sentirsene prigioniera, e la prigionia non le era mai sembrata così bella, prima.
Georg non si chiese nemmeno come avesse fatto a indovinare i suoi pensieri, lei gli aveva già risposto.
"E' la mia croce a quanto pare. E' per questo che faccio parlare sempre Bill, quando vado nel pallone." Mormorò, sporgendosi per riportarle dietro l'orecchio una ciocca di capelli biondi, senza rendersi conto del perchè. Con lei anche un gesto così semplice lo metteva quasi in imbarazzo. Fey sentì un brivido calarle giù per la schiena, e senza volerlo, o senza rendersene conto, si sporse sul suo viso e portò le mani alla sua guancia arrossata dal freddo. Lo accarezzò delicatamente, e lo vide chiudere per un attimo gli occhi, sospirando. La sua pelle era candida e morbida. Poteva sentire il suo respiro caldo sulle dita.
"Ora non c'è Bill." Soffiò, a pochi centimetri dal suo volto spigoloso.
Georg sorrise, spazzando via anche quel briciolo di buon senso che le era rimasto.
"Penso che dovrò semplicemente stare zitto." Disse, avvicinandosi quasi impercettibilmente, e stringedole la mano.
"Ci penso io." Mormorò lei, con appena un filo di voce, prima di sporgersi ancora e di lasciare che le sue labbra toccassero quelle del bassista.
Erano fredde, ma morbide. Subito cominciò a muoverle sulle sue con dolcezza, e lentamente, per assaporare ogni secondo. Fey sentì il sangue affluirle rapidamente alla testa, e si avvicinò di più, schiudendo la bocca per approfondire il bacio. Georg accettò il tacito invito, accarezzandole la nuca. Respirando il suo respiro.
Gli piaceva il suo profumo e il fatto che baciasse con una passione affatto volgare, ma eccitante.
"Sarà meglio rientrare..." Mormorò lei sulle sue labbra, recuperando un briciolo di lucidità, ma con uno sforzo quasi titanico. "Potrebbero esserci i paparazzi."
Georg annuì, strappandole un ultimo tocco a fior di labbra. "Si, hai ragione." Si alzò dalla panchina di marmo bianco con uno scatto atletico, e subito si volto verso di lei, sorridendole dolcemente. Le offrì la sua mano.
Fey la afferrò incerta, forse ancora incredula di quanto fosse appena successo. "Si staranno chiedendo tutti dove siamo." Disse, quando lui la portò accanto a sè, continuando a stringere le sue dita.
"Credo che lo sappiano già."
La biondina gli sorrise, allegra, ripensanndo a tutto ciò che solo poche ore prima Loreen le aveva consigliato. "Bè, sai cosa ti dico? Chissene importa." Esclamò, con una rapida alzata di spalle.
Il bassista rise, baciandole la fronte. "Grazie." Sussurrò.
Fey alzò subito gli occhi, rapita dal suo tono profondo, e incontrò il suo sguardo riconoscente. Si sporse per baciarlo ancora una volta. Riflettè sul fatto che da quel giorno avrebbe potuto compiere quel gesto ogni volta che avrebbe voluto, e questo bastava a far volatilizzare ogni timore. Vicino a Georg non aveva paura di niente, ed ora era pronta ad affrontare gli occhi degli altri. Certo non si aspettava dichiarazioni pubbliche (di quelle ce ne erano state già abbastanza), il solo starlgli vicino le baststava. Eccome, se le bastava.
Se questo è un sogno, vi prego, non svegliatemi...


Ecco, come al solito.
Non che le importasse più di tanto, in effetti, ma era snervante sapere che i loro alloggi sarebbero sempre stati quelli di "seconda classe".
David sembrava avere una specie di predilezione (quasi una smania, a onor del vero) per le classi gerarchiche, nonostante continuasse imperterrito a sostenere che si trattesse solo di un modo per spendere meno soldi.
La band e i dirigenti aveano diritto alle suite, a tutti gli altri dello stuff spettavano gli alloggi "economici".
Quella camera era un buco. Un buco soffocante, con poca luce, una scrivania, un letto a una piazza, e un bagno di due metri quadri appena.
E' solo per una notte, Gin. Solo una per una dannata notte.
Si chiedeva come fosse possibile che un posto così elegante contasse anche di camere così piccole. Gettò a terra le valige con un tonfo sordo, e decise che forse era il caso di prendersi qualche sonnifero, un calmante, qualunque cosa potesse farle chiudere gli occhi, smettere di pensare, riposare il cervello da quell'ossessionante problema, da quei ricordi torbidi, dalla voce cristallina e fastidiosa della sua fottuta coscienza.
Ormai era cosciente del fatto che non fosse più in sè. Non si capacitava di come potesse essere possibile perdere completamente la razionalità e l'equilibrio.
Non aveva più stabilità. Questo la sconvolgeva in modo nuovo, totalizzante, quasi soffocante. Forse era anche spaventata da questo cambiamento.
E lei sapeva, in fondo al suo cuore, che una sola cosa poteva rendere una persona così debole.
Era la cosa che aveva rifiutato. La cosa con cui non aveva mai voluto avere minimamente a che vedere, che odiava, e di cui aveva una paura quasi raggelente.
L'amore.
No, no, no, no. Smettila, Dio santo.
Tu non sei innamorata di quello stronzo, Gin.
No.

Non puoi, cazzo.
Si portò le mani ai capelli, scompigliandoli, come faceva sempre quando aveva bisogno di riprendersi. Le sue dite scesero veloci fino alle tempie, agli occhi, e poi si lasciarono cadere fino ai fianchi dritti, e al fisico sottile.
Sospirò.
Camminò rapidamente fino a raggiungere la porta del bagno, e la aprì. C'era puzza di chiuso lì dentro, ed era quasi buio. Non ci badò, e si sporse sul lavandino, lasciando scorrere l'acqua fredda per un breve istante. Si sciaquò il viso, più e più volte, con rapidità, con dei gesti quasi violenti, fuoriosi.
Cosa volesse lavare via non lo sapeva nemmeno lei. Forse voleva svegliarsi, forse voleva cancellare uno sguardo terrorizzato, un espressione sconvolta, forse voleva soltanto lasciare che qualcosa ripulisse la sua debolezza.
Lacrime, ancora lacrime. Basta lacrime.
Alzò la testa, con un coraggio che credeva di aver perso ormai.
Volle guardarsi allo specchio. Si fissò per un momento.
Ginevra
Schmidt.
Occhi grigi, pieni di...Rabbia. Odio. Fragilità. Paura. Un dannato bisogno di aiuto. Voglia di essere protetta. Voglia di lasciarsi andare.
Abbassò lo sguardo, senza respirare.
Non aveva più forze, nè difese.
Si lasciò cadere scivolando sulla parete al suo fianco. Riuscì appena a portarsi le ginocchia al petto e a nascondere la testa nel buio, prima di scoppiare in un pianto disperato, e riempire quella camera di singhiozzi troppo a lungo trattenuti, pieni di ricordi, pieni di dolore, pieni di tante, tantissime emzioni.
La barriera era crollata. Finita. Era solo l'ennesimo ricordo. Ginevra era libera, e la libertà non le aveva mai fatto così paura, prima.

Visitarono la sala prove di pomeriggio tardi, quando tutti si furono riposati ed ebbero finito di mangiare. Bill odiava fare la prove a stomaco vuoto, ma quel giorno forse aveva esagerato doveva ammetterlo. Comunque non era quello il motivo del suo malessere. Il suo malessere era incarnato in quel tale dai capelli biondi, gli occhi scuri, un fisico atletico, e una lingua ripiena di tanto veleno da far invidia ad una strisciante vipera assassina.
"Non voglio parlare con te, piantala di fare gli occhioni da cerbiattino innocente, non inganni nessuno, con me non attacca. Cresci una buona volta, e prenditi le tue responsabilità, è ora di finirla con la recita del bambino ferito."
L'aveva liquidato così, senza tanti complimenti. Era andato via senza nemmeno farsi spiegare come stavano le cose, o quanto meno di lasciarlo scusare. Quella mattina Gustav aveva davvero dato il meglio di sè. Certo, aveva tutte le ragioni di essere arrabbiato, ma almeno una possibilità credeva di meritarla dopo otto anni di amicizia.
In realtà ti scoccia che non ti si dia retta.
Cercò di reprimere la voce nella sua zucca, quella che non avrebbe mai accettato di avere come coinquilina della sua preziosa testolina d'istrice.
E non solo: la cosa che ti rende ancora più stizzoso è che i tuoi occhioni da cerbiattino innocente sembrano aver perso qualunque tipo effetto su di lui.
Sbuffò. Non ne poteva davvero più di quelle insinuazioni. Sembravano cattiverie, e lui non era cattivo. Semmai troppo generoso, ecco.
Si dice che il troppo storpia, sai?
Se ne rendeva conto. Certe volte quella vocetta non diceva proprio cazzate. In ogni caso avrebbe tanto voluto che Gustav decidesse di parlargli, e di sistemare le cose. Odiava litigare, in genere, e con lui più che mai. Non riusciva a concentrarsi sul suo lavoro, a muoversi con rilassatezza sul palco. Se avesse potuto si sarebbe voltato per guardarlo e cercare un pò di comprensione nei suoi occhi, ma non avrebbe mai avuto il coraggio di farlo. Dal conto loro Georg e Tom facevano finta di niente. Suonavano un pò tesi, certo, ma sicuramente non si sarebbero messi in mezzo. In situazioni come queste tutti e quattro avevano imparato a gestirsi con un certo criterio. Se era una cosa seria, solo tra due membri (solitamente erano lui e Tom), era meglio non intervenire in alcunissimo modo, o le cose sarebbero drasticamente peggiorate.
Stava cantando "Rescue me", si trovava alla seconda strofa, quando vide la porta dal lato del palco aprirsi, e dalla luce arancio venire fuori una sagoma conosciuta.
Ginevra camminò senza guardare nessuno, Bill continuava a seguire il suo profilo longilineo, i suoi capelli biondo spento ondeggiare sulle sue spalle spigolose mentre si dirigeva verso il suo punto di lavoro di fronte allo stage. Ginevra controllò con distratta professionalità ogni pulsante e ogni levetta per assicurarsi che tutti gli stumenti funzionassero a dovere, e picchiettò qui e là qualche tasto sulla piccola console.
Il suono divenne improvvisamente molto migliore e pulito, ma Bill notò che il volume del suo microfono si era appena abbassato. Alzò gli occhi su di lei, e li incontrò.
Ne fu immediatamente colpito. Quello non era uno schiaffo, non era un graffio al suo cuore. Era molto peggio.
Era odio.
Provò una fitta direttamente nello stomaco, e il respiro gli si mozzò per un momento. Si rese conto di aver smesso di cantare con un singhiozzo brusco. Con la coda dell'occhio vide suo fratello voltarsi verso di lui, ma rimase incatenato agli occhi di Ginevra per altri brevi istanti. Ogni secondo era una pugnalata in più.
Lei non aveva abbassato il suo sguardo. Bill capì che voleva ferirlo, con tutta la violenza e il livore di cui era capace. Capì che era arrabbiata, ferita, furiosa.
Cosa era cambiato in quello sguardo? Quando lei se ne fu andata Bill se lo stava ancora domandando.
"Bill?"
"Bill, che hai?"
Georg e Tom lasciarono i loro strumenti a terra, e gli si fecero immediatamente vicini.
"Ti senti male?" Domandò suo fratello prendendogli il viso tra le mani. Bill non riusciva nemmeno a rispondere. Era ancora un pò stordito. Tom restò lievemente spiazzato nel vederlo così perso, come preso alla sprovvista da qualcosa. Qualcosa che gli aveva fatto completamente perdere la bussola. Aveva capito che c'entrava Gin, su questo non c'era dubbio. Ma cosa aveva potuto fargli di così grave da lasciarlo in quello stato?
"Non vi preoccupate." Riuscì a sussurrare il frontman, sgusciando dalla presa del fratello e abbassando gli occhi. "Sto bene, mi ero solo decocentrato un momento." Mentì.
Georg guardò Tom. Non la dava a bere a nessuno dei due.
"Che succede? Perchè vi siete fermati?" Una voce dal fondo della sala li fece voltare tutti e tre.
"Niente, David. Siamo solo stanchi." Rispose prontamente Gustav dal retro dello stage.
Bill si voltò immediatamente verso di lui, e fu un altro colpo al cuore, ma questa volta diverso e sorprendemente piacevole, quando vide il suo amico accennargli un piccolo sorriso.
Immediatamente mille domande presero a vorticargli nella testa.
Perchè quel sorriso? Significava che era stato perdonato? Aveva immaginato tutto?
"Coraggio, fate una pausa, Nana vi ha portato panini e coca cola dal bar di fronte." Disse il manager, riportando tutti a voltarsi verso di lui.
Obbedirono, riprendendo gli strumenti e portandoli nel retro.
Gustav venne fuori dal suo angolo nel punto più nascosto, e camminò verso il centro del palco. Tom e Georg capirono immediatamente di doversi fare da parte, ma Gustav non andò verso Bill. Lo superò, e raggiunse i gradini per l'uscita velocemente. Restarono tutti e tre leggermente interdetti. Bill più di tutti. Gli sembrò quasi di boccheggiare, non sapeva spiegarsi ciò che era appena successo. Georg, dopo un'attimo di esitazione, in cui il suo sguardò navigò rapido sull'amico, andò via con un'allzata di spalle, e quando fu sparito nel buio dietro di loro, Tom si rifece vicino al fratello. Gli poggiò una mano sulla spalla, per farlo voltare verso di lui. Quando i loro gemelli occhi nocciola si incontrarono, tra loro intercorse il filo d'energia che li aveva sempre accompagnati, sin da piccoli.
"Dai, andiamo." Disse Tom, sforzandosi di nascondere la sua preoccupazione.
Bill si limitò ad annuire e ad affiancarsi a lui, mentre prendevano la porta.



Loreen avrebbe voluto dire che era una scocciatura sapere di dover dividere il suo letto con Bill così presto, nonostante solo la sera prima aveva condiviso con lui qualcosa di molto più importante, eppure non riusciva davvero a farlo.
Quella era una suite meravigliosa, forse la stanza d'albergo più bella che avesse mai visto. Non che avesse avuto la possibilità di vederne molte in passato, ma nemmeno nei film c'erano camere eleganti come quella.
La stanza 453 era grande, e divisa in tre spazi. C'era l'ingresso, con poltroncina di velluto color panna, piante verdi, uno specchio perfettamente lucido e brillante il cui bordo era rifinito in oro e piccole pietre di ametista. La sala, con televisore al plasma, divani larghi e morbidissimi, con cuscini indiani e tavolino di vetro bianco. La camera da letto, con un gigantesco letto matrimoniale, dalle lenzuola di seta chiare, con i bordi lievemente più scuri. Era a baldacchino e dalla parte più alta della testata in ferro battuto, scendevano morbidi due veli bianchi.
La camera chiaramente aveva anche il bagno annesso, dietro una porta di mogano scuro, con tanto di immancabile vasca idromassaggio e specchio gigantesco ultraluminoso.
Restò a bocca aperta, completamente senza parole di fronte a tanto lusso sfrenato.
Lo meritva davvero?
Non aveva nemmeno il coraggio di poggiare a terra le valige, per paura di sporcare la moquete, così pulita e morbida. Ma si vide costretta a farlo, data la mole di vestiti che si era portata dietro.
"Che te ne pare?" Le domandò Bill, spuntando al suo fianco, con un sorriso birichino.
Loreen si voltò verso di lui. Provò ad essere severa, ma fallì completamente e si ritrovò a sorridergli allegra. "Cavolo, Bill. E' davvero...da ricchi." Esclamò, sincera.
Bill rise, stringendola sensualmente dalla schiena. "Io sono ricco." Bisbigliò, sporgendosi sul suo profilo.
Loreen potè sentire il suo respiro sul collo, e rabbrividì.
No, ti prego non farlo...non resisterei...
"Perchè hai voluto dividere la stanza, Bill?" Gli domandò divincolandosi. Riuscì a distanziarsi quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi. Le labbra del frontaman si stirarono lentamente in un ghigno malandrino. "Pensi che ti lascerei dormire in una di quelle squallide camerette che danno ai ragazzi della crew?"
Loreen inarcò un sopracciglio. "Ah, ti prego! E non parlare così, sembri una primadonna in carriera, con tanto di puzza sotto il naso."
Il ragazzo non si offese, anzi sorrise, con più innocenza. "Volevo dormire con te." Disse, con voce dolce, avvicinandosi a lei di un passo. Ma Loreen indietreggiò, cercando di reprimere un'espressione truce. "Dormire, eh?"
Bill inclinò il capo fingendosi offeso. "Si, esatto. Non pensare che abbia loschi scopi...io non sono come quel misognino, antifemminista di mio fratello!"
Loreen si mosse, e afferrò la sua valigia per portarla fino alla stanza da letto. "Credimi, tuo fratello è ammirabile per il fatto che è un'antifemminista che dichiaratamente ama la compagnia femminile."
Bill la seguiva a ruota, osservandola. "Ma non i sentimenti delle donne." Replicò.
"Almeno lui è un furfante onesto."
"Io amo corteggiare con eleganza."
"E io rifiutare i corteggiamenti, con eleganza."
Bill aggrottò la fronte, confuso. "Perchè dovresti rifiutarmi?" Domandò, ora serio. Loreen avvertì il suo tono cambiare e si voltò di nuovo verso di lui, interrompendo ciò che stava facendo.
Lo guardò seria, e involontariamente mise una mano sui fianchi.
"Dunque, vediamo...potrei cominciare con: oggi mi hai rivolto appena la parola. Continuare con: mi avrebbe fatto piacere che mi avessi chiesto il permesso prima di prendere una camera matrimoniale, e finire con: ho fatto una figuraccia con la receptionist stamattina. Bill, non mi hai nemmeno chiesto come mi sentivo riguardo al litigio con Gustav e Ginevra. Senza pensare che stamattina mi sono svegliata nel tuo letto dopo aver fatto l'amore con te ed ero imbarazzata da morire, e tu non mi hai detto niente, nemmeno una parola quasi, apparte per chiedermi di consolarti. Arriva la sera e la camera è pronta per soddisfare i tuoi bisogni, ma io no, Bill. Io non sono pronta per assecondarti adesso, scusami."
Bill restò incredulo a fissarla. Loreen gli stava di fronte, con lo sguardo più serio e severo che mai. L'aveva ferita profondamente e lui la stava guardando senza riuscire ad esprimersi. La sua logorrea si era proscoiugata di fronte a quelle accuse inaspettate.
Inaspettate e...maledettamente azzeccate.
Dio, ma che razza di stronzo sono?
La ragazza ingnorò il fatto che lui la stesse guardando con gli occhi completamente smarriti, senza fiato, e si lasciò sfiggire una piccola lacrima.
In realtà forse era solo imbarazzata. Era la prima volta che litigava con Bill, ed era impreparata. Non sapeva nemmeno come le fosse uscito quel fiume di parole, non l'aveva previsto, nè era riuscita a controllarlo.
Forse era solo stress. Forse se la stava prendendo con lui senza motivo perchè aveva bisogno di una valvola di sfogo.
Dio, che stronza...
Bill vide quella lacrima solcare la sua guancia d'alabastro, e si sentì veramente un inutile pezzo di merda.
"Loreen, mi dispiace. Davvero. Sono mortificato, non so che dire, apparte scusa. Apparte che sono un idiota e che non ti meritavi di essere trattata così..."
La sua voce era appena un sussurro,
la fronte era aggrotta, i suoi occhi nocciola la scrutavano sinceramente pentiti, ma un pò meno brillanti del solito, quasi vacui, privi della solita scintilla cangiante.
"No, no, no. Sono io che devo scusarmi. Non so perchè ho detto quelle cose, ma..." Venne interrotta dal brusco movimento di Bill che corse a stringerla, impetuoso.
"Cucciola, non ti prendere sempre le colpe. Ho sbagliato io. Tu sei speciale, e io ti ho trattato come una ruota di scorta, perchè sono tanto egoista certe volte...Non credere che ieri sera non sia stato bellissimo per me; è stato il regalo migliore che potessi farmi, è solo che ero talmente preso dalla routine e dal fatto che Gustav e Ginevra ce l'avessero con noi, che non ho avuto nemmeno il tempo di coccolarti come avrei voluto e di chiederti come ti sentivi, e sono stato un vero cretino..."
"Va bene, va bene, va bene. Bill, sei perdonato." Loreen lo guardò divertita, per un istante, e poi lo abbracciò anche lei dolcemente.
Bill restò per minuti interi a cullarla, respirando il profumo dei suoi capelli. e accarezzandoli lentamente. Non pensava di meritare il perdono così facilmente, ma era sollevato che lei lo avesse assolto dalle sue colpe con tanto benplacito.
Non sapeva proprio vederla triste, e voleva fare di tutto per farla sorridere, e renderla felice. Credeva di aver avuto un'idea per un bel regalo, ma in realtà non aveva pensato ai suoi sentimenti.
"Se vuoi ora chiamo la reception e dico di farti preparare immediatamente una stanza solo per te, ok?" Le domandò. Ma Loreen scosse il capo decisa. "No, voglio stare qui, non preoccuparti. Adesso è passato, voglio stringerti fino a domani mattina." Sussurrò, stupendosi di quanto riuscisse ad essere sincera e a lasciarsi andare quando c'era lui. Non aveva inibizioni, nè paure quando stava con Bill. Appena non c'era il mondo si trasformava, ma con lui niente poteva farle del male.
"D'accordo allora." Trillò allegro Bill, lasciandosi cadere con un salto sul letto e riempiendolo di pieghe disordinate. "Vieni bellezza!" Esclamò allargando le braccia. "Questo gigantesco e morbidissimo materasso aspetta solo di essere testato dai sottoscritti!"
La ragazza rise, gioiosa, imitandolo immediatamente. Le sembrò di cadere su una nuvola, le lenzuola profumavano di lavanda, e menta. "Wow, è davvero soffice!" Esclamò.
Bill si rovesciò immediatamente su di lei. Spostò una ciocca dei suoi capelli neri, e prese a baciarle il collo bianchissimo. "Sei più soffice tu..." Sussurrò, muovendosi lentamente su e giù col naso e facendole il solleticò. Loreen si lasciò andare e chiuse gli occhi. "Non voglio nemmeno dirti quanto sono morbide le tue labbra, o finiresti per montarti troppo." Sussurrò.
Bill si sentì stuzzicato da quell'affermazione, e risalì velocemente fino al suo viso con sguardo furbo. "Davvero?" Soffiò, prima di cominciare a baciarla dolcemente, e poi con sempre più trasprto.
"Mmmm."
"Lo prenderò per un sì."
Loreen dovette ridere. Ma si alzò, scese dal letto con un balzo, e corse fino al bagno prima che Bill potesse riacchiapparla.
"Dove vai?" Le domandò.
"A testare la vasca idromassaggio!"
"Senza di me?"
Loreen riaprì la porta dopo alcuni secondi, appoggiandosi al cardine laterale, e Bill restò a bocca aperta. In un attimo aveva sfilato la gonna e la t-shirt e si era avvolta in un asciugamano di cotone viola, che con la sua pelle faceva un contrasto a dir poco eccitante per i suoi gusti.
Lo stava guardando con un sorriso storto e gli occhi birichini. "Non so come si usa, credo proprio che mi servirà una mano." Soffiò.
E Bill non se lo fece ripetere due volte.


Nel frattempo Georg era ancora chiuso nella doccia, ripensando un pò a tutto ciò che stava succedendo. Il suo primo pensiero era il bacio che aveva dato a Fey quella mattina, il fatto che l'avesse presa per mano, e fosse stato tanto dolce con lei. Magari avevano ragione gli altri, quando gli ribadivano la sua inesperienza riguardo alle storie serie, e tutti parevano essersi accorti che questa volta c'era qualcosa di diverso. Lui per primo se ne rendeva conto. Non aveva provato solo eccitazione crescente, o cose del genere stando insieme a lei, ma un vuoto nello stomaco. Fey era sexy, ma anche dolce, era bella, e divertente. Non aveva peli sulla lingua, ed era onesta. Sincera. Per la prima volta non era una ragazza attraente e sfrontata a stargli dinanzi, ma una ragazza conosciuta per caso, e per conosciuta si intendeva nel senso reale del termine. Non l'aveva solo incrocitata e vista passare fugacemente sul suo cammino. Era una presenza costante.
Forse è questo che fa la differenza. Nelle interviste abbiamo sempre detto che non avremmo potuto avere una ragazza per questioni più che altro tecniche, e cioè per mancanza di tempo. Come puoi conoscere bene una ragazza quando non stai in un posto fisso per più di tre giorni? Averla incontrata in queste circostanze è stata una vera fortuna...
Lo preoccupava anche il fatto che Bill e Gustav ancora non avessero chiarito. Sperava lo avrebbero fatto subito...invece.
Dovrà risolversi tutto al più presto, altrimenti questa volta potrebbe andarsene tutto a puttane.
Lo sentì distintamente, d'improvviso, anche con lo scrosciare dell'acqua ancora nelle orecchie. Qualcuno aveva bussato alla sua porta. Chiuse la manopola dell'acqua, uscì dalla cambina, si mise un asciugamano in vita e corse fino all'ingresso. Quando aprì la porta lasciò che i suoi occhi navigassero sulla figura filiforme che stava ritta davanti a lui, e
un sorriso gli stirò le labbra. Quando incrociò i suoi occhi, dopo la breve panoramica, la vide imbarazzata da morire, le sue gote erano rosso fuoco.
"Scusa!" Mormorò. "Non volevo disturbarti, ero venuta solo a chiederti a che ora dovevamo cenare, ora sparisco..." Farfugliò, tenendo gli occhi ben puntati sulla moquet bianca.
"La trovo pessima come scusa!" Fece lui, lasciando che il suo sorriso storto gli increspasse le guance spigolose. La ragazza alzò immediatamente gli occhi e incontrò i suoi. Era stizzita, ma sapeva di essere stata appena smascherata. "Pensi che mi faccia mettere in crisi da un pò di addominali scolpiti e....bagnati....e...."
Georg avrebbe voluto ridere, invece la spinse a sè con un braccio e chiuse la porta con l'altro. Fey inciampò sui suoi piedi quasi, ma il bassista la spinse al muro per non farla cadere. I loro corpi ora aderivano perfettamente, e i loro volti erano vicinissimi. La maglietta verde di Fey era quasi del tutto bagnata, e anche le punte dei suoi capelli biondi. Georg la scrutò per un attimo, e poi il suo sguardo scese sul naso piccolino, e sulle labbra rosse. Fece salire una mano fino a prenderle la nuca, e la spinse a sè dolcemente per baciarla.
Fey restò senza fiato, ma lo lasciò fare. Sentiva le formiche ai piedi, la testa leggera, il fuoco spandersi velocemente nel suo corpo. Quando Georg approfondì il bacio, e le loro lingue cominciarono a muoversi insieme, lentamente, l'eccitazione salì. Ma lei non avea voglia di andare troppo oltre, e nemmeno Georg. Così, insieme, si separarono. Lui la guardò di nuovo negli occhi sorridendo, e Fey pregò che la sua faccia non sembrasse quella di una deficiente appena ripescata da Svitopoli.
"Cosa volevi dirmi, davvero?" Domandò lui, camminando verso il suo armadio, senza togliere gli occhi dai suoi e portandola per mano fino al centro della stanza. Fey si sedette sulla grande poltrona color panna che le stava a pochi passi e lasciò che Georg si infilasse una maglietta scura dal mucchio che aveva di fronte.
"Credo che tu mi abbia tolto le parole di bocca." Rispose, sorridendo, onesta. Georg ridacchiò. "Lo immaginavo!" Le si avvicinò, e le sedette accanto. "Senti, io vado a finire di vestirmi, tu intanto puoi guardare la tv, o leggere un giornale. Non ci metterò molto. Poi voglio farti vedere una cosa..."
Fey gli strizzò l'occhio. "Cos'è? Una proposta indecente?" Domandò, divertita. Georg inarcò un sopracciglio. "Mi stai provocando?"
"Ci riesco?" Fece lei, sempre più sfacciata. I suoi occhi smeraldini brillavano, ma per quanto giocasse a fare la sensuale, erano di una dolcezza disarmante.
"Sì, ed è proprio per questo che ti conviene smetterla subito...chi gioca col fuoco finisce per scottarsi, lo sai?" Le domandò, alzandosi e prendendole il mento tra le mani, per accazzarle il profilo delicato.
Fey chiuse gli occhi, godendosi quel tocco leggero cercando di restare calma. "Ti aspetto qui." Riuscì a mormorare, riaprendo gli occhi e sorridendogli.

Georg non ci mise molto, aveva ritmi simili ai suoi. Loreen invece era così lenta quando si preparava. Vivere con lei certe volte era una vera scocciatura.
Certo che il signore prima li crea e dopo li accoppia! Guarda di che razza di primadonna si è andata a innamorare!
Loro due invece erano molto meno perfezionisti riguardo l'aspetto, e l'apparire non era mai stata una fissazione patologica per nessuno dei due. Georg aveva indossato un semplice paio di Jeans scuri e una maglietta nera della sua marca preferita, le sue Vans e i capelli lunghi gli ricadevano ordinati sulle spalle.
La trascinò fuori dalla suite con aria circospetta, tenedola per mano.
"Dove stiamo andando?" Continuava a domadargli, e lui continuava a rispondere. "Abbi pazienza, ora lo vedrai!"
Quando furono nella Hall, Fey era già confusa, ma quando la portò nel retro dell'albergo, un luogo scuro e buio che puzzava di fritto e di pesce, era anche piuttosto inquieta. "Non è che vuoi assassinarmi?"
Georg sbuffò una risata. "Potrei anche farci un pensierino, ma no; non morirai per mano mia oggi." Rispose.
"E allora che ci facciamo qui?"
Georg non smise di tenerle la mano, e la spinse qualche metro più in là. A Fey parve di scorgere una Cabriolet nera nell'angolo scintillare nel buio, più bella che mai.
"Quella è tua?" Chiese immediatamente. Si voltò verso di lui e lo vide annuire, fiero. "Si, signorina. E se vuole per questa sera, posso farle da autista personale." Disse.
Fey lo guardò esterrefatta, e felice. "Oddio! Grazie!" Gli saltò addosso, ridendo. "Cavolo G, è veramente figa!" Strillò.
"Sch...l'ho portata qui perchè tecnicamente stiamo per fare una fuga. David non deve assolutamente sapere che ci siamo allontanati, Gustav ci coprirà." Sussurrò lui, stringendole la mano sulla bocca scarlatta. Fey rise piano. "Uh, la cosa continua a farsi sempre più intrigante!" Soffiò.
Georg le sorrise, accompagnandola fino alla portiera. La aprì con la piccola chiave che aveva tirato fuori dalla tasca e tese il braccio come un vero cavaliere. "Prego madmoiselle." Disse.
La ragazza si passò la lingua sulle labbra, entrando in quell'auto favolosa con una delicatezza inconsueta per lei, che da fuori forse sembrava solo goffaggine. Quando Georg chiuse lo sportello e la raggiunse nell'abitacolo, prima di lanciarle quello sguardo liquido e furbo, non potè fare altro che sorridere, e ringraziare di nuovo chiunque le stesse facendo vivere quella pazzesca avventura.

Nana si stiracchiò sul suo petto, sorridendo.
"Allora, che ne dici se ordiniamo la colazione a letto?" Le propose prendendo a giocare coi suoi boccoli ordinati, come gli piaceva. Lei rise. "Tom, sono le tre di notte! L'albergo non fa servizio in camera a quest'ora." Disse.
"Ma noi siamo i Tokio Hotel!" Ribbattè l'altro.
"E con ciò?" Domandò lei, divertita. Tom si alzò sul gomito sorridendole serafico. "E con ciò, se alzo la cornetta e chiedo uno spuntino di mezzanotte..."
"Delle tre."
"Delle tre...loro arrivano e me lo portano allegramente, felici di aver avuto l'onore di bussare alla mia porta e di vedere in faccia niente meno che il Sexgott, non so se mi spiego."
Nana lo spinse, con una smorfia. "Lo sai che se tu sparissi dalla faccia della terra d'improivviso il tasso di umiltà mondiale aumenterebbe fino a toccare livelli mai visti?"
Tom rise, brevemente. "Ma cosa sarebbe il mondo senza Tom Kaulitz?" Domandò, baciandole la labbra. Nana ridacchiò: "Un posto migliore." Rispose. Tom la scanzò bruscamente, fingendosi brutalmente offeso. "Ma tu hai la più pallida idea di quante ragazze ti invidiano al punto di volerti assassinare con un paletto di legno, oppure appenderti a testa in giù dalla torre Eiffel, o meglio ancora buttarti giù dalla torre Eiffel senza tanti scrupoli?"
"Mpf, non sanno con chi hanno a che fare!" Ribbattè lei, portando i pugni al petto.
"Quando si dice che il bue dà del cornuto all'asino..." Fece l'altro, abbracciandola dolcemente. Nana lo baciò, felice.
"A me non la dai più a bere, Mr Super Ego, lo sai..." Sussurrò guardandolo negli occhi. Tom abbassò lo sguardo. "E tu non la dai a bere a me, Mrs Sfacciataggine." La abbracciò, passandole la mano sulla spalla. "Allora? Lo chiamiamo sì o no, questo benedetto servizio in camera?"
Nana si prese quqlche secondo per riflettere, poi scrollò le spalle e allargò il suo sorriso. "Ma sì, dai. Ho voglia di cioccolata!"
Tom si sporse sul telefono e fece il numero della reception. Quando una voce profonda e maschile rispose, Tom disse: "Buonasera, mi scusi, alla 452 si avrebbe voglia di cioccolato con panna e due cornetti caldi, sarebbe possibile averli in camera?"
La voce rimase in silenzio per alcuni istanti. Tom sentì il rumore delle dita battere su una tastiera, e attese che il ragazzo intuisse quale camera avesse chiamato.
"Ha detto, la quattrocentocinquantadue?" Domandò.
"Sì, esatto, e sì...è Tom Kaulitz che parla."
"Ma certo, Herr Kaulitz, glieli faremo avere al più presto, come omaggio della casa." Rispose immediatamente l'uomo, con voce melliflua.
"Grazie mille, buonanotte." Rise Tom, sottovoce. Quando riappese, si voltò verso Nana che ora lo fissava incredula. "Comincio a vedere i vantaggi di stare insieme a un tipo come te." Disse. Tom allargò gli occhi, e si gettò su di lei. "Ehy, le mie performace dovrebbero essere più che sufficienti come incentivo!" Esclamò.
"Oh, lo sono, ma se mi vizi anche con la cioccolata, non ti mollo più." Sussurrò quella, sul suo collo. Tom la fissò per un momento nei profondissimi occhi azzurri, e sorrise di sbieco. "E cioccolata sia, allora." Mormorò.

Tom stava ancora riposando quando uscì dalla loro suite, piena e soddisfatta. Voleva fumarsi una sigaretta e raggiunse la scala d'emergenza alla fine del lungo corridioio dalla moquete chiara.
Quando aprì la porta, facendo pressione sulla maniglia antipanico, l'aria fredda le accarezzò il viso, e si sentì un pò meglio. Era lievemente accaldata, come sempre quando si allontanava da Tom.
Respirò profondamente l'aria frizzante dell'alba e sussultò quando una voce la chiamò.
"Ehy, ciao." Esclamò, dopo aver focalizzato meglio la figura longilinea e cadaverica che le stava di fronte. I suoi capelli erano abbassati e il suo viso privo di trucco, sembrava rilassato, solo un pò malinconico.
"Che fai sveglia?" Le domandò Bill.
Nana scrollò le spalle. "Non avevo sonno."
"Tom dorme beatamente, immagino."
Lei rise brevemente e gli sedette accanto sui gradini. Solo allora si accorse che anche Bill stava fumando una sigaretta.
"Sì, lui è crollato immediatamente." Rispose. Bill si limitò ad annuire. Non sembrava molto loquace quella mattina.
"Come stai?" Gli domandò. Lui fece un piccolo sbuffo disinteressato, forse ironico. "Così." Buttò lì.
"Bill, non mi piace vederti così...sei spento." Disse, guardandolo seria negli occhi. Il ragazzo assottigliò lo sguardo. "Non posso sempre stare a tremila, Nana. Cerca di capire, ho litigato col mio migliore amico e con una mia collega."
"Io lo capisco, Bill. Ma devi soltanto cercare di parlargli." Gli consigliò, con voce serena.
"L'ho già fatto, ma si da il caso che un dialogo bisognerebbe affrontarlo in due, e io di monolghi ne propino già a sufficienza per tutti e quattro." Ribbattè, serio.
Nana sorrise, dolcemente. "Se vuoi posso dirgli io qualcosa." Propose.
"No, lascia stare, tranquilla. Devo riuscire a farlo da solo." Rispose lui, sforzandosi di sorriderle. "Dai rientriamo, o moriremo di freddo." Continuò, alzandosi e ripulendosi i pantaloni grigiastri della tuta che aveva indossato.
Nana lo osservò per un momento e si rese conto che quel ragazzo era fantastico anche così, forse lo sarebbe stato anche con un sacco di paglia addosso.
"Sì, hai ragione. Non vorrai farti venire un malanno?" Rise.
Bill sbuffò roteando gli occhi. "Sei diventata paranoica proprio come quello scemo di mio fratello!" Sbottò.
"Chi va con lo zoppo..." [nda:]

Loreen si era svegliata e vestita in pochi minuti. La sera prima aveva potuto testare la vasca idromasaggio, due volte, e non aveva dovuto farsi la doccia, e lavare i capelli. Perciò si truccò e scese. In ascensore incontrò Dave e Peter. "Ciao ragazzi!" Esclamò.
"Ciao Loreen. Dormito bene?"
Lei sorrise a se stessa nello specchio, malandrina. "Una vera favola, si stava veramente caldi."
I due si scambiarono un'occhiata complice. Forse sapevano che aveva diviso la camera con Bill. Improvvisamente desiderò di uscire di lì al più presto, e il suo desiderio fu esaudito. Le porte si aprirono e davanti a loro c'era una pallida Fey, con gli occhiali da sole calati sul naso, ma un bel sorriso stampato negli zigomi.
Loreen notò immediatamente che non si era cambiata dal giorno prima, e allargò gli occhi, fissandola. I due dirigenti invece la salutarono distrattamente e si diressero nella bellissima sala Ristornate.
"Hai fatto sesso con Georg?" Le domandò a bruciapelo. L'espressione dell'amica passò per diverse fasi: smarrimento, incredulità e infine fastidio.
"No, abbiamo semplicemente parlato fino a pochi minuti fa." Disse, con voce atona.
Loreen si rilassò. "Ah bene...vatti a cambiare hai un aspetto orribile, e credimi...hai bisogno anche di una bella scorpacciata di schifezze."
"E' bello avere amiche dal tatto elefantesco, sanno sempre come rallegrarti la giornata." Fece la biondina sorpassandola e premendo il tasto 4 tra quelli del gigantesco ascensore.
Loreen le sorrise, prima di voltarle le spalle. Aveva una fame da lupi.
Camminò qualche passo e varcò la soglia della sala Ristornate. Era anche meglio di ciò che immaginava. Larga, ariosa, i tavoli erano rotondi e apparecchiati con una certa eleganza anche se era solo mattina. C'era un lungo buffet dinanzi a lei, e non ci mise troppo per raggiungerlo avida di leccornie da mettere finalmente sotto i denti.
Seguire i ragazzi in tuor, sopratutto coi ritmi delle ultime due sere, (al solo pensiero arrossì), era stancante, e adesso capiva come mai quei quattro mangiassero tanta roba supercalorica.
"Buongiorno, piccola." Bill le diede un bacio sulla guancia, riempiendole i polmoni del suo profumo irresistibile. Improvvisamente sorrise. "Ciao, hai fame?" Domandò.
"Da morire!" Fece quello prendendo un piatto e cominciando a riempirlo di prosciutto e uova. Prese anche un paio di caffè e si diresse al tavolo, aspettandola.
Loreen lo raggiunse, con il suo cornetto e cappuccino. "Colazione all'italiana, la mia preferita." Disse, sorridendogli.
"Sei poco patriottica, l'ho sempre detto. Non ti ho mai sentita dire cose belle del nostro Paese"
"Di prima mattina le uova sono vomitevoli per me..." Replicò l'altra, sorridendo. "E l'attuale situazione politica mi interessa relativamente."
"Ciao ragazzi, vi dispiace se mi siedo con voi?"
I due alzarono gli occhi su Georg, che stava ritto con un piatto fornito di burro di noccioline e panini al formaggio in mano.
"Ma no! Vieni." Sorrise Bill, picchiettando con la mano sulla sedia accanto alla sua. "Non hai dormito, si vede da un chilometro." Continuò, studiando distrattamente il suo profilo. "Ho un doppio caffè, prendine uno, ti farà bene." Gli ordinò.
Georg rise sottovoce. "Si, mamma."
Bill gli fece una smorfia. "Dove hai lasciato Fey?" Gli chiese poi, spalmando del burro nel panino che aveva nel piatto.
"Bill..." Fece Loreen, severa. Lui la guardò incredulo. "Che c'è? Ora non ho nemmeno il diritto di chiedere al mio amico come va con la caccia?"
"Bè, mio caro, si da il caso che la preda è una ragazza, non un animale, e che è anche la mia migliore amica per giunta!" Sibilò la brunetta, avvicinandosi al suo viso quasi impercettibilmente, minacciosa.
Bill stava per replicare, ma Georg tossicchiò, riportando i due a guardarlo. "Tu fatti gli affari tuoi." Disse a Bill. "E tu, non preoccuparti." Si rivolse alla ragazza. "Non riuscirai mai a farlo smettere. Quando uno è pettegolo nel sangue..." Loreen rise insieme a lui.
"Allora come siete messi con Gustav e Ginevra?" Domandò poi il bassista, quando Bill smise di mettere il finto broncio.
E il broncio divenne d'improvviso reale. "Male, malissimo, anzi." Sbuffò il frontman, ormai completamente rabbuiato.
"Io ho parlato con Gin, e sembra tutto ok. Ma Gustav pare non avere alcuna intenzione di parlarci, per adesso." Rispose Loreen, più tranquilla. Gerog alzò le sopracciglia, pensieroso. "Bene." Soffiò.
"Forse dovete solo aspettare che sbolliscano." Continuò, alzando gli occhi su Bill, che scuoteva il capo. "Cambiamo discorso." Disse.
Georg fece spallucce. "Va bene, ma cerchiamo di dare il massimo comunque. Ricordatevi che abbiamo un concerto stasera." Loreen annuì, e anche Bill. Georg si alzò. "Ci vediamo più tardi." Sussurrò, inqiueto, prima di voltare loro le spalle.


Bussò alla sua porta con decisione, era ora di finirla con quella storia, Georg aveva ragione. La band doveva venire prima di tutto, se l'era ripromesso.
"Chi è?" Si sentì rispondere dall'interno della suite 460. "Sono Loreen, Gustav, apri." Gli ordinò.
Dalla stanza non si sentiva altro che silenzio. Loreen attese altri secondi, ma non si sentivano passi, nè rumori. Sbuffò. "Senti, non puoi continuare ad evitarmi così. Se mi apri, magari possiamo parlare!"
"Non voglio parlare con te."
Loreen si portò le mani ai capelli e li scompigliò, nervosa. "Ah, andiamo. Fai la persona adulta." Sbottò.
"Io dovrei fare la persona adulta, eh?"
"Si, tu. Hai una questione da risolvere e invece non fai altro che sbattere le porte in faccia a chi cerca di chiderti scusa, e vuole chiarire." Rispose, con voce indisponente. Solo Gustav riusciva a farla incavolare così quando faceva il testardo.
"Vuoi chiedermi scusa, Loreen?"
La ragazza restò per un attimo zitta, fissando ancora la porta. La feriva che lui non volesse nemmeno guardarla. Pensava di meritare almeno quello dopo tutto.
"No, se continui a tenermi davanti a una porta chiusa." Rispose, con voce tremante.
Ancora silenzio nella stanza, poi rumore di passi, e un clic.
La porta si aprì e ne venne fuori Gustav, a petto nudo, con uno sguardo fermo, un pò severo. La stava scrutando serio.
"Allora, ti sei deciso!" Soffiò, lei.
"Entra." Fece quello per tutta risposta, lasciandola passare. Loreen lo superò a passi incerti. "Siediti, lì." Le ordinò Gustav, indicandole il letto matrimoniale dinanzi a loro.
Loreen preferì restare in piedi, e negò col capo. Lui scrollò le spalle, continuando a guardarla. "Che volevi dirmi?" Chiese.
Lei lo guardò per un momento cercando le parole giuste da dire, cominciava a torcersi le dita, come faceva sempre. Ma cercò di restare comunque calma come sempre.
"Sono venuta per dirti che anche se io e Bill abbiamo sbagliato, e lo so che l'abbiamo fatto, cercavamo soltanto di farti un favore. Volevamo che tu chiarissi con Ginevra perchè voi due malgrado tutto avete sempre avuto un bel rapporto e vedervi così non ci sembrava il massimo per te. Sapevamo che soffrivi. Ad ogni modo hai fatto bene anche tu ad arrabbiarti con noi, credo che io avrei fatto lo stesso, perciò ti chiedo scusa." Disse, seria.
Gustav annuì, ricambiando lo sguardo. Stava per dire qualcosa, ma lei lo interruppe ricominciando a parlare. "Tengo moltissimo alla nostra amicizia Gustav, lo sai. Sei l'unica persona alla quale posso dire di essere legata in tutti i modi possibili. Sei stato mio amico, il mio ragazzo, e adesso la mia famiglia. Ma voglio bene anche ai Tokio Hotel e a Bill. Devi perdonarci e andare avanti. E' la tua band, hai lavorato sodo per lei, e Bill è il tuo migliore amico. Non aveva cattive intentioni, voleva solo che tu fossi felice. Ha imparato la lezione, ma ora spetta a te dimostrargli che nonostante tutto, sarete ancora insieme, perchè prima di essere ciò che il mondo vede, siete amici da sempre."
Gustav restò fermo quando lei finì di parlare, ma Loreen potè vedere la sua espressione addolcirsi gradualmente. Un piccolo sorriso gli tirò su le labbra carinose, e i suoi occhi neri brillarono lievemente.
"Dopo un discorso così, non posso più tenerti il muso!" Disse, a bassa voce.
Loreen fece lo sbuffo di un sorriso, e camminò verso di lui fino ad abbracciarlo dolcemente. Lui le scompigliò i capelli neri. "Grazie." Mormorò lei.
Gustav non seppe dire cosa provò in quel momento. Se ripensava a quei momenti in cui la baciava ardentemente provava solo la felicità che ci accompagna quando si abbraccia un bel ricordo, e nient'altro. Loreen però era speciale. Ora era davvero come una sorella. Si sentiva uno stupido per averla tratta in quel mondo, e decise di farsi perdonare.
"Senti, sto per farti un proposta unica e irripetibile." Le disse, allontanandosi per guardarla negli occhi d'onice.
"Quale?" Fece lei, confusa.
"E' da quando ci conosciamo che mi preghi di lasciarti suonare la mia batteria, e che io ti dico che puoi scordartelo, ma..."
"Oh Gugu, sei un mito, ti adoro!" Strillò lei, prima di lasciarlo finire e lanciandosi di nuovo tra le sue braccia forti e muscolose. Quanto tempo era che non lo richiamava Gugu...
Cosa sarei senza di te, Gustav...



Note dell'autrice: Eccomi qui con un altro capitolo! Come avete visto Georg si è deciso a baciare la sua bella, o meglio si è lasciato baciare dalla sua bella...Loreen ha chiarito con Gustav, ma devono succedere altri casini...non vi preoccupate. Ci sarà da divertirsi.
Nel corso del capitolo ho lasciato un [nda]-----> Lì
mia cugina ha esclamato: "Anche io voglio andare con lo zoppo!"
Mi sembrava il caso di scriverla per non dimenticarla...scusate!
Forse ci metterò un pò ad aggiornare il prossimo capitolo, perchè devo lavorare tantissimo, ma credo che ce la farò comunque. Non lascerei mai il piacere di scrivere.
Bene, non mi resta che ringraziare chi ha recensito lo scorso capitolo!

missmar23: Oh che bello, una nuova lettrice! Mi auguro che la storia continuerà a piacerti! Mi farebbe piacere che commentassi ancora i capitoli, ho sempre bisogno di consigli e di sapere cosa ne pensate! Un bacio, e grazie di tutto.

ElisaRoyalRock: Eliiiii, ma figurati, spenderò sempre voleniteri del tempo per te! Grazie dei mille complimenti, sei dolcissima. Appena torni dalla Spagna, mi devi raccontare tutto! Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto!

_Princess_: *-* Wow principessa, grazie! I tuoi complimenti mi fanno crescere a dismisura l'ego, lo sai! Mi fa troppo piacere, leggere che sono migliorata tanto, e detto da te, poi...Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto. Ne dovrai vedere ancora un pò però...

Colinde: Ciao carissima, ecco che come al solito sei presente all'appello! Bè, come hai visto in questo capitolo c'è spazio un pò per tutte le coppie...come piace a te. Georg e fey sono stati una rivelazione. Immagino che le coppie atipiche siano le preferite di tutti! Grazie mille dei complimenti, spero in una tua recensione.

Come sempre ringrazio le mie cuginette, Lory e Ale, e le mie amiche Lily e Mairim90 per le letture in anteprima e i consigli geniali.
Vi amo tutte. Baci, alla Prossima.

  
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