Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer
Segui la storia  |       
Autore: Yajirushi    20/06/2014    2 recensioni
Presi il mio diario e cominciai a scarabocchiarci qualcosa, quando “Lo conosci?” mi chiese, fissando il soffitto. Esitai. “Chi, il biondo?” lo vidi annuire e sospirai. “No, ma comunque non sono affari tuoi” e saltò giù dal letto meglio di uno stuntman, facendomi quasi venire un infarto e parandosi davanti a me, le braccia spalancate e un’espressione spaventosa. “Se quello ti sfiora con un dito, io glielo spezzo” quasi ringhiò “quel tipo non mi piace” Cosa? E chi era lui per giudicare uno sconosciuto? Forse non si era mai soffermato più di tanto a giudicare se stesso. Sentirlo parlare di me con tanta autorità, comunque, mi infastidì. “Ripeto: non sono affari che ti riguardano” Calum sospirò bloccandosi all’improvviso, forse rendendosi conto di quanto stavamo esagerando, e si rituffò sul mio letto, in silenzio.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Calum Hood, Luke Hemmings, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

#School#

Non sentii nessun rumore quella mattina, ma le tende erano comunque già spostate e una tazza di latte fumante poggiata sul piano della cucina. Mi alzai controvoglia, cercando in tutti i modi di pensare a qualcosa di bello, di positivo... ma per quanto mi sforzassi, l’idea di tornare a scuola rendeva tutto più difficile. Pensai a quante condoglianze avrei sorbito, a quanti sguardi di pietà e compassione i prof mi avrebbero rivolto, mentre i ragazzi mi avrebbero odiato per lo stesso motivo, l’attenzione sconsiderata degli adulti. Diedi un’occhiata alla sveglia: le 7.00. Strano che non avesse suonato. Mi trascinai in cucina bevendo dalla tazza, chiedendomi dove diavolo si fosse cacciato il mio fratellastro. Calum, accidenti a lui. Dire che quella sera l’avevo ferito era una leggerezza.. Decisi di mettere da parte l’orgoglio e tornai in camera da letto, gli avrei chiesto scusa, mille volte scusa, ma il suo letto era vuoto e intatto. Che non avesse dormito affatto lì? Cavolo, che nervi! Adesso mi rendeva difficile persino farmi perdonare! Mi vestii in fretta uscendo di casa, ignorando la porta dell’appartamento accanto, in procinto di aprirsi.

Ashton studiò la mia espressione stressata e “Cavolo, sei proprio messa male” affermò, passandomi una mano sul viso fingendo una carezza, mentre in realtà tentava di coprirmi dagli sguardi carichi di pietà degli altri ragazzi. Lo ringraziai mentalmente e presi un libro dal mio armadietto. Lo salutai, ma Ashton non sembrava intenzionato a lasciarmi. “Sensi di colpa?” ecco, un altro punto a suo favore. A volte il suo talento da decodificatore ambulante poteva rivelarsi davvero fastidioso. “Mm.. non mi va di parlarne” mugugnai, dandogli le spalle. Mi allontanai in fretta, un passo più svelto dell’altro, ma lo sentii comunque urlare un “Certo, buona giornata anche a te, fiorellino!” Tsk.. che idiota.

“Lezione di chimica? Mm.. interessante...” passai un dito sul mio programma, il mio schifosissimo programma di lezioni. Tutte quelle materie sembravano un’accozzaglia di cose improponibili, con giorni talmente faticosi da sembrare un incubo, e giorni in cui si susseguivano religione, arte e musica. In poche parole, un paradiso. Quel giorno, per mia sfortuna, apparteneva alla sfilza dei giorni sotto la voce ‘incubo’. La chimica la odiavo, l’avevo sempre odiata e non avrei mai, MAI cambiato idea. Perciò, considerando che quello era il mio primo giorno... ma sì, perché no, un’ora in meno non uccide nessuno. Ne approfittai per fare un giro della scuola, scoprendo aule munite di qualsiasi cosa, dai microscopi alle macchine per cucire, da lavagne interattive a modelli anatomici più che realistici. Uno di quelli, in particolare, mi colpì per un dettaglio: gli occhi da gatto, due mandorle perfette. Li sfiorai, li studiai. E inevitabilmente quelli di Calum li sostituirono nella mia immaginazione. “Odio il senso di colpa” sussurrai al manichino sfiorandogli un muscolo scoperto “non trovi che sia.. insopportabile?” Il modello mi fissava. Restava immobile. Stavo rimbambendo se credevo davvero che un pezzo di plastica lavorata mi avrebbe risposto. Eppure, qualcosa sentii... “Sì, lo penso anch’io” sobbalzai, qualche provetta di liquido colorato pagò il prezzo della mia disattenzione. Mi chinai per rimediare, scegliendo di lasciar perdere non appena il proprietario di quella voce si fece avanti. “L.. Luke?”

L’avevo riconosciuto subito solo grazie al famigerato piercing sul labbro, altrimenti ci avrei messo un secolo a collegare quel viso al suo nome. Luke indossava un camice bianco, una mascherina dal vetro blu e dei guanti gialli da vero chimico. Subito dopo avermi scoperta mi suggerì di scappare se non volevo pagare per quelle provette distrutte, e lui propose un posto dove saremmo stati tranquilli almeno fino all’inizio delle mie prossima lezione: il giardino. La zona era tranquilla e ricca di verde, alcuni ragazzi leggevano o chiacchieravano sul prato, e Luke seguì il loro esempio invitandomi a fare altrettanto. Restammo in silenzio per un po’, finché “Ti senti in colpa per non avermi salutato, questa mattina?” rimasi impietrita. Che diavolo..oh, già! La porta socchiusa.. Scossi il capo. “Ci sentiamo importanti, eh?” mi sentivo.. strana, talmente rilassata che le parole uscivano da sole senza che i neuroni dovessero faticare troppo. Scoprii che con Luke riuscivo a non pensare, e la cosa mi allettò parecchio. “Ma io sono importante” sorrise sghembo, puntandomi l’indice contro “e questa è una delle cose che imparerai frequentando la scuola” Avevo un mucchio di domande da fargli. Prima: stai scherzando? No, perché a me sembra proprio uno scherzo. Seconda: perché cavolo non sei a lezione? Terza: sei così carino a passare il tuo tempo con me... ehi, questa non è una domanda! Sveglia, Lizzie, sveglia! Non potevo imbambolarmi davanti a quegli occhi blu, non potevo farmi ammaliare da quel piercing e non potevo fargli notare che... che in realtà non ci riuscivo, non riuscivo ad ignorare quel ben di dio che mi ritrovavo ad ammirare. Dannazione, Lizzie! “Eeehii” una mano mi sventolò davanti e sobbalzai ancora, due volte nello stesso giorno e due volte davanti a lui. “Credi che io sia... facilmente suggestionabile?” Coosa?! Ma che cavolo andavo a chiedergli! Vorrei una spillatrice per tapparmi la bocca e intrappolare i pensieri solo nella mia testa. Oppure vorrei morire. Gli occhi di Luke mi rassicurarono subito, almeno potevo sentirmi più sollevata. Sospirò e “Nah.. direi che sei più.. facilmente amabile” rispose, lasciandomi letteralmente a bocca aperta. Stringi le labbra Lizzie, o la tua bocca diventerà nido per insetti. Seguii le istruzioni della sottile vocina nel mio cervello e guardai l’orologio al mio polso: le 10.15. Scattai in piedi e “Porca miseriaaa!!!” urlai seriamente spaventata: un’ora di assenza era accettabile, ma un ritardo di un quarto d’ora a storia... con quella professoressa... dovevo correre se volevo avere salva la pelle. Luke rideva divertito, ma il tempo per salutarlo non era abbastanza e mi allontanai volando-se possibile-, scuotendo semplicemente la mano e lanciando un “Ci vediamo!” a quel ragazzo bellissimo, ancora steso sull’erba.

“Storia... storia... dove diavolo è l’aula di storia?” attraversai i corridoi credendo di restare a corto d’ossigeno da un momento all’altro, e solo ora capivo cosa provava la portinaia ad ogni ricerca di una chiave: rabbia, ansia e paura. Io, per esempio, avevo paura di finire nella classe sbagliata sorbendomi un doppio rimprovero. Dovevo sbrigarmi, la speranza di trovare quella dannata classe sfumava sempre di più, quando notai un cartello attaccato su una porta che quasi mi parlò. “Aula di storia!” ero quasi felice, e l’emozione di averla trovata fu talmente tanta, che solo dopo averci fatto irruzione mi accorsi davvero del casino che avevo combinato. Lo sguardo della prof rischiava di incenerirmi a momenti, e la bacchetta di legno di legno che stringeva fra le mani sembrava non aspettare altro che posarsi sul mio didietro. Deglutii, quella prospettiva faceva sudare freddo. “Miss... miss Prior, che piacere.. io ehm..” “Silenzio!” tuonò, mentre la bacchetta schioccò forte sulla cattedra. “Lieta di averla alla mia lezione, signorina...” “Whitey” La prof mi lanciò un’occhiataccia. “Non ho chiesto il tuo nome” sentii il sangue raggelarsi mentre la Prior parlò ancora, stavolta per indicarmi il mio posto. I ragazzi mi osservavano, alcuni con ammirazione, altri con indifferenza o pietà. Mi toccò il banco nell’angolo a destra, ultima fila. Non potevo chiedere di meglio per essere lasciata in pace. Quasi come un fulmine un’idea mi passò per la mente, anzi, più che un’idea un vero e proprio terrore. Mi tastai la sacca trovandoci solo una bottiglietta d’acqua e un quaderno con due penne. Mi diedi un sonoro schiaffo sulla fronte tanto da far preoccupare persino quell’insensibile della Prior. Merda, dove cavolo era finito il mio libro?!

 

 

Ringrazio i recensori e i lettori che semplicemente leggono, sperando che alla fine mi lascino un commento come regalino... E poi vorrei dire una cosa a questa bellezza: “Sì tesoro, per me sei moooooolto importante :3”

 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer / Vai alla pagina dell'autore: Yajirushi