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Autore: Ornyl    17/06/2014    1 recensioni
Per il giovane Martin Stevens è ormai giunto il tempo di sistemarsi,e la grande casa in campagna dei Prynne sembra un ottimo posto per farlo. La villa si trova tra la città e la campagna,perfetta per la vita mondana e per un ritiro intellettuale,e il piccolo paradiso viene venduto ad un prezzo decisamente basso. Stevens coglie l'occasione e si innamora di quella casa,con ottimo personale e stanze ricche,ma ciò che lo colpisce già da subito è il ritratto della giovane e defunta primogenita Prynne,Ophelia,un quadro talmente ben fatto da sembrare quasi vivo,quasi piangere. Ecco,nemmeno la tela ne è esente: i morti sanno tutto e,chi muore triste e nel dolore,si fa sentire anche dopo tanto tempo,anche dopo tanto sangue,e al sangue si mescolano le lacrime.
Forse Villa Prynne non è un paradiso di tranquillità come vuole mostrarsi.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quando arrivai sulla casa era già calata una terribile oscurità e vidi dalle finestre alcune stanze illuminate e alcune ombre muoversi dentro. Nella mia stanza riconobbi una sagoma femminile,con un lungo abito: Farrah già stava preparandomi la stanza per la notte e l'avrei ringraziata di certo appena sarei entrato;al piano di sotto riconobbi Alexander - inconfondibile per i suoi folti capelli. Congedai il mio cocchiere,mi feci strada lungo la scalinata di ingresso e venni accolto da Farrah e dalla giovane domestica: avevano un'espressione stanca e spenta,ansiosa,quasi avessero atteso tutto il giorno di vedermi di ritorno.
-Ben tornato,signore. Abbiamo atteso voi per la cena,ho appena comunicato al cuoco di prepararla-
La piccola domestica mi aiutò a togliere la giacca.
-Dov'è Alexander?-
-Vi attende in salone,ha ordinato di uscire la scacchiera .. -
La piccola domestica si allontanò e Farrah fece atto di seguirla,ma la bloccai.
-Avete bisogno di qualcosa?-
-Sì Farrah,ho visto da fuori che stavate già preparando la mia stanza per la notte. Vi ringrazio molto-
Farrah accennò un sorriso preoccupato e triste,che mi colpì terribilmente. Quella vecchia donna era totalmente indecifrabile.
-Non sono stata io,signore-
-E' stata allora .. Oh cielo,come si chiama la domestica più giovane ..-
-Manon? Oh,no,nemmeno lei. Al piano superiore non c'era nessuno- Le sue parole mi fecero rabbrividire nella loro innocenza e semplicità-Sono le nostre regole: sistemiamo il piano di sopra solo la mattina ma non vi entriamo per tutto il giorno,se non quando i signori ce lo chiedono. Siete davvero sicuro di aver visto qualcuno?-
Annuii e Farrah si accorse del mio presunto terrore.
-State tranquillo,signore. Siamo pochi,qui ..-
Raggiunsi Alexander in salone:egli sedeva sul divano,felice del chiarore del caminetto e con un grosso sigaro tra le mani. Aveva il volto stanco e serafico e lanciava occhiate a destra e a sinistra,prima alla grossa scacchiera di mogano poco lontano e dunque  a me.
-Oh!-esclamò alzandosi dal divano-Siete tornato,amico mio! Come è andato il viaggio?-
-Questo giorno è letteralmente volato,Alexander .. Dunque,mi aspettavate?-
Mi cinse la spalla con un braccio,lasciando penzolare il sigaro dalle sottili labbra e assumendo un'espressione grottesca e spaventosa alla luce del camino.
-Certo,tutto il giorno! Venite,accomodatevi alla scacchiera .. Accettate?-
Non giocavo a scacchi da molto tempo e avevo perso l'allenamento,mentre guardavo in faccia il mio compagno e già vedevo nei suoi occhi -in quel momento erano terribili,dannazione,benchè sorridessero-la schiacciante vittoria su di me.
-Oh,scacchi .. Vi confesso che ho perso l'allenamento,Alexander!-
Sorrise apertamente e la luce del caminetto illuminò di riflessi sanguigni il suo sorriso sottile e tagliente.
-Non preoccupatevi,Martin-mi faceva accomodare e portava la mia sedia poco più vicina alla scacchiera-Prima di giocare potrei rispolverarvi qualche regola,tanto a breve andremo a cenare! Dopo però vi voglio pronto,amico mio,intesi?-
Ci accomodammo,disponemmo le pedine e Alexander iniziò la sua lezione:le sue parole scorrevano rapide come acqua da una grondaia durante una tempesta,così le sue grosse mani si muovevano con grazia e agilità,tornite e inanellate come non mai. Egli invece sorrideva furbo,con quelle sue labbra sottili e arrossate e un ghigno quasi maligno.
-Ci siamo intesi,amico mio?-
M'ero totalmente perso nel suo volto demoniaco e innocente allo stesso tempo e mi limitai ad annuire.
Alexander continuava sicuro di sè,tremendo e meraviglio,finchè si fermo e fece un altro tiro.
-Avete capito tutto,ci siamo?-
-Sì,Alexander,siete un eccellente maestro-
Ridacchiò.
-E voi un eccellente allievo,e mi state simpatico!-
Ridacchiai io e Alexander tirò fuori dalla giacca la scatola dei suoi sigari.
-Ne volete uno?-
-Non fumo,vi ringrazio-
Rise ampiamente.-C'è sempre una prima volta,Martin. Avete il viso così giovane e intelligente,anche io da ragazzo ero così ..-
-Da ragazzo? Perchè,quanti anni avete?-
Un grosso anello di fumo uscì dalle sue labbra,lo guardai fluttuare per qualche secondo e poi dissolversi.
-Voi quanto me ne date,eh?-
-Una trentina,forse?-
Rise rumorosamente e quasi mancò che facesse cadere il sigaro dalle dita.
-Ventiquattro a breve,mio caro. Non biasimatevi se mi credevate più grande o vi sono sembrato più vecchio,ma certi lutti ti invecchiano in pochissimo tempo ..-e,mentre i suoi occhi continuavano a sorridere,il suo volto prese la direzione opposta esprimendo una grande malinconia.
-Mentite!-
Una voce rauca e irata ci richiamò da destra. Era Farrah che,subito dopo,abbassò gli occhi.
-Farrah! Cosa c'è?-
Notai il terribile gioco di sguardi che passava tra Alexander e Farrah:un lupo guardava con stizza una vecchia rondine devastata dal tempo e irata come un toro.
-Signori ..-il tono della sua voce s'era fatto più pacato-La vostra cena è pronta-
-Ti ringrazio Farrah,ma la prossima volta bussa,di grazia-la interruppe Alexander,freddo come non  mai-Sai,io e il mio amico stavamo parlando ..-
Mi sorprese il particolare modo in cui mi appellò,quasi non mi riconoscesse in altro modo. Gli occhi di Farrah ardevano di rabbia e tristezza.
-Perdonatemi,signore-e sparì dietro l'uscio.
-Perdonatela,amico mio-sbottò-Gli straccioni e i domestici non hanno altro che le loro memorie-
La cena passò in silenzio e dopo io e Alexander  ci dirigemmo al piano di sopra. Salimmo insieme lo scalone,illuminato dal grande lampadario di cristallo del salone e rimbombante dei nostri passi. Alexander non sembrò nemmeno accorgersi del ritratto di Ophelia ma io mi fermai nuovamente davanti ad esso,mettendomi a sfogliare le rose che erano deposte sotto. Alexander si accorse del silenzio,si guardò indietro e quando mi ritrovò fermo lì mi guardò sorpreso.
-Martin,perchè vi siete fermato?-
Guardavo dall'alto verso il basso il ritratto della dama bianca,i cui occhi sembravano più tristi che mai quella sera. Parevano quasi rimproverarmi qualcosa.
-La prima volta che sono venuto in questa casa sono rimasto colpito dal ritratto di .. Ophelia,giusto?-
Annuì stranito.-Ophelia,già. Dio l'abbia in gloria-ribattè freddo,troppo freddo per essere stato unito a lei.
-Vostra moglie ..-
-Già,poveretta-lo vidi allontanarsi lungo il corridoio a passi lenti e rumorosi,quasi trascinasse un grosso peso. S'era già inoltrato negli appartamenti signorili,più precisamente nell'ala in cui vi era la stanza padronale. In quelle poche ore in cui era rimasto solo in casa,casa mia ormai,Alexander sembrava esser ritornato padrone di quelle stanze e ciò non mi stupì ma mi fece lievemente stizzire;a ciò si aggiunse il totale disinteresse per quella povera moglie trapassata e il mio stupore verso me stesso,sì,nell'esserne tanto interessato e colpito. L'anima umana è una grossa porta con mille e più serrature,delle quali non si ha sempre la chiave:non trovavo ancora le mie,perso nel buio spettrale in cui Ophelia era stata ritratta per sempre,figuriamoci quelle del mio conquilino,perse nel buio terribile della sua testa,dei suoi capelli,dei lampi indecifrabili che illuminavano quegli occhi giallastri e innocentemente demoniaci.
-Martin,vi auguro una buonanotte!-urlò da lontano,mentre i miei occhi erano ancora fermi su Ophelia,su quel pallore spettrale e terribile,colmi della sua stessa tristezza-Se mi cercate sono qui,nella mia stanza,rimarrò sveglio ancora un po'!-e si aprì la porta e se la richiuse dietro con violenza,facendo quasi tremare le pareti e il quadro stesso.
Mi allontanai a sinistra,verso la mia stanza,e improvvisamente mi venne in mente l'ombra che avevo intravisto tornando a casa. Scossi la testa e risi di me stesso,risi di quell'illusione ottica che mi aveva beffato. Il corridoio era fiocamente illuminato dai candelabri,alcuni accesi e a altri no,che rischiaravano un buio altrimenti troppo fitto e denso;intorno a me solo silenzio e,man mano che mi avvicinavo alla porta della mia stanza,una fredda brezza mi colpiva la schiena.
Strinsi il pomello della porta e non ebbi difficoltà ad aprirla:era già aperta.
Il sonno mi colpì violento appena misi piede in quella stanza.
 
Mi svegliai di soprassalto e guardai il cielo:era il crepuscolo,un crepuscolo rosato e tranquillo.
Mi chiesi se fosse la mia realtà o quella onirica e spettrale che avevo vissuto la sera prima,e la risposta arrivò subito.
Ella stava ferma davanti allo specchio,vestita di bianco:il suo abito,niveo e leggero,scendeva oltre le caviglie con un piccolo strascico e si stringeva in vita con un nastro di seta viola;le maniche a sbuffo,morbide come nuvole,coprivano un paio di spalle altrettanto esangui,una delle quali coperta ulteriormente da una mantella anch'essa viola con ricami dorati;i suoi capelli erano acconciati per bene,tenuti fermi da perline dorate e da una piccola tiara. Ma sullo specchio vi era riflesso un volto senza sorriso nè luce,un volto splendido e arrossato ma dagli occhi terribilmente cupi,pieni di tristi presagi:non avevo mai visto un paio di occhi così tristi,forse più tristi di quelli del quadro.
Farrah entrò nella stanza,guardandola con sufficienza.
-Siete così .. Bella,bambina mia. Togliete il fiato,per l'amor del cielo. Ma .. Sorridete,sorridete!-
 I begli occhi di Ophelia erano più lucidi dei diamanti che portava al collo e più grandi degli orecchini di perle ed oro che indossava.
-Menti,Farrah mia -aveva iniziato a singhiozzare-A cosa serve un sorriso se il proprio fascino non riesce a brillare davanti agli occhi di chi ami,eh?-
 Farrah la guardò con tristezza e poi la cinse con le braccia.
-Siete bellissima,bambina mia. Molto più bella di quella ..Ragazzaccia,sì,che il cielo mi perdoni!-
Ophelia si accasciò sul letto,sospirando.
Era la più bella principessa triste che avessi mai visto,anche se sapevo che non fosse vera o,più che altro,che non fosse più vera e viva.
Farrah le si accomodò accanto:una mano rugosa sfiorò una mano giovane e coperta da un costoso guanto di seta bianca.
-E' la festa del vostro fidanzamento,mia cara ..-e le prese la mano,le sfilò il guanto e un anello di zaffiro brillò tra le dita di Ophelia-Fra poche settimane non dovrete più angustiarvi,se gli sarete sempre fedele. Lo farete,davvero?-
-Lo amo come nessun altro,Farrah,e lo sai .. Io non lo tradirò mai,ma ho paura di lei .. E' così bella e ammaliante e ..-
Qualcuno bussò alla porta.
Lady Prynne faceva capolino sorridendo,con la testa tutta piumata e un abito d'oro.
-Ophelia,amore mio! Stiamo tutti aspettando giù,coraggio!-
-Oh,mamma .. Sto arrivando,state tranquilla. Pazientate e arriverò-
Ophelia si alzò continuando a sospirare,con gli occhi senza alcuna luce. Farrah e la madre la osservavano andare verso la porta.
-Buon Dio,sorridi figlia mia!-
Ophelia accennò un sorriso e Farrah la seguì,poi si chiusero la porta alle spalle.
-Mamma,andate. Fra poco arriverò..-
Lady Prynne scosse la testa e si allontanò lungo il corridoio,mentre dallo scalone proveniva una musica forte e allegra e un grosso vociare di persone.
-Divertitevi,bambina. Non pensate a nulla e sorridete,e lui non vi staccherà gli occhi di dosso. Ve lo prometto!-
Mi avvicinai ad Ophelia e tentai di prenderla per un braccio.
Riuscii a toccarla,era gelida di morte.
Come gelide erano quelle ossa che si sostituirono alla sua pelle rosata sul viso e sulle braccia e su tutto quel corpo di fanciulla rivestito di seta:uno scheletro in abito da principessa,con l'anello di fidanzamento ancora alle dita.
E il buio calò sulla sala,ormai vuota,senza musica,mentre uno scheletro di triste fanciulla si inoltrava lungo lo scalone fino a rompersi,spezzarsi,dissolversi nell'oscurità.
 

 
   
 
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