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Autore: LadySpleen    16/08/2008    3 recensioni
"E mentre impaziente contava le fermate, un lampo del sogno di quella notte riaffiorò al suo pensiero: ti amo.
Aveva sognato di dirgli… ti amo?!
Un brivido le percorse la schiena, aveva paura dell’amore."
Semplice racconto di una ragazza innamorata... o forse no?
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non so cos’è

C’era qualcosa di vagamente triste nell’aria.
Forse era il vento, così freddo per essere solo a metà agosto.
Forse era il profumo fresco del mare, che giungeva dalla finestra spalancata fino a lei, distesa nel letto, ancora in pigiama, senza nessuna voglia di alzarzi, di fare qualsiasi cosa, sebbene fossero già le undici e mezza passate. Semplicemente, c’era qualcosa che non andava.
E non riusciva a capire cosa fosse. Si sentiva vuota, abbattuta, sfinita dentro.
Si sollevò su un gomito, quel poco che bastava per sbirciare fuori dalla finestra, il riverbero del sole sui vetri del palazzo di fronte.
Tra i tetti uno spicchio di cielo liquido, così lontano, così perfettamente blu.
Chiuse gli occhi, affondando la testa nel cuscino per l’ennesima volta.
Tra poco più di mezz’ora avrebbe dovuto pranzare, i suoi erano di una precisione frustrante quando si trattava di mettersi a tavola. Ma non aveva voglia nemmeno di mangiare.
Avesse potuto scegliere, non si sarebbe mossa.
Avrebbe voluto rimanere così, a perdersi nel limbo confuso dei suoi pensieri.

[Pensiero senza guida e senza forma,
lo lascio libero di andare ed è per questo ritorna. ]


Aveva fatto un sogno, quella notte, non riusciva a ricordare nulla, ma sapeva che le aveva lasciato una sorta di amaro in bocca.
Sospirò, ancora una volta, così stranamente amareggiata al pensiero che per una volta nella sua vita tutto andava per il verso giusto. Stava bene, e questo la soncertava, stava bene ogni giorno di più.
E allora, che diamine le stava succedendo?
Doveva muoversi, doveva fare qualcosa.
Si alzò, passando distratta davanti allo spacchio nel corridoio, poi a quello nel bagno.
Da un po’ di giorni evitava il proprio riflesso. Aveva paura di quella luce che vedeva nel suo sguardo. Aveva paura dei suoi stessi occhi, scuri, ma così brillanti, così ridenti e pieni di vita. Era…, era felice. Ma quel giorno c’era qualcosa che non andava.
Vagò senza meta per il salotto, dal divano alla scrivania, cercando inutilmente qualcosa a cui pensare, qualcosa che non fosse lui.
Il suo chiodo fisso. Il pensiero ricorrente.
La causa di quel suo fare sognante, leggiadro, quasi alieno allo sguardo altrui.
Andò in cucina e si sedette. Mangiò svogliatamente quello che sua madre le aveva messo nel piatto. Distratta ritornò nella sua stanza, il suo nido, e prese il cellulare.
Come sfondo aveva una foto di lui.
E come sempre, guardandolo, pensando ai suoi gesti, i suoi sorrisi, si sentì bruciare dentro, lì al centro del suo essere, dove sentiva un peso, un peso enorme.
Cos’è?

[E non so cos'è, so che è volato dappertutto
come i tuoi vestiti ieri sera prima di buttarsi a letto,
eppure era quello il loro giusto ordine]


Improvvisamente, sorrise.
Era più forte di lei, non riusciva a impedirsi di ricordare, di ritornare con la mente a quegli istanti, quei momenti che da qualche mese a questa parte brillavano come stelle nella normalità della sua esistenza.
E la fiamma divampava, lì dentro di lei, mentre guardava gli occhi di lui, in cui ogni volta desiderava solamente annegare, sprofondare sempre a più fondo, al centro del suo sguardo dorato.

[Piacevolmente perdersi in un turbine,
che sia l'inizio oppure il termine.
La mia sorpresa nel tuo sguardo in quell'invito,
da una manciata d'ore è nato un pezzo d'infinito.]


Si sentì spezzare, quando ricordò a se stessa che aveva deciso che quel giorno non si sarebbero visti.
In fondo, non potevano uscire insieme tutti i pomeriggi, stare sempre incollati l’uno all’altra…
Ma in quel preciso momento non desiderava altro che stare con lui, sentire il profumo dei suoi capelli, sfiorare la sua pelle, le sue labbra.
E il vuoto malinconico che sentiva dentro prese forma.
Non poteva negare la realtà evidente: le mancava, aveva terribilmente bisogno di lui.
Decise di impulso di andare da lui, si vestì in fretta, una linea di matita nera intorno agli occhi, il tempo di avvisare sua madre, ed era già per strada.
Il cuore che le martellava nel petto all’impazzata.
Non capiva più niente, non vedeva nulla intorno a sé. Solo pensava che presto avrebbe potuto nascondersi tra le sue braccia e sentirsi al sicuro. Sentirsi bene.
E mentre impaziente contava le fermate, un lampo del sogno di quella notte riaffiorò al suo pensiero: ti amo.
Aveva sognato di dirgli… ti amo?!
Ma lo amava davvero?

[Vivrò amore nomade perchè ho un cuore zingaro,
in un libro con un nuovo capitolo, in bilico fra pericolo e miracolo.]


Un brivido le percorse la schiena, aveva paura dell’amore.
Fino a quel momento le aveva portato solo sofferenza, ma con lui aveva deciso di ricominciare.
Scese dall’autobus in tutta fretta, raggiunse i giardini dove solitamente lui si vedeva coi suoi amici, dove avevano passato tanti pomeriggi, a parlare di tutto e di niente, a stupirsi di quanto strana potesse essere la gente e di come il tempo volava via in fretta, solo perché erano insieme.
E di fatti lui c’era.
La guardò sorpreso, poi un enorme sorriso si dipinse sul suo volto e le corse incontro.
Lei si fermò, nel tentativo di soffocare tutti quei sentimenti che rischiavano di strariparle fuori, di scoppiarle il cuore.
“Una sola persona non può provare tutto questo,” pensò, “credo proprio di essermi innamorata. Dovrei dirglielo, devo dirglielo…”
Lui la prese tra le braccia, stringendola talmente forte da mozzarle il respiro – o era l’emozione? –
“ Ciao, amore! Ma cosa ci fai qui? Non avevi detto che non potevi uscire?”
La sua voce ridente, calda, le rintronò nella testa.
Si staccò da lui quel poco per poterlo guardare in viso.
“Io… sono venuta per…” e se poi non era davvero innamorata? “Perché avevo una voglia matta di vederti!” disse tutto di un fiato e baciandolo con trasporto.
Era tutto troppo perfetto per rischiare di rovinarlo con una dichiarazione forse non ricambiata.
Forse nemmeno del tutto sincera.
Forse era troppo presto per dirlo adesso.
Ma di una cosa era certa: mai il mondo le era sembrato migliore, così meravigliosamente scintillante e colorato, come in quel momento.
Cos’era? Non avrebbe saputo dirlo, ma in fondo non credeva fosse poi così importante.

[Sono storto io o è la città che si è capovolta?
Il mondo è una conchiglia, ascolta che pace,
produce l'eco della tua voce e non so perchè nè cos'è ma mi piace.]




Commenti dell’autrice
Grazie a tutti coloro che leggeranno e ancora di più a chi commenterà, si ricorda che le recensioni – oltre ad essere gratuite – sono gradite perchè costruttive.

Le parole tra parentesi quadra sono tratte dalla canzone “Non so cos’è” degli Articolo31, che è infatti lo stesso titolo del racconto.

Approfitto dello spazio per ringraziare:
KuroNekoChan, Cecia Chan e Frytty per aver recensito la mia poesia:
"Requiem per una madre mai vista"
Grazie mille a tutti ^_^

È tutto, a presto,
LadySpleen
  
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