Giochi di Ruolo > Dolce Flirt
Segui la storia  |       
Autore: cisqua92    20/06/2014    2 recensioni
Dopo un po’, mi accorsi che non stavo più cercando di capire cosa si dicevano, ma stavo osservando lei. Mi rapì lo sguardo. Guardarla tirare pugni contro quel povero sacco, gridando di tanto in tanto, muoversi intorno ad esso… non so… la trovai affascinante ed elegante a suo modo. Anzi, no. Meglio ancora: elegantemente feroce, come una tigre. Si. È l’animale che meglio la descrive in questo preciso istante.
Genere: Drammatico, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nathaniel, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAP.10 IN CASA ___    - Ehi sorellona. Ma lui chi è? -
Leah continuava a scrutarmi il viso alla ricerca di non so cosa. Non capivo cosa volesse… poi il suo sguardo scese fino alle mani. Feci per nasconderle in tasca, ma lei fu rapida ad afferrarmele e le voltò mostrando i palmi: avevo stretto talmente tanto i pugni, prima, che ero riuscito a conficcare le unghie nella carne lasciando dei piccoli taglietti a mezzaluna. Le guardò per qualche secondo, poi alzò gli occhi sul mio viso. Io non dissi nulla e lei fece altrettanto. Lasciandomi le mani, si alzò e si voltò verso il fratello.
- Nick, lui è Nathaniel. Nathaniel, lui è Nicholas, mio fratello. -
- Piacere, Nathaniel! -
- Piacere mio. - Mi sorrise allegro. Nonostante la forte somiglianza fisica, era palese che i due fratelli avevano un carattere opposto. Leah era taciturna, Nicholas era un gran chiacchierone. Leah era triste, Nicholas allegro e sempre sorridente.
- Si è fatto tardi, Nick. È meglio andare. -
- Ok! - E si diresse verso l’entrata del parco. Leah, invece, rimase ferma davanti  me, continuando a guardarmi.
- Forza, biondino. Sei invitato a cena. -
- Come, scusa? -
Spostò il viso di lato. I capelli le coprivano il volto e non riuscì a vedere la sua espressione. Si schiarì la voce.
- Ho detto che sei invitato a cena, a casa mia. -
Un invito a cena? A casa sua? Lei che invita me? Che succede?
- O-ok… va bene. -
- Bene. Andiamo. -
E raggiunse velocemente il fratello senza voltarsi. Rimasi per qualche istante a fissarla a bocca aperta. Scossi la testa e mi alzai, raggiungendoli. Nicholas, nel vedermi arrivare, si aprì in un sorriso a trentadue denti.
- La mia sorellona mi ha detto che vieni a cena da noi! Mi fa molto piacere! -
Risi. Quel bambino mi metteva allegria, ha una risata contagiosa ed è molto difficile resistergli. Infatti, anche Leah sorrise.
- Sentite, io sono venuto in macchina. Se volete, possiamo andare a casa vostra con quella, anche se… - “non è molto lontana da qui” stavo per dire. Mi bloccai appena in tempo. Io non posso sapere dove abitano, dato che non ho seguito Leah fino a casa sua. No?
- … non ho molta benzina. Ho passato il pomeriggio a girare a vuoto e devo fare il pieno. -
Leah si strinse nelle spalle.
- Per me va bene. Tanto non è molto lontana da qui. -
Nicholas esultò. A quanto pare gli piaceva fare dei giri in auto. Sorrisi. Eh si, la sua allegria è contagiosa.
 
Ed eccomi di nuovo di fronte a quella villetta a due piani, solo che, questa volta, ero ospite non inseguitore. Questa conferma mi fece sentire a disagio… approfittai di quei pochi istanti in cui Leah cercava le chiavi per guardare meglio la villetta. Il muretto in mattoni non mi permetteva di vedere bene il giardino, ma quel poco che vedevo mi permise di capire che Leah non aveva propriamente il pollice verde. A parte un albero, non c’erano altre piante e l’erba non era molto curata. Appena Leah aprì il cancello, Nicholas varcò la soglia e si diresse verso la porta. Era una porta piuttosto robusta, in legno con al centro, nella parte alta, uno spioncino. Entrai per ultimo chiudendo il cancello alle mie spalle e confermando la mia ipotesi: Leah non aveva per niente il pollice verde. Chissà la casa com’era messa… ma dovetti ricredermi. Mentre Nicholas saliva le scale, Leah mi invitò ad appendere la giacca sull’attaccapanni posto all’ingresso e ad accomodarmi in salotto. Ubbidì e ne approfittai per guardarmi in giro. La casa era in perfetto ordine, profumata e pulita. Le pareti bianche erano adornate da pochi quadri la maggior parte dei quali consistevano in cornici con delle foto dentro. Mi soffermai su una in particolare, posta sopra il camino in salotto. Ritraeva una Leah poco più che bambina, sorridente e felice tra le braccia di una donna, anch’ella sorridente, con i capelli ricci come la figlia e un sorriso altrettanto splendente. Accanto alle due, vi era un uomo molto alto dai capelli scuri e gli occhi di un verde intenso con in braccio un bambino di circa quattro o cinque anni con la bocca spalancata come se stesse dicendo qualcosa al padre. A fare da sfondo, c’era una spiaggia candida e un mare di un azzurro intenso. Era la famiglia Smith al completo durante una vacanza.
- Quella foto è molto vecchia. - Sobbalzai.
- Nicholas! Mi hai fatto paura. -
- Scusa. -
Il sorriso sul suo viso era sparito. Immagino che quella foto dovesse far tornare brutti ricordi nella memoria dei due fratelli, quindi non chiesi nulla. Avevo un sospetto sui loro genitori, ma non volevo la conferma. Non volevo altra tristezza addosso.
- In quella foto io avevo cinque anni e Leah dodici. Mamma trentasette e papà quaranta. Eravamo in vacanza per festeggiare il compleanno di papà. -
Perché me lo stava dicendo? Non volevo sapere. Distolsi lo sguardo da lui e sembrò capire. Con la coda dell’occhio, lo vidi abbassare lo sguardo per qualche secondo per poi tornare a guardarmi con un espressione più allegra.
- Leah mi ha detto di dirti di salire sopra. Ti sta aspettando in bagno. -
- Ah, va bene. -
Dopo essermi fatto indicare la via per il bagno, Nicholas si sedette sul divano e accese la TV. Lo guardai trafficare con il telecomando alla ricerca di un canale di cartoni per qualche secondo, poi salì le scale e raggiunsi la ragazza. Entrai e la vidi chiudere un cassetto. In mano aveva un tubetto di crema e un paio di cerotti di quelli rettangolari bianchi, piuttosto grandi. Si voltò verso di me.
- Dammi le mani. -
- Perché? -
- Dammele e basta. -
Le porsi le mani e lei spalmò un po’ di crema sui taglietti. Il suo tocco era molto più delicato di quanto pensassi e non mi fece male, nemmeno quando mise il cerotto. Ma, devo ammettere, quando sentì il contatto con le sue mani, rabbrividì e sentì il suo calore invadermi tutto il braccio. Inoltre, fu davvero piacevole osservarla mentre mi medicava.
- Senti… -
- Mh? -
- Grazie… per… beh, la medicazione. -
- Tranquillo. - Furono le uniche parole che ci scambiammo in quel frangente. Anche se avrei voluto ringraziarla per avermi fatto andare via da quel parco. Temo che, se fossi rimasto lì, mi sarei depresso ancora di più.
Scendemmo le scale e lei si diresse verso la cucina. Decisi di darle una mano (l’idea di stare lì fermo in salotto mi agitava) quindi la seguì.
- Hai bisogno di una mano? -
Si voltò. - Mh. Se vuoi. Però indossa dei guanti, altrimenti i cerotti si staccano. -
Annuì e, presi e indossati i guanti da cucina, mi rimboccai le maniche e la aiutai a lavare e a tagliare le verdure… il tutto in completo silenzio, il che rendeva l’atmosfera imbarazzante. Almeno per me. La cucina era piccola e capitava che lei mi passasse molto vicino per prendere una scodella o altro, e ogni volta il suo profumo mi inondava le narici facendomi fare pensieri vietati ai minori. Chiedendomi se anche per lei fosse così, la sbirciavo di tanto in tanto per sorprenderla in una qualche espressione, ma sembrava tranquilla e a suo agio. Lo ammetto, un po’ ci rimasi male.
- Ehi. C’è un telefono che suona! -
Ci voltammo verso il ragazzo e drizzammo le orecchie. Ma non c’era nessun suono.
- Sarà la Tv, Nick. -
- No no. È un telefono. Fa “vrr vrr”, non suona. - All’improvviso mi ricordai del telefono lasciato nella tasca della giacca. Mi tolsi rapidamente i guanti e, altrettanto rapidamente, raggiunsi la giacca, infilai la mano in tasca ed estrassi il telefono. Non feci in tempo a rispondere alla chiamata, ma vidi dieci chiamate perse da parte di mia madre e un paio di messaggi di Ambra. Sospirai dandomi dello stupido per essermi dimenticato di avvertire mia madre che avrei fatto tardi. Vidi Leah avvicinarsi.
- Tutto a posto? -
- Si, devo… devo chiamare mia madre. -
- Fa pure. - E tornò in cucina.
 
Quando mia madre rispose, era così agitata che temevo sarebbe svenuta. La tranquillizzai subito dicendole che stavo bene, che avevo fatto un giro in auto e che avevo incontrato un’amica che mi aveva invitato a cena da lei. Non mi chiese nulla, ma sapevo che aveva capito chi fosse quella ragazza.
- Però potevi rispondermi! -
- Hai ragione, scusa, ma l’avevo lasciato in vibrazione e non l’ho sentito. -
Lei sospirò e mi informò del fatto che avevo rotto una caraffa d’acqua e il quadro vicino alla porta, che mio padre non si era arrabbiato più di tanto e che, appena ero uscito, l’ha fermata dicendole “A volte un uomo deve avere i suoi spazi per pensare.”
- Che diavolo vuol dire? -
- Ma che vuoi che ne sappia io?! Vieni a chiederlo a lui, se ci tieni! Maledizione, Nath, ma questa storia ti sta rovinando così tanto l’esistenza? -
La sua voce era tremolante. Stava piangendo?
- Mamma… -
- Quando torni? -
- Dopo cena. -
- Ok. Fai attenzione alla strada, è buio. -
- Si. A dopo. -
Riattaccai e fissai il display. Con quella sfuriata dovevo averla scossa parecchio. Che idiota. Lessi i messaggi di Ambra che, in poche parole, dicevano la stessa cosa: “ Vedi di tornare presto, mamma è impazzita e sta urlando contro papà. Se non mi compra il vestito che voglio, giuro che me la paghi!” Quanto è superficiale, quella cretina.
 
 
 
Note:
Questo capitolo è un po’ noioso. Non succede nulla di particolare, mi è servito per collegarmi al capitolo dopo, che era nato in modo molto diverso.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Giochi di Ruolo > Dolce Flirt / Vai alla pagina dell'autore: cisqua92