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Autore: Benio Hanamura    19/06/2014    1 recensioni
[Mademoiselle Anne/Haikara-san ga toru]
“Il mio nome è Kichiji Hananoya… o meglio, questo è il mio nome dall’età di 15 anni. Fino ad allora ero Tsukiko, la sesta figlia della famiglia Yamada...”
Nel manga originale della Yamato è detto ben poco del passato della geisha Kichiji, che fa la sua prima comparsa come causa inconsapevole di gelosia della protagonista Benio nei confronti del fidanzato Shinobu, ma che poi si rivelerà essere solo una sua ottima amica e stringerà una sincera amicizia con Benio stessa, per poi segnare anche l’esistenza del padre di lei, vedovo inconsolabile da tanti anni.
Per chiarire l’equivoco e per spiegarle quale rapporto c’è davvero fra lei e Shinobu, Kichiji racconta la sua storia del suo passato a Benio, dei motivi per cui è diventata geisha, abbandonando suo malgrado il suo villaggio quando era ancora una bambina, ma soprattutto del suo unico vero amore, un amore sofferto e tormentato messo a dura prova da uno spietato destino…
Dato che questa storia è solo accennata nel manga, ma mi è piaciuta e mi ha commossa molto, ho deciso di provare ad approfondirla e di proporvela come fanfiction!
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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   I figli di Hasegawa-san appartenevano alla 18ª Divisione fanteria, la stessa di Koji! Non si trattava più della paura di cosa avrebbe riservato il destino, ormai era una terribile certezza! Tale era la forza della mia disperazione che il mio corpo non si sentì venir meno, e le lacrime non offuscarono la mia vista mentre percorrevo le strade del quartiere in una corsa quasi folle. All’okiya avrebbero sicuramente notato la mia assenza, ed in quella situazione non avrei nemmeno dovuto limitarmi a temere la collera di Kikyo-san: ero completamente sola ed indifesa, acconciata con la massima cura e quindi ancora più attraente agli occhi di chiunque avessi potuto incontrare, da qualche brigante intenzionato a derubarmi a qualche ubriaco con un diverso tipo di cattive intenzioni! Ma fortunatamente nulla mi fermò, anche se la gente sarà rimasta sconcertata nel vedere una geisha in atteggiamento così insolitamente scomposto, poco decoroso.
   Quando mi ritrovai davanti alla caserma ero senza fiato, avevo perso i geta ed alcune forcine, perciò anche i miei capelli dovevano essere un disastro. Non aveva importanza, certo, però quel punto però mi resi conto di un problema che non avevo considerato prima: come avrei potuto farmi aprire il cancello? E soprattutto: a quale titolo avrei potuto ottenere il permesso di incontrare Koji? Solo allora riuscii a realizzare completamente la situazione e temetti che sarei stata costretta a tornare indietro senza vederlo, senza nemmeno potergli dire addio; ma ancora una volta la sorte ebbe pietà di me: mentre lanciavo un ultimo disperato sguardo alla pesante cancellata, nell’assurda speranza di scorgerlo, incrociai un altro sguardo amico: di guardia quella notte c’era Shinobu! Il quale immediatamente ma con circospezione raggiunse il cancello e mi rimproverò per la mia incoscienza, ma subito dopo mi diede istruzioni per poter entrare da una piccola entrata secondaria: “Se non ti facessi entrare per fartelo incontrare il mio senpai elogerebbe la mia efficienza ed il mio senso della disciplina e del dovere, ma il mio migliore amico non mi perdonerebbe per tutta la vita!” commentò, e con un sorriso mi lasciò, rassicurandomi che Koji sarebbe arrivato subito.
   Shinobu tenne fede al suo impegno, ed arrischiandosi a lasciare temporaneamente la sua postazione di guardia andò ad avvisare Koji, così dopo meno di mezz’ora lui fu finalmente lì con me. Non mi rimproverò di nulla, subito ci stringemmo in un lungo, forte abbraccio, per un po’ entrambi incapaci di parlare, anche perché ogni spiegazione era ormai superflua. Invece insistette per medicarmi una ferita ad un piede, che poi mi fasciò con un fazzoletto. Ero andata lì pronta ad ascoltare lo sfogo di un uomo angosciato all’idea di dover andare per la prima volta nella sua vita in un vero campo di battaglia, invece persino in  quel momento così drammatico il mio amato dimostrava di preoccuparsi solo per me. E poi volle riaccompagnarmi, portandomi sulle spalle. Se qualcuno avesse notato la sua assenza Shinobu lo avrebbe coperto, in qualche modo l’avrebbe giustificato, ma anche se non avesse potuto che importanza avrebbe potuto avere in quel momento? Anche lui voleva tardare il momento del nostro commiato il più possibile, perché anche se nessuno di noi avrebbe mai osato dirlo non si sapeva quando e se ci saremmo mai rivisti e quello avrebbe potuto essere il nostro ultimo addio.
   Incurante del fatto che qualcuno avrebbe potuto notarci e farsi domande, Koji non aveva voluto chiamare un rishò e così procedeva lentamente verso l’okiya, molto più lentamente rispetto alle possibilità che il suo corpo vigoroso gli avrebbe permesso. Ma stavolta io non mi assopii, anche se tenevo gli occhi chiusi per rievocare il passato, e sicuramente anche lui stava pensando alle stesse cose, perché paradossalmente questa notte che ci avrebbe separati tutto era anche troppo simile a quella notte di tanti anni fa che ci aveva fatti incontrare, in cui lui mi aveva accudita e riportata al sicuro esattamente nello stesso modo. Strano ma vero, nessuno parve prestare particolare attenzione a noi, nessuno ci disturbò, ed io potei rievocare senza spiacevoli interferenze esterne quei momenti e tutti gli altri trascorsi con lui, finché, anche troppo presto, riconobbi in lontananza i ciliegi ed i ginko del giardino dell’okiya. Quando però lui fece per farmi scendere mi aggrappai ancora più forte: davvero non poteva ripensarci e portarmi lontano, per sfuggire al nostro triste destino?
  “Devi rientrare, Tsukiko…” la sua voce era poco più di un sussurro, il suo corpo tremava, e quando finalmente scesi e lo guardai di nuovo in viso per la prima volta vidi le lacrime nei suoi occhi.
  Mi sfilai il mio pettine preferito dai capelli e glielo infilai in una tasca, quindi lo baciai, disperatamente, appassionatamente come mai, per pudore, avevo fatto di mia iniziativa; lui  rispose e mi strinse a sé ancora una volta. Ah, come sarei stata felice se quel lungo bacio avesse potuto soffocarmi, strapparmi via l’ultimo soffio di vita!
   Purtroppo però anche quel momento finì, e quando Koji mi liberò da quell’abbraccio, dopo avermi ribadito ancora il suo immenso, incondizionato amore anche a parole (come se ce ne fosse stato bisogno!), non potetti fare altro che rientrare più silenziosamente che potevo e, come mi aveva espressamente chiesto,  senza voltarmi più verso di lui.
   Una volta entrata trovai un’inattesa tranquillità, tutto era avvolto nell’oscurità e nel silenzio, la festa era finita ed evidentemente tutte erano andate a letto. Sussultai nel sentire all’improvviso una mano sfiorarmi la spalla, temetti fosse Kikyo-san, che anche stavolta mi aveva aspettata al varco, ed io non avrei potuto sopportare di stare a sentire i suoi rimproveri, anche se giusti. Fortunatamente era Miyuki, era stata lei che anche stavolta mi aveva aspettata, non potendo ritirarsi serenamente in camera sua senza avere mie notizie. Ed anche stavolta mi aveva coperta, scusandosi con tutti da parte mia perché io ero stata costretta a ritirarmi in fretta in camera per via di un improvviso malore dovuto alla stanchezza, dato che ultimamente avevo dormito male, ma che mi sarebbe bastato riposare tranquillamente fino all’indomani per tornare perfettamente in forma. Le avevano creduto senza problemi: poverina, ormai era diventata molto brava ad inventare menzogne per me! Ora però non avrebbe più dovuto rifarlo per chissà quanto tempo, forse mai più, ed egoisticamente nei suoi confronti mi si strinse il cuore a quel pensiero, anche se ovviamente non glielo dissi. E lei non mi chiese nulla di ciò che avevo fatto fuori dall’okiya, disposta come sempre ad ascoltarmi qualora avessi voluto essere io a confidarle qualcosa.
   Ma io volli tenermi anche quegli ultimi preziosi momenti con Koji solo per me, e le chiesi soltanto di restare nella mia stanza quella notte, perché sapevo che non avrei mai potuto prendere sonno da sola. Invece abbracciata a Miyuki dopo un po’ potei addormentarmi, e rivivere nel sogno non solo i miei ricordi con il mio amore, ma anche i tempi più lontani e spensierati, quando mi addormentavo con Yuriko oppure accanto a lei, nei tempi più spensierati, precedenti alla sua partenza dall’okiya, entrambe sfiancate solo per aver giocato tutto il giorno.
  L’indomani non ebbi problemi, anzi, Kikyo-san e la okasan furono molto premurose con me, e mi proposero di riposare per tutta la giornata. Io però le ringraziai e rifiutai, assicurando che mi ero ripresa; quindi mi impegnai ancora più di prima, decisa a tenermi più occupata possibile per non pensare, convinta che così facendo il giorno in cui avrei rivisto Koji sarebbe arrivato senza che me ne rendessi conto.
   Il 2 settembre la 18ª Divisione fanteria,  forte di ben 23.000 soldati e 142 pezzi di artiglieria, sbarcò a Lungkow.
  
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