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Autore: camvibe    19/06/2014    2 recensioni
Dimenticatevi tutto quello che succede nella seconda e nella terza stagione, nessun Capitan Uncino e nessun Robin Hood, solo Regina e la mia personale versione di quello che avrebbe potuto e dovuto essere il suo lento e molto umano percorso di redenzione dopo che la maledizione viene spezzata. Un percorso che inizia per recuperare l'amore di Henry e che poi si intreccia e non può più prescindere da Emma.
Queste due insieme profumano di inevitabilità ed è giusto e doverso quantomeno provare a rendere giustizia a due bellissimi personaggi. Soprattuto visto come li stanno lentamente rovinando e snaturalizzando in questo periodo coloro che li hanno creati ed ideati.
Se gli scrittori non ci riescono o non vogliono, beh allora proviamoci noi.
Enjoy.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Più infastidita che spaventata, si diresse verso la porta in un contrarsi nervoso e veloce di polpacci.
 
Non sapeva cosa aspettarsi dalla madre adottiva di suo figlio, ma l'ora tarda, la violenza e la frequenza con cui sbatteva i  pugni contro la porta, e la generale imprevedibilità della donna erano tutti fattori che non le facevano presagire nulla di buono. Conoscendo Emma, era più probabile che si trattasse di un'imboscata che di una visita di piacere.
 
Forse era qui in veste di sceriffo per arrestarla? Aveva cambiato idea, sua madre, suo padre e gli abitanti di Storybrooke l' avevano finalmente convinta che eliminarla una volta per tutte sarebbe stata la soluzione migliore? E avevano il coraggio di definirsi "buoni"... 
Il pensiero la fece sorridere amaramente. Cosa credeva, che una stelletta, una pistola e un accenno di muscoli nelle braccia sarebbero bastati a farla soccombere?
O forse non credeva neanche di dover combattere, forse Emma Swan -gonfia di quell'ingenuità cieca che sembrava essere un gene di famiglia- era venuta a pretendere una sua resa, o a ricevere una sua qualche ammissione di colpa.  Sarebbe in ogni caso rimasta delusa, come sua madre Biancaneve molte volte prima di lei.
 
Con chi credeva di avere a che fare?
 
Regina aprì la porta di scatto, pronta a lanciarsi in uno scontro verbale, ed anche ben disposta a farlo degenerare in uno magico - se le intenzioni dello sceriffo si fossero rivelate corrispondenti alle sue ipotesi.
 
Successe tutto troppo velocemente.
 
Regina non ebbe neanche il tempo di lanciare il primo insulto.
 
"Signorina Swan, come si permette...".
 
Le parole le morirono in gola come tante deboli intenzioni stroncate sul nascere.
 
Se c'era una cosa contro cui Regina era inerme, davanti a cui non sapeva come comportarsi, era la sorpresa. I suoi oliati meccanismi fisici e mentali, abituati al controllo, alla maniacale programmazione, andavano in confusione davanti a ciò che non si aspettava. L'imprevisto era il nemico di cui aveva più paura, perchè non era un pericolo materiale, non poteva ricoprirlo di improperi o incenerirlo. Davanti all'inaspettato Regina non aveva mai saputo come comportarsi.
 
I capelli chilometrici e biondi schiacciati da un ridicolo cappellino e il naso rosso per il freddo, l'espressione sul volto della madre di suo figlio non le risultò solo inaspettata: la confuse profondamente e la turbò, perchè la sua mente faticava a trovare una spiegazione che potesse giustificarla. 
Emma era in piedi sulla soglia di casa e i suoi lineamenti erano dolcemente modellati da quello che Regina avrebbe potuto classificare solamente come il più puro e sincero sollievo. Emma Swan era...sollevata di vederla?
 
Poi, successe una cosa che la confuse ancora di più: Emma fece un balzo in avanti e la abbracciò.
 
A Regina ci volle un attimo per registrare che cosa stesse accadendo.
Un paio di braccia le strinsero forti la vita, nella disperazione felice di chi si aggrappa a qualcuno che si pensava di aver perso per sempre.
Poteva quasi sentire il suo sangue caldo scorrerle sotto la pelle, malgrado i reciproci strati di vestiti che la separavano dalla sua. Un respiro veloce e vicino che le solleticava l'orecchio, sentì un mento appuntito appoggiarsi sul suo collo.
Emma Swan la stava abbracciando, come se avesse pensato di non rivederla mai più e questo pensiero l'avesse disturbata nel profondo.
 
Fu un istinto antico a scatenare in lei una reazione spontanea: Emma fu scaraventata via da una forza invisibile, non così distruttiva da farle seriamente del male, ma abbastanza intensa da farla finire per terra ristabilendo tra loro quella che Regina reputava al momento una distanza a malapena consona.
 
Regina -che aveva ripreso a respirare ora che il suo spazio fisico era stato ripulito da quella invasione- avrebbe voluto dire tante cose (perlopiù spiacevoli) ma era talmente furiosa che la voce le mancava. Dal leggero tremolio delle narici, Emma capì di averla più che indispettita (come se l'essere stata appena magicamente scaraventata per terra non fosse stato un indizio abbastanza chiaro di che cosa Regina pensava dell'abbraccio).
 
Malgrado il dolore dovuto alla caduta, gli occhi di Emma non la lasciarono un attimo. Regina, pur nella concitazione del momento, ancora vi percepiva quello strano sollievo che vi aveva letto all'inizio. La caduta non lo aveva spento.
 
La bruna, per conto suo, aveva l'aria di una leonessa ferita e Emma decise di trattarla come tale.
Recuperato l'equilibrio rimase accovacciata a terra e alzò lentamente le mani come per dire "non sono armata, non ho intenzione di avvicinarmi".
 
"Regina.." disse, in un sussurro che tentò di rendere rassicurante.
"Regina, mi dispiace, non volevo...offenderti?" tentò Emma, ma in cuor suo sapeva che "offendere" era il verbo sbagliato. Non era abbastanza forte.
Il suo lessico non era forse ampio e forbito , ma Emma non era stupida: sapeva che il suo gesto, spontaneo e poco ragionato, anche se da parte sua sinceramente sentito, era stato per Regina molto più che un’offesa. Era stata un'imperdonabile invasione. Un buco nella sua armatura impenetrabile che Regina aveva rattoppato nell'unico modo che conosceva: ricorrendo alla magia, alla violenza. A Emma sarebbe rimasto un bel livido sulla schiena, ma aveva questioni più importanti a cui pensare, ora come ora...
 
Glielo leggeva negli occhi di brace: Regina era ferita, confusa, a un passo da perdere il controllo. Emma decise che le avrebbe lasciato dettare il ritmo, che le avrebbe concesso il tempo di prendere il respiro. Avrebbe pesato le parole. Ne andava della sua integrità fisica, d'altronde...ancora faceva fatica a vedere Regina come un serio pericolo. Certo, il sindaco che aveva conosciuto non era stato un avversario facile, ma si era limitato agli inganni e ai giochi mentali. Emma faceva fatica a riconciliare la (per quanto spiacevole e manipolatrice) Regina che aveva conosciuto arrivando a Storybrooke con la regina cattiva delle fiabe.
Quella donna avrebbe potuto ucciderla. Avrebbe potuto, spinta da un mero fastidio, dal più futile capriccio, strapparle il cuore dal petto. Emma sapeva di doverci andare cauta.
E poi, aveva bisogno della versione lucida di Regina, non di quella furiosa e ripiena di divorante magia nera...
 
"Scusami, non volevo". Scusarsi era un inizio, no?
 
"Perchè diavolo mi hai...abbracciato?", le chiese Regina, ignorando completamente le sue scuse. Emma non poteva biasimarla. Il suo comportamento era stato a dir poco impulsivo.
La voce della donna, che torreggiava su di lei dall'alto dei suoi tacchi vertiginosi, ancora tremava di sorpresa e di rabbia.
 
Emma si alzò, forse un po' troppo bruscamente, e fece un passo verso di lei con l'intenzione di risponderle, di rassicurarla, di ristabilire un contatto, di spiegarsi. Che ci poteva fare, se sapeva esprimersi meglio con la fisicità piuttosto che con le parole?
Regina, vedendola avvicinarsi, fece un passo indietro e sibilò un secco "No" che le fece gelare il sangue.
 
Stavano ballando una danza simmetrica e pericolosa.
 
"Io credevo...credevo che non ti avrei più trovato. Insomma, ho suonato e non mi hai risposto, credevo...". Le parole come al solito la tradivano. Perchè con Regina doveva essere sempre tutto così faticoso?
 
"Credeva che me ne fossi andata?". Ad Emma non sfuggì che, recuperata parzialmente la calma, Regina si stava sforzando di ricostruire quel muro di formalità e diffidenza che da sempre le separava. Condividevano un figlio, e ancora si ostinava a darle del lei. Emma pensò che forse -visto i recenti avvenimenti- ne aveva tutto diritto. Non commentò la cosa per paura di innervosirla.
 
"Sì" ammise.
 
"E perchè -la prego me lo spieghi- il fatto di trovarmi in casa le ha provocato un tale sollievo che si è sentita addirittura libera di violare il mio spazio e abbracciarmi? Non mi fraintenda ma...trovo difficile immaginare che fosse semplicemente felice di vedermi".
 
Quel sorrisetto minaccioso che le sporcò le labbra piene, oltre a provocarle l'abituale brivido lungo la schiena, fece intuire ad Emma che il peggio era passato e che Regina si era ripresa da...beh, dall'episodio. Il sarcasmo era il modo in cui Regina tentava di rimettersi in una posizione di superiorità.
 
Forse sarebbero finalmente riuscite a parlarsi?
 
"Regina, è una cosa piuttosto complicata, e fa freddo...non è che...non possiamo parlarne dentro, insomma?".
 
Solo ora Regina notò che la donna -avvolta solamente nel suo solito, logoro giubbotto di pelle rosso- batteva i denti e muoveva freneticamente le gambe nel vano tentativo di riscaldarsi.
 
"E che cosa le fa pensare, dopo tutto quello che mi ha fatto signorina Swan, che io sia disposta ad accoglierla in casa mia così, solo perchè me lo chiede per favore e perchè non è chiaramente capace a vestirsi in maniera adeguata alle attuali condizioni atmosferiche?".
 
Ora basta, Emma era stufa del suo sarcasmo: capiva che era il suo modo di riprendersi il controllo, ma le stava facendo perdere del tempo prezioso.
Decise di andare al punto.
 
"Regina, si tratta di Henry".
 
Silenzio pesante. Mani improvvisamente strette allo stipite della porta come a cercare un sostegno che manca. Emma pensò che Regina stesse per svenire. Cercò di rimediare, di rassicurarla.
 
"Sta bene per adesso", Emma si affrettò a puntualizzare, "...ma non penso che sarà così per molto, se le cose continuano ad andare in questo modo. Ho bisogno di parlarti. Ti supplico, metti da parte l'orgoglio per una dannata volta e fammi entrare. Non sono armata. Ho bisogno di parlarti di...nostro figlio".
 
Vide l'iride color nocciola dei suoi occhi trasformarsi in una centrifuga di preoccupazione, commozione, dubbio.
 
Emma capì che Regina aveva capito: stava dicendo la verità, avrebbe mantenuto la parola.
 
Passò qualche secondo, poi -senza proferire parola- Regina si voltò e procedette a lunghi passi verso l'ampio salotto, lasciando la porta aperta dietro di sè: Emma lo interpretò come un chiaro invito a seguirla. Così fece.
 
   
 
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