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Autore: 68Keira68    17/08/2008    3 recensioni
Salve a tutti! Questa è la prima volta che scrivo una fan fiction su Pirati dei Caraibi e vi chiedo di essere clementi! La fan fiction è ambientata circa 17 anni dopo la fine del 3 film quindi se non avete ancora visto il film e non volete rovinarvi il finale vi consiglio di non leggerla :-P! Spero che la fiction vi piaccia e se potete inserire un commento anche piccolo piccolo ve ne sarei grata, così saprei se la fiction vi piace o meno! Vi ringrazio in anticipo e vi auguro una Buona Lettura!
L’estate finalmente era arrivata, il sole risplendeva nel mare che bagnava la piccola isola di Telia, ai confini del mar dei Caraibi e Angela, si stava dirigendo al mercato per fare la spesa.
Genere: Romantico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Elizabeth Swann, Jack Sparrow, Nuovo Personaggio, Sorpresa, Will Turner
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note dell'autrice:

Ci vediamo di sotto, dopo il cappy! 

Buona lettura

Kisskiss 68Keira68

9_ L'amore è irrazionale

Il sole risplendeva per le vie trafficate della piccola isola caraibica e Maggie ammirava dalla finestra della sua camera da letto il paesaggio di fronte a sé. Quella mattina si era svegliata presto, cercando di sbrigare tutte le consuete commissioni in fretta per poi avere il resto della giornata a disposizione. Ora erano quasi le dieci, e lei, con i gomiti appoggiati al davanzale, stava aspettando l’arrivo del figlio del capitano Teels, Terence.

Non sapeva esattamente perché, ma l’idea che l’avrebbe visto da lì a poco le procurava una strana sensazione, un misto tra l’ansia e la felicità. Il risultato è che aveva le farfalle nello stomaco da quando si era svegliata e non era ancora riuscita a darsi una spiegazione degna di questo nome.

 

È in ritardo constatò sbuffando e lisciandosi il bordo del vestito blu mare che aveva indossato.

 

Con un altro sbuffo si allontanò dalla finestra.

 

Ma quando arriva? Dovrebbe già essere qui! Uffa, ah, così non va... devo darmi una calmata.

 

Iniziò a gironzolare in tondo per la stanza disperatamente in cerca di un qualsiasi cosa per farla distrarre. Alla fine decise di scendere sotto per vedere se sua madre avesse bisogno d’aiuto nelle faccende domestiche. Stare lì a contare i secondi che passavano non le avrebbe giovato alla salute, anzi, probabilmente l’avrebbe lentamente portata alla pazzia.

 

Uf, è assurdo che mi comporti in questa maniera, perché poi? Quando arriverà arriverà! Pensò mentre sbatteva in malo modo la porta della sua cameretta, prima di imboccare le scale.

 

Manco a dirlo, quando era solo a metà della rampa, sentì la voce di sua madre che la chiamava dal piano di sotto, informandola che un ragazzo di nome Terence chiedeva di lei.

Si bloccò per un secondo e il suo cuore perse un battito.

 

Evviva! È arrivato!

 

Si affrettò a scendere gli ultimi scalini e con un sorriso a trentadue denti si preparò ad accogliere Terence.

 

“Ciao!” lo salutò con più entusiasmo di quello che voleva far trasparire.

“Ciao” rispose lui abbassando il capo, in evidente imbarazzo.

“Bene, ehm, come stai? Vuoi qualcosa? Hai fame o sete?” gli chiese gentilmente, cercando di comportarsi da padrona di casa.

“No, grazie, ho appena fatto colazione sulla nave”. Sembrava a disagio e Maggie si chiese perché.

“Sicuro che non vuoi niente?” si intromise la madre della ragazza. Nel sentire la voce della signora Cross Terence sussultò e negò velocemente con la testa. Maggie se ne accorse e finalmente capì perché Terence era così teso. Rise tra sé e sé, e cercò di toglierlo da quella situazione.

“Ok, allora usciamo? Ti faccio fare un giro turistico dell’isola, ti va?” scherzò. L’isola era talmente piccola che sarebbe bastato girare in tondo su se stessi per visitarla tutta. “A proposito, ho preparato un pranzo al sacco, a te non crea problemi vero?” aggiunse titubante. Aveva pensato fosse che un pic nic potesse essere divertente, ma non sapeva se lui avrebbe preferito pranzare in un ristorante.

“Ottimo, nessun problema, andiamo?” acconsentì invece lui, con fare sbrigativo, lanciando un’occhiata nervosa alla madre della ragazza, che si limitava a guardare entrambi i ragazzi sorridendo affettuosa.

“Allora mamma, io e Terence usciamo, torno stasera, va bene?” disse lei, felice che la sua idea era stata accolta positivamente.

“Va bene, ma mi raccomando, se fate tardi fatti accompagnare a casa da lui, ok?” la ammonì premurosa la signora Cross, guardando il ragazzo.

“Non si preoccupi signora, la riporto a casa io” rispose Terence, sempre intento a fissarsi le scarpe.

“Bene, prendo il cestino con il pranzo” fece una piccola corsa in cucina, e afferrò veloce il paniere con i panini e le borracce. Una volta tornata di là esclamò “ciao mamma!” e aprì la porta, invitando Terence a seguirla. Lui salutò la signora Cross e imboccò l’uscio di casa.

 

Quando furono fuori sulla strada, il giovane tirò un sospiro di sollievo.

Maggie a quel punto non riuscì a trattenere un risolino.

“Che c’è?” le chiese lui leggermente irritato.

“Scusami, ma sei buffo. Perché eri in agitazione prima? Mia madre non ha mai mangiato nessuno!” lo prese in giro.

Terence diventò rosso per la vergogna. “Grazie dell’informazione” le rispose sarcastico. “Non ero in agitazione era che…mi sentivo sotto esame, mi ha squadrato tutto il tempo.” Si difese.

“Scusala, fa sempre così con qualcuno che non conosce. Non dimenticare che ti ha affidato la sua bambina per tutto il giorno, doveva quanto meno assicurarsi che eri una persona apposto, no?”

“Si, immagino di si.” Acconsentì.

“Bene, allora dove vuoi andare?” Gli chiese Maggie cambiando argomento, con un dolce sorriso sulle labbra. “Come bene saprai Telia ha delle ottime viste panoramiche, degli stupendi luoghi di ristoro e bellissimi monumenti, quale vuoi visitare per primo?” scherzò, facendo una mezza piroetta su se stessa e allargando le braccia come per illustrare una piazza famosa.

Terence rise a sua volta. “Non saprei, la guida sei tu, hai carta bianca” le ammiccò.

“Va bene” Lei ci pensò un attimo, poi decise: “direi di lasciarci il molo per ultimo e di andare al centro dell’isola, dove poi possiamo prendere la direzione per la spiaggia e cercare un posto all’ombra, così se ci viene fame possiamo mangiare lì, ti va?”

Il ragazzo annuì con il capo, e i due giovani si avviarono per la piccola stradina.

 

“Allora, dove ci eravamo interrotti ieri?”

“Mi avevi chiesto perché non mi avevi mai visto prima, se non mi sbaglio”

“Giusto, e tu mi avevi risposto che era perché solitamente accompagni tuo padre solo nei viaggi verso le grandi città.” Terence annuì e la ragazza proseguì “Quindi ti piace viaggiare?”

“Non proprio, mi ci è voluto un bel po’ per abituarmi alla vita del marinaio. Non è facile come sembra, è molto dura.”

“Non ho mai pensato fosse semplice, però ne varrà la pena no? Conoscere gente, visitare posti nuovi e sconosciuti, deve essere bello” osservò, ricordando tutti i motivi per cui Angela aveva sempre giustificato la propria voglia di lasciare l’isola.

“Bhè…si, ma è molto soggettiva la cosa, dipende da cosa vuoi nella vita” rispose Terence, restando sul vago, improvvisamente a disagio. Maggie lo fissò di sottecchi a quest’ultima particolare risposta, ma qualcosa nel tono del ragazzo le suggerì di approfondire la questione in un secondo momento. Comunque  l’improvviso sbalzò di umore, da allegro a pensieroso non le piaceva, così si affrettò a cambiare argomento.

 

Passeggiarono tutta la mattina, parlando del più e del meno, approfondendo la loro conoscenza e il loro rapporto. Gli fece vedere tutti i piccoli negozietti dell’isola, l’unico monumento che governava la piazza centrale, una bella e grande fontana e infine, sulla strada per andare al molo, la casa e la locanda dove fino a poco tempo fa abitava la loro amica. tutti e due i luoghi sembravano abbandonati da molto tempo. Le vetrate della birreria erano rotte, come le finestre dell’abitazione al piano di sopra, la porta scardinata e si poteva vedere chiaramente che dentro il caos regnava sovrano. I tavoli erano rotti o rovesciati, come le sedie, e cossi di bottiglie si intravedevano ovunque.

“Quindi Angela viveva qui.” Esclamò sgomento.

“Si, ma quando sia lei che sua madre erano qua sia la casa che la locanda erano in condizioni migliori. Era un posto del tutto rispettabile e il pub era molto bello e sempre affollato. Ora è rimasto solo Johnatan e la proprietà è decaduta” Maggie non poté impedirsi una smorfia amara pensando a quel nome.

“Johnatan? Chi è Johnatan?” le chiese lui curioso.

“ è il patrigno di Angela. Una delle persone più odiose che io abbia mai conosciuto. Lui ed Angie si sopportavano a malapena, quando Annalisa è morta e lei voleva andarsene, Johnatan non era d’accordo. I due hanno litigato molto animatamente, sono addirittura arrivati alle armi, ma Angie ovviamente non si è lasciata intimidire e con un movimento solo della spada lo ha disarmato, puntandogli l’arma alla gola. Dopodichè se ne andata salutandolo in malo modo, con la promessa che non sarebbe mai e poi mia tornata da lui.”

Terence non faticò a credere al racconto di Maggie, dato che ricordava fin troppo bene la prima e unica volta che lui stesso aveva incrociato la spada con Angela, anche se per gioco, e si era ritrovato anche lui con la lama sotto il mento.

“Come mai tra quei due non correva buon sangue?” si informò.

“Il matrimonio tra lui e la madre di Angela è stato solo di convenienza. Annalisa lavorava nella locanda di Johnatan, e aveva bisogno di soldi, mentre a Johnatan occorreva qualcuno che badasse alla casa, così si sposarono circa sette anni fa. Ma lui non è mai stato un marito dolce né un bravo padre. Ha sempre rinfacciato a tutte e due che se avevano un tetto sopra la testa e un piatto caldo a tutti i pasti era merito suo. È un tipo avaro e antipatico. La povera Annalisa era una santa se riusciva a sopportarlo! Pensa che quando morì il primo pensiero di lui è stato che ora doveva trovarsi un’altra persona che l’aiutasse alla locanda, e proprio per non dover pagare uno stipendio a nessuno voleva che Angela rimanesse con lui ad aiutarlo!” l’indignazione nella voce di Maggie era palpabile.

Terence sentì un moto di rabbia  verso quello sconosciuto. Si chiese se fosse possibile provare tanto odio verso una persona che nemmeno conosceva.

“E ora che è rimasto solo cosa fa?” domandò, cercando di tenere a bada l’ira.

“Il giorno dopo che Angela se ne era andata si comportava come se niente fosse successo. Non ha tenuto il lutto per la moglie nemmeno per un giorno, scatenando l’indignazione generale. Solitamente la locanda era presa da assalto qui a Telia, essendo l’unica di tutta l’isola, ma quel di’ e i due successivi non si era presentato nessuno, - non c’è persona in tutta l’isola che non lo odia per il suo comportamento verso Annalisa ed Angela- e così si accorse che era rimasto letteralmente solo. Il quarto giorno ha iniziato a bere e si è ubriacato. Ha sfasciato mezzo locale, per tutta l’isola abbiamo sentito il rumore dei vetri che andavano in frantumi e le sedie che venivano lanciate contro le pareti. Gli uomini si sono precipitati a vedere cosa stava succedendo. Una volta che hanno compreso l’accaduto hanno cercato di fermarlo, e sono riusciti a farlo stendere sul suo letto, al piano di sopra. Credo siano più o meno cinque giorni che è perennemente ubriaco, ed è riuscito a trasformare la bella casa di Angie nel luogo desolato e abbandonato che vedi.” Spiegò con voce amara.

“Capisco” disse solamente lui, guardando torvo la casa, come se gli avesse fatto un torto personale.

Maggie cercò di alleggerire la tensione che si stava formando. A lei meno di tutti piaceva quella storia, ma aveva già sprecato abbastanza imprecazioni contro Johnatan e ora non voleva più pensarci.

“Proseguiamo? Non so te ma io comincio ad avere fame” chiosò.

Lui sembrò riscuotersi dai suoi cupi pensieri e sorrise alla ragazza. “Si, anch’io comincio a sentire il bisogno di pranzare, dove ci mettiamo?”

“Ho in mente un posto perfetto” gli fece l’occhiolino. “Seguimi!” e così dicendo lo prese per mano, evitando però di guardarlo negli occhi. A quel piccolo gesto i cuori di entrambi i ragazzi iniziò ad accelerare, senza che nessuno dei due sapesse fornire una spiegazione logica.

 

Maggie portò Terence sulla spiaggia della piccola isola, in un punto lontano dalla riva e con molte palme che creavano un piacevole riparo dal caldo soffocante.

“Eccoci qui! Ti piace?” gli chiese lei, guardando il luogo entusiasta.

“è molto bello e…appartato”

La ragazza divenne rossa a quell’affermazione. Effettivamente le palme creavano un piccola oasi che li separava dal resto della spiaggia, isolandoli del tutto.

“Non ci avevo fatto caso, ho pensato che qui c’era l’ombra e che era l’ideale per pranzare riparati dal sole” balbettò abbassando la testa.

Terence si diede mentalmente dello stupido. “No, non intendevo quello, il posto è stupendo, volevo dire che era tranquillo, non mi piaceva l’idea di dover pranzare sotto gli occhi dei passanti!” cercò di giustificarsi maldestramente. Con la sua goffa spiegazione il ragazzo riuscì a far ridere Maggie, togliendo così entrambi dall’imbarazzo.

“Vogliamo cominciare? La fame aumenta!” così dicendo Maggie poggiò il paniere per terra e ne estrasse una coperta rossa, abbastanza grande da permettere ai ragazzi di stendersi sopra comodamente. Dopodichè tirò fuori due borracce con l’acqua, del pane e della carne. (scusate per la poca fantasia ma non ho la minima idea di cosa preparavano per un pranzo al sacco nel sedicesimo secolo!XD!! Nd autrice)

 

Iniziarono a pranzare, continuando  chiacchierare animatamente.

“E così sei caduto in acqua?” gli chiese lei incredula.

“Si! È stato orribile, tutta la ciurma mi stava guardando e stava ridendo, io invece volevo affogare dalla vergogna. Ma che ne sapevo io che proprio lì c’era un cima! È colpa di chi l’ha lasciata là se sono inciampato e poi caduto!”

Maggie era piegata in due dalle risate. “Ahaha, non so cosa darei per poter vedere la scena”

“Lasciamo perdere per favore, è meglio”. Maggie pian pianino smise di ridere e incrociò lo sguardo di Terence. Aveva cambiato espressione, improvvisamente si era fatto molto teso e la fissava con insistenza. Si sentì improvvisamente in imbarazzo, ma non riuscì a distogliere lo sguardo. Era come prigioniera di quegli occhi verdi.

“Aspetta, hai qualcosa vicino alla bocca” le disse.

Ad un tratto il ragazzo le si avvicinò allungando una mano verso il suo viso. Lei rimase immobile,con il cuore che iniziava ad andare in ipperventilazione. Cosa stava facendo?

Le passò un mano vicino al labbro superiore, con una lieve carezza. Si avvicinò ancora, le era sempre più accanto. Maggie rimase immobile, non riusciva a muoversi era come incantata. Sentiva solo il ritmo del suo cuore accelerare sempre di più e il tocco morbido della mano di Terence che tracciava linee immaginarie sul suo viso. Perché non si spostava? Avrebbe dovuto allontanarlo, lo sapeva bene. In fin dei conti era uno sconosciuto, incontrato solamente ieri. Come mai si stava prendendo tutta questa confidenza? E perché lei non faceva nulla per impedirlo?

I loro volti erano ormai molto vicini, troppo vicini. Il profumo di lui iniziò a inebriarla e a farle perdere ogni parvenza di lucidità. Sembrava senza più volontà, guidata completamente da lui. Senza sapere bene dove aveva trovato la forza e il coraggio di muoversi, decise di protendere una mano verso il viso di Terence anche lei, facendosi comandare dal nuovo e forte impulso di toccarlo a sua volta.

Ma poi a metà strada si bloccò e si alzò in piedi di scatto. Appoggiò la schiena ad una palma e si mise una mano sul cuore, nel vano tentativo di cercare di regolare i propri battiti cardiaci.

 

Cosa stavo per fare? Oddio, no, non è possibile…

 

Anche il ragazzo si era alzato e ora fissava Maggie con espressione afflitta. “Scusami, io…non volevo, non so cosa mi è preso” tentò di giustificarsi ma lei lo fermò.

“Non ti preoccupare, non ti devi scusare.” Tentò di sorridergli, ancora con il fiato corto.

 

Si incappa in certe situazioni solo quando il desiderio è comune.

 

“Vorrei tornare a casa. Non ti dispiace vero?”

“No, tranquilla. Vuoi che ti accompagno?” tentò speranzoso. Temeva di aver rovinato la loro amicizia appena iniziata con un gesto troppo avventato.

“Mi farebbe piacere” rispose invece lei, con sommo sollievo di Terence. Stava riacquistato il controllo delle sue facoltà mentali.

 

Si avviarono silenziosi verso la via per la casa di Maggie. Entrambi in completo imbarazzo, non avevano idea di cosa dire per sbloccare la situazione. La strada per il ritorno all’abitazione di lei parve lunghissima, ma alla fine si ritrovarono dinanzi alle famigliari mura rosa.

“Eccoci qua” esordì Maggie, pensando ad una bella maniera per salutarlo.

“Già” rispose lui, guardando a terra, ancora abbattuto.

 

Non voglio salutarlo definitivamente. Io voglio rivederlo! Urlò una vocina nella menta della ragazza.

Ma sarebbe stato opportuna rivederlo? Se la situazione si fosse ripetuta, lei avrebbe trovato la forza per opporsi nuovamente?

Guardò nuovamente il viso del ragazzo. Era veramente triste, probabilmente pensava che la giovane non avrebbe più voluto vederlo e attribuiva la colpa di ciò a sé. Non poteva dirgli addio lasciandolo in quel modo. Decise che non le importava cosa sarebbe successo se i fatti di quel pomeriggio si fossero ripetuti.

 

“Ehm, ascolta, domani pomeriggio pensi che sia possibile vederci di nuovo? Devo ancora farti vedere il molo” provò.

Terence sgranò gli occhi. La parola sopreso sarebbe stata un eufemismo. Poi si riprese e riuscì ad articolare una frase.

“Certo! A me va benissimo, per che ora vengo?” rispose entusiasta, come un bambino che riceve un regalo inaspettato.

Lei sorrise della sua foga, felice che la tensione si stava alleviando. “Verso le quattro del pomeriggio andrebbe bene? Prima ho alcune faccende da sbrigare”

“Sicuro, allora ci vediamo alle quattro”

“Perfetto”

Poi Terence le diede un leggero bacio sulla guancia, prima di sorriderle imbarazzato e avviarsi velocemente verso il porto, lasciando una Maggie leggermente spiazzata dall’ultimo gesto, ma assolutamente contenta.

 

 

*

 

 

Il giorno seguente, Maggie era seduta sulla sedia a dondolo del tinello, con un vivace vestito color pesca con le maniche corte a sbuffo. Si ritrovava nella stessa situazione della mattina precedente, in ansia mentre aspettava quello strano ragazzo che in meno di due giorni le aveva stravolto la sua piccola e tranquilla vita.

Aveva dormito poco quella notte, tormentata da mille pensieri. Cercava di dare una spiegazione logica al perché provava certe situazioni quando era in compagnia di Terence. Aveva le farfalle nello stomaco tutte le volte che gli era accanto e quando lo guardava negli occhi….quei bellissimi occhi verdi.

Senza volerlo la sua mente tornò a vagare sui fatti del pomeriggio precedente. Non era successo niente, lo sapeva bene, si erano appena sfiorati. Ma era anche successo tutto. Era il nulla che cambiava ogni cosa. Quando l’aveva sfiorata, tra le palpitazioni che erano arrivate a mille, aveva sentito la pelle andare a fuoco sotto la mano di lui. E il desiderio che non si fermasse, che si facesse più vicino, che proseguisse, si era impadronito di lei come mai prima d’ora. E non l’aveva ancora lasciata. Desiderava essere abbracciata da lui, voleva la sua compagnia, agognava di perdersi nuovamente in quegli occhi profondi e dolci. Cosa le stava accadendo? Non si era mai sentita così strana. Eppure era una sensazione stupenda. Era euforica all’idea di rivederlo, felice come non era mai stata.

Si alzò dalla sedia a dondolo e fece un piccolo giro su se stessa. I vari tentativi di darsi una calmata non erano serviti a nulla. Non riusciva a stare ferma, sembrava sui carboni ardenti.

 

Non erano passati neanche cinque minuti che qualcuno bussò alla porta. Maggie i voltò di scatto verso l’entrata di casa. Aspettava solo una persona. Non poteva che essere lui. Per un attimo temette che il cuore potesse saltarle via dal petto tanto batteva forte. Si precipitò ad aprire il portone e lui era lì, che le sorrideva gentile, leggermente rosso in volto. In imbarazzo come sempre.

 

“Ciao” la salutò, incapace di guardarla negli occhi.

“Ciao!”

Stettero un attimo sull’uscio senza dire nulla, non sapendo cosa fare, finché a salvarli dal disagio arrivò la signora Cross, che salutò cordiale Terence.

“Vi siete divertiti ieri? Maggie quando è arrivata a casa pareva al settimo cielo, era tutta agitata all’idea di uscire anche oggi. Parola mia non ho mai visto mia figlia così allegra.”

“Mamma!”. La voce della ragazza salì di alcune ottave mentre si rivolgeva a quest’ultima tutta rossa in volto.

La signora Cross rise sotto i baffi. “Bene, oggi dovete andare a vedere il molo giusto? Divertiti anche oggi allora, e comportatevi bene, mi raccomando” ammonì tutti e due, anche se sorrideva.

Maggie non le aveva raccontato i particolari del pomeriggio appena passato, ma a quel che pareva alle madri non sfugge nulla. Sembrava saperla più lunga sia di Maggie che di Terence.

 “Meglio che ci avviamo, la strada per il molo è lunga, ciao mamma”

“Arrivederci signora”

La giovane si affrettò ad uscire di casa, prima che sua madre dicesse qualcos’altro di imbarazzante. Già stava per sprofondare dal rossore, meglio evitare di peggiorare le cose. Lanciò una rapida occhiata a Terence al suo fianco e notò con sollievo che lui era nella sua stessa situazione. Le guance stavano raggiungendo una sfumatura purpurea.

 

Una volta lasciata l’abitazione, ricadde il silenzio. Maggie iniziò a mille modi diversi per poter intraprendere una qualsiasi discussione. Tornarono le farfalle nello stomaco. Quando ormai la situazione si fece insopportabile, disperata, se ne uscì con un commento sulla nave di Teels, lodandola e chiedendo come il padre del ragazzo ne era entrato in possesso. Terence accettò con gioia il tentativo di iniziare un dialogo degno di questo nome, e si lanciò nel racconto di come il suo bisnonno era riuscito a comperare l’imbarcazione. Ciò bastò a rompere il ghiaccio e chiacchierarono per tutta il tragitto.

 

Il molo era poco distante dal porto e si inoltrava per circa trecento metri nel mare. Fortunatamente il caldo, passata l’ora di punta, era diminuito e poterono percorrere il breve percorso senza i bollenti raggi del sole addosso.

Una volta arrivati in punta erano quasi le sei, e il sole stava iniziando a tramontare. Maggie si sedette sul bordo, lasciando dondolare le gambe, Terence invece rimase in piedi ad ammirare il bellissimo panorama.

“L’isola sarà anche piccola ma ha una vista mozzafiato” esordì.

“Concordo” rispose lei, sorridendo e guardandolo. Non aveva ancora dimenticato l’argomento interrotto il giorno prima e decise che era giunto il momento per riportarlo a galla.

“Terence, posso chiederti una cosa?” iniziò cauta.

“è tutta la giornata che mi ‘chiedi cose’, non credo che una in più o in meno faccia differenza”

Lei ignorò la battuta. “Mi domandavo il significato di una tua risposta ad uno dei miei primi quesiti”. La stava prendendo larga.

“Ovvero?”

“Quella frase, quando ti ho chiesto se valeva la pena vivere per mare per poter visitare posti nuovi, ehm, ‘dipende da cosa vuoi nella vita’, cosa significa?”

Lui la fissò intensamente per un secondo, poi tornò a fissare l’orizzonte.

Infine con un sospiro si apprestò a rispondere. “è semplice, per alcuni la smania di avventura è irresistibile e farebbero di tutto pur di provare l’adrenalina che scorre nelle vene quando sei di fronte ad una nuova situazione. Mentre per altri la voglia di vedere posti sconosciuti è irrefrenabile. Questi due motivi, per certa gente, giustificano il sacrificio di dover vivere per mare. Per altre persone invece questo non basta. Alcuni si accontentano di cose più semplici, una casa e una famiglia per esempio. E sono felici senza gironzolare in giro in cerca di chissà che cosa, per soddisfare una sete, a mio parere, mal sana e pericolosa.”

Maggie lo fissò rapita un attimo. Quello che aveva appena detto il ragazzo combaciava perfettamente con la sua linea di pensiero. “E tu appartieni all’ultimo gruppo di persone, giusto?” domandò, anche se sapeva già la risposta, mentre si alzava e gli si metteva davanti.

Terence riportò lo sguardo sul volto di lei e…ne rimase folgorato. Ormai il sole stava tramontando e controluce Maggie era molto più che bella.

I capelli castano scuro ricadevano morbidi sulle sue spalle, incorniciandole il volto dolce e leggermente arrossato per il caldo o forse per la situazione, chi lo sa. Gli occhi azzurri brillavano come zaffiri nella penombra che si era disegnata sul suo viso dai lineamenti dolci e perfetti, a causa della luce alle sue spalle. Il vestito rosa le calzava a pennello, evidenziando le forme morbide e generose della giovane, nonostante avesse una corporatura al quanto esile.

Intanto Maggie aveva ripreso a parlare, interpretando il silenzio di Terence come una risposta affermativa alla sua domanda.

“…anch’io la penso come te. Il sogno più grande di Angela è sempre stato quello di viaggiare in cerca di avventure, mentre il mio è da sempre quello di fare da madre in una grande famiglia. Con una bella casa a cui badare e un bravo marito da amare…” ma ormai Terence non la ascoltava più. Stava fissando le labbra della giovane, che vibravano delicatamente con un movimento quasi ipnotico. Quelle labbra morbide…quella bocca delicata a forma di cuore… D’un tratto un impulso insopprimibile si impadronì del ragazzo. Non gli era mai successo prima ma sentì il bisogno di stringere quella dolce e, all’apparenza, fragile ragazza. Quella giovane tanto gentile e spensierata, che aveva conosciuto da poco ma che in poco tempo  gli aveva fatto provare più emozioni di quante ne avesse vissuto finora. Non riuscì più a resistere e con un scatto si avvicinò a Maggie, cingendole l’esile vita con un braccio e la baciò con dolcezza e delicatezza, come se temesse che si potesse rompere sotto il suo tocco.

 

Maggie, dal canto suo, non riuscì a capire cosa stesse succedendo, era accaduto tutto troppo velocemente. Un attimo prima stava parlando e un secondo dopo si era ritrovata tra le braccia del suo interlocutore e lo stava baciando. Un momento, lo stava baciando? Si, stava ricambiando, ed era felice, come se non avesse desiderato altro da quando lo aveva conosciuto, solo poco tempo fa, il giorno prima! Eppure non era da lei fare una cosa tanto avventata. Non aveva mai baciato un ragazzo in diciassette anni di vita e ora lo stava facendo con un che conosceva da meno di quarantott’ore! Ma in quel momento non le importava. Avrebbe fatto i conti dopo con la razionalità, decise che per ora l’unica cosa giusta da fare era godersi il momento. Dopotutto non era quello che in fondo voleva? Non era quello che avrebbe desiderato fare già da ieri? Perché opporsi?

Così facendosi guidare dall’istinto, gli cinse il collo con entrambe le braccia, attirandolo di più a sé, mentre lui la teneva salda per la vita con un braccio e le accarezzava la schiena con movimenti circolari con l’altra. Il bacio era dolce e delicato, entrambi stavano assaporando il momento e non volevano accelerare il ritmo, come se volessero esplorarsi a vicenda, con calma.

Il sole era tramontato, e le stelle stavano facendo capolino all’orizzonte, uniche spettatrici indiscrete di questo scambio d’amore.

Dopo un tempo che ai due ragazzi parve infinito, si allontanarono l’un dall’altro, ma senza perdersi di vista. Si guardarono negli occhi, perdendosi l’uno nell’altro. Cercando di trasmettersi tutto quello che provavano con un solo, dolce, intenso sguardo.

Zaffiro dentro smeraldo.

Dall’espressione beata e felice che si poteva leggere sul volto di tutti e due, si poteva capire che né Maggie né Terence erano dispiaciuti per ciò che era accaduto.

Alla fine il ragazzo si sentì in dovere di dire qualcosa, come se volesse suggellare quel momento con delle parole.

“Maggie…” iniziò, ma lei non lo fece finire, poggiandogli un dito sulle labbra.

“Dimmi solo se provi quello che penso di provare io” lo interruppe.

Lui la fissò intensamente e le prese la mano tra le sue, baciandola “Se quello che provi tu è …è …più… d’una amicizia allora si, è quello che provo anch’io” balbettò.

“Amore?” suggerì la ragazza. Sembrava più lei padrona della situazione che lui.

“si… credo di si…amore” pareva stesse assaporando il dolce suono di quella semplice parola, che racchiudeva un significato così importante.

Sorrisero entrambi, complici e felici. Si abbracciarono ancora una volta, soli nella notte.

Scese il silenzio, ma non era imbarazzante, era il silenzio che cade tra due amanti, quando le parole diventano inutili perché l’altro sa già cosa vuoi dire. Un silenzio intriso si parole non dette ma sapute, di complicità e di amore.

Era un piccolo paradiso fatto solo per loro, un eden personale dove il confine tra cielo e terra si perdeva all’orizzonte, aumentando l’impressione che quell’istante potesse durare in eterno, alimentato solo dall’amore appena nato tra due persone che appena conosciutesi, hanno trovato subito nell’altra la propria anima gemella.

Una oasi protetta, piena d’amore, fatto solo per Maggie e Terence.

Ciao a ttt!!

Qst cappy nn era prevvisto, l'idea è venuta da sola, spero xò ke vi sia piaciuto! è la prima volta ke parlo di un bacio o di due persone innamorate, non so se sn stata brava a descrivere la scena, è stata una specie di prova x me, x favore, ditemi se vi è piaciuto^^!!! 

Ora passo ai ringraziamenti x ki ha commentato:-) :

sesshy94: grazie infinite x il tuo entusiasmo e x i complimenti *me commossa*!!!!! Avevi ragione, alla fine Terence e Maggie si piacciono^^! Spero ke anke qst cappy ti sia piaciuto, nn vedo l'ora di leggere il tuo commento^^!! Kisskiss e tvttttb 68Keira68

Sinfony: grazie tantissimo anke a te ke hai letto ttt la storia d'un colpo, glasieeeeeee^^!!!!!!!! Di Lizzy e famiglia parlerò presto, prometto :-), e avranno una buona parte tutta loro^^!!! Spero commenterai anke qst cappy e ke ti sia piaciuto:-) kisskiss 68Keira68


 

   
 
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