Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Aranel33    19/06/2014    1 recensioni
Cassandra è una giovane studentessa. Brillante ma non geniale, fin dalla giovane età adora affondare il naso fra i libri per divorarne odore e parole. E' feticismo quasi, una sorta di bibliofilia acuta.
Ecco quindi che, quando decide di doversi trovare un lavoro che le permetta di mantenersi, scegli di presentarsi proprio in una libreria: poiché quale posto è meglio di una libreria? Peccato solo che in quella libreria non vi sia solo lei..
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Prima di tutto VI RINGRAZIO. Chi ha recensito e chi ha incominciato a seguire questa storia. E' il primo lavoro serio che abbia mai fatto.. quindi sono abbastanza insicura. Vi prego quindi di darmi consigli e critiche, di dirmi cosa c'è da cambiare e cosa dovrei migliorare. Spero di riuscire ad andare avanti..
Ma nel frattempo un abbraccio a tutti!
A.


La sveglia suonò impietosamente alle 7.30. Impietosamente, perché la mia testa non ne voleva sapere di attivarsi né tantomeno i miei occhi.
Scivolai fuori dal letto e mi andai a rinchiudere in bagno, scalza perché anche con tutti i buoni propositi trovare le ciabatte era davvero un'impresa titanica.
Per fortuna le mie coinquiline dormivano ancora e prima delle 8 non si sarebbero svegliate: ciò mi dava libertà di movimento e soprattutto d'azione, ammesso che riuscissi ad aprire gli occhi più di quella fessura che mi permetteva a stento di scansare i mobili.
La sera prima ci eravamo divertiti ma avevamo anche fatto le 4 del mattino. E quattro ore di sonno scarse implicavano che se volevo essere cosciente la base d'asta era tre caffè.
Fu proprio mentre facevo colazione (dopo una lunga doccia mezza ghiacciata in modo da risvegliarmi) che mi tornò alla mente che ieri sera avevo intravisto nuovamente camicia azzurra, ovvero il tizio dell'autobus ovvero il commesso. Incredibile, tre volte in un giorno lo stesso "sconosciuto". Non che ci avessi parlato, sia chiaro, ma avendoci sbattuto contro nella ressa del locale mi ero ritrovata a doverlo notare per forza. Poi vabbe, ero andata avanti e avevo proseguito con la mia serata.
Già, avevo anche deciso una volta per tutte che avrei lasciato Niccolò. Già.

Niccolò era il coinquilino di un mio amico, Raffaele. Ci eravamo conosciuti qualche tempo prima e dopo poco avevamo cominciato a frequentarci. Carino, simpatico, studiava ingegneria ed era indietro di un paio d'esami. Nel complesso una persona normale.. Forse troppo normale. Già. Ma anche se non mi stavo innamorando (e dubitavo le cose sarebbero cambiate in futuro) ci stavo bene e il tempo scorreva in modo semplice quando eravamo insieme. Non fosse che ahimè non eravamo sulla stessa lunghezza d'onda e la conferma era appena arrivata.

La sera prima. Seduti su una panchina ci siamo temporaneamente isolati dal gruppo. Lui mi bacia dolce, fottutamente dolce come al suo solito. Si stacca e mi sorride
-"che ne diresti se quest'estate venissi da me?"
-"in Sicilia dici?" -per la cronaca, era siciliano. Di quelli con capelli biondi e occhi chiari, classici discendenti dei normanni.
-"già, sai, la casa è grande.. E c'è il mare. Inoltre ci frequentiamo da un po'.. Le cose vanno bene. Penso sarebbe giusto conoscessi anche i miei, la mia famiglia" -sorride- "in fondo sei la mia fidanzata, no?".
Ora, a chi mi conosce è chiaro che in una stessa frase le parole fidanzata e famiglia non vanno messe. Proprio no.
Non so perché ho terrore nero di questi concetti ma proprio non li affronto, non riesco e non so se riuscirò.
-"beh.. Ne possiamo parlare. -sorrido- ma con calma.. Non durante una serata così!". Lo bacio, più per nascondergli la mia espressione da panico che per reale dolcezza.
- "ne sarò felice, i miei hanno tanto insistito!" Si stacca, abbracciandomi e guardando l'orizzonte grazie a me. Socchiudo gli occhi e mi abbandono all'abbraccio, cercando di ristabilire una mimica da "fidanzata felice". Cristo, se gli ho detto che stiamo insieme io NON gli ho detto che siamo fidanzati. Sono cose diverse. Il fidanzamento.. Fa paura. E poi deve smetterla di nominare la famiglia. I miei nemmeno sanno che lui esiste.. questo ovviamente non lo sa. Lo so, sono patologica. Però FIDANZAMENTO è una cosa che associo in ordine a catene, cella e io rinchiusa in una cucina. Vabbe, ammetto che forse le cose sono diverse e i tempi diversi.. Soprattutto che ormai non sono più una ragazzina e intorno a me la gente si sta incominciando a laureare e ad andare a convivere. Per non parlare delle coppie tra lo storico e l'epico, presenti ovviamente anche tra i miei amici: insieme da anni e ancora innamoratissimi. Io però non sono qjea persona, non lo sono mai stata. In un rapporto, di qualunque genere, ho lenti tempi di apertura. Con gli amici va meglio e posso dire con gioia di averne di cari e sinceri al fianco da anni. Con i ragazzi..
Con i ragazzi è diverso. Mai stata veramente sola, mai stata veramente con nessuno. Mai ho avuto il cuore in gola per un ragazzo e mai ho sognato un futuro come coppia. Se penso a me tra venti anni mi vedo come donna in carriera più che come madre e moglie affettuosa. Forse è la paura di essere ferita che mi spinge ad essere così, però resta il fatto. Resta il fatto che comunque, ancora oggi, se mi chiedono quando mi fidanzerò seriamente irrigidisco le spalle e sparisco. Ludovica, la mia più storica e cara amica, studentessa di architettura a circa 100 km da qui, mi ha sempre riso in faccia sostenendo che sono una femminista introversa e con una spiccata propensione nell'autolesionarsi. Forse.
Intanto resta comunque che le parole di Niccolò mi mettono ansia. Viscerale. E anche una punta di senso di colpa. Anche se io non l'ho mai illuso, mai gli ho detto che lo amavo. Forse però.. Forse non sono stata abbastanza chiara.
Per fortuna sento la voce di Elena che ci chiama. Sospiro sollevata, volgendomi verso di lei con un sorriso. Salvata in corner.


Continuavo a rigirare il cucchiaino nella tazza, pensando a cosa fare. Dovevo lasciarlo, certo. Ma come? Quando? Quel giorno o quello dopo? Insieme non potevamo più stare. Affondai le mani tra i miei capelli sbuffando e mi alzai dalla sedia: avrei pensato poi a Niccolò, adesso dovevo solo andare a lavoro. La libreria. I libri e gli scaffali. Sorrisi tra me prendendo la giacca e uscendo di casa, dopo aver salutato in fretta le mie coinquiline.


____________

 

La porta e il campanello all'ingresso. La luce soffusa della mattina che penetrava dalle vetrine e l'odore di carta. Era magico quel posto.
“Buongiorno cara!” mi accolse un Professore carico di libri. “Benearrivata! Appoggia pure giacca, borsa et similia dietro e vieni di qua.. Christian!”.
Un giovane Christian apparì svogliatamente da dietro uno scaffale. Dio, era proprio il tizio dell'autobus allora.
Mi guardò tra lo scocciato e lo scettico, quindi si rivolse al professore “Eccomi, che c'è Professore?”.
“Bene, era ora che conoscessi la tua nuova collega. Cassandra, Christian”. Esclamò.

“Piacere!” esclamai.
Rispose con un “altrettanto” tra il biascicato e il distratto, mentre il Professore continuava “Ecco allora, Christian mostrale il retro e il negozio mentre io finisco di catalogare questi. E, ti prego, SFORZATI di mostrare un minimo di cortesia se non di vitalità”.

Ah, quindi non era un caso che si mostrasse come un morto scocciato per di più dalla mia presenza.

Ci incamminammo in silenzio nel retrobottega, lui a lunghe falcate decise, io quasi correndo per stargli dietro.
Era surreale. Sole 24 ore prima ero seduta su un sedile dell'autobus a guardarlo e a dirmi lo-studente-dai-begli-occhi, e ora gli correvo dietro maledicendolo in turco.
Giunti nel retro mi mostrò tutto con il massimo dell'asetticità. Neanche fosse un.. boh. Non mi veniva in mente qualcuno che avesse meno passione di lui. Un incolla-francobolli forse. Ammesso che esista come mestiere. Chissà, magari chiuso in una centrale postale in un qualche angolo dimenticato da Dio.

Mi risvegliò la sua voce. Con uno sguardo acceso improvvisamente tra l'interesse e lo scherno.
“Scusami cosa hai detto?” no sai, stavo giusto ragionando sugli edifici postali.
“Ti ho chiesto se stalkeri spesso la gente. No sai, ieri in autobus pensavo quasi di aver a che fare con una ninfomane”
“Ma cosa..”
“E l'averti poi ritrovata nel locale..”


Lo preferivo quando faceva il senza vita. Senza dubbio.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Aranel33