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Autore: Daphne09    16/06/2014    6 recensioni
Oneri e infiniti doveri sono il prezzo per essere una Fata Enchantix.
Musa, come tale, è obbligata insieme alle cinque paladine del Winx Club a difendere Alfea durante uno scontro che passerà alla storia.
Le sei Fate faranno anche l'impossibile per salvare la Dimensione Magica, ma la Guardiana di Melody darà veramente il tutto per tutto...
Genere: Avventura, Azione, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Musa, Nuovo personaggio, Riven, Winx
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Brano idoneo al capitolo:
You see her when you close your eyes,
maybe one day you'll understand why
everything you touch all it dies.
'Cause you only need the light when it's burning low,
only miss the sun when it starts to snow,
only know you love her when you let her go.
Only know you've been high when ya're feeling low,
only hate the road when you're missing home,
only know you love her when you let her go, and you let her go.

clicca qui: https://www.youtube.com/watch?v=RBumgq5yVrA
 

5. L'hai lasciata andare

 

A cena Musa si sforzò di essere spontanea ma, nonostante la sua loquacità, le Winx intuirono che qualcosa non era al proprio posto e, alle loro ripetute domande lei riuscì a giustificarsi dicendo che si sentiva semplicemente stanca, anche se in cuor suo comprese che le cinque amiche non avevano affatto mangiato la foglia.

Per evitare di inscenare ulteriori incredibili recite, Musa si congedò presto, imprigionandosi nella sua camera alla ricerca di ispirazione per fare un ultimo saluto alle sue care amiche.

 

Seduta sul letto, con la testa fra le mani reggeva la fronte, come se in quel modo avesse più probabilità di giungere ad una soluzione, convinta di essere ancora in gioco.

«Ma chi voglio prendere in giro..» Borbottò fra sé rassegnata. Ormai non le restava tanto tempo e, afferrando la penna, iniziò a imprimere sulla carta i primi pensieri che le balzarono per la mente.

 

Cari ragazzi, ma Cari per davvero,

mi dispiace trovarmi costretta ad indirizzarvi questa lettera, perché quando uno scrive significa che se ne deve andare. Probabilmente quando scarterete la busta, essa si troverà accanto al mio corpo ormai esanime; sappiate che mi dispiace dovervi forzare a questo terribile spettacolo.

Non vi elencherò qui le cause del mio decesso, sarebbero troppo complicate e il poco tempo che mi resta desidero impiegarlo nel cercare di dimostrarvi quanto vi voglio bene per un'ultima volta.

Non potrò mai dimenticare tutte le avventure -e disavventure- passate insieme, le risate e soprattutto i pianti; siamo state l'uno il pilastro dell'altro e probabilmente è per questo che siamo diventati così forti, talmente da riuscire a conseguire tutti i nostri sogni al massimo delle nostre aspettative, apparendo ironicamente invincibili.

Forse è proprio per questo che me ne devo andare: si dice che ognuno di noi abbia una missione in questa esistenza terrena, e quando essa sarà giunta al termine allora, in un modo o nell'altro, ci richiamano alle nostre origini. Mi dispiace di essere 'riuscita' in tutto ciò troppo presto, avrei desiderato con tutte le forze continuare questa vita con voi, spalleggiandovi in ogni cosa.. come abbiamo sempre fatto.

Anche se non mi vedrete sappiate che ci sarò, rimarrò con voi anche quando il vostro cuore sarà talmente freddo da non provare più alcuna emozione: troverò un modo per scaldarvelo.

Non mi dimenticherò mai di voi, Amici.

Un abbraccio,

Musa

 

Una lacrima malinconica attraversò fulminea il viso della ex fata nel momento in cui sigillò definitivamente la busta intestandola a “Winx e Specialisti”, lasciando che il liquido salato quanto amaro si intingesse nella carta, diventando un tutt'uno con essa. Asciugandosi la gota, decise di spendere quelle che si rivelarono le ultime ore della sua vita facendo ciò che amava di più: cantare.

 

«Il peggio è ormai lontano,

e noi possiamo ancora respirare,

voglio stringerti e assorbire

il tuo dolore.»*

 

Armonizzò quelle parole in tonalità acute, cupe e fredde, non riuscendo a non rappresentare la propria malinconia. In quel momento percepì un vuoto abisso nel petto che poteva essere colmato solo da una persona, l'unica che avesse mai adorato più di chiunque altro: quel ragazzo difficile che credeva sarebbe diventato l'uomo della sua vita prima o poi, e che la accettò nonostante tutti i difetti. Non voleva scomparire senza dedicargli alcune delle sue ultime azioni. Spesso la sua mente volgeva a lui, immaginandosi le sue braccia avvolgerla ogni volta che si addormentava o le sue labbra poggiarsi sulle sue tempie quando era nervosa.

 

Ciao Tesoro,

a dire il vero non ti ho mai chiamato così, ma oggi ne approfitterò per farlo.

Con questo misero pezzo di carta intriso di lacrime e amarezza volevo salutarti, dandoti le uniche cose che ormai mi appartengono realmente: i miei pensieri.

Non c'è un momento in cui la mia mente non volga a te, sei in ogni cosa che faccio o che dico.

Quando mangio una pizza non posso dimenticare che è anche il tuo piatto preferito, quando canto non riesco a non dedicarti ogni singola nota, quando mi siedo sul letto non avrei mai intenzione di cancellare tutti i momenti di passione che abbiamo intriso nelle lenzuola e, soprattutto, ogni volta che respiro non posso negare più nemmeno a me stessa che vivo per te.

Potrà sembrarti una lagna sdolcinata, lo so, me lo ricordi ogni volta che ti dico qualche parola carina, ma come faccio a non sorridere ogni volta che fai il ragazzaccio?
So che sotto tutta quella scorza d'introversione si annida un bambino che si diverte ancora con i videogiochi, a cui piace cantare a squarciagola senza preoccuparsi di essere stonato e che ama sorridere.

Sento il cuore pian piano spezzarsi nel realizzare di doverti lasciare veramente, nel sapere di non potermi mai più gustare le tue dita arricciarmi i capelli, i tuoi abbracci, i tuoi baci. Non riesco a pensare ad un'altra donna che sarà capace di amarti, forse più di me, e che tu ricambierai; se in quei momenti ti fossi accanto, giuro, non riuscirei ad essere felice per te.

Addio Tesoro,

Tua Musa

 

*****

 

Era notte ormai, la sveglia segnava le 23:00 e, insonne, la ragazza si stava girando e rigirando tra le lenzuola con un pesante groppo sullo stomaco.

La sua mente continuava a riempirsi di domande e paure, temeva di soffrire. Eppure, il suo cuore le conferì una preoccupazione maggiore: il rimorso di aver sottovalutato le sue amiche ed i momenti passati con loro.

Un'infinità di attimi si proiettarono nella sua mente e, con un nodo che le stringeva un grido in gola, decise di voler passare gli ultimi attimi della sua vita con chi l'aveva sempre sostenuta; glielo doveva.


Bussò ad una porta alla quale fino a qualche giorno prima era affisso il suo nome, ma nessuno aprì. Si ricordò che le ragazze erano solite a nascondere una chiave di scorta nella terra di una pianta a lato dell'entrata e, con leggero sollievo la trovò. Dopo aver silenziosamente effettuato l'accesso, si trovò davanti a quattro porte e poteva varcarne solo una e, senza dubbio, scelse quella all'estrema destra. Quando la aprì, si trovò davanti un' Aisha esausta e dormiente. Morfeo la cullava dolcemente fra le sue braccia; era così rilassata e vulnerabile che le sarebbe dispiaciuto svegliarla.
La bocca semiaperta sorrideva e in un palmo aperto accanto al suo naso reggeva Piff che, involontariamente, stava imitando la sua posizione.
Per non svegliarla si sdraiò accanto a lei e le poggiò delicatamente il braccio sull'incavo della vita.

«Mi mancherai.» Le bisbigliò.

Aprendo istintivamente gli occhi, l'amica riconobbe immediatamente la voce della compagna.

«Perché? Dove vai?» Domandò con un velo di preoccupazione nella voce impastata dal sonno.

«Lo sai mantenere un segreto?» Le chiese Musa guardando l'orologio e accorgendosi che mancavano solo venti minuti alla mezzanotte, alla fine.

«Certo.» Rispose con naturalezza la fata, spostandosi verso di lei e -di conseguenza- facendo muovere anche la Pixie.

 

Raccontando tutto ciò che l'assillava, alla ragazza si sciolse quel grosso nodo che le si stava stringendo sempre più in gola, che quasi non la permetteva più di respirare.

«E q-quindi? -Rabbrividì la Guardiana di Andros alla fine del racconto. Le strinse forte la mano, come per accertarsi che quello non fosse uno dei suoi incubi- Quanto tempo ci rimane?»

«Dieci minuti.» Rispose l'altra guardando freddamente l'orologio.

Aisha in quell'istante iniziò istintivamente a piangere. Non poteva crederci, non riusciva ad immaginare quel mondo senza la sua amica; finalmente aveva trovato una persona che la capiva al volo, con la quale condividere a pieno le proprie passioni e, senza nemmeno potersela godere, il Fato già se la voleva portare con sé.

«Mi mancherai.» Soffiò fra i singhiozzi.

Musa, senza dire nulla, la strinse, cercando di reprimere tutto il suo risentimento per quella situazione con le azioni, con quei gesti che avrebbe dovuto compiere quando ne aveva l'opportunità, non solo in quel momento; nei suoi ultimi minuti di vita.

“Se solo fossi stata una buona amica -Continuò a pensare, tormentandosi psicologicamente- Se solo avessi aperto prima il mio cuore ora lei non soffrirebbe così.”

Senza parlare trascorsero quegli ultimi attimi avvolte l'una nelle braccia dell'altra; il loro era l'amore reciproco di due sorelle. Aisha, che di solito vestiva il ruolo della maggiore, della più forte, quella volta nascondeva le lacrime nell'incavo del collo di Musa, incaricata di consolarla della sua stessa morte.

«Sai che ti dico, amica?» Interruppe il silenzio la ex fata.

«Cosa?» Singhiozzò l'altra cercando di assumere un'aria più composta, di modo che la ragazza potesse sentirsi più disinibita.

«Ricordati che l'importante non è la destinazione, ma il viaggio.
Credevo che la missione di oggi fosse di riappacificarmi con voi, che da sempre siete state le mie amiche. Eppure, l'unica cosa che avrei dovuto fare sarebbe stata aprire il mio cuore a sentimenti che ho sempre provato.

Non fraintendermi, non sto dicendo che non tenga a te e alle altre; anzi, per voi darei la vita e di più. È solo che non sono riuscita a cogliere il vero valore dell'amicizia, la vera bellezza della purezza dei sentimenti più primitivi e genuini nei confronti di una persona a cui vuoi bene. All'imparare a fregartene di quello che ti viene detto e di continuare fino all'infinito, se possibile, a tentare di dare tutto per coloro a cui hai già donato il tuo cuore.

Non commettere il mio stesso errore, apprezza tutto ciò che hai prima che sia troppo tardi. Guarda il mondo con il cuore, gli occhi ti permettono di percepirne soltanto l'apparenza.»

Improvvisamente la stanza si inondò di luce, che ne mostrò ogni angolo e, in quello stesso momento la ragazza si accorse che la fonte di cotanta luminosità era il Pendantix che, evidentemente, si era teletrasportato fino a lì, essendo legato da un vincolo magico con lei.

«Ci siamo..» Bisbigliò.

«No!» Gridò Aisha stringendola fra le braccia con forza sempre maggiore, come se stesse cercando di impedire che qualcuno gliela strappasse per portarsela via.

«Salve Musa.» Disse pacatamente la creatura dal vestito verde.

«Sono pronta.» Ribatté ferma; era consapevole di tutto ormai, ed era cosciente di dover cedere la propria anima come pegno di quel complicato contratto.

«In realtà desideravo annunziarti che la tua missione odierna è completata. Il tuo cuore ha degli occhi molto grandi e ben vedenti, riescono a percepire, catturare ed apprezzare tutto ciò che gli si trova davanti.» Soffiò con voce melodiosa.

«Cosa?! -Domandò senza fiato dalla sorpresa- Con tutto il rispetto Ninfa, ma non me lo merito! Ho catturato il vero significato di tutto ciò solo qualche attimo fa!» La contraddisse umilmente la ragazza.

«È molto nobile da parte tua. -Replicò la creatura- Ma la profezia prevede che anche se solo un secondo prima della mezzanotte si esaudirà la missione, essa sarà considerata compiuta.» Terminò, facendo apparire una pietra sferica del colore della speranza che, come il pezzo di un puzzle, si incastrò perfettamente nel foro dal diametro circolare.

All'udire quelle parole, nelle vene della ragazza iniziò a sgorgare una gioia euforica che da tempo ormai non provava; calamitosamente si sentì impossibilitata nello stare ferma e, non appena la creatura sparì, iniziò a saltare con la sua amica, abbracciandosi allegramente.

Ad un certo punto, il Pendantix riapparve fra le mani della ex guardiana di Melody e, dopo poco, si illuminò di nuovo, ricoprendo nuovamente di una forte luce bianca tutti gli angoli della stanza e, proprio come la notte prima, una Ninfa apparve su di esso; era quella dalla tunica ed i capelli color passione. Non appena la sua proiezione fu nitida, prese a recitare:

 

«I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno,

essi sono altrove, molto più lontano della notte,

molto più in alto del giorno,

nell'abbagliante splendore del loro amore.»

 

Dopo aver distolto la sua voce dolce ed armoniosa dall'ambiente, sparì come nebbia nel vento.

«Riven..» Mugolò Musa d'impulso nel momento in cui il ciondolo le cadde sui palmi.

«Domani mattina ci penseremo -Bisbigliò Aisha, accarezzandole un braccio con vigore, in segno di incoraggiamento- Insieme.»

Sorridendo, l'amica si avvicinò alla porta per andarsene.

«Buonanotte. -Soffiò- E grazie.»

 

*****

 

La sveglia suonò ma Musa, in preda al sonno perso la notte da poco trascorsa, la spense.

«Datti una mossa!» Esclamò con grande potenza nel suo orecchio un timbro amichevolmente familiare.

«Papà, altri dieci minuti.» Farfugliò la ragazza con la voce roca dal sonno.

«Non c'è tempo!» Sbottò spingendola giù dal letto e correndo ad aprire le sue valige.

«Accidenti.. -Esordì quasi innervosita di nuovo quella voce che si rivelò essere di Aisha- Ma ce l'hai qualcosa di carino?!»
«Sai che sono una tipa molto.. Pratica.» Mormorò in risposta l'altra, grattandosi il capo cosparso di capelli annodati, confusa sulle intenzioni dell'amica.

«Trovato!» Esclamò affannata la fata dei Fluidi dopo aver sollevato la testa dal mare di vestiti nei suoi bagagli, selezionando un abitino rosso dall'orlo in pizzo blu. Notandolo, la ex fata apprezzò, provocando un'eruzione di nervi dell'amica.

«Che fai ancora qui?! -Esclamò con il fare rude di un personal trainer- Corri a lavarti, truccarti e sistemare quel cespuglio che hai in testa! Sai quanto Riven ami i tuoi capelli!»

La ragazza, un po' sorpresa e lievemente spaventata, scattò sull'attenti eseguendo gli ordini più scaltramente di una lepre.

 

In una manciata di minuti la ragazza si ritrovò vestita come se fosse dovuta andare ad un ballo. L'abito le metteva in risalto i fianchi stretti e gli stivaletti evidenziavano le sue toniche gambe snelle ma, il nastro in raso rosso che legava la setosa chioma blu in una coda di cavallo costituiva la ciliegina sulla torta, dandole un tocco di eleganza in più.

Guardando l'orologio si accorsero che erano in netto ritardo; infatti, quando attraversarono il corridoio, l'unica persona che incontrarono fu Griselda che le rimproverò imponendo loro di non correre.

Giunte nella Sala Grande, ingurgitarono frettolosamente una tazza di latte e cereali con la stessa foga di un orso affamato.

«Come mai tutto questo ritardo?» Domandò Tecna con aria inquisitoria guardando l'orologio.

«Caspita! -Intervenne Stella- Oggi sì che hai stile!»

«Grazie..» Ridacchiò la ex fata arrossendo con garbo.

«Vogliamo fare conquiste..!» Ammiccò in maniera provocante Bloom, con il suo solito intuito.

«Eh sì..» Ammise timidamente l'altra.

«Ma come mai? -Intervenne Flora avendo già capito a chi stava mirando l'amica- Non si è degnato nemmeno di dimostrarti i suoi sentimenti nei tuoi confronti!»

«Non importa, io so che mi vuole bene e, nonostante indossi sempre quella scorza rigida, nei suoi occhi vedo tutto ciò che non esprime a parole.» Disse fissando nel vuoto con sguardo languido e rapito. Il blu dei suoi occhi divenne profondo quasi quanto i suoi sentimenti per lui.

«Tu.. Lo ami!» Dedusse Flora, con voce dolcemente sorpresa.

«Io.. gli voglio bene!» Esclamò la ex fata ristabilendosi in posizione eretta.

«Dai! -Saltò su Stella- Non fare così che mi sembri Tecna!»

Fissandosi silenziosamente, le ragazze scoppiarono a ridere.

«Oggi devo fare un salto a Fonterossa per incontrare Sky.. -Mormorò Bloom con finta ingenuità- Ti va di aggregarti?»

«Se proprio devo..» Mugolò ironicamente Musa.

Aisha bisbigliò nell'orecchio dell'amica: «Non c'è tempo per aspettare la fine di oggi pomeriggio, sai quanto è testardo Riven. Potrebbe volerci più del previsto.»

In quel momento ella sobbalzò, tanto che il diametro della sua pupilla si ridusse a quello di una di testa di spillo.

«C'è qualcosa che non va?» Le domandarono le amiche.

«Se vi dovessero chiedere qualcosa a lezione dite che sto male.» Annunciò la ex Guardiana di Melody con non-calanche mentre si alzò frettolosamente dal tavolo.

«Che succede?» Chiesero nuovamente le altre.

«Non c'è tempo!» Si fece sfuggire Musa.

«Per cosa? Per Riven? -Cercò di chiarire Stella sempre più dubbiosa- Quanto sei impaziente! Hai una vita davanti!»

«È proprio questo il problema.» Mormorò Musa con fare colpevole.

«Che succede?!» Intervenne Bloom impulsivamente.

«Ecco.. È una storia lunga. -Mormorò- Aisha, glielo racconti tu?» Chiese congedandosi, lanciando la patata bollente nelle mani dell'amica.

 

Dopo che le Winx furono informate di quanto stava succedendo da Aisha, decisamente sconvolte e prese dalla foga per il corso delle azioni, rintracciarono Tune dal Villaggio delle Pixies e -contro la sua volontà- trasformarono le sue sembianze in quelle della fata con cui aveva stretto il bonding.

«Sappiate che esigo delle spiegazioni!» Squittì isterica nel momento in cui le Winx la segregarono in camera.

 

Nel frattempo Musa era alle prese con i numerosi sentieri nascosti di Magix, utilizzati da lei e le sue amiche negli anni passati per raggiungere segretamente Fonterossa, quando ancora non potevano usufruire del teletrasporto.

Ad un certo punto si ritrovò lungo un sentiero sterrato, dal quale si poteva ammirare lo spettacolo naturale della Palude di Melmamora in tutto il suo splendore.

Nel momento in cui notò alla sua destra un dirupo a ridosso di un ruscelletto, la ragazza capì che la strada che stava seguendo era quella giusta.

 

*****

 

Il Sole faceva capolino dietro a qualche nuvola primaverile, e il tepore del pomeriggio accarezzava la pelle dei ragazzi esposta da canottiere e magliette.

Il ruscelletto di Magix, quello il cui percorso terminava a Melmamora, splendeva godendo della stessa luce.

Quel pomeriggio la tiepida brezza primaverile portava con sé speranza e, le giovani fate di stare chiuse in camera a studiare non ne avevano voglia. Così, segretamente popolarono i posti più nascosti di foreste e paludi, dimostrando maggiori capacità nell'orientarsi; ironicamente, in maniera migliore che nelle esercitazioni di Palladium.

Due ragazzi, al contrario loro, non si appartarono all'ombra di una quercia a scambiarsi fugaci coccole e carezze, ma giacevano in luce, cantando a squarciagola vecchie canzoni che conoscevano, senza preoccuparsi né dell'intonazione né del tempo.

«Vedi che ti saresti divertito?» Ammiccò la fata, facendo la linguaccia al ragazzo che, spinto dal suo puntuale cinismo, inizialmente rifiutò il suo invito di passare il pomeriggio insieme. Egli infatti, in risposta mormorò qualcosa d'incomprensibile in segno di disappunto ma, internamente, l'interlocutrice ghignò soddisfatta capendo di aver ragione; nonostante la riservatezza e la scontrosità di lui, per lei era un libro aperto.

«Dunque -attirò l'attenzione della fata- Scommetto che non ce la farai a battermi!» La sfidò, saltando sul primo di una lunga fila di massi galleggianti sul rio che li fiancheggiava. Il suo volto era illuminato da una luce giovanile che quasi mai aveva, conferendogli l'aria del sedicenne spensierato che doveva essere.

Solo con quella ragazza succedeva, quella giovane che con la sua ingenuità lo aveva disarmato in poco tempo.

«Tu dici?!» Ghignò divertita lei, saltando sul masso accanto al suo; quel luogo sembrava fatto apposta per una gara, dato che al termine di un lungo rettilineo parallelo vi era una grossa pietra levigata che poteva costituirne il traguardo.

«Tre, due uno..» Contò lui.

«Via!» Gridò lei, dando inizio alla competizione. Tra di loro c'era complicità in tutto: negli scherzi, nelle dolcezze e -soprattutto- nei litigi.

Saltavano da un ostacolo all'altro alimentati dalla competitività reciproca.

Con la fronte sudata ed il fiatone arrivarono a destinazione, sarebbe stato l'ultimo salto e, in quella questione di parità, velocità e slancio sarebbero state decisive. I capelli blu della fata raccolti in due allegri codini, brillavano sotto la tiepida luce primaverile.

Avrebbe assolutamente voluto batterlo, adorava mostrarsi superiore a lui per non permettergli di guardarla con pochezza, come se fosse una bambina.

Eppure, a lui piaceva apparire come un maestro per lei, voleva che fosse la sua bambina, affinché la potesse proteggere e.. In fin dei conti amava anche vincere le sfide.

In seguito ad un rapido scambio di sguardi, riducendo gli occhi a due fessure e piegando le ginocchia, scattarono come molle verso l'obiettivo.

La fata atterrò e, senza avere il tempo di ghignare tra sé, avvertì che la sua pianta stava poggiando su qualcosa di instabile: era il piede dello Specialista. Spalancando le palpebre e riducendo le pupille a due teste di spillo, gesticolò animatamente cercando equilibrio. Il cuore le si fermò nel petto, finché non avvertì che la sua caduta era stata bloccata.

«Non riusciamo proprio a stabilire un vincitore, eh?!» Ammiccò lo Specialista con tono vellutato; non le aveva mai parlato così.

Arrossendo, la fata roteò lo sguardo dal punto in cui stava per cadere agli occhi del ragazzo, che ormai avevano preso l'intensità del metallo fuso. Gemette timidamente, notando che la stava mangiando letteralmente con gli occhi.

«Eh?» La sollecitò sorridendole, sempre con quel tono docile. Per quanto riguardava la forza fisica, lo Specialista sovrastava la ragazza, ma lo sguardo di Musa era più potente della frusta di un addomesticatore su un leone per lui.

D'altronde, lei gli insegnò a riconoscere il suono dei suoi passi quando arrivava, a considerare musica il suono della sua voce e beh, a ricordarsi dei suoi occhi quando guardava il cielo sereno della notte.

«Lo sai che sono io a batterti..» Squittì lei intimidita, non sembrando per nulla convinta della sua affermazione.

«Tu dici?» Grugnì lui, tenendo un tono brutalmente dolce.

Anche a Musa Riven faceva un effetto letale. La sua voce ruvida le faceva venire il capogiro ed il suo profumo la mandava in ecstasy; per non parlare di quando era schivo con lei, la faceva colmare di dubbi e al contempo di desiderio. Non glielo diceva mai e raramente glielo dimostrava, ma lui poteva leggerglielo negli occhi; non lo sapevano, ma l'uno era un libro aperto per l'altra.

In quel momento lo Specialista vide nei suoi occhi che lei aveva voglia di coronare il loro amore, voglia che le facesse provare finalmente l'emozione del primo bacio. Eppure, spinto dall'orgoglio, aveva paura di aver interpretato male, restando così a contemplarla in quella posizione, sapendo di averla in pugno. Per quanto riguardava i sentimenti, la fata si era sempre rivelata molto chiusa, non amava esprimerli in nessun caso -o quasi- proprio come Riven, ma per quella volta avrebbe fatto un'eccezione. Nel suo sguardo leggeva esitazione e.. timore, ma la testa -il cuore- di lei non si incentrò su nessuno di quel sentimenti, era sicura di ciò che provavano.

«Che aspetti?» Gli domandò sorridendo.

«A far cosa?» Domandò lui deluso, convinto che gli avrebbe chiesto di metterla in posizione eretta, e quindi di porre fine a quel piacevole contatto.

«A baciarmi, sciocco!»

Non fece in tempo a sorridere che lui sigillò le labbra sulle sue in un bacio casto e vellutato, tirando in piedi la ragazza su quella pietra in cui due persone ci sarebbero state soltanto se vicine.

 

*****

 

Anche se erano passati già due anni da quell'avvenimento, il ricordo nella mente della ragazza era fresco come se fosse successo il giorno prima. Erano così giovani e  -a modo loro- ingenui, ancora non sapevano nulla del loro complesso futuro. Infatti, vissero quel magico presente fino all'ultimo secondo, scoprendo a piccoli passi cosa fosse l'amore ed imparando a viverlo.

Eppure non si erano detti “ti amo”, mai; orgogliosi com'erano non ne avevano il coraggio.

Loro comunicavano con lo sguardo; il modo perfetto in cui quelle iridi viola si avvolgevano nel magico sguardo blu valeva più di mille lettere d'amore.

Lui aveva sofferto e lei lo capiva, comprese perché si nascondeva dietro a quella maschera di intolleranza e cinismo; da sempre Riven temeva di essere tradito.. di nuovo. La ragazza lo sapeva benissimo, anche se ne parlarono solo una volta, perché capiva che tutto ciò -anche se accaduto in tempi remoti- lo faceva soffrire, e lei non voleva vederlo star male. La sofferenza del suo ragazzo era anche la sua e se egli era felice, lei gioiva con lui, anche se negli ultimi tempi non passarono altro che dolori.

Musa si accorse di esser giunta alla fine del suo percorso quando sul sentiero iniziarono ad esserci masse di paglia che intralciavano l'apertura di una porticina in legno senza serratura.

La ragazza scansò con le mani tutta la sterpaglia che impediva il passaggio per poi accedere oltre quell'uscio, stando attenta a non pungersi con una scheggia.

Quella volta si sarebbe dovuta guardare le spalle da sola: si trovava nel pagliaio di Fonterossa, proprio dove giaceva uno dei Draghi col quale si facevano le esercitazioni durante il Giorno dei Reali. La ragazza rimase in religioso silenzio mentre muoveva timidi passi attraverso quelle copiose masse di erba secca che le punzecchiavano i polpacci e le cosce.

«Ahi!» Si lasciò sfuggire all'impatto con una punta particolarmente pungente. In quel medesimo momento la creatura che giaceva semidormiente grugnì svegliandosi, facendo immobilizzare la ragazza che tentò di trattenere il respiro, sperando che si calmasse e ritornasse nel suo sonno ma, nel momento esatto in cui roteò le sue grosse iridi verso la provenienza del rumore, per lei fu troppo tardi; era addestrato a repellere tutti gli sconosciuti, identificandoli soltanto come intrusi.

«Buono..» Lo richiamò invano la ragazza con voce tremante.

Questo non lo calmò affatto e anzi, la creatura si alzò sulle zampe posteriori, spiegando le ossute ali palmate. La sua pelle marroncina luccicava al contatto con gli spiragli di Sole che penetravano dai fori del tetto vecchio e diroccato.

Ponendosi i dorsi delle mani davanti al viso, temporeggiò nell'attesa di un'idea.

«Dai cara, pensa..» Intervenne una Voce che la ex fata percepì alle sue spalle. Ella cercò di concentrarsi ma, in quella situazione, non ebbe alcun successo.

«Dai.. -La spronò- Ieri che ha detto Faragonda?»

«Le erbe!» Scattò Musa correndo verso l'uscio situato al lato opposto dell'abitacolo, in cerca di piante fresche e commestibili. Le sue speranze vennero smorzate brutalmente nel momento in cui si accorse che all'esterno non vi era altro che terriccio secco e rimasugli di paglia.

«Ma questa è bella!» Esclamò con acido sarcasmo la ragazza, spinta dal nervoso.

«Tranquilla -La calmò la donna- Tu hai un potere..»

«Avevo.» La corresse.

«No, lo hai ancora e con esso potrai calmare questa creatura. Lo usi per anestetizzare anche le tue di irrequietudini.» Le lasciò intendere per poi andarsene.

«Nena! -Tentò di richiamarla dopo qualche secondo di silenzio- Accidenti! Te ne vai via sempre sul più bello..» Sbuffò rassegnata quando non ricevette più alcuna risposta.

Di solito per intontire o addormentare l'avversario utilizzava l'attacco di Brahms, che consentiva ai suoi palmi di indirizzare dolci note verso l'avversario.

«Ma come ho fatto a non pensarci prima!» Esclamò.

In quel momento iniziò a intonare un motivetto costituito da un melodioso accostamento di cinque note, per poi legarle ad uno uguale di chiave superiore. Quei suoni si sposarono perfettamente, tanto che in poco tempo gli animi di quel -apparentemente- irrequieto Drago si calmarono, i suoi timpani colsero quell'armonia con la stessa avarizia che si impiegherebbe nell'impossessarsi di gocce di pioggia dorata.

Soddisfatta del suo lavoro ed incerta sulla sua durata, prese a correre rapidamente lungo un altro stretto sentiero. Col fiatone si fermò a un bivio e respirando affannosamente, guardò intorno a sé in cerca di una soluzione; si ricordò che se avesse svoltato a destra sarebbe stata indirizzata direttamente all'entrata dell'accademia. Quella non sarebbe stata una scelta astuta, in quanto era risaputo che tutti gli ingressi erano rigorosamente controllati da degli ex alunni assolutamente inflessibili.

Solitamente quando andavano a far visita ai loro ragazzi, le fate non dovevano porsi nemmeno il problema di entrare in quella stalla; per lei sarebbe stato tutto nuovo da quel momento in poi.

Percorse un sentiero delineato grezzamente da erba secca, ma nel momento in cui si unificò ad un prato talmente verde da sembrare finto, si accorse di essere in uno dei cortiletti della scuola. Alzando lo sguardo si spaventò alla vista dell'alta distesa di mura e finestre che appartenevano ai dormitori. L'unico modo di entrare sarebbe stato quello arrampicarcisi.

«Gambe in spalla..» Sospirò tra sé e sé, prendendo la rincorsa per aggrapparsi sul cornicione delle finestre del primo piano. Fortunatamente erano squadrate, quindi il perimetro era avvolto da file di sporgenze cementificate e verniciate di fresco. Probabilmente non si preoccupavano di incursioni da parte di esseri non-magici, a costo di non esigere problemi di estetica. Effettivamente chi, nel corso della storia, volle introdursi nel college degli Specialisti, non lo fece sicuramente stando a penzoloni sulle finestre.

Sapeva che gli alunni erano sistemati in un piano in base al corso che frequentavano; secondo questa logica, Riven -frequentante il terzo anno- sarebbe dovuto essere situato al terzo piano.

Cautamente, per raggiungere la destinazione, fece leva con gli arti ritrovandosi in piedi sul cornicione su cui prima poggiava le mani. Tentò di fare lo stesso con la sporgenza sovrastante ma, un palmo sudato per l'adrenalina e lo sforzo scivolò, lasciandola dondolante nel vuoto dipendendo dalla presa dell'altro.

Represse un urlo che si trasformò in un gemito sordo, affinché nessuno la sentisse, cercando di mantenere calma e sangue freddo.

«Ce la puoi fare..» Le disse la solita Voce alle sue spalle.

La ragazza ringhiò facendosi forza per sollevarsi e tentare di riuscire nel suo intento; eppure, non ce la faceva a slanciarsi e le forze le stavano per venire definitivamente a meno.

«Non ci riesco..» Accennò affannata, col braccio reggente che iniziò a tremolare per la fatica.

«Mi spiace, ma per la giornata di oggi non potremo più vederci..» Disse Nena.
Da quel momento, la ragazza sentì che le energie tornarono, forse lo Spirito di quel fantasma le conferì le sue forze, ma decise di non spendere ulteriore tempo a pensarci, o almeno non in quella condizione dato che non conosceva la durata di quell'effetto sovrumano.

Senza emettere alcun verso, riuscì a salire sul cornicione decisivo e con sicurezza -ma altrettanta premura- proseguì a passo felpato fino al momento in cui non si ritrovò a perdere l'equilibrio in avanti.
Raddrizzando la schiena, si accorse con sollievo di aver incontrato una finestra aperta. Sfruttando il proprio coraggio ed ogni briciolo della straordinaria forza conferitale, aprì definitivamente l'anta, per poi aggrapparsi alla sporgenza cementifera sovrastante, dondolando per prendere slancio e lasciarsi cadere definitivamente all'interno della struttura. Atterrò scaricando tutta la potenza sulle piante che, per l'impatto semi-violento, le dolerono un poco.

Senza badare a tutto ciò, guardandosi rapidamente intorno, notò di essere nel corridoio del dormitorio, nonché meta assai gettonata per quanto riguardava il transito delle guardie. Proprio nell'intento di evitare l'incontro con quei rigidissimi supervisori, iniziò a camminare rapidamente quanto silenziosamente fino a che non incontrò una porta con due targhette sulle quali erano incisi nomi a lei non indifferenti: Brandon e Riven.

Spinse la maniglia e, come previsto, la porta era chiusa a chiave. In quel momento non ebbe alcun timore: il suo ex ragazzo le insegnò a scassinare ogni tipo di serratura con qualsiasi oggetto dotato di particolare sottigliezza.

Sfilandosi una forcina dalla setosa chioma blu, la inserì all'interno della serratura e, assicurandosi che non vi fosse nessuno attorno, cercò il punto su cui fare leva per sbloccare la chiusura. Era particolarmente rigida quella, sembrava quasi inviolabile e, proprio in quel cruciale istante, le sue orecchie parvero roteare come quelle di una tigre a caccia, catturando il rumore di rigidi e fermi passi: una guardia stava incombendo.

Con scatto felino fece girare mediante un movimento pratico delle dita quella quasi-inaccessibile serratura, correndo all'interno della stanza e chiudendo la porta con rapidità e forza adrenaliniche.

In quell'istante la guardia scattò e corse all'interno dell'abitacolo. Impugnò l'arma a lui disposta e, con sguardo vigile, scrutò sopra e sotto i mobili per trovare l'intruso.

«C'è nessuno?» Domandò l'uomo, portando il suo sguardo aguzzo in ogni angolo della stanza. Si abbassò per lanciare un'occhiata al suolo ma, forse la penombra dell'ambiente o la Sorte, gli impedirono di vedere la ragazza che, proprio sotto il letto, stava trattenendo un potente starnuto a causa della polvere.

«Mah..» Mormorò sospettoso il cavaliere, chiudendo la porta.
In quel momento la colpevole espirò tutta l'aria che da interminabili secondi stava trattenendo.

Da lì capì che sarebbe dovuta rimanere più muta di un pesce, dato che i dipendenti di Fonterossa non erano rinomati per la loro transigenza e.. la Fortuna non agisce due volte.

A passo felpato, ella si mosse per la stanza del ragazzo, che tanto bene conosceva. Sul comodino c'era una cornice in cui -una volta- vi era la foto dei due innamorati durante la sera del loro primo ballo ad Alfea. L'oggetto era rivoltato a faccia in giù su quel freddo tavolino e, prendendolo in mano, si accorse -come previsto- che il vetro che una volta proteggeva l'immagine, ora la forava, ridotto in schegge colme di rabbia e rancore.

In quell'istante iniziò a udire passi e voci interloquenti e, senza preoccuparsi di chi fossero, si nascose di nuovo sotto il letto. Attese minuti che le parvero un'eternità, ma nessuno sembrò essere minimamente interessato ad entrare nella stanza di Brandon e Riven. Guardando poi una tabella che i due ragazzi affissero al muro, si accorse che il suo ex ragazzo avrebbe fatto ritorno a mezzogiorno.
Notando che era passata soltanto una manciata di minuti dopo le nove, si rese conto che si sarebbe dovuta munire di sana pazienza.

 

La sveglia in quella stanza di Fonterossa segnava le 11:30 quando la ragazza si svegliò dal breve pisolino.

Stiracchiandosi si diresse verso il bagno e sobbalzò non appena si accorse che la coda di cavallo che prima era fluente e setosa, in quel momento era tutta ispida e annodata.

Senza farsi prendere dal panico come farebbe Stella, afferrò una spazzola che si trovava in un cassetto del bagno. Era quella di Riven, ne era sicura; poteva percepire il suo profumo invaderle le narici, lo conosceva ancor meglio del proprio. Si ricordava quando tornava da Fonterossa con la dolce sensazione dell'odore del suo dopobarba che le impregnava i vestiti. I suoi capelli sparsero nel vento il forte aroma d'uomo.

La ragazza da sempre ammise a sé stessa che la prima volta che incontrò lo Specialista fu catturata proprio dalla sua fragranza: un odore di mistero e introversione, che l'attrasse come un pezzo di ferro ad un magnete.

Tornò nella stanza per stirare con i palmi le grinze del copriletto sul quale si era addormentata qualche ora prima.

Le due brande, per problemi di spazio, erano sistemate 'a castello' e Brandon, dopo un agguerrito torneo a Sasso Carta Forbice contro un impavido Riven, riuscì ad aggiudicarsi l'ambìto letto superiore.

Il corpo della ragazza scattò nel sentire che la serratura iniziò ad aprirsi dall'esterno e, come se colpita da un incantesimo pietrificate, si immobilizzò in assenza di una reazione. Che avrebbe fatto? Che avrebbe detto? “Ciao, sono qui perché devo adempire ad una missione che ha a che fare con l'amore”?
Ovviamente la prima a venirle il mente fu l'opzione meno raccomandabile; già troppe persone sapevano del Pendantix e le voci potevano correre -anche involontariamente- fino alle orecchie di Faragonda.

Ma.. Quando glielo avrebbe rivelato? Le sarebbe rimasto al massimo un giorno per farlo. Avrebbe lasciato che lo scoprisse qualunque fosse l'esito della prova o glielo avrebbe detto il giorno stesso?

In quel momento non aveva sicuramente il tempo di ragionare su quell'argomento che -in confronto- era di poco conto. Notò che il soggetto dietro alla porta si trovò in difficoltà e, dai grugniti di disappunto poteva essere soltanto Riven. Per porre fine a quell'attesa che le stava facendo venire un infarto, aprì la porta mediante la serratura interna.

«Ma che..?» Mugugnò fra sé lo Specialista, un po' per la chiusura da dentro e in parte per chi gli aprì la porta.
«C-Ciao..» Balbettò lei, con lo sguardo talmente colpevole da parere un cane bastonato.

«Che vuoi?!» Ringhiò lui contraendo la mascella.

«Ecco io.. -Mormorò in cerca delle parole adatte- Scusa.» Fu solo in grado di dire.

L'altro sospirò rassegnato cercando una risposta, ma l'astio in lui ebbe la meglio.

«Vattene.» Le ordinò con il tono di chi già ne aveva abbastanza.

«Ma..» Tentò di contestare l'altra, senza però riuscir più a proferire parola. Le lacrime iniziarono ad affluire sotto le palpebre e un nodo familiare le si strinse sulla cima della gola, impedendole di parlare. Cercò di trattenere il pianto nervoso che conservava da quando l'aveva visto.
Tentò di trovare una conferma leggendo nel punto in cui era da sempre andata a colpo sicuro: nel suo sguardo. Eppure, gli occhi dello Specialista erano opacizzati dalla rabbia, che stava annebbiando ancor di più i suoi sentimenti e, di voglia di perdonarla non vi era nemmeno l'ombra.
Una lacrima le corse lungo il viso, ma la ragazza la represse subito con una goffa strisciata del palmo. Continuava a fissare lo sguardo di lui, tentando di mandargli un messaggio d'aiuto col suo, ma sembrava non demordere e rimanere sulle sue, non lasciando traspirare alcuna emozione; se per lei prima era un libro aperto, in quel momento si reputò analfabeta.

«Non funziona così con me! -Ringhiò lui, capendo le intenzioni dell'ex fata- Non più!»

«Lo sai che mi dispiace! Lo sai che non sto mentendo!» Ribatté l'altra, capendo quale fosse la più grande paura di lui.

«Non m'importa! Hai già avuto la tua occasione!» Esplose lui. Avrebbe voluto perdonarla, ma il timore di essere ingannato -o meglio- abbandonato ebbe di nuovo la meglio.

Musa non sapeva cosa dire, o almeno come non spiccicar parole equivoche.

«Ascolta Riven.. -Sospirò espellendo i nervi e temporeggiando- Io e te ne abbiamo passate tante insieme. Okay, ho sbagliato.. Ma chi non lo fa? Anche a te è successo in passato.»

«Sei venuta qui per accusarmi, ora?!» La interpellò con veemenza.

«Ma io..» Mugolò l'altra, cercando qualche tattica che l'avrebbe potuto disarmare ma, a quel punto, capì l'importanza della verità. Non era questione di ciondoli magici o di poteri, l'unica cosa che contava in quel momento sarebbe stata avere Riven al suo fianco, perché senza la persona amata la sua vita non avrebbe più avuto un senso.

«Io ti amo! -Esclamò con gli occhi colmi di lacrime- Ti amo va bene? Ti amo più di qualsiasi altra cosa al mondo. Amo il modo in cui cammini, in cui parli, adoro il tuo profumo.

Amo perfino il modo in cui stringi i pugni quando ti arrabbi e, soprattutto, come mi sorridi e come mi guardi quando facciamo la pace. Ti amo più dell'alba serena al mattino, più della cioccolata e perfino più della musica.

In questi giorni ho pensato a cosa mi mancava di più di Magix e ho realizzato che senza di te non posso stare! La mia giornata non avrebbe più senso se sapessi di non potermi più svegliare al tuo fianco, se la sera non posso pensare a te senza piangere prima di addormentarmi. L'ho sempre saputo, sin dalla prima volta che i nostri sguardi si sono sfiorati.» Le lacrime iniziarono a scendere irrefrenabili dal suo viso e -involontariamente- lo stava ancora implorando con lo sguardo. Non voleva perderlo, era ciò che di più caro aveva e nel momento in cui si mise a nudo per lui non seppe più che fare.

«..I mandorli erano in fiore..» Aggiunse lui rimembrando il loro primo incontro, facendo notare una voce più pacata, quasi pacifica al ricordo di quel momento. La ragazza capì subito a cosa si stava riferendo, si ricordava ogni secondo di quel momento.

«E noi stavamo facendo la prima escursione a Melmamora..» Continuò lei azzardando un timido sorriso.

«Ora vattene.» Ribatté lui con il tono duro che ebbe fino a poco prima, riponendosi in posizione eretta e -dunque- ricoprendosi di orgoglio e cinismo.

«Addio.» Squittì in un piccolo singhiozzo la ex fata, non riuscendo più a sopportare quella pesante situazione.

Chiudendo la porta iniziò a correre per quei dormitori non più così pericolosi, data la quantità di gente.

Riuscì di nuovo a raggiungere la stalla e, fortunatamente, il drago si ricordò bene di lei e la fece passare.

Correndo per quei sentieri, un lembo del vestito le si strappò tra i rovi e si accorse che i capelli erano sciolti realizzando di aver perso il nastro da qualche parte, ma non le importava più niente. Così truccata si autoreputò ridicola; credeva di essere minimamente affascinante, invece si era ritrovata ad implorare un minimo di affetto all'unico ragazzo che l'avesse mai notata.

Nel suo tragitto, fu costretta a fermarsi alla vista di una potente luce che si mischiava con quella naturale del Sole e, in quel momento, scorse il Pendantix scendere dal cielo.

«Complimenti ragazza. -La gratificò la Ninfa dal vestito rosso- Hai capito il vero significato dell'amore, il mettere a nudo i propri sentimenti la persona amata.»

«Ma se nemmeno mi vuole!» Esclamò lei cercando di ricomporsi.

«Ricordati che l'importante non la meta, ma il percorso!» Annunciò, per poi scomparire e lasciare la scena ad uno zaffiro a forma di cuore che si incastonò in uno dei fori ancora non occupati. In pochi secondi il Pendantix si dissolse, teletrasportandosi sin dal punto in cui era collocato prima.

Alla ragazza interessava ben poco di aver superato la prova giornaliera in quel momento; se Riven non poteva essere suo, nulla avrebbe più avuto un senso.. o quasi.

Non appena varcò le soglie di Alfea riprese a correre, salendo le scale e coprendosi il viso con un braccio, avvertendo altre lacrime che minacciavano di uscire.

«Che succede?!» Squittì una voce in un corpo identico a quello della sfortunata ragazza.

«Chi è?» Si allarmò l'altra sulla difensiva, ponendosi in posizione rigidamente eretta.

«Sono Tune. Le altre hanno escogitato una copertura.» Confessò.

«Forte.» Commentò l'altra, cercando di non far trasparire la propria amarezza.

«Vuoi dirmi che cos'è successo?» Le chiese disponibile, invitandola a sedersi accanto a lei sul letto.

«Dunque.. Sono soggetta ad una profezia.» Iniziò lei singhiozzando.

«Cosa?!» Saltò su l'altra preoccupata e pregandola di avere maggiori informazioni.

«Sai cos'è il Pendantix?» Le domandò, per evitare di raccontarle tutto, essendo cosciente del fatto che le Pixies conoscevano -ed utilizzavano- praticamente tutti gli oggetti magici.

«Oddio.. -Rabbrividì il clone della ex fata- Non mi dire che..»

«Sì. -La interruppe- Ma non è questo il problema.»

L'altra annuì con il capo invitandola a proseguire.

«Oggi ho affrontato la seconda prova, quella dell'amore..»

«Riven è un osso duro.. -Commentò l'altra- Ma non sta nel suo perdono la chiave della prova!»

«Lo so, infatti ho già ottenuto la seconda pietra, ma non è questo il punto.» Si lasciò capire, scoppiando nuovamente in lacrime.

«Su su.. -Tentò di consolarla- Hai ancora una vita davanti..»

«Tu dici?» Le domandò seriamente guardandola negli occhi, i suoi stessi occhi.

«Gliel'hai detto?!» Deviò la Pixie, non riferendosi al Pendantix.

L'altra si limitò ad annuire con il capo e ad asciugarsi le lacrime.
«Stai tranquilla. -La rassicurò Tune portandole due dita sotto il mento, facendole alzare la testa di modo che potesse guardarla fissa negli occhi. La cosa fece un po' impressione all'ex fata, dato che erano le sue stesse identiche iridi. Eppure si accorse ben presto della differenza: il suo sguardo era vacuo, mentre quello che si specchiava nelle sue lacrime era acceso, intenso e speranzoso, credeva in tutto ciò che vedeva: in Musa- Come dice Amore: la verità è la chiave di una relazione.» Le fece forza prendendole le mani, fermando definitivamente il fiume di lacrime che aveva inondato le sue gote sino a quel momento.

«Ora, se non ti dispiace, vorrei dormire.» La congedò con un flebile sorriso.
«Certo..» Si rese disponibile l'altra, con già un'idea in mente per tirarle su il morale.

Per l'altra, con gli occhi appesantiti dalle lacrime, non fu difficile crollare fra le braccia di Morfeo, che la cullò in un lungo e difficile sonno.

 

*****

 

«ACCIDENTI!» Ringhiò lo Specialista, non appena si accorse del guaio combinato, lasciando andare la ragazza a cui tanto teneva.

Tentò di ripercorrere i suoi passi fino a dove possibile. Lungo i corridoi trovò un nastro di raso rosso, proprio quello che teneva legata quella chioma color oceano. Non appena se lo portò sul palmo poté sentire un odore fortemente familiare invadergli le narici, quel profumo di vaniglia che gli trasmetteva solo bellissimi pensieri e ricordi.

 

*****

 

Al suo risveglio, la ragazza percepì su di sé una piacevole sensazione di tepore, poggiando i palmi lungo il suo corpo si accorse che qualcuno le aveva messo addosso una coperta. Stropicciandosi gli occhi impiastricciati di trucco -o di quel che ne rimaneva- spostò lo sguardo verso i piedi del letto, su cui percepì una netta pressione ed un calore maggiore, che poteva essere emanato soltanto da un corpo umano.

«Riven...» Mormorò con tono vaporoso.

«Riven!» Si corresse, assumendo un timbro più allarmato, quasi inacidito, coprendosi con il plaid fino al collo.

«Sì?» Mormorò lui sorridendole dolcemente.

«Che cosa c'è ora?» Sbuffò rassegnata, ricordando con amarezza i momenti da poco trascorsi.

«Scusa.» Ribatté conciso, ponendo il suo ruvido palmo sulla coperta, afferrandole sofficemente l'avambraccio. Conosceva il suo corpo meglio delle sue tasche e, anche sotto un grosso plaid, avrebbe saputo indicarne qualsiasi parte.

Nei suoi occhi vide una sensazione che raramente si lasciava sfuggire. Il freddo viola delle sue iridi si sciolse in un calore passionale, sembrava.. amore.

Da quella messa a nudo da parte dello Specialista, da quella dimostrazione di vulnerabilità, capì che non avrebbe esatto un no come risposta, ma la fata voleva pensare a quello che gli avrebbe detto. Aveva così tanti pensieri e sentimenti contrastanti fra loro e, essendo anche conciata come una stracciona, non si sentì in grado di proferir parola.

«Vado a farmi una doccia..» Rispose, alzandosi dal letto rigorosamente coperta dal plaid, cercando di non permettere al ragazzo di vedere in che stato fosse.

 

L'acqua correva pungente sulla pelle perlea della ragazza, ma allo stesso tempo la accarezzava con dolcezza, tenendola in un involucro protettivo, lavando via -oltre ai residui di mascara- ogni briciolo di orgoglio e senso di inibizione; sapeva cosa avrebbe dovuto rispondergli, lo aveva sempre saputo.
 

La folta chioma ondeggiava sotto i raggi calorosi di un potentissimo Phon ideato da Tecna; infatti, in pochi minuti i suoi capelli furono asciutti e lisci come al solito.

  *****


«Eccomi Riven..» Si annunciò passando dal bagno alla stanza; la sua voce era vellutata e quieta, i dolci sentimenti che provava nei suoi confronti ebbero il sopravvento.

«Eccoci.» Ribatté lui sorridendo, invitandola con una mano a sedersi accanto a lui sul letto.

I loro sguardi erano incatenati l'uno all'altro e già stavano comunicando; i loro cuori erano già appagati, ma le loro menti necessitavano di risposte vere, date da parole pronunciate, da dubbi finalmente chiariti.

All'udire del sordo bussare all'antica porta di legno, lo sguardo della ragazza roteò dalla provenienza di quel freddo suono; non sentì alcuna voce o schiamazzo proveniente dal corridoio, quindi non erano le Winx.

«Nasconditi!» Impartì allo Specialista che, come se stesse eseguendo gli ordini di Codatorta, scattò sotto il letto con prontezza eccellente.

«Sì?» Domandò la ex fata presentandosi sull'uscio.

«Signorina. -La richiamo una Griselda più seria del solito- In presidenza.»

«C-Certo.» Balbettò lei leggermente spiazzata. Che sarà successo?

Durante il breve tragitto per i corridoi, la ragazza colmò la sua mente di domande e di recenti ricordi delle sue ultime ore ad Alfea per capire che cosa potesse essere andato storto. Sapeva per certo che quando le alunne venivano richiamate con cotanta premura dalla Direttrice l'avevano combinata grossa.

L'unico evento ingiustificato realizzò essere l'assenza del Pendantix in quell'immenso rifugio argentato.


Nel frattempo Riven strisciò via da sotto quel letto troppo basso per la sua ampia stazza. Lo sguardo scivolò ai piedi del comodino e vi trovò due buste, una indirizzata a Winx e Specialisti e l'altra soltanto a lui.

Spinto dalla curiosità, aprì quella contrassegnata dal suo nome. Facendo scorrere lo sguardo lungo la fitta rete parole dal retrogusto agrodolce di quel messaggio, realizzò solo una cosa: l'avrebbe abbandonato, quella era una lettera d'addio. Ma perché?

Una forte rabbia salì di nuovo nell'animo del ragazzo, cancellando ogni intenzione di riappacificarsi con la ex fidanzata. Gli aveva mentito, non si meritava nulla.

 

Finalmente Musa arrivò al patibolo. La porta dell'ufficio della Preside era semiaperto, tipico di quando poteva ricevere persone. Griselda la spalancò del tutto, facendole strada verso la grande scrivania in legno dipinta da tinte sgargianti, dietro la quale giaceva la diretta interessata.

«Dunque..» Si annunciò Faragonda, passando dinnanzi alla grande finestra ed eclissando parte della vista sul cortile.

«Io vi lascio, Preside.» Si congedò l'Ispettrice con fare più neutro, ma comunque sospettoso.

Non appena udì il soffice scattare della porta, l'anziana signora aprì il discorso.

«So tutto.» Annunciò pragmaticamente con serietà ed una vena di delusione nel tono.

Musa si accorse che il suo ormai non era più un segreto; lei non era Arsenio Lupin e, men che meno, Faragonda non era stupida.

Ciò che la fece rabbrividire maggiormente fu il fatto che la malefatta sarebbe potuta costarle come minimo l'espulsione o, ancor peggio, uno stretto allontanamento da Alfea, come si isa per i criminali. Era in trappola.

Note:

* La canzone che Musa 'improvvisa' in realtà è la traduzione di Broken cantata da Seether ed Amy Lee, a parer mio pertinente al contesto.

Spazio autrice:
Ebbene eccoci qua nel pieno della storia, cari lettori.
Avete potuto constatare che l'attesa di due settimane è stata ripagata, l'essere restii nella stesura dei capitoli non è di certo la mia caratteristica principale!
Vi annuncio con immensa gioia che sono stata promossa e che quel -famoso- compito di diritto, di conseguenza, è andato bene. 
Ora lavoro, quindi l'attività di copiaggio dal mio quaderno delle fic è rallentata e, non avendo la garanzia di potervi fornire il prossimo episodio della serie privo di distrazioni e con un disegno guardabile entro due settimane, rimando il tutto a lunedì 7 luglio. Spero che tutta questa -odiosa- attesa non vi faccia spazientire; la prossima settimana avrò anche i parenti per casa, prendetevela con loro! 
Ci tengo a ringraziare Sabriel, Giulia, Goran e Tressa per la loro puntuale partecipazione, a volte penso che abbiano la lettura supersonica e- proprio a GiuliaAvril volevo dedicare questo capitolo (quasi) centralizzato sulla coppia MusaxRiven che in particolar modo ammira.
Scusate l'O.T., ma mi sono dimenticata di appuntarlo nello spazio autrice dell'altra mia storia: il prossimo capitolo de I migliori anni della nostra vita uscirà domani, proprio in vista della Notte prima degli esami 2014!
Un caloroso abbraccio a tutti (e con il freddo che fa ci vuole),
Daphne09

  
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