Il resto della vacanza fu una lenta tortura.
Ogni mattina, vedeva Samantha col suo ragazzone-giocattolo, che non le prestava la minima attenzione. Li guardava con odio. Anche gli altri ragazzi, sulla scia della loro leader, smisero di rivolgerle la parola, guardandola con nuova ostilità. Ma a Muriel non importava niente di loro. L’unica indifferenza in grado di ferirla era quella di Samantha.
La mattina seguente, sua madre la tempestò di domande sul perché evitasse i suoi nuovi amici, ma la ignorò. Tenne sul calendario nel suo bungalow il conto alla rovescia dei giorni che la separavano dalla partenza. Quando finalmente giunse il momento di tornare, voleva quasi piangere per la gioia.
A casa, la sua routine riprese come al solito. Di nuovo le sue giornate erano scandite dalla scuola, dai compiti, dalle uscite il sabato sera. E di nuovo tutto sembrava immerso in un avvilente oceano di grigio. Non che fosse una novità per lei. Era stata sempre abituata a nuotare in acque tiepide, mai gelide o roventi, e i suoi occhi si erano pian piano abituate a quei colori spenti. Ma adesso… sembrava che la luce di Samantha l’avesse accecata. Non riusciva più a trovare niente di bello in ciò che la circondava.
Poi, un giorno, la rivide.
Era all’uscita di scuola, appoggiata al palo di un lampione. I suoi capelli non erano più rossastri, ma di un verde brillante.
Quando la scorse, rimase paralizzata. Si guardarono intensamente da lontano.
«Scusatemi», disse agli altri del suo gruppo, allontanandosi da loro per andarle incontro.
Quando le fu vicina, lei le sorrise.
«Che cosa ci fai qui?».
Fece spallucce. «Ho scoperto che andavi a scuola da queste parti e ho pensato di venire a farti un saluto, visto che abito anch’io in città. Come te la passi?».
Muriel non rispose subito. Una parte di lei avrebbe voluto prenderla a schiaffi… ma si arrese presto a quella che invece la supplicava di non far sì che se ne andasse.
«Bene. Tu?».
«Se ce ne andiamo in un posto più tranquillo, te lo racconto».
Muriel la seguì arrendevole, ignorando gli amici che la chiamavano a gran voce da lontano.
Andarono a sedersi su una panchina in un giardino pubblico. Samantha le chiese come avesse passato il resto dell’estate, e lei rispose che era rimasta a casa a morire di caldo. Poi ascoltò i suoi racconti sulla sua emozionante vacanza a Berlino, dove aveva raggiunto il resto della comitiva dopo aver supplicato sua sorella di lasciarla andare, promettendo di provvedere alla spesa con qualche lavoretto part-time al suo ritorno. Avevano dormito due volte per strada, raccontò, quando nel mezzo della notte si erano trovati troppo lontani dall’ostello in cui alloggiavano - e troppo sbronzi - per farvi ritorno. Avevano incontrato gente di tutti i tipi.
«E… il bodybuilder?»
«Ah quello? Era solo un bambolotto, un divertimento di passaggio».
Dopo ce n’erano stati altri, e più interessanti. (E lei? Era anche lei un giocattolino? Questo Muriel lo pensò ma non lo disse. Non ebbe il coraggio).
Mangiarono un gelato e girarono per il centro come due vecchie amiche. Poi, la sera, finirono per rifugiarsi nel camerino di un centro commerciale… e fecero l’amore. Sembrò che il tempo non fosse mai passato. Che tutta la loro vita, da agosto a quel momento, fosse stata solo un sogno.
Ogni mattina, vedeva Samantha col suo ragazzone-giocattolo, che non le prestava la minima attenzione. Li guardava con odio. Anche gli altri ragazzi, sulla scia della loro leader, smisero di rivolgerle la parola, guardandola con nuova ostilità. Ma a Muriel non importava niente di loro. L’unica indifferenza in grado di ferirla era quella di Samantha.
La mattina seguente, sua madre la tempestò di domande sul perché evitasse i suoi nuovi amici, ma la ignorò. Tenne sul calendario nel suo bungalow il conto alla rovescia dei giorni che la separavano dalla partenza. Quando finalmente giunse il momento di tornare, voleva quasi piangere per la gioia.
A casa, la sua routine riprese come al solito. Di nuovo le sue giornate erano scandite dalla scuola, dai compiti, dalle uscite il sabato sera. E di nuovo tutto sembrava immerso in un avvilente oceano di grigio. Non che fosse una novità per lei. Era stata sempre abituata a nuotare in acque tiepide, mai gelide o roventi, e i suoi occhi si erano pian piano abituate a quei colori spenti. Ma adesso… sembrava che la luce di Samantha l’avesse accecata. Non riusciva più a trovare niente di bello in ciò che la circondava.
Poi, un giorno, la rivide.
Era all’uscita di scuola, appoggiata al palo di un lampione. I suoi capelli non erano più rossastri, ma di un verde brillante.
Quando la scorse, rimase paralizzata. Si guardarono intensamente da lontano.
«Scusatemi», disse agli altri del suo gruppo, allontanandosi da loro per andarle incontro.
Quando le fu vicina, lei le sorrise.
«Che cosa ci fai qui?».
Fece spallucce. «Ho scoperto che andavi a scuola da queste parti e ho pensato di venire a farti un saluto, visto che abito anch’io in città. Come te la passi?».
Muriel non rispose subito. Una parte di lei avrebbe voluto prenderla a schiaffi… ma si arrese presto a quella che invece la supplicava di non far sì che se ne andasse.
«Bene. Tu?».
«Se ce ne andiamo in un posto più tranquillo, te lo racconto».
Muriel la seguì arrendevole, ignorando gli amici che la chiamavano a gran voce da lontano.
Andarono a sedersi su una panchina in un giardino pubblico. Samantha le chiese come avesse passato il resto dell’estate, e lei rispose che era rimasta a casa a morire di caldo. Poi ascoltò i suoi racconti sulla sua emozionante vacanza a Berlino, dove aveva raggiunto il resto della comitiva dopo aver supplicato sua sorella di lasciarla andare, promettendo di provvedere alla spesa con qualche lavoretto part-time al suo ritorno. Avevano dormito due volte per strada, raccontò, quando nel mezzo della notte si erano trovati troppo lontani dall’ostello in cui alloggiavano - e troppo sbronzi - per farvi ritorno. Avevano incontrato gente di tutti i tipi.
«E… il bodybuilder?»
«Ah quello? Era solo un bambolotto, un divertimento di passaggio».
Dopo ce n’erano stati altri, e più interessanti. (E lei? Era anche lei un giocattolino? Questo Muriel lo pensò ma non lo disse. Non ebbe il coraggio).
Mangiarono un gelato e girarono per il centro come due vecchie amiche. Poi, la sera, finirono per rifugiarsi nel camerino di un centro commerciale… e fecero l’amore. Sembrò che il tempo non fosse mai passato. Che tutta la loro vita, da agosto a quel momento, fosse stata solo un sogno.