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Autore: KeyLimner    17/06/2014    1 recensioni
"Si unirono come fanno le onde del mare, rifrangendosi le une sulle altre con movimenti prima sinuosi e poi violenti, sempre diversi nella loro misteriosa danza. I loro capelli si intrecciavano, abbracciandosi come rami di corallo sul fondo degli abissi, e così le loro mani, i loro arti frementi. A Muriel parve che gli elementi della natura si reincontrassero tutti assieme nel gioco dei loro corpi che si cercavano, si trovavano, si agganciavano e infine tornavano a separarsi per poi cercarsi e trovarsi ancora. In quella comunione dei corpi e degli spiriti le parve che la natura portasse a compimento un qualche magico rituale al quale si preparava da secoli.
E alla fine di tutto, quando le tempeste si furono placate e i venti spirarono su di loro come una morbida brezza, i loro occhi si guardarono come gabbiani sulla cresta del mare finalmente piatto, che dopo un lungo viaggio insieme si conoscono alla perfezione e non hanno più nulla da dirsi, nessuna paura di guardarsi dritto in faccia senza cercare scorciatoie..."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Continuarono a vedersi. Ogni volta si incontravano quasi con stupore, come se entrambe non capissero cosa aveva portato i loro binari ad incrociarsi… come se in definitiva si fossero incrociati forse solo per sbaglio.
Muriel scoprì che Samantha, superati gli esami, aveva iniziato a frequentare il primo anno all’Accademia di Belle Arti. Era bravissima a disegnare. La sua tecnica prediletta era il carboncino, ma spesso realizzava grandi dipinti ad olio o con l’aerografo su cui lavorava per tempi piuttosto lunghi. Quando sedeva davanti a un dipinto, sembrava subire una completa metamorfosi. Era in grado di sedere per ore e ore davanti alla stessa tela senza mostrare il minimo cenno di affaticamento, e dimostrava una costanza e una precisione quasi ossessive, che sorprendevano non poco rispetto al tipo di persona che dava mostra di essere nella vita di tutti i giorni… sempre così esuberante e irrequieta, piena di frenesia. Mentre dipingeva, Muriel poteva vedere il suo volto tendersi nella concentrazione, e le sue espressioni riflettevano con estrema precisione i gesti della sua mano, con i quali trasportava quelle stesse emozioni sulla tela. Osservando il lavoro finito, poteva ripercorrere ogni istante del lavoro solo osservando i segni rimasti impressi sulla superficie del quadro, e innanzi a ciascuno le affiorava alla mente l’immagine del volto di Samantha in quel preciso momento, come se il disegno fosse un’enorme carta geografica che ripercorreva in modo pedissequo le tappe della sua elaborazione.
Più di una volta la ragazza la prese come modella per un ritratto. Muriel non avrebbe mai scordato la prima volta in cui la fece posare nuda. Sedeva su una sediolina di legno scuro che per qualche ragione le ricordava la casa della sua amata nonna, morta dieci anni prima, quando lei aveva poco più di cinque anni. Percepiva il freddo del sedile sotto la pelle, più vicino a lei di quanto fosse abituata: poteva sentire la carne e il legno incontrarsi (o scontrarsi), e le due superfici aderire l’una all’altra con una tale naturalezza che quasi la sorprendeva che non si fondessero tra loro. Le folate di vento gelido che tratti irrompevano nella stanza dalla finestra spalancata la facevano rabbrividire, ma non osò mai interrompere Samantha per chiederle di chiuderla. La ragazza appariva completamente assorbita dal proprio lavoro: studiava ogni piega della sua pelle, ogni ciocca dei suoi capelli, ogni ansa dei suoi fianchi con uno scrupolo che la metteva a disagio… e nonostante già molte volte fosse stata nuda davanti a lei, aveva l’impressione che mai Samantha l’avesse spogliata come facevano adesso i suoi occhi indagando il suo corpo pezzo dopo pezzo. Le faceva venir voglia di abbassare lo sguardo. Ma non poteva: doveva restare immobile. E quel contatto visivo forzato da un lato la imbarazzava, perché aveva l’impressione che attraverso di esso Samantha potesse leggere nella sua anima, dall’altro la eccitava, perché istituiva tra loro una connessione che solo l’amore… e forse nemmeno quello… era in grado di creare.
Quando Samantha posò il pennello e la chiamò a contemplare il risultato, trattenne il fiato nel vedere non tanto il proprio volto - la cui somiglianza era approssimativa - ma la propria anima, sulla tela. Avvertì nuovamente il percorso di quegli occhi indagatori sul proprio corpo e li sentì rubare la sua identità brano a brano per imprigionarla e imprimerla sul foglio. Da allora, ebbe la definitiva certezza che Samantha si era completamente impossessata di lei. Aveva risucchiato la sua essenza come argilla morbida, e adesso poteva plasmarla a suo piacimento.
E quella fu solo la prima di numerose sessioni di posa. Muriel divenne il suo soggetto prediletto. E ogni volta che la ragazza contemplava il risultato di tali sessioni, aveva l’impressione che Samantha avesse catturato un altro pezzetto della sua anima.
Muriel, come Samantha scoprì ben presto con somma delusione, non era invece quel che si dice un’amante dell’arte. Più volte la ragazza tentò di risvegliare il suo entusiasmo portandola a visitare varie mostre in centro, ma scoprì ben presto che le uniche opere in grado di toccarla davvero nel profondo erano le sue. Presto dovette rassegnarsi alla sua refrattarietà, e Muriel poté tirare un sospiro di sollievo al pensiero che non avrebbe più dovuto trattenere gli sbadigli tra i meandri di interminabili gallerie.
Ma se da un lato Muriel era totalmente in balia della sua dispotica compagna, altrettanto non si poteva dire per Samantha, che seguitava a vivere con la solita libertà. Muriel soffriva per questo. Spesso si era arrabbiata e aveva dato in escandescenze, all’inizio, ma Samantha aveva rivendicato caparbiamente la propria indipendenza, studiando con cura i punti dove colpire per metterla a tacere. Pian piano, la rassegnazione aveva avuto la meglio sulla frustrazione e sull’ira, anche perché man mano che cresceva la sua dipendenza da lei, Muriel era sempre più terrorizzata al pensiero di non vederla tornare da lei. Ogni volta che litigavano, era in grado di aspettarla per giorni chiusa in casa, per paura che quando sarebbe venuta avrebbe potuto cambiare idea non trovandola lì ad accoglierla. Solo una volta, dopo una sfuriata epica, prese l’iniziativa e uscì a fare la spesa per sua madre, ma mentre girava col carrello tra gli scaffali fu presa da un tremendo attacco di nausea e dovette tornare a casa correndo, senza neanche curarsi di rimettere sugli scaffali le scatole di cereali e i barattoli di sugo. Dopodiché passò il resto del pomeriggio a fissare il telefono, aspettando che squillasse.
Del resto, da parte sua, Samantha era sempre tornata. Quando entrava in casa sua, prima di metter su la sua solita faccia di bronzo, faceva capolino nei suoi occhi una palese traccia di nervosismo, ma si placava subito innanzi alla remissività della compagna, che le permetteva di riacquistare il suo usuale contegno.
Muriel non riusciva a confessare la loro relazione a sua madre. Ogni volta che era sul punto di farlo, un nodo le attanagliava la gola e doveva desistere. C’era da dire, però, che Samantha non le faceva mai pressione in tal senso. Quando veniva a cena a casa sua, recitava diligentemente la parte dell’amica protettiva, parlava di tutto, dell’università, delle mostre… Poi salivano in camera sua, e Muriel chiudeva la porta della stanza con la piccola chiave d’ottone arrugginita e si voltava verso la compagna, che l’aspettava con un sorrisetto malizioso sul letto. Anche sforzarsi di fare piano… tapparsi la bocca con le mani a vicenda per impedirsi di gridare… soffocare i gemiti con i baci… tutto questo era parte del gioco. Contribuiva a renderlo più eccitante.
Era questo che facevano?
Un gioco?
Muriel non riusciva a smettere di essere ossessionata da quel pensiero. Ci pensava continuamente… e si torturava spesso nell’impossibilità di trovare una risposta. Ma non le riusciva di inserire ciò che facevano in uno schema conosciuto, in una cornice rassicurante che le avrebbe concesso di dare una definizione a quel sentimento che non era neanche riuscito neanche a lei di comprendere fino in fondo. Forse, in fondo, ciò che realmente la attraeva di quel sentimento era la sua refrattarietà ad essere costretto in uno schema prestabilito: il loro amore - se così lo si poteva chiamare - era anarchico; un animale ribelle che non si prestava ad essere domato, e si imbizzarriva ogni qualvolta si tentava di legarlo.
Se si trattava effettivamente di un gioco, ad ogni modo, era un gioco molto pericoloso. E Muriel sapeva… ma non sentiva di poter fare niente al riguardo… che probabilmente prima o poi qualcuno avrebbe finito per farsi male. Molto male.
  
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