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Autore: Fabio93    18/06/2014    1 recensioni
In una terra d'Oriente ricca di misteri e forze oscure, sotto le ceneri lasciate dalla guerra civile, ardono ancora i fuochi della ribellione. Danzo, l'usurpatore, ha ottenuto il potere su Nisora pagandolo col sangue dei suoi nemici, ma si sussurra che l'antico ordine dei samurai che lui stesso aveva cercato di sterminare si stia preparando ad insorgere. Da oltre le montagne, la nazione di Long Yu osserva e si prepara all'invasione per approfittare della debolezza del nemico ed unificare gli imperi.
La guerra è alle porte: chi ne uscirà vittorioso?
[la storia è frutto della collaborazione con un secondo autore, Mist Guardian!]
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fabio93

 

Arriva la notte

 

Usciti dalla bottega del fabbro, i due proseguirono oltre il pozzo, dove la stradina che percorreva il villaggio riprendeva a salire in morbide curve seguendo le linee delle colline. La locanda non era lontana, e Sayuri camminava a passo svelto, ma ci voleva comunque un po' di tempo per arrivarci.

Un silenzio imbarazzato li accompagnava fra le case e gli sguardi della gente, alcuni curiosi, la maggior parte diffidenti. La stessa Sayuri non riusciva a sentirsi a suo agio a camminare con un perfetto sconosciuto: non sapeva davvero nulla di lui, che poteva essere un bandito, o anche peggio...

-Pensi che i tuoi vicini ce l'avranno con te per avermi accompagnato?-

Sayuri quasi sobbalzò, non aspettandosi l'inizio di una conversazione. Si girò e osservò il viso asciutto del suo accompagnatore. Era giovane, ma aveva un’aria molto stanca e consumata. Sul suo volto iniziavano ad apparire le prime rughe e aveva una cicatrice sulla guancia sinistra: non doveva aver avuto una vita facile. Continuò a fissarlo, finché non si accorse che lui ricambiava lo sguardo, ancora in attesa di una risposta . Colta dall’imbarazzo tornò immediatamente a guardare davanti a sé.

-Non temere, non ti mangio.-

–No, non è quello, è solo che...- abbozzò un sorriso e cercò le parole con cura -È strano ricevere visitatori in questo periodo, e le cose strane non piacciono, alla gente di qui.-

-È comprensibile e forse anche io sarei diffidente, ma davvero non sono qui per portare guai. Mi credi?-

Sayuri dovette riflettere un poco. Non lo conosceva e non poteva certo dire di fidarsi di lui, eppure non si sentiva minacciata: le pareva sincero, nel dirsi innocuo.

-Mio padre ci crede.- disse infine, levandosi d'impiccio.

Il giovane sbuffò, forse insoddisfatto del suo parere.

-In ogni caso- riprese con un sospiro – hai detto che di visitatori ogni tanto ne ricevete.-

-Sì, di solito piccoli mercanti diretti alle città più grandi, verso l'interno. Se ne vedono molti per il grande mercato di Mizumori, ad esempio, e a volte ci va anche mio padre.- spiegò, girandosi nuovamente a guardarlo.

 

Un grande lago. Schizzi di luce riflessi sulle onde.

 

Sayuri sbatté le palpebre, mentre lo sguardo tornava a mettere a fuoco le case, la strada e Naoki. Per un attimo la sua mente era scivolata via, lontano.

-Anche tu sei diretto a Mizumori, vero?-

Lui la guardò un po' stupito.

-Beh, sì. Ma come lo sai?-

-Ho tirato a indovinare...e comunque era la cosa più logica, no?-

Non poté fare a meno di sorridere, a quella piccola bugia. Non aveva affatto tirato a indovinare, l'immagine della grande città lacustre le si era presentata davanti agli occhi, chiara e nitida: era una cosa a cui lei era abituata, ma un po' troppo strana per parlarne in giro.

-Mi piacerebbe vederla, un giorno! Mio padre c'è stato e mi ha raccontato del lago circondato dalla foresta e delle tante piccole isole che compongono la città. Deve essere un luogo unico...- gli confessò, cercando di richiamare alla memoria i paesaggi descritti dal padre. Non aveva altro che la propria fantasia e quel suo particolare intuito, per vedere il grande mondo oltre la barriera di legno del suo villaggio. -Sapete, molti dei miei compaesani sono spaventati dal mondo fuori dalla barriera di legno. Dicono che sono successe cose orribili in passato e che dalla morte dell'Imperatore il mondo sia cambiato. Così hanno innalzato questa palizzata, per tenere fuori tutto quello che non gli piace o che li spaventa. A me invece piacerebbe poter viaggiare, vedere le grandi città dell'Impero!-

Naoki non riuscì a trattenere una breve risata, al che lei lo fulminò con lo sguardo.

-Scusami, non intendevo offenderti! È che non mi aspettavo un discorso del genere. Forse avrai la tua occasione di viaggiare lontano, te lo auguro.-

-Sarà...comunque, siamo arrivati.-

La locanda di Shoichi era costruita su tre piani, ognuno con ampie finestre e tetti spioventi d'argilla nera; era proprio dal lato opposto del villaggio, a poca distanza dalla palizzata che lo racchiudeva. Poco più avanti la strada tornava ad essere un semplice sentiero sterrato, stretto da entrambi i lati dal bosco fitto.

I due rimasero a guardarsi ancora un po': lui sembrava voler continuare a chiacchierare, mentre Sayuri cominciava ad essere ansiosa di porre fine all'incontro. Lo aveva accompagnato alla locanda, come le aveva chiesto suo padre, ed era stata educata e gentile, ora però voleva proprio tornare a casa: anche se non lo aveva ammesso, un po' la preoccupava il pensiero di cosa avrebbero detto i suoi compaesani. Forse non era poi così diversa dagli altri, come le piaceva pensare...

-Sayuri-chan- disse il forestiero, con fare pensoso -Ci sono molti posti bellissimi da vedere, nell'Impero, e chissà quanti altri nel mondo intero, ma si sono anche cose di cui...ecco, di cui è giusto aver paura. Cose che ti fanno venir voglia di costruire difese come questa.-

Indicò con un cenno del capo la palizzata, guardandola con sguardo assente, catturato da chissà quali pensieri o ricordi. Sayuri attese che lui aggiungesse qualcosa, ma Naoki non disse altro: le sue parole rimasero sospese fra di loro come un petalo ormai secco che rimane aggrappato al proprio fiore.

-Beh- riprese poi con un sospiro –credo sia giunto il momento di separarci. Grazie ancora per avermi accompagnato Sayuri-chan-

Pronunciando le ultime parole cercò di assumere un tono scherzoso, ma la sua espressione non la convinse. Qualsiasi cosa si fosse risvegliata in lui poco prima era ancora presente, si agitava in profondità nei suoi occhi, appena visibile. Cosa fosse a preoccuparlo, però, Sayuri non avrebbe saputo dirlo e nessuna intuizione le giunse in soccorso.

-Di nulla…- ripose -Bene.-

Chinò leggermente il busto in segno di saluto e si diresse verso casa, guardando un'ultima volta indietro, per vedere il forestiero entrare nella locanda. Una folata di vento gelido soffiò all’improvviso, facendola rabbrividire: raccolse le braccia attorno alle spalle per proteggersi dal freddo e inspirò l'aria della sera. La luce dorata del tramonto si raccoglieva fra le foglie degli alberi e sui tetti delle abitazioni come acqua dopo un temporale: tutto pareva più acceso e splendente ora che il giorno era in bilico sull'orlo della notte.

Quando giunse al basso casolare di legno che chiamava casa, verso il confine ovest delle mura, quel piccolo spettacolo di luci ed ombre era già finito. La sua era più ampia delle altre abitazioni del villaggio per via della fucina che occupava metà del piano inferiore. Entrò dall'altro lato attraverso la grande porta scorrevole, suo padre era lì: la schiena poggiata contro la parete, lo sguardo assorto e fra le dita la sua sottile kiseru in metallo e bambù dalla quale si levava un sottile filo di fumo grigio.

-Buonasera padre, sono tornata.- disse abbozzando un sorriso, e un lieve inchino del capo.

Tetsuya spostò su di lei lo sguardo e ricambiò il sorriso. Portò la kiseru alle labbra e inspirò a fondo.

-Come è andata col forestiero? Ti ha dato problemi?-

-No, nessuno, certo però che è un tipo misterioso...un po' strano.-

-Chissà...- fece suo padre, con uno sbuffo di fumo -Comunque per oggi gli abbiamo dedicato fin troppo del nostro tempo, ora che ne dici di preparare la cena prima che tuo padre muoia di fame, figlia sconsiderata?-

 

Era buio, nella piccola stanza di Sayuri. La luna era un alone pallido di luce e le ombre erano fitte. Dopo la cena aveva sbrigato in fretta le ultime faccende e poi si era ritirata per dormire: si sentiva stanca, benché non fosse stata una giornata particolarmente dura. Eppure non riusciva ad addormentarsi. Continuava a ripensare all'ultimo sguardo di Naoki, alle sue strane allusioni, ai pali aguzzi come denti che ringhiavano alla foresta e che le erano sempre parsi così innocui e familiari.

Ci sono tante cose là fuori. Cose di cui è giusto aver paura.

Si rigirò sul suo futon , inquieta. Le voci degli alberi bisbigliavano sommesse coi fruscii portati dal vento. Il legno della casa scricchiolò e Sayuri sentì un brivido accarezzarle la schiena. Perché si sentiva così tesa? Non ne aveva motivo, eppure sentiva una paura irrazionale agitarsi dentro di lei, in attesa di qualcosa che la facesse emergere, esplodere, e quel qualcosa stava arrivando, piccola Sayuri, arriva, sembrava dirle quella minuscola e fredda goccia di paura che aveva dentro. Rimase in attesa, trattenendo il fiato, senza sapere nemmeno cosa stava aspettando.

Qualsiasi cosa fosse, però, non arrivò. La ragazza sbuffò e tornò a chiudere gli occhi, cercando di pensare ad altro, magari alla bellissima luce del tramonto. E quando stava per rassegnarsi ad una notte in bianco, arrivò il sonno, e con esso, i sogni.

 

 

Nel sogno era il tramonto, si lasciava trasportare da un fiume di luce dorata e calda. Non c'era orizzonte, tutto era spazio e colore e sensazione.

Le pareva di udire una melodia, le note dolci e infantili di un flauto forse, o forse un sospiro di fronde. Un richiamo, comunque, di una voce che le pareva di ricordare.

Lasciò che il fiume la conducesse, lo sguardo rivolto ad un cielo terso e profondo.

E poi.

Freddo.

La luce del tramonto le morì sulle labbra come un grido di sorpresa e lei sguazzava in una palude di tenebra. La paura le si arrampicò dentro, le artigliò la gola e le morse il respiro. Nel buio ora c'era una luce, e la luce era rossa, un caos di forme e colore di sangue e la luce era fuoco, le fiamme aguzze e terribili come zanne e mordevano e danzavano nel caos su una musica che era fatta di urla. E d'improvviso la danza si fece inseguimento e quelle fiamme così rosse come sangue al sole del tramonto si lanciarono verso Sayuri e, oh, ecco, la paura le esplose dalle labbra e lei gridò e lei...

 

 

Si svegliò di soprassalto, col fiatone.

A poco a poco il cuore rallentò i suoi battiti e gli occhi misero a fuoco i contorni della sua stanza. Tirò un sospiro di sollievo: per quanto orribile, era stato tutto solo un sogno. Inutile rimettersi a dormire, comunque, visto che ormai albeggiava. Si tirò su dal futon, poi, mentre si chinava per ripiegare il proprio lenzuolo, capì che qualcosa non andava. La luce non era quella giusta, non era quella del sole all'alba, era...troppo rossa.

Il cuore le balzò in gola. Per un attimo rimase paralizzata dall'orrore per qualcosa di orribile che ancora non conosceva e che era uscito fuori dai suoi incubi per tornare a perseguitarla, poi quell'attimo passò e lei si fiondò fuori dalla camera e giù per le scale.

Una volta per strada, tutto ebbe senso: fiamme alte e vigorose squarciavano il buio della notte, spandendo un alone rossastro su tutto il villaggio. La locanda di Shoichi era in fiamme. Sayuri si portò le mani alle labbra per impedirsi di gridare. Il suo sogno si avverava davanti ai suoi occhi! Ma com'era possibile? Com'era successo?

Una mano la afferrò la spalla, facendola sobbalzare.

-Sono io, non ti spaventare...- la voce del padre era calma come al solito e la rassicurò un poco.

Anche lui fissava le fiamme, sul volto un'espressione indecifrabile.

-Padre, che cosa sta succedendo? Pensate sia stato...-

-Non lo so, potrebbe essere stato di un incidente…poco importa, ormai.-

Tutti gli altri abitanti stavano uscendo dalle loro case, unendosi a quelli che li avevano preceduti, correndo con secchi d’acqua dal pozzo verso la locanda in fiamme. Tra le parole di paura e di preoccupazione di quelli rimasti indietro, tra il groviglio di voci che si sovrapponevano Sayuri poteva udire un'unica parola comune a tutte: forestiero.

Che avessero ragione? Che fosse stato lui ad aver dato fuoco alla locanda?

-Sayuri, dobbiamo aiutare gli altri e fermare l’incendio. Corri a prendere un secchio per l'acqua e vai! Io devo prendere una cosa nella fucina, ti raggiungerò subito.-

La ragazza non se lo fece ripetere, corse in casa ed afferrò il primo secchio che riuscì a trovare per poi dirigersi al pozzo e riempirlo in fretta e furia, facendosi largo fra la calca dei compaesani. Corse a svuotarlo sulle fiamme che avevano ormai avvolto la locanda. C'erano urla e voci e l'odore di bruciato appestava l'aria. Il calore era insopportabile e l'incendio non accennava a placarsi nonostante gli sforzi di tutti i presenti: da un momento all'altro avrebbe coinvolto anche le altre case e sarebbe stato un disastro irrecuperabile.

Vuotato il secchio fece per tornare a riempirlo al pozzo, quando qualcuno le afferrò il polso in una morsa di ferro.

-Tu! Ti ho vista, mentre lo accompagnavi da Shoichi!-

Yoichi la fissava con sguardo terribile, gli occhi illuminati dalla luce febbrile delle fiamme.

-Lasciatemi andare, che fate?!- Sayuri tentò di liberarsi, ma la stretta dell'uomo era troppo forte.

-Ti ho vista! Ti ho vista!- gridò lui, strattonandola fino a farle cadere il secchio di mano -Hai portato la sventura su di noi, ci hai condannato a mor-

Il discorso venne troncato di netto. Yoichi balbettò qualcosa e poi rovinò a terra, nella polvere. Sayuri lo fissò a bocca spalancata, incapace di comprendere e spaventata. Si accorse che qualcosa le bagnava il volto, si asciugò meccanicamente col dorso della mano, e nonostante la scarsa luce riconobbe immediatamente quel liquido viscoso e scuro: sangue.

Tornò a guardare Yoichi, che ancora non si era mosso. Era morto, comprese. Alzò lo sguardo per cercare aiuto, ma non ne trovò alcuno: tutto attorno a lei, cadaveri.

 

Un altro parto difficile, tant'è che c'è stato pure un aborto di mezzo: quello di Mist Guardian come autore del capitolo! Va comunque detto che mi ha fornito la bozza e mi ha dato spunti decisamente utili per finire il lavoro, ringraziamolo quindi tutti in coro. Che dire, le cose iniziano a movimentarsi, e meno male: i capitoli di dialogo sono dannatamente difficili da scrivere. Mi auguro di aver fatto un lavoro passabile, ma fatemelo sapere: ogni recensione è gradita! Grazie, e alla prossima!

 

   
 
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