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Autore: Smaugslayer    20/06/2014    4 recensioni
Sono passati due anni da quando Sherlock ha lasciato la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts tra urla di dolore.
Di lui, John Watson conserva solo tre libri e un ricordo che si sbiadisce ogni giorno che passa. Non ha più notizie del suo migliore amico da quando è stato rinchiuso all'Ospedale di San Mungo.
Finché non se lo ritrova davanti alla prima partita di Quidditch della stagione.
Genere: Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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“Ma… stai piangendo?”
 
Sherlock proruppe in un singhiozzo soffocato, asciugandosi gli occhi. “No” gemette, e finalmente John capì: stava ridendo. “Oh, mioddio, e io che volevo solo che dicessi che mi perdonavi.” Sherlock continuava a sghignazzare senza ritegno. “Ma tutte quelle altre cose, cavoli, sono lusingato.”
 
“Stai per essere espulso, non mi pare il caso di ridere” ringhiò John, offeso.
 
L’altro scosse la testa e, con le spalle ancora sconquassate dai singulti, gli tese la Mappa del Malandrino.
 
A John cadde la mascella. Nessun sorvegliante si stava dirigendo i Sala Grande. Pix gironzolava dalle parti della Guferia. Intorno a loro era tutto tranquillo.
 
“Ma che cazzo…”
 
“Oh, eri così disperato!”
 
“Ma Pix…?”
 
“Sempre stato dall’altra parte del castello…” Sherlock tentava convulsamente di respirare tra le risate. “La voce l’ho creata io con la magia…”
 
“Tu, brutto stronzo…”
 
“Oh, ma non ti preoccupare, anche tu sei il mio migliore amico…” un ghignò si aprì sul suo volto; “la cosa migliore che… mpf…”
 
“Fanculo” disse John, ma sorrideva. “Ti odio, Sherlock Holmes.”
 
“È stato divertentissimo. E non era neanche programmato! Quanto sono felice di averlo fatto… è stato talmente appagante…”
 
“Fottiti… e che hai, adesso?”
 
John aveva notato che l’espressione di Sherlock si era fatta improvvisamente serissima. “Davvero non ho mai smesso di essere il tuo migliore amico?” domandò.
 
“Sì, a parte adesso. Adesso ti odio profondamente… ma…” John prese un profondo respiro “non so se io ho continuato ad essere il tuo, di migliore amico.”
 
“E secondo te io starei facendo tutto questo per schizzo? Per prenderti in giro? A volte fai domande così assurde… Aspetta, com’è che dite voi giocatori di Quidditch… per le mutande di Josef Wronsky, John, io ho un solo vero amico, e… sei tu.”
 
“Significa che siamo di nuovo Holmes e Watson? Amici?”
 
Per le mutande di Josef Wronsky, come se potessimo essere altro!”
 
“E comunque la Coppa la vinciamo noi” puntualizzò John.
 
Sherlock scoppiò a ridere. “Sì, come no, e Lord Voldemort è nascosto dietro la mia testa!”
 
Ridacchiando, John gettò indietro la testa, appoggiandola contro la parete fredda. Quanto gli erano mancati quegli scambi di battute, gli scherzi, le risate… sì, si sarebbe fatto volentieri espellere pur di non perderli una seconda volta.
 
“Secondo te che ora è?” domandò Sherlock.
 
“Boh. Le due, all’incirca.”
 
“Sarà meglio tornare, allora.” John provò una punta di delusione nel sentire quelle parole. Non voleva che quella specie di idillio finisse. “Prendi tu la mappa, io so come tornare senza farmi beccare.”
 
Sherlock si rialzò in un unico, fluido movimento, e restò fermo per un attimo, guardando John, come se volesse dirgli qualcosa. Anche John si alzò goffamente in piedi, sospirando, desideroso di prolungare quel momento insieme. Alla fine Sherlock gli tese rigidamente la mano, e lui, dopo un attimo di esitazione, lo strinse in un abbraccio da orso.
 
Può una sensazione essere pienamente descritta in senso logico? John inspirò l’odore dell’amico, percepì le sue mani esitare prima di stringersi sul suo maglione, e per prima si sentì inaspettatamente insonnolito: la testa gli pesava, aveva voglia di chiudere gli occhi e abbandonarsi completamente alla spalla di Sherlock. Un sorriso gli aleggiava a fior di labbra, e aveva una gran voglia di piangere. Non voleva che smettesse. Era inspiegabilmente orgoglioso di se stesso, e tutto ciò che desiderava era lasciarsi andare a quell’emozione che lo cullava dolcemente. Capì che Sherlock Holmes non si era legato al primo idiota di turno per trascinarlo in un’avventura suicida nel cuore della notte, aveva voluto lui, John Watson, come compagno e amico, e non per una scelta casuale. Sherlock Holmes aveva compiuto il gesto gratuito di donargli la propria amicizia perché lo riteneva importante, e non per semplice passatempo; non considerava uno spreco di tempo dedicare se stesso a un’altra persona, se questa era John Watson.
 
Fu Sherlock a separarsi per primo, così rapidamente che John temette di averlo in qualche modo offeso. Aveva provato anche lui la stessa inebriante sensazione, cercando di reprimerla come suo solito?
 
Lo salutò con un cenno secco della testa, e corse subito via. John lo guardò mentre spariva oltre le porte senza voltarsi indietro.
 
Sherlock e John erano tornati. Come se quei due anni non fossero mai esistiti.
 
Fu con un immenso senso di eccitazione che ritornò alla Sala Comune, sperando che la sua voce non fosse risultata sgradevole, la sua conversazione poco interessante, e soprattutto pensando e ripensando al momento in cui si erano parlati faccia a faccia, a pochi centimetri di distanza, così vicini che…
 
            Il giorno seguente si presentò con una gelida mattina di sole. Non avendo lezione, John decise di andare a studiare all’aperto, e magari fare una capatina alla capanna di Hagrid per un saluto e una tazza di tè bollente. L’aria frizzantina gli ripulì i polmoni e spalancò gli occhi. I colori dell’autunno risaltavano contro il puro azzurro del cielo, brillanti e luminosi. In giro si vedevano pochi studenti, benché fossero ormai le dieci.
 
Scese per il sentiero che portava al lago, stringendosi nel giubbotto marrone e arrotolandosi per bene la sciarpa rossa-e-oro per ripararsi dal freddo. Apprezzava quella quiete, poter percorrere la stradina dissestata ascoltando solo il rumore dei propri passi, e…
 
“John! John Watson!”
 
“Mary!”
 
La bionda Corvonero veniva avanti a passo veloce, saltellando per evitare massi e radici, schermandosi gli occhi dal sole. “Aspetta!” Quando gli fu vicino, scoppiò in un risolino, apparentemente senza motivo. “Non hai più la barba, vedo.”
 
“Non ho mai avuto la barba” si stizzì lui.
 
“No, no, pensala come ti pare. Oh, era da un po’ che non ci parlavamo, eh? Quidditch a parte.”
 
John si chiese perché Mary Morstan avesse disseppellito l’argomento di cui stavano discutendo due anni prima e ignorato la loro ultima conversazione. Non che non gli facesse piacere notare che erano di nuovo in buoni rapporti.
 
“Già, era difficile non notarti mentre mi prendevi in giro.”
 
“Suvvia, suvvia, ho preso in giro Damon molto di più.”
 
“Mh, sì, può darsi…” ammise lui, riluttante, e distratto dal fatto che lei lo avesse preso a braccetto.
 
“Allora, John, come va?”
 
“Alla grande. E tu?”
 
“Oh, lo so che va alla grande… piaciuto il giretto di ieri notte, eh?” replicò lei con un sorrisetto.
 
John sobbalzò. Come faceva a…
 
“Ho visto il tuo amico Holmes rientrare in Sala Comune alle tre di notte con una faccia che… be’, chiunque avrebbe capito.”
 
John aprì la bocca, ma non riuscì a proferire parola.
 
“Certo, potrei dirlo a un professore…” Mary si esaminò un’unghia.
 
“No, senti… noi non stavamo facendo nulla di male… scusa ma che faccia aveva?”
 
La ragazza sorrise con malizia, come se si aspettasse quella scusa. “Bene. Se non vuoi che si venga a sapere, dovrai fare qualcosa per me.”
 
John si scostò da lei, preoccupato.
 
Mary scoppiò a ridere. “Non fare quella faccia! Ok senti: tu sei bravissimo in Trasfigurazioni: non è che potresti aiutarmi? Tipo ripetizioni? Quest’anno non riesco a star dietro alle lezioni, e tra due settimane abbiamo gli esami di fine semestre, e temo di non passarli!”
 
“Ok, ok, certo che ti aiuto.” Non che avesse molte altre alternative. “Ma se hai beccato Sherlock, perché vuoi ripetizioni da me? Anche lui è parecchio bravo.”
 
Lei rimase impassibile. “Non ho intenzione di prendere lezioni da uno più piccolo. E poi… ho la sensazione che tu saresti un maestro migliore.”
 
John non era mai stato bravo con le ragazze. Era impacciato, rigido, e non sapeva mai quando parlare. Però doveva ammettere che conversare con Mary lo faceva sentire a suo agio, non c’era alcun imbarazzo tra loro, non si sentiva a disagio per quel piccolo flirt.
 
“John?”
 
“Mh? Scusa, mi ero distratto. Dicevi?”
 
“Cosa? Scusa, mi ero distratta. Dicevi?”
 
John cercò un modo di rimediare alla gaffe e al contempo risponderle in modo altrettanto arguto, ma l’unica cosa che gli uscì fu una risata, a cui si unì anche lei.
 
“Ti stavo chiedendo quando potevamo iniziare” disse poi Mary.
 
John ci rifletté un attimo. “Trasfigurazioni è il sedici dicembre, giusto? Possiamo vederci domani per fare i compiti insieme, se ti va, così avremo il tempo di ripassare almeno un paio di volte prima dell’esame. Domani alle tre in biblioteca?”
 
“Fantastico! Ti ringrazio. Davvero.”
 
“L’avrei fatto anche se non mi avessi ricattato, comunque.”
 
“Sì, be’, mi piace avere delle certezze. E comunque non lo chiamerei ricatto, quanto piuttosto favore disinteressato e gratuito” replicò lei con un sorrisetto, e voltandosi per tornare dentro.
 
Dare ripetizioni contava come appuntamento? Non ne era del tutto sicuro.
 
Il giorno seguente John occupò un tavolo della biblioteca alle due e trenta precise. Aveva deciso di arrivare in anticipo per evitare di far aspettare Mary: tra le poche cose che aveva imparato dalle sue tante ragazze figurava anche “mai far aspettare una donna”.
 
Una delle cose che invece lui apprezzava dalle ragazze era la puntualità, e in effetti Mary non si fece attendere: alle tre esatte era lì, con i suoi libri di trasfigurazione sotto braccio e un’aria imbarazzata. Continuava a guardarsi intorno, a disagio, e non dava cenno di volersi accomodare.
 
“Iniziamo?” la esortò John.
 
“Sì sì. Ehm, tu non hai mica visto un ragazzo di Tassorosso? Media statura… muscoloso… mascella quadrata… l’hai visto?”
 
“No, non mi pare. Ma perché?”
 
“Perché è il mio ragazzo, e non voglio che mi scopra qui. Non voglio che pensi che lo sto tradendo o cose simili… cioè, lo so che dobbiamo solo studiare, ma lui… sai come sono i maschi…”
 
“Vagamente” ridacchiò John.
 
Mary riatterrò in questo mondo con un sobbalzo, interrompendo bruscamente i propri vaneggiamenti. “Oh. Ovvio. Scusa. Sì, iniziamo.”
 
“Trasfigurazione, ricordi? Stiamo imparando a trasfigurare mammiferi, senza dubbio gli esseri viventi più complessi. Ho chiesto alla professoressa McGranitt di darmi la sua scatola di topi, quindi possiamo iniziare. Ecco a te un adorabile topolino. In cosa lo vorresti trasfigurare? Devo saperlo, o non potrò sapere se ci sei davvero riuscita o è stato un caso.”
 
“Un riccio va bene?”
 
“Uhm, sì, ma forse partirei da qualcosa di più facile, come un ratto. Da topo a ratto non dovrebbe essere troppo complicato.”
 
“Lo vuoi tinta unita o a pois?”
 
John levò gli occhi al cielo. “Tu intanto fai l’incantesimo. Poi decideremo…”
 
Alla fine Mary ci riuscì. Più o meno. Dopo una decina di tentativi. Quando si lasciarono, un’ora e mezza dopo, la ragazza era più demoralizzata che mai.
 
Mentre John raccattava i propri libri gli parve di sentire la voce di Sherlock. Si guardò intorno, ma non lo vide da nessuna parte. Poi la voce disse: “Sono quassù” e John lo trovò. Sherlock era appollaiato in cima alla libreria.
 
“Che diavolo ci fai là sopra? Scendi subito!”
 
“Qui è comodo per leggere.”
 
“Come no, e Voldemort è nascosto dietro la mia testa! Che ci fai lì?”
 
“Volevo leggere! E poi siete arrivati tu e miss Morstan ed è finita la pacchia.”
 
Prego?” il Grifondoro si accigliò.
 
“Potrei parafrasare la vostra intera conversazione. John: sembra che tu voglia fuggire via a gambe levate. Mary: oh no, sto solo fingendo di essere preoccupata per il mio fidanzato, quando evidentemente voglio solo…”
 
“Okay! È abbastanza. Ho afferrato il concetto. Non posso credere che ti ricordi tutto quello che ci siamo detti!”
 
“Non me lo ricordo. Ho trascritto. Questo materiale mi sarà utile per quando lavorerò alla BBC.”
 
“Certo. Ora scendi però.”
 
“No, ora no.”
 
“Scusa?”
 
John si voltò, ritrovandosi faccia a faccia con un ragazzo dai capelli castani. Oh, merda. Statura media, ben piantato, Tassorosso… “Sei il ragazzo di Mary Morstan, vero? No, senti, guarda che…”
 
“No, no” si affrettò a correggerlo l’altro. “Non sono io. Mi chiamo Greg Lestrade.”
 
“E cosa c’è?”
 
“Ho notato che quello” Lestrade indicò vagamente Sherlock, “non vuole scendere e tu vuoi tirarlo giù perché è francamente indecente. Se non ti dispiace vorrei approfittarne per testare un incantesimo.”
 
“Gli farà male?”
 
“Purtroppo no.”
 
“Allora accomodati.”
 
Greg puntò la bacchetta verso l’alto e pronunciò l’incantesimo in modo tanto fulmineo che neppure Sherlock riuscì ad evocare uno scudo di protezione in tempo. E se anche ci fosse riuscito, non gli sarebbe comunque servito a nulla: la fattura di Lestrade era diretta verso la libreria, che si ripiegò su se stessa come melassa. John poté comodamente estrarre l’amico da quella sostanza molle e collosa.
 
“La mia libreria!” strillò Madama Pince, la bibliotecaria.
 
“Non si preoccupi, la rimetto a posto!” gridò Lestrade di rimando.
 
“Meno venti punti a Tassorosso! E non si urla in biblioteca!”
 
“Grazie. Era da tanto che cercavo un pretesto per usare questo incantesimo” disse Greg allegramente. “Ah, tra parentesi, se cerchi di abbordare Mary Morstan ti consiglio di farlo in fretta o ne approfitterà qualcun altro.”
 
“Io non…”
 
“Be’, ancora grazie. Ci vediamo!”
 
“Che ti dicevo?” sorrise Sherlock.
 
Lui e Mary si videro altre tre volte prima degli esami di fine semestre. Studiavano sempre di meno e chiacchieravano sempre di più. Alla prova finale Mary andò benissimo, tanto che John si chiese se non avesse sempre solo finto di essere una schiappa. Alla fine lei corse ad abbracciarlo davanti a tutta la classe e lo invitò alla prossima partita di Quidditch.
 
“Giochiamo contro Tassorosso. Io sto sulla tribuna d’onore perché faccio la cronaca, ti va di venire anche tu?”
 
Con la visuale coperta dai folti capelli di Mary, John non notò l’espressione di Sherlock.
 
 
 
 
 
 
 
 
 Smaug's cave
Wowowo cosa? Volete dire che siamo già al decimo capitolo?
Wow. Penso di non essere mai arrivata a un decimo capitolo, sono molto fiera di me stessa. Ringrazio davvero di cuore tutti voi che seguite questa FF, e in particolare le ragazze che mi aiutano a tirare avanti con le loro recensioni!
 
 
 
 
 
 
  
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