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Autore: BlueSon    17/06/2014    3 recensioni
Dare esami nei mesi estivi è come si dice a Napoli davvero "na bott 'nfront"... hahahahahaha...vorrei dare fuoco a tutti i libri ma ritengo sia doveroso prima studiare. XD Però nessuno mi vieta di trovare tempo e spazio da dedicare alla mia coppia preferita. La mia prima AU in assoluto. Spero di non metterci troppo nell'aggiornare la storia e spero che questa piccola follia possa piacere....baci baci BlueSon
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Un po' tutti, Vegeta | Coppie: Chichi/Goku
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Tutto quello che posso dirti di me

“Adesso tu mi spieghi come e quando è successo una cosa del genere. Ti rendi conto che gran colpo per l’azienda di famiglia?” 
Chichi sorrise soddisfatta dinanzi alla meraviglia di Bulma, la sua migliore amica. Sin da piccole avevano camminato insieme: asilo, elementari, medie e superiori. All’università avevano preso strade differenti ma solo perchè Bulma aveva nelle mani la più grande azienda immobiliare di tutto il Paese e lei aveva deciso di specializzarsi prima di entrare in società con lei. Così si era messa sotto e dopo qualche piccolo ritardo era riuscita a laurearsi in architettura con il massimo dei voti. Era già un anno che lavorava alla House Corporation, l’azienda dei genitori di Bulma che un giorno sarebbe passata definitivamente nella mani della sua migliore amica e del futuro marito Vegeta. Lui era un ingegnere affermato e da molti anni lavorava con il papà di Bulma. “Un colpo di fulmine” si è soliti chiamarlo. Infatti si fidanzarono di lì a poco ed erano quasi vicino al matrimonio. Bulma si lamentava spesso del comportamento un po’ burbero di Vegeta ma Chichi si era trovata spesso a lavorare con lui: era un testardo e un presuntuoso come non li aveva mai conosciuti ma per la sua amica sarebbe stato disposto anche a morire anche se non lo dava a vedere. Anche Bulma aveva dovuto capirlo e per queste le sue lamentele si trasformavano nella maggior parte dei casi in frecciatine divertenti. Chichi era felice. Lo era davvero.
“Allora mi racconti?” chiese Bulma addentando la sua insalata mista (era sempre a dieta).
“Ok ok. In realtà anch’io sono rimasta parecchio colpita.”
Qualche giorno fa era arrivata nel suo ufficio una donna sulla sessanta vestita di tutto punto .

“Prego, si accomodi” le disse lei con un sorriso. La signora le sorrise di rimando e si sedette di fronte a lei. A Chichi non piaceva essere troppo materialista, pensare ai profitti prima di sapere di cosa si trattasse, ma quella donna profumava di soldi a palate da un miglio di distanza. La conferma arrivò cinque secondi dopo. La donna dai capelli biondo tinto si scusò per essere venuta senza preavviso ma annunciò che era arrivata direttamente da Sidney.
“Il mio nome è Monica Sonford e mio marito e il conte Charles Sonford.”
Le ci vollero cinque minuti buoni per riprendersi da quella bomba lanciata con così tanta disinvoltura. Charles Sonford era uno degli uomini più potenti al mondo. Un conte di antico stampo che aveva saputo ben adattarsi al mondo tecnologico. Elegante e fiero nei suoi settantacinque anni era impegnato in attività di beneficenza da quanto ne aveva trenta. Principalmente era un famoso critico d’arte. Dirigeva un museo di importanza nazionale a Sidney ed era impegnato nel campo della ricerca. Quando la signora vide che lei aveva capito chi aveva di fronte continuò a parlare.
“Come può immaginare mio marito è molto impegnato in diverse attività. È sempre in giro per lavoro nonostante la sua età, ma mi ha chiesto di occuparmi di una villa proprio qui in Italia.”
“La villa dei Beni.” Pensò Chichi senza riferire ad alta voce il nome con cui si soprannominava quel capolavoro di architettura. Apparteneva alla famiglia Sonford da generazioni.
La signora continuò.
“Mio marito ha deciso di metterla all’asta o di venderla se c’è qualcuno tanto ricco da queste parti da fare un’offerta degna dell’antico valore di quelle mura.” Disse la donna con una fine altezzosità da sembrare quasi modestia. “Ho controllato tra le più importanti aziende italiane che potessero occuparsi della vendita o dell’appalto e la mia scelta è ricaduta su di voi.” 
Le sue parole la meravigliarono non poco. Vendere un patrimonio di famiglia? Sembrava strano ma non chiese spiegazioni.
“Sarà per noi un onore, signora Sonford” le rispose solo con gentilezza.
“Bene allora. Io purtroppo devo tornare a Sidney per degli affari. Ci terremo in contatto, signorina Chichi. Mi ha fatto piacere trovare lei. Ho letto il suo curriculum e devo farle i miei più sentiti complimenti.”
“Grazie, signora.”
“Ah, un’altra cosa…” disse la signora sulla porta del suo ufficio.
“Le chiedo un’altra gentilezza. Se è possibile mantenere un’adeguata riservatezza sul caso. Sa, qualcuno potrebbe far circolare voci di cattivo gusto.”
“Non si preoccupi, signora Sonford. La riservatezza è compagna della perfetta riuscita di una vendita.”

“No, non ci credo.” disse Bulma che aveva finito di mangiare da un pezzo. “Ora che farai?”
“Andrò alla villa questo stesso pomeriggio. Non vedo l’ora di ammirarla sia dall’interno che dall’esterno.”
“Sembri una bambina in procinto di scartare il suo nuovo regalo” le confidò Bulma sorridendole felice.
“Con la sola differenza che già so che il regalo mi piacerà un sacco.” disse alzandosi dal tavolo per andare a chiedere il conto.

 

...


Era così elettrizzata che per tutto il viaggio dal suo ufficio alla villa aveva avuto la pelle d’oca. Parcheggiò sul lato opposto a quello della villa e quando scese fece il giro di tutto la recinzione in ferro battuto.  La signora Sonford le aveva chiesto riservatezza e lei sarebbe entrata dal cancello secondario. Si stava abbastanza bene in quel crepuscolo di primavera ma non c’era molta gente in giro. Si trattava comunque di una zona un po’ più periferica rispetto alla città. Chichi girò la chiave anche essa in ferro battuto e avanzò emozionata verso quel gigante in cemento e marmo pregiato. Chi avrebbe mai potuto comprare un tesoro così prezioso? Chissà quanti bei quadri e arredi dovevano esserci all’interno. Affrettò il passo lungo il tracciato in ghiaia che separava l’enorme giardino che avvolgeva la villa. La costruzione era bellissima. Il color avorio delle mura era nascosto da quello leggermente più scuro delle colonne che formavano il portico. Chichi salì gli scalini e facendo risuonare i tacchi sull’elegante marmo trovò un’entrata secondaria. Entrò e quasi correndo arrivò al centro dell’ampio ingresso. Era uno spettacolo d’arte. Le mura di casa era tappezzate di quadri d’epoca e un’ampia scala centrale percorribile sia da destra che da sinistra conduceva al piano superiore. Chichi guardò estasiata ogni più piccolo particolare. Capì che il soprannome della costruzione, Villa dei Beni, non poteva essere più adatto. Solo quando lo stupore iniziale lasciò spazio ad una più vivace curiosità sentì uno strano rumore. Sembrava lo scroscio dell’acqua e proveniva dal piano di sopra. La curiosità si tramutò in paura. Chi c’era in quella villa? La signora Sonford non aveva fatto cenno ad un qualche abitante. Cercò di inzittire i pensieri che le ronzavano per la testa e aguzzò l'udito. Una persona razionale sarebbe tornata indietro di corsa, ma Chichi non era razionale. Nonostante fosse una ragazza con i piedi per terra spesso lasciava che l’istinto la guidasse. Come in quella situazione. Mentre pensava a cosa fare l’acqua smise di cadere e dei rumori indistinti risuonavano nel silenzio della casa. Chichi sentiva solo il suo cuore battere come un pazzo e decise di nascondersi nella prima stanza. Non fece in tempo. Una voce maschile la richiamò. Come i soldati che improvvisamente fermi si mettono dritti sull’ “attenti” del loro capitano anche Chichi non osò fare un passo in più.
“Ehi tu, chi diavolo sei?” sbottò quella voce che sembrava farsi sempre più vicina. “Come hai fatto ad entrare?”
Chichi poteva sentire lo scricchiolio del legno sotto i passi felpati di un uomo.
“Ho le chiavi.” Balbettò. “Non pensavo che ci fosse qualcuno.”
“Sai che questa è violazione di domicilio?” chiese quell’uomo dalla voce calda e profonda. “Domicilio? Non mi risulta che questa casa sia abitata.”
“Ah, non ti risulta? Allora chi sono secondo te, un fantasma? Ma si può sapere chi diavolo sei?”
Chichi si stava innervosendo. Non sapeva se girargli per dirgliene quattro o restare lì ferma pregando che non la sparasse. “Voltati” disse alla fine l’uomo.
Chichi respirò profondamente. Molto probabilmente sarebbe morta nel giro di qualche secondo.  Invece, quando si girò, non trovò nessuna pistola puntatale in faccia né gli occhi di un pazzo. Quello che vide le lasciò qualsiasi parola ferma in gola. Un ragazzo forse poco più grande di lei la guardava sconcertato con indosso un semplice asciugamano avvolto in vita. I muscoli guizzavano sotto la pelle e i suoi occhi neri la scrutavano indagatori. La capigliatura pazza, simile a quella di un bambino che non ha voglia di pettinarsi, faceva da contrasto sopra quel viso austero. Chichi avrebbe voluto davvero dire qualcosa ma non sapeva davvero cosa.
“Allora vuoi dirmi chi sei?”   

 

Allora che ne pensate? Vi ho incuriositi almeno un po'? Spero di sì anche se credo che abbiate già capito chi è il fusto di Villa Sonford. :P 
Grazie a tutti coloro che leggeranno questa storia e a chi soprattutto vorrà accompagnarmi in questa mia prima esperienza. Un Bacio Grande

  
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