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Autore: syontai    18/06/2014    11 recensioni
Un mondo diviso in quattro regni.
Un principe spietato e crudele, tormentato dai fantasmi del passato.
Una regina detronizzata in seguito ad una rivolta.
Una regina il cui unico scopo è quello di ottenere sempre più potere.
Un re saggio e giusto da cui dipendono le ultime forze della resistenza.
Una ragazza capitata per il volere del destino in un mondo apparentemente privo di logica, e lacerato dai conflitti.
Una storia d'amore in grado di cambiare le sorti di una guerra e di tutto questo magico mondo.
This is Wonderland, welcome.
[Leonetta, accenni Pangie, LibixAndres e altri]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 41

Lezioni di umiltà

Pensava di aver versato tutte le lacrime del mondo, e invece scopriva di averne sempre di nuove. Non riusciva a smettere, e non sapeva se le facesse più paura il fatto che da un momento all’altro Lena avrebbe potuto parlare, allontanandola irrimediabilmente da Leon, o che Jade avrebbe potuto punirla severamente, anche condannandola a morte. Ma forse quell’ipotesi era un po’ troppo esagerata. I singhiozzi sembrarono non scuotere minimamente Lena, voltata dall’altra parte, mentre fingeva di dormire profondamente. Con la mente riattraversava la discussione avuta con la compagna di stanza: in effetti forse era stata un po’ troppo dura, ma era ancora decisa a raccontare tutto alla regina. Doveva implorarla di tenere lontano il principe da Violetta, non poteva permettere che la ferisse con la sua cattiveria. Nonostante la sua determinazione, ancora alcuni fatti, alcune sensazioni non le erano chiare, e anzi la confondevano. Leon era sembrato diverso quella sera, addirittura pareva sinceramente affezionato a Violetta. Ma ovviamente faceva parte della parte che stava interpretando per conquistare l’innocente Violetta. Si, pensava ancora che l’amica fosse innocente, e che fosse stata raggirata in pieno. Eppure l’aveva avvertita di stare lontana da Vargas! Chiuse gli occhi, ma la sua mente in compenso lavorava in continuazione, e i pensieri ronzavano instancabili. Doveva trovare il momento giusto per parlare con la regina…il giorno dopo? Forse era troppo presto. Inoltre sperava ardentemente che Violetta, intimidita dalla sua minaccia, ponesse fine di sua volontà a quella relazione maledetta e pericolosa.
Leon quella notte non aveva dormito affatto. Era stato fatto chiamare per parlare con sua madre, ma la sua attenzione era altrove. Riusciva a portare guai a tutti, anche alle persone a cui teneva di più. Per colpa sua adesso Violetta era in pericolo, tutto per il suo egoismo. Credeva di poter essere felice, ma la sua felicità comportava l’infelicità della persona che amava. E allora a che serviva? L’avrebbe protetta contro tutto e tutti, ma non si era mai opposto a qualche decisione di Jade, e il solo pensiero lo terrorizzava. Se l’avesse nuovamente rinchiuso in quella maledetta cella? Non voleva tornare a sopportare quei tormenti, non avrebbe potuto reggere un solo secondo. Si rivolse a Thomas e chiese il motivo di quella chiamata, ma in tutta risposta l’altro scrollò le spalle, continuando ad osservare l’orologio a cipolla. Le lancette si muovevano inesorabili e anche a causa dei numerosi tic del ragazzo anche Leon si sentiva nervoso. Non appena le porte si aprirono si trovò al cospetto della madre, comodamente seduta sul trono. Due paggi erano ai suoi lati, e le facevano aria sventolando voluminosi ventagli colorati. Uno di loro si passò una mano sulla fronte sudata per la fatica, ma non appena la regina lo guardò infastidita, poiché aveva diminuito il ritmo, tornò ad agitare le braccia il più velocemente possibile per eguagliare il compagno di sventure. Jade puntò la sua attenzione sulle porte che si erano aperte e sorrise nel vedere Leon.
“Figlio caro! Attendevo con ansia il momento in cui parlarti, e finalmente è arrivato”. Quel tono mellifluo fece rabbrividire il giovane Vargas, che ricambiò il sorriso forzatamente. Un rapido inchino e i due tornarono a guardarsi con intensità, mentre Thomas saltellava fino al suo piccolo scrittoio in fondo alla sala; si mise seduto e cominciò a scribacchiare qualcosa con aria assorta. Leon sperava con tutto il cuore che Lena non avesse ancora parlato della sua relazione con Violetta. Era ancora mattina, e, a meno che appena sveglia non fosse corsa dalla regina a informarla dell’accaduto, quell’incontro non doveva avere nulla a che fare con Violetta.
“Ti volevo informare dell’arrivo imminente della tua futura sposa, Ludmilla Ferro”. Leon per poco non si strozzò con la sua stessa saliva, e divenne di un colore violaceo, nel tentativo di nascondere tutto il suo disappunto e rammarico per quella notizia. 
“Credete ancora che quel matrimonio sia necessario? Non abbiamo bisogno di alleati, possiamo benissimo fare a meno del suo esercito e cavarcela da soli” si affrettò a rispondere il ragazzo, agitando le braccia, mentre cercava di convincere la madre delle sue intenzioni. Ad un gesto stizzito di Jade i due paggi smisero di sventolare e si affrettarono a mettersi in disparte, mentre lei stessa si alzò, piegando gli angoli della bocca in un sorriso distorto.
“Mio caro Leon! Mio impetuoso e istintivo principe! L’aiuto che ci può fornire quadri non è affatto di poco conto, e tu stesso dovresti saperlo bene, avendo passato tanto tempo sul fronte”. I suoi occhi divennero due fessure, mentre alle spalle di Leon vide entrare Jackie. Ma non era lei a metterle sgomento, quanto il fatto che dietro la sua domestica le prime ombre già irrompevano nella stanza. Cercò di ignorarle, ma i suoi nervi stavano per esplodere, e sentiva che presto sarebbe diventata pazza.
“Sai bene quanto odi queste cose…un matrimonio! Sarà una costrizione, e io non voglio rinunciare alle mie libertà…” disse vago. Il tono acceso lo tradiva, ma sperava che la madre non sospettasse nulla del suo cambiamento, o avrebbe pensato che l’addestramento non sarebbe stato sufficiente, e l’avrebbe condannato ad atrocità ancora peggiori di quelle della sua infanzia. 
“Ma Ludmilla la pensa esattamente come te! Tu sarai libero di fare quello che vorrai, così come sarà libera lei…sarà solo un'unione formale. Potrai avere anche tutte le amanti di cui sentirai il bisogno, anche se credo non ne avrai bisogno” ridacchiò maliziosa la madre, avvicinandosi al figlio, e ammiccando. Leon per poco non sobbalzò e abbassò lo sguardo pensieroso. Come fargli capire che non era sufficiente? Lui non voleva sposare Ludmilla, perché le sue intenzioni erano altre. Era da quella sera trascorsa nelle cucine, prima che Lena li interrompesse che ci pensava. Tutta la notte si era beato di quell’idea, e non riusciva più a rinunciarvi, tanto desiderava diventasse concreta. Si, voleva un matrimonio; ma non con Ludmilla. Aveva intenzione di chiedere la mano di Violetta, sperando ovviamente che accettasse. Dall’esterno chiunque l’avrebbe considerata un’avventatezza bella e buona, ma non gli importava. Era sicuro che anche tra vent’anni l’unica persona con cui avrebbe voluto trascorrere ogni istante della sua vita sarebbe stata lei, e quindi perché aspettare?
“Leon…tutto bene?” chiese la donna, dopo qualche minuto di silenzio. Leon annuì col capo, ma non ci volle molto per capire che nascondeva qualcosa. E purtroppo temeva di sapere di che cosa si trattasse. Aveva sottovalutato quella serva e adesso le stava portando via la sua arma. Ma non avrebbe permesso che quel gioco continuasse oltre.
“Si, ero solo sovrappensiero”
“Non è da te, Leon. C’è qualcosa di cui vuoi parlarmi?”. Il principe scosse la testa. “Niente. Stavo solo pensando a cosa organizzare per quando Ludmilla sarà al castello” mentì senza guardarla negli occhi.
“Ottima idea, figliolo, devi darle l’impressione che tieni a quel matrimonio almeno quanto lei”. Gli fece un gesto per dirgli che era stato congedato. Proprio mentre Leon stava per uscire però esclamò alle sue spalle: “Ti consiglio di non affezionarti troppo alla servitù…per il tuo bene”. Quelle parole furono per il ragazzo come una doccia gelida. L’aveva capito. O almeno sospettava qualcosa. Doveva parlarne con Violetta, non poteva tenerla all’oscuro di quel pericolo.
Scese velocemente i gradini della scalinata e vide Violetta inginocchiata in un angolo del salone centrale, mentre puliva parte del pavimento, con gli occhi gonfi di lacrime. Leon notò con piacere che la fortuna era dalla sua parte, perché stranamente in quel preciso istante l’ambiente era completamente vuoto a parte loro due. Spiccò una rapida corsa, e si diresse sicuro verso la sua amata, che, non appena lo vide, mollò lo straccio per pulire e gli corse incontro, per poi abbracciarlo con forza. Il cuore le chiedeva di non lasciarlo andare mai più, e quando sentì Leon ricambiare con pari intensità si lasciò andare a un sospiro liberatorio.
“Ti amo” gli disse velocemente, stampandogli un bacio sulle labbra. Leon la strinse ancora più a sé, quindi riprese a baciarla con sempre più passione, riversando in quel gesto tutto quello che non aveva il coraggio di dirgli. Non si era mai sentito vigliacco come in quel momento: avrebbe voluto chiederle la mano, ma aveva paura di essere respinto, o di essere considerato un pazzo. “Anche io” sussurrò riprendendo fiato, per poi rivolgerle uno sguardo complice.
“Andiamocene da questo posto. Voglio stare da solo con te”. Violetta rise, e scosse la testa. “Non posso, come vedi ho da fare” esclamò indicando il secchio pieno di acqua saponata e lo straccio.
“Solo per pochi minuti” la supplicò, mettendosi quasi in ginocchio. La ragazza dapprima rifiutò, ma di fronte ai continui tentativi di convincerla, fu costretta a cedere. Attenti a non farsi vedere da nessuno si diressero nel loro ritrovo, la torre dove si trovavano tutti i ricordi di Leon. Non appena entrati, Leon le fece cenno di seguirla, si sedette sul pavimento di pietra, con la schiena poggiata sul muro, e fece sedere la ragazza sulle sue gambe. Senza dire una parola iniziarono a baciarsi con dolcezza; ma più il tempo passava più si sentivano inclini a quella passione che li stava divorando. Tutto il tempo che non avevano potuto trascorrere insieme veniva consumato in quei baci dati di sfuggita, lontano dai giudizi degli altri. Potevano avere contro Lena, potevano rischiare l’ira di Jade, ma non riuscivano comunque a stare lontani l’uno dall’altro. Leon le cinse la vita con le braccia, e sentì il corpo rabbrividire. Erano così vicini, e si sentiva libero quando stava con lei. Eppure dovevano comportarsi come due che commettevano un qualche grave misfatto.
“Non sono sicura di poter rinunciare a tutto questo” sussurrò Violetta con gli occhi ancora chiusi, a un palmo dal viso del principe, che non smetteva di sorridere. Le diede un dolce bacio, e la fece accoccolare sul suo petto, mentre le accarezzava i capelli.
“Noi non dovremo rinunciare a un bel niente” le disse con tono fermo.
“Leon, ma Lena…”
“A Lena ci penserò io”. Violetta si scostò spaventata. “Tu cosa? Non voglio che le faccia del male, non se lo merita…è sempre stata un’amica leale”. In tutta risposta Vargas scoppiò in una risata fredda e inespressiva: “Leale?! Violetta, vuole dividerci, e io non lo posso permettere! Non voglio permetterlo”. Sentiva l’ira scorrergli nelle vene, e i suoi sensi si affinarono come quelli di una belva pronta ad attaccare. Se in quel momento non avesse ancora stretto il corpo fragile di Violetta, probabilmente sarebbe scattato in piedi e si sarebbe diretto da quella serva per costringerla a tacere, con le buone o con le cattive. Ma come sempre Violetta aveva il potere di spegnere la sua rabbia, solo sfiorando il suo viso con una carezza. La sua volontà si annullava all’istante, e ogni azione dipendeva dalle sue parole. Se gli avesse chiesto di uccidere l’avrebbe fatto senza timore. E non ubbidiva per paura o perché la sua persona era stata annullata, lui voleva farlo solo per renderla felice. Talmente forte era il sentimento che provava nei confronti di quella ragazza da credere che non fosse mai abbastanza quello che faceva per lei e da sentire il bisogno di dimostrarlo continuamente, perché ne fosse convinta anche Violetta. Non sapeva però che l’intensità del suo amore forse era addirittura minore di quella che avvertiva Violetta al suo fianco.
“E’ solo confusa, sono sicura che non dirà tutto a Jade senza averne prima parlato un’altra volta con me. Ti prego solo di non farle del male”. Leon sbuffò, ma il solletico che gli procurava la punta del naso di Violetta che si sfregava dolcemente contro il suo, fece svanire subito la sua espressione scocciata.
“Niente intimidazioni o minacce” sussurrò lasciandogli un leggero bacio sulle labbra, rendendole appena umide. Quella sensazione a Leon piaceva fin troppo; sentire il suo sapore, ma non fino in fondo, come qualcosa che aleggiava nell’aria, lo rendeva irrequieto e allo stesso tempo felice.
“Perché no? Non voglio che mi strappi via qualcosa a cui tengo. La cosa a cui tengo di più” sibilò Leon, ricordandosi della pericolosa situazione a cui erano sottoposti, e lasciando che si risvegliasse quel fastidioso mostro alla base del petto. Respirò profondamente, e ad ogni secondo che passava la belva veniva lentamente relegata in fondo, nel suo inconscio, anche se lottava strenuamente per rimanere a galla.
“Non sembri lo stesso Leon che ho conosciuto”
“Perché non lo sono più”.
Rimasero in silenzio a specchiarsi ciascuno negli occhi dell’altro, e forse l’avrebbero fatto per il resto della loro vita, se il tempo non picchiettasse continuamente alle loro spalle, ricordandogli che al di fuori di quella stanza il mondo andava avanti, e che lo stesso dovevano fare loro. Andare avanti, lottare con le unghie e con i denti.
“Amo questo Leon…anzi, amo Leon e basta” rise lei, rialzandosi, e dandosi delle energiche pacche lungo la gonna grigia con lo sguardo basso. A volte si sentiva ancora in imbarazzo a manifestare così i suoi sentimenti, soprattutto quando si trattava di Leon, le cui reazioni erano sempre inaspettate. Vargas sorrise come un bambino a quella rivelazione, e distolse lo sguardo da lei, fin troppo incerto su cosa dire. Tanto valeva però cominciare con le brutte notizie.
“Mia madre mi ha dato la notizia: tra pochi giorni Ludmilla sarà qui, al castello. Mi dispiace, io…speravo di poter impedire il matrimonio prima ancora che succedesse”. Il viso di Violetta si fece cupo, mentre si dirigeva verso la porta.
“Violetta, aspetta!”. Prima che potesse uscire le corse incontro e la abbracciò da dietro, affondando il viso tra i suoi capelli. Mille parole volavano in silenzio tra i due, senza che nessuno aprisse bocca. Non ve be era alcune bisogno: la connessione che avevano parlava al posto loro. “Qualunque cosa succeda…” le sussurrò all’orecchio, chiudendo gli occhi. Violetta ebbe un fremito, e sentì il respiro accelerare di colpo, intenzionato a mantenere il passo con i battiti frenetici del suo cuore. “Qualunque cosa ti dicano…Fidati solo di me”. Era ciò che voleva fare, fidarsi di Leon, e di nessun altro. Ma aveva paura della piega che avrebbero potuto prendere gli eventi, e più passava il tempo più temeva per loro. Violetta si voltò di scatto, e specchiandosi negli occhi del principe, gli stampò un bacio sulle labbra, per poi separarsi subito dopo con un sorriso dolce.
“Te lo prometto…non lascerò che nulla di ciò che dicono possa separarci. E’ successo troppe volte”. Vargas annuì e il suo viso finalmente si fece rilassato. Lentamente il corpo di Violetta si allontanò dal suo, fino a quando l’unico contatto non fu quello tra le loro dita ancora intrecciate. Perché doveva lasciarla andare? Perché non poteva tenerla accanto a sé? Era un pensiero egoista, lo sapeva bene, ma non riusciva a tollerare il fatto che non potesse averla solo per sé. Il mignolo di Violetta sfiorava ancora il suo palmo, per poi separarsi del tutto, e si sentì improvvisamente solo. Solo con i suoi pensieri. Con le sue intenzioni. Si, aveva preso la sua decisione. Avrebbe parlato con Lena, e l’avrebbe convinta ad appoggiare il loro amore. Non poteva permettere che rovinasse l’unica cosa bella che fosse capitata nella sua vita.
 
Erano passati due giorni, e i preparati per l’arrivo di Ludmilla era in pieno fermento. Forse era per questo che a causa del continuo via vai di gente per le scale e i corridoi Leon ancora non era riuscito a parlare con la serva. Incredibile come alcune persone avevano lo speciale talento nel non farsi trovare, e la rara capacità di comparire nel momento meno adatto. Per poco non rischiò anche di andare addosso ad un donnone parecchio in carne alle prese con una cesta piena di biancheria, mentre si aggirava come un segugio. Parecchie volte veniva richiamato da Jade per qualcosa da definire, ma lui si limitava a presenziare a quegli accorgimenti con aria assente. Aveva ben altro a cui pensare rispetto alla disposizione delle stanze per la regina di Quadri e la sua corte. Thomas invece correva da una parte all’altra con liste che toccavano il terreno e per poco non lo facevano inciampare: liste degli acquisti per le cucine, liste dei vestiti da far confezionare, liste delle cose ricordare, addirittura gli era stata affidata una lista in cui erano menzionate tutte le liste perché non gliene sfuggisse nessuna. Se c’era chi per poco non rischiava l’esaurimento nervoso, dall’altra parte Humpty sembrava più rilassato e tranquillo che mai. La notizia dell’arrivo della regina Ferro non l’aveva toccato per niente, e si aggirava con un sorriso sornione che andava da una parte all’altra della faccia rotondeggiante. A chi gli chiedeva il motivo di tanta gioia rispondeva in modo vago, senza lasciar trapelare nulla. Violetta gli aveva riferito dei propositi di Lena, e lui l’aveva subito rassicurata, dicendole che conosceva molto bene Lena e che mai avrebbe preso una decisione tanto avventata senza pensarci e ripensarci. Per quanto forte e decisa quella ragazza rimaneva comunque molto legata alle persone a cui si affezionava; non avrebbe voluto vederle rovinate e infelici, per quanto giuste ritenesse le sue intenzioni. In ogni caso aveva bisogno di scambiare due parole con Lena, e cercare di farla desistere prima che potesse concretamente prendere in considerazione la sua idea. Quindi nel castello ben due persone erano interessante alla figura apparentemente insignificante di Lena, nelle cui mani era però concentrato il potere di decidere di ben due vite, e della loro relativa sicurezza.
Humpty non si sorprese comunque più di tanto quando aprendo le porte della biblioteca si ritrovò di fronte una Lena in lacrime, scossa dai singulti. Le mani tremavano e stringevano quello che un tempo doveva essere un fazzoletto bianco, ma che adesso aveva assunto una tonalità giallognola. Era evidentemente scossa e l’uomo-uovo sapeva di essere come un padre per lei, il padre che aveva perso quando era troppo piccola.
“Humpty, io non posso farcela a tenermi tutto dentro. E’ successa una cosa orribile!” esclamò, soffiandosi poi vigorosamente il naso colante, mentre continuava a piangere a dirotto. Humpty le accarezzò una spalla comprensivo, e la fece sedere su uno dei panchetti adibiti alla lettura, vicino agli enormi finestroni di vetro. Lasciò che Lena si sfogasse ancora un altro po’, e poi sospirò intensamente; la ragazza, poggiata sulla sua spalla, aveva finalmente ripreso a respirare regolarmente, e fu pronto a iniziare la sua opera di convincimento.
“Non puoi capire di che si tratta! E’ talmente assurdo che nemmeno mi crederesti” iniziò a parlare Lena, fissando il panorama fuori, ingiallito dal sole pomeridiano. La panca scricchiolò appena al dondolare di Humpty avanti e indietro, mentre cercava le parole adatte per dirle che lui sapeva già tutto, e che non era necessario che temesse di non essere creduta.
“Beh, potresti dirmi intanto di chi si tratta” la incoraggiò, continuando a mantenersi vago. “Violetta, e…Leon!” esclamò Lena, lasciandosi andare ad un altro pianto disperato. Humpty attese pazientemente che si riprendesse di nuovo, quindi cominciò a fissare il soffitto con finto interesse: “E cosa mai avranno fatto due giovani di tanto grave da lasciarti così sconvolta? Li hai visti forse litigare?”.
“Magari, Humpty! Almeno sarei sicura che non c’è alcun interesse da parte del principe per la mia amica! E invece no…ho visto ben di peggio” sussurrò appena la ragazza. Si guardò in giro guardinga, per essere sicura di non essere ascoltata; nonostante la biblioteca fosse vuota, non si fidava: in quel castello anche i muri avevano orecchie. Si avvicinò all’orecchio dell’uomo-uovo, e con tono sommesso gli disse: “Ho visto quei due…e si stavano…baciando”. Sicura di aver fatto scoppiare una vera e propria bomba la ragazza si allontanò subito, aspettando con impazienza la reazione di Humpty. Sicura come era che avrebbe assunto un’espressione sconvolta e arrabbiata, rimase a bocca aperta quando lo vide sogghignare e borbottare tra sé e sé: “Dovrebbero stare più attenti, però”.
“Tu lo sapevi?!” strillò Lena, per poi tapparsi la bocca. La sua voce risuonò nell’ambiente, e dovette attendere qualche secondo affinché il suo eco cessasse. Humpty non disse nulla, ma annuì leggermente, scatenando la confusione e la frustrazione della ragazza, che a questo punto si sentiva sola contro tutti. Lo sapeva anche quello che aveva sempre considerato suo mentore, e lei invece era rimasta all’oscuro di tutto. “E come mai non me ne hai parlato?” disse, cercando questa volta di non urlare, sebbene la rabbia la invitasse a fare il contrario.
“Proprio per evitare che tu ti comportassi in questo modo avventato. Violetta mi ha riferito tutto” spiegò l’uomo, sistemandosi gli occhialetti da vista che portava di tanto in tanto. Il mondo si era capovolto e Lena a quanto pare non ne era stata informata: adesso l’uomo più saggio del castello appoggiava quella relazione? Doveva essere in preda a qualche stregoneria. Forse Leon aveva chiesto a Marco prima di lasciare il castello di lanciare un incantesimo per ottenere l’assenso incondizionato di Humpty. Per quanto l’ipotesi risultasse fin troppo fantasiosa persino per la sua mente ricca di immaginazione, in quel momento era pienamente convinta che le cose dovessero essersi svolte così.
“Non puoi essere d’accordo con tutto questo! Vuoi il male di Violetta? Leon è in grado solo di fare questo: farle del male. E’ un uomo cattivo, e…”. Humpty non le permise di continuare e le portò una mano alla bocca. Gli occhi azzurri scintillavano, accesi da chissà quale emozione; infatti il volto non lasciava trasparire nulla, e gli occhi erano gli unici a manifestare ciò che si rivoltava all’interno dell’uomo-uovo. “Cattivo? E su quali basi definisci Leon ‘cattivo’? Quanto conosci Leon Vargas, Lena?”.
“Ma-ma...”. Era chiaro che non si aspettasse quella domanda. Era palese che Leon fosse una brutta persona, malvagia ed egoista. Di che prove aveva bisogno per dimostrarlo? Le sembrava di dover spiegare perché l’uomo aveva bisogno di respirare. Insomma, era così e basta. “Non puoi farmi una domanda del genere. Non puoi difenderlo dopo tutte le cattiverie compiute qua dentro! Certa gente non può cambiare” tentò di difendersi Lena, seppur tentennando. In bilico su un precario filo procedeva chiusa nella sua convinzione, mentre la benda che teneva sugli occhi le impediva di vedere davanti a sé. “Ti faccio questa domanda perché quello che tu hai visto non è Leon”.
“No, certo! Ho visto un ragazzo che gli assomigliava terribilmente. La sua crudeltà è risaputa da tutti, e non è una persona di cui fidarsi. Le farà del male, e io non voglio”. La porta si spalancò, facendoli sobbalzare, presi come erano nel discorso, e Leon avanzò a passo sicuro, illuminandosi di colpo non appena vide Lena. E pensare che era venuto in biblioteca per confidarsi con il suo vecchio amico! A quanto pare la fortuna per una volta aveva deciso di girare a suo favore; si fermò in mezzo alla sala, non sapendo se continuare a camminare fino a raggiungere la ragazza, e imporgli subito la sua decisione, o se aspettare che finissero di parlare. In fondo Humpty era dalla sua parte, e tutto quello che le stava dicendo non poteva che essere a suo favore.
“Perché non lo chiedi direttamente a lui?” concluse evasivo Humpty, facendo un piccolo saltello per rimettersi in piedi, e dirigendosi verso l’uscita. Quando incrociò Leon gli fece un occhiolino per incoraggiarlo quindi continuò dritto verso l’uscita, trascinandosi i pesanti battenti della porta dietro di sé. Lena fece per alzarsi ma Leon alzò il palmo della mano verso di lei, per farle cenno di rimanere seduta.
“Ti ordino di non riferire nulla a mia madre”. Forse aveva iniziato nel modo sbagliato. Troppo autoritario fin da subito. Beh, però quello era il motivo per cui era lì: impedirle di rovinare la sua felicità. “E’ una minaccia o una richiesta?” domandò Lena con lo sguardo basso, ma allo stesso tempo fiero e determinato.
“Nessuna delle due. E’ un ordine” sibilò Leon, riducendo gli occhi a due fessure. Già che stesse mettendo in discussione la sua autorità in quel modo lo faceva uscire fuori di sé, se poi pensava al fatto che nelle sue mani c’era ciò a cui più teneva si sentiva ancora più arrabbiato. “Ovviamente penso non ci sia altro da aggiungere” disse Leon. Si voltò soddisfatto di come avesse posto fine a quella sorta di conversazione, ma la voce irritante di Lena gli fece gelare il sorriso sulle labbra.
“Penso che allora dovrete minacciarmi, perché non ho intenzione di ubbidire”. Le mani presero a tremargli, e per poco non si mise a gridare dalla rabbia, ma prese un respiro profondo e tentò ancora una volta a controllarsi. Lo aveva promesso a Violetta. Controllare la sua rabbia, e la sua aggressività, era un modo per dimostrarle che stava cambiando, o che almeno ce la stava mettendo tutta. “E se fosse una richiesta?” gli uscì all’improvviso, lasciando sorpreso persino lui stesso. Lena alzò lo sguardo con un’espressione vagamente sorpresa, e scosse la testa: “Penso che vi convenga minacciarmi. In quello non potete essere sconfitto”.
“Vincere in questo modo non mi piace più” rispose con un sorriso Leon, facendo qualche passo in avanti. Più lui avanzava più Lena si immobilizzava, e quando fu a pochi passi sembrava che tutti i muscoli della ragazza fossero stati congelati all’istante.
“Potete ingannare Violetta, potete ingannare Humpty, ma non contate sul fatto che io caschi nello stesso tranello” sentenziò la serva, incrociando le braccia. In verità aveva davvero paura. Era sola con Leon, e chissà quali crudeltà avrebbe potuto compiere su di lei, per farla tacere. Una goccia di sudore dalla fronte le scivolò lungo la guancia, ma Leon non sembrò accorgersene, intento a sfidarla con i suoi profondi occhi verdi.
“E se la mia richiesta divenisse una supplica?” chiese il principe, abbassando di colpo lo sguardo per la vergogna. “Una supplica?” ripeté stupita l’altra, in preda ad uno sgomento sincero. Leon annuì forzatamente, quindi si fermò di fronte alla panca, e guardandola di sottecchi, si inchinò poggiando il ginocchio destro a terra, e tenendo alzato il sinistro. Congiunse le mani a mo’ di preghiera, e le rivolse uno sguardo sofferente. “Ti…prego”. Lottava con tutte le forze per sopprimere il suo orgoglio, e se quel gesto di pura umiltà e sottomissione fosse stato sufficiente a convincerla a non raccontare tutto a Jade, allora si, si sarebbe inchinato al suo cospetto non una volta, bensì centinaia di volte.
 “Ma che cosa fate? Alzatevi!” esclamò Lena, evidentemente a disagio, con le orecchie di un rosso acceso. “Non lo farò finché non mi darai la tua parola. Ti supplico di non dire nulla a mia madre, non capirebbe…”. Lena si sentiva al di fuori della realtà, in qualche mondo parallelo, dove Leon non era effettivamente Leon. Si ricordò poi delle parole di Humpty: che stesse veramente cambiando? Quel gesto all’apparenza insignificante invece era di particolare rilievo. Leon stava rinunciando a tutta la sua dignità, sottomettendosi ad una serva; per di più lo stava facendo per Violetta, per loro due. Non intravedeva nulla del principe egoista e sprezzante che aveva incontrato di sfuggita per il castello, bensì un uomo, fatto di carne e sentimenti. Che cosa strana. L’unico pensiero che le venne da fare fu quello. Era troppo strano, troppo irreale, troppo fantasioso, troppo fiabesco per essere vero. Ma Leon era lì che attendeva una risposta, e il fatto che l’avesse colta di sorpresa non lo turbava minimamente. Le sue priorità erano altre; batteva impaziente la punta del piede sul pavimento, e quel rumore rimbombava fastidiosamente.
“D’accordo! D’accordo non dirò niente! Non so nemmeno perché vi sto promettendo questa cosa, ma voglio solo che vi alziate” sbottò Lena all’improvviso, scattando in piedi, e aggirando il ragazzo che, non appena ricevuta la fantastica notizia, per poco non ebbe un infarto, tanto il cuore batteva per la gioia. Prima che Lena potesse allontanarsi, scattò davanti a lei e con un sorriso da parte a parte la abbracciò fortissimo, rischiando quasi di farla soffocare.
“Grazie, non te ne pentirai!” disse Leon, senza lasciarla andare dalla sua morsa, per quanto lei ci provasse con tutte le sue forze. “Me ne sto già pentendo” rispose con un affanno Lena, cercando ancora di divincolarsi.
“Ma se dovessi rendermi conto che in qualche modo la state facendo soffrire, allora spiffererò tutto senza pietà” precisò alzando il mento. Era talmente orgogliosa che non avrebbe mai ammesso di aver agito male, ma quelle tacite scuse furono comunque colte al volo da Vargas, che annuì con forza, per poi stringerla nuovamente in un altro abbraccio mortale. “Grazie, grazie di cuore” sussurrò il principe, sollevato da quel peso che si era tolto.
Le porte si aprirono e Violetta entrò in fretta e furia, rimanendo poi di sasso di fronte a quella scena, che non sapeva davvero come interpretare. Leon stava abbracciando la sua compagna di stanza; già di per sé quell’evento era fuori di ogni logica, ma non si trattava solo di quello. Le dava particolarmente fastidio, e non sapeva spiegarsi il perché, che Leon ci stesse mettendo tutta quell’enfasi. Qualcosa si agitò alla base dello stomaco, ed ebbe l’impressione che quella stanza enorme fosse diventata improvvisamente piccola. Troppo piccola per tutti e tre. Nel suo mondo aveva provato sensazioni simili solo quando German prendeva uno dei suoi libri preferiti in prestito senza chiederle il permesso. Peccato che in questo caso fosse ancora peggio perché il libro in questione era Leon, ed era uno di quei libri nuovi fiammanti da cui non si sarebbe separata per nulla al mondo, visto quante peripezie aveva dovuto affrontare per comprarlo. Si schiarì la voce con un colpo di tosse, e i due si voltarono verso di lei, leggermente a disagio. Leon però subito sorrise, e alzò la mano come per salutarla.
“Io me ne vado” borbottò Lena, sopportando a mala pena le occhiate intense che le stava rivolgendo Violetta. Facendosi piccola piccola, con il volto di un colore rosso acceso, accelerò il passo fino ad uscire, chiudendo le porte.
“Oggi la biblioteca sembra davvero un porto di mare” esclamò allegramente il principe, incrociando le braccia, e scuotendo il capo. “Vanno e vengono tutti, e…”. Si bloccò di fronte all’espressione sospettosa e arrabbiata di Violetta. “Tutto bene?” chiese poi, aggrottando la fronte.
“Tutto benissimo” rispose lei evasivamente, cominciando a dare occhiate fugaci ai libri dello scaffale vicino parecchio interessata.
“Non si direbbe”. Leon si era posizionato al suo fianco e la stava studiando, appoggiando una spalla allo scaffale. “Attento, Leon, queste librerie sono delicate” lo ravvisò, togliendogli l’appoggio, e scostandolo con poca delicatezza, per continuare la sua ricerca.
“Si può sapere che ti prende?” chiese il principe allargando le braccia. Violetta che teneva in mano un libricino verde lo fece cadere con un tonfo e lo guardò adirata.
“Che mi prende? Leon, tu non abbracci le persone senza un motivo. E soprattutto non abbracci ragazze! E per quanto possa costarmi dirlo, Lena è una bella ragazza, dolce, premurosa…”. Parlava sempre più velocemente, mentre le guance divennero di un colore rossastro. Succedeva sempre così: quando si agitava o si innervosiva parlava veloce, le parole si alternavano incessanti, prima nella mente, e poi sulla punta della lingua. Leon appoggiò un pugno sullo scaffale in alto: “Sei gelosa”. Era talmente sicuro delle sue parole, che a Violetta dava ancora più fastidio.
“Gelosa di cosa? In fondo ti stai anche per sposare, quindi posso benissimo sopportare un banalissimo abbraccio tra te e…”. Prima che potesse aggiungere altro si trovò avvinghiata a Leon, mentre si scambiavano un bacio ricco di furia e passione, con le spalle appoggiate sul legno della libreria. Sospirò profondamente mentre Leon le accarezzava con dolcezza i fianchi, mentre le  mani erano saldamente ancorate sulle sue larghe spalle.
“Pensi di risolvere tutto così?” sussurrò Violetta, mentre Leon sorrideva impercettibilmente per il tono rilassato con cui adesso le si rivolgeva.
“Finché funziona…” ridacchiò Leon al suo orecchio, stuzzicandolo appena con qualche dolce bacio. Portò tra i denti il lobo e lo morse con malizia. La ragazza scoppiò a ridere, e Leon chiuse gli occhi assaporando quella risata. Era tutto ciò di cui aveva bisogno, se non di più. Non vedeva l’ora di darle la splendida notizia; ne sarebbe stata felice anche lei. Ma non osava interrompere quella risata, non osava interrompere quel momento tanto intimo quanto dolce di cui erano protagonisti.
 
Jade ascoltava con aria persa le parole di Jackie, e annuiva appena, lasciandosi sprofondare nello schienale di velluto rosso. Vero. Aveva ragione, i preparativi per l’arrivo di Ludmilla erano piuttosto a rilento, e non andava bene. Le diceva che le terre circostanti erano sempre più frequentemente sotto attacco dei briganti. Vero anche quello. Ma più che mandare alcune truppe per dei sopralluoghi che altro poteva fare? Dimostrazioni di forza, proponeva la domestica. Un ottimo suggerimento, un ottimo suggerimento davvero. Cercò di annotarselo, ma la testa le doleva terribilmente, quindi rinunciò persino a quell’impresa. Le parole della donna le tamburellavano la mente, e non faceva altro che annuire. Tutto ciò che Jackie le diceva le appariva assolutamente logico e necessario.
“E dovreste cercare di fare qualcosa per Leon, mi è sembrato particolarmente strano in questi giorni” concluse la donna con noncuranza. Aveva ragione ancora una volta. Ma soprattutto era interessata alla teoria che si celava dietro quelle parole.
“Perché lo affermi con tanta certezza? A me è parso sempre lo stesso Leon” mentì la regina, aspettando con ansia una risposta.
“Dite? Io credo che sia troppo preso da quella serva per prestare le dovute attenzioni al matrimonio con la regina di Quadri” insinuò con melliflua maestria. Jade fu costretta ad annuire, perché pensava esattamente lo stesso. Violetta stava rovinando anche il matrimonio, e lei aveva bisogno di quell’alleanza con Ludmilla. “Vedrò di metterla subito al suo posto…altrimenti la allontanerò dal castello, o lo condannerò a morte. A me la scelta”. La regina sorrise diabolicamente, e Jackie fece finta di essere d’accordo, anche se sperava che Jade fosse più astuta e non agisse troppo apertamente. In fin dei conti comunque, se avesse visto che le cose non procedevano come voleva lei, avrebbe potuto benissimo convincere Jade a fare come diceva lei. La sua volontà stava venendo meno a causa della persecuzione delle ombre, e già sentiva la gioia selvaggia del potere nelle sue mani. “Vi conviene per ora agire con cautela, e non lasciare intravedere da subito le vostre intenzioni ben poco amichevoli nei confronti di Violetta” sussurrò Jackie. Aveva ragione di nuovo, pensò Jade, schioccando le dita della mano destra per farle capire che aveva afferrato il concetto. Il loro dialogo fu ben presto interrotto da un affannato Tomas che si precipitava nella sala del trono, gesticolando alle guardie di lasciarlo passare.
“Che succede, Bianconiglio?” chiese con aria annoiata Jade, studiando le sue unghie lunghe e lucenti.
“Mia signora, hanno anticipato il loro arrivo! Ludmilla è già qui con tutta la sua corte” esclamò il ragazzo in preda al panico, mentre si toccava le orecchie in preda all’ansia. Nonostante l'assoluta e inaspettata notizia Jade sorrise furba: Ludmilla amava cogliere di sorpresa. Una ragazza di spirito, adatta al suo Leon. Insieme avrebbero formato una coppia perfetta, e per di più, il carattere forte della regina di Quadri avrebbe fatto bene al principe, che ultimamente si stava rivelando strano. Così diverso dal solito Leon. Così…umano. Si, umano era l’aggettivo giusto. E non andava assolutamente bene. 











NOTA AUTORE: chiedo perdono per il ritardo, ma io pensavo di dover aggiornare domani, e si, sono veramente pessimo. Fatto sta che ho riletto tutto molto in fretta, quindi probabilmente potrebbe essermi sfuggito qualcosa :/ Questo capitolo l'ho letteralmente PARTORITO xD Comunque sia, in fondo non mi dispiace, perchè oltre alla mia Leonetta *sparge petali di rosa* si vedono un po' diversi personaggi in azione, prima dell'arrivo di Ludmilla, soprattutto Jade, quasi totalmente in pugno di Jackie (D:), e Lena, che finalmente si è convinta di fronte al profondo gesto di umiltà di Leon (a cui si ispira il titolo del capitolo) a tacere, almeno per il momento :3 Vado di frettissima e non vi voglio annoiare con parole inutili, quindi...buona lettura a tutti, e alla prossima! Grazie a tutti voi che seguite ancora questa storia e che mi sopportare :3 Con affetto,
syontai :D 
  
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