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Autore: giambo    21/06/2014    4 recensioni
Sono passati ormai tredici anni dalla fine della grande Era della Pirateria. La Marina ha ormai preso pieno possesso delle acque del Nuovo Mondo, sterminandone la maggior parte dei pirati che lo navigavano. I pochi sopravvissuti si sono riuniti attorno a quattro nuovi imperatori pirata che però, con il passare del tempo, stanno invecchiando senza vedere nuovi eredi all'orizzonte.
Monkey D. Kinji è un ragazzino di dodici anni che trascorre le sue giornate a fantasticare su avventure fantastiche in paesi lontani. Sotto le amorevoli cure di due zie adottive, Kinji cresce felice e spensierato, non conoscendo l'eredità terribile del nome che porta dietro. Tuttavia, ad un tratto, Kinji sarà obbligato ad arruolarsi nell'Armata Rivoluzionaria, il cui comandante lo segue e lo controlla fin da quando è nato. Sotto la supervisione del burbero Johan, della ribelle Neyna e della provocante Fumiko, Kinji cresce forte e testardo. Ma la volontà racchiusa nel suo nome lo porterà presto a fare una scelta: se schierarsi dalla parte della Marina, dei rivoluzionari o dalla parte di un teschio sormontato da un buffo cappello di paglia
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Nuovo personaggio, Sabo, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'OPNG: One Piece New Generation'
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Capitolo 2

 

E' senza alcun dubbio la più grande allenza pirata di tutti i tempi...pertanto propongo...l'utilizzo di ogni mezzo...al fine di poter debellare...la minaccia di un collasso...Nuovo Mondo...impedire il caos...sarebbe infatti...una catastrofe per il prestigio...quindi...con il vostro consenso ovviamente...tattica di...per annientare...alleanza...per il nostro mondo...e per la Giustizia!

 

Frammento di un discorso del Grandammiraglio Sakazuki, alcuni giorni prima della Guerra delle innumerevoli Lacrime.

 

 

Quando Fumiko entrò nella stanza, la prima cosa che percepì fu un forte odore di sudore, misto ad uno di chiuso, che rendeva l'aria dentro la stanza calda e soffocante. La donna ebbe un gesto di stizza nel constatare, per l'ennesima volta, come quella testa calda continuasse ad avere una pessima cura del proprio ambiente. Un comportamente non degno del rango di capitano.

Mi domando come faccia a starci la maggior parte del giorno e non accorgersene.

Neyna, seduta sul letto, stava prendendosi cura di una delle sue due katane. Quando Fumiko entrò senza alcun preavviso, comportamento che le derivava dal possedere un rango superiore a quello dell'albina, la guerriera non alzò neanche gli occhi, continuando il proprio lavoro.

“Ciao Fumiko.” esordì mentre osservava in controluce il filo della propria arma. “Come mai da queste parti?”

La donna chiamata Fumiko annotò mentalmente che, probabilmente, solo nell'ultimo minuto, la ragazza aveva infranto abbastanza regole da meritarsi un paio di notti in cella di isolamento. Tuttavia, sapendo che Johan accettava i suoi comportamenti da anarchica, lasciò perdere.

“Mi sono limitata a passare per darti un'informazione.” esordì con la propria voce calda e sensuale. Fumiko era una donna vicina alla trentina incredibilmente bella ed affascinante. Aveva lunghi capelli biondi, occhi azzurri, incastonati in un viso perfetto, ed un fisico sensuale, da donna adulta, del tutto diverso dal corpo magro, scattante e nervoso di Neyna. Indossava un paio di stivali neri con un tacco piuttosto alto, jeans attillati, e una camicia bianca. Alla vita portava un cinturone con infilate due pistole dal calcio lungo e finemente elaborato in madreperla, oltre ad un elegante stilletto dall'impugnatura in argento.

“Davvero? E di che tipo?” Borbottò Neyna mentre osservava con occhio critico il bilanciamento della lama che teneva in mano.

La bionda spiegò le proprie labbra carnose in un sorriso.

“Pochi minuti fa mi ha raggiunto il sergente maggiore Haruto per dirmi, per usare un linguaggio civile, che le nuove reclute ormai non ti sopportano più perché ti trovano una pazza schizofrenica con istinti omicidi.”

“Nessuno li ha costretti ad arruolarsi. Se non gli va bene il mio addestramento, che se ne tornino pure a casa, mi fanno solamente risparmiare tempo.” dichiarò seccamente l'albina mentre riponeva, visibilmente soddisfatta, la sua lama nel fodero.

Fumiko sospirò pesantemente, cominciando a massaggiarsi le tempie.

“Neyna, perché con te deve essere sempre tutto così difficile?” domandò con tono stanco. “Non fai altro che creare problemi con tutti. Maltratti ogni tuo sottoposto che ha la sfortuna di dover lavorare con te, non hai il minimo rispetto per chi possiede un grado maggiore del tuo. Ogni compito che ricevi non lo esegui mai senza che non ci siano polemiche. Cosa devo fare con te?”

“Non sei mia madre, Fumiko.” rispose piccata l'altra. “Non sei tenuta a farmi la ramanzina ogni volta. Ritengo di essere abbastanza adulta per agire come penso sia più giusto.”

“Sono un tuo superiore.” replicò la bionda, cominciando a perdere la pazienza. “Se tu sbagli, io ne pago le conseguenze. E non voglio avere errori non miei sulla coscienza per colpa tua.”

“Rifattela con Johan, non sono affari miei.”

Quella frase fu la goccia che fece traboccare il vaso.

Con uno scatto inumano, Fumiko prese una pistola e, prima ancora che l'albina potesse estrarre una katana, gliela puntò alla gola.

“Mi sono stancata dei tuoi comportamenti irrazionali e privi di alcun senso logico! Un esercito ha delle regole, e se non ti stanno bene nessuno ti trattiene! Potrai anche fare il bello e il cattivo tempo con Johan, ma ti avverto che io non sono disposta a farmi mettere i piedi in testa da una ragazzina come te, chiaro?”

Neyna non rispose.

“Chiaro?!” ripetè la bionda aumentando la pressione sulla giugulare della spadaccina.

Gli occhi viola si incontrarono con quelli azzurri. In essi Fumiko capì che avrebbe dovuto spararle perché non avrebbe mai e poi mai detto quello che lei voleva.

Con un sospiro, la donna abbassò l'arma.

“Fai quello che credi.” disse infine. “Quando capirai che il tuo non è orgoglio ma stupidità, forse sarà troppo tardi.”

E detto questo, se ne andò sbattendo la porta dietro di sé con forza.

 

 

Ragazzina.

Neyna osservava, con occhio spento, il pavimento sotto di lei. La sfuriata di Fumiko non l'aveva più di tanto sorpresa, la bionda gliene faceva almeno una alla settimana, ma il fatto che nessuno volesse capirla la rendeva di pessimo umore.

Si strofinò gli occhi con rabbia, cercando di capire cosa c'era che non andava in lei. Aveva creduto che una volta arruolatasi nell'Armata, la sua vita sarebbe migliorata, ma ormai erano anni che la realtà le sbatteva in faccia che neanche lì era libera come avrebbe desiderato.

Ebbe un gesto di stizza. Loro combattevano per la libertà, e allora perché non erano loro, per primi, liberi di agire come meglio credevano per la causa? Perché tutto quel rigore, quella disciplina, quelle regole? Quale era, a questo punto, la differenza tra loro e la Marina?

Domande, domande e ancora domande a cui non sapeva trovare una risposta.

Sospirò, alzando il volto verso l'alto. Non era quella la vita che aveva sognato quando si era arruolata. Amava combattere, ed odiava profondamente l'ipocrisia e l'arroganza del Governo Mondiale, ma purtroppo sembrava che anche lì, a Baltigo, l'isola della Rivoluzione, il germe che aveva contaminato gli uomini del Governo si stesse insediando.

Chissà, forse la libertà che agognava si trovava da un'altra parte. Forse aveva sbagliato ad arruolarsi, immischiandosi in quella guerra che durava da decenni ormai. Magari la sua vera strada era un'altra.

Forse.

Andare per mare, senza alcun tipo di comando e regola da seguire. Senza alcuna costrizione. Liberi di fare ogni cosa che riteniamo più giusta.

Essere liberi di vivere come noi siamo.

 

 

Quella sera Kinji si stava annoiando.

Era già un paio di sere che le sue zie, Quashar e Muttan, si comportavano in modo strano con lui, impedendogli di andare fuori casa la sera e continuando a tenerlo d'occhio in ogni istante. Il ragazzo aveva provato a domandare il perché di tale cambiamento, essendo di solito le zie di manica larga in fatto di uscite serali per andare a giocare con gli altri ragazzi del villaggio, ma loro si erano limitate a rispondergli che era meglio così per il momento. Kinji trovava il tutto estremamente tediante e noioso.

Con un sospiro, il ragazzo osservò dalla finestra le stelle brillare in alto, come gioielli, nel cielo notturno. Era una bella sera di inizio estate, e al ragazzo sarebbe piaciuto tantissimo uscire con gli altri del gruppo, ma non aveva il coraggio di disubbidire alle zie, le avrebbe fatte morire di crepacuore se avessero scoperto una sua uscita di nascosto da casa.

Con l'ennesimo sospirò, il moro si girò, dando le spalle alla bella serata. Stava per andare a dormire, almeno avrebbe passato il tempo, quando un rumore secco alle sue spalle lo fece girare.

All'inizio non notò nulla, ma poi il rumore si ripetè, e si accorse che era causato da un sassolino lanciato contro il vetro della sua finestra. Velocemente, Kinji andò ad aprire, constatando, con gioia, che era stato Eiji.

“Eiji!” urlò con tutto il fiato che aveva in gola.

“Kinji! Sta zitto, altrimenti mi scopriranno!” sibilò furioso il nuovo arrivato.

“Scusa!” rispose sorridendo il moro.

“Allora, cosa fai ancora lì? Salta giù che Sozui e Risa ci aspettano!”

“Non posso.” rispose affranto Kinji, con il sorriso che spariva dalla faccia. “Le zie non mi hanno dato il permesso di uscire stasera.”

“Eddai! Qual è il problema? Se facciamo piano non se ne accorgeranno mai! Tornerai prima ancora che vadano a dormire, restiamo poco stasera!”

“Non posso, davvero. Mi dispiace Eiji, ma non posso disubbidire alle zie.”

Con uno sbuffo, il ragazzo chiamato Eiji coninciò ad arrampicarsi sulla grondaia veloce e silenzioso come un furetto. Nel giro di un minuto, arrivò al primo piano ed entrò nella stanza dell'amico.

“Hai visto, razza di testone? Non ci vuole nulla a scendere e salire. Dai, basta fare storie ed andiamo che siamo già in ritardo.” Eiji era un ragazzo di un paio d'anni più grande di Kinji. Era alto e un po' grassotello, con una chioma riccia di capelli rosso fuoco, occhi di un azzurro chiaro, ed una faccia tonda e sempre allegra. Kinji, al contrario, era più basso e molto più magro dell'amico.

“Non sono molto convinto che sia la cosa giusta...” obbiettò quest'ultimo non ancora del tutto persuaso.

“Avanti, non hai visto? Io non ho fatto il minimo rumore. Dai, muoviamoci che sennò Risa ci ammazza.”

I due ragazzi scesero veloci e silenziosi dalla casa, infilandosi nelle viette laterali. Corsero nell'ombra degli edifici, cercando di non farsi notare da nessuno, fuori dal villaggio. Raggiungendo un imponente albero ai confini dell'abitato.

I due ragazzi stavano per cominciare ad arrampicarsi, quando sentirono un gufo tubare due volte. Di risposta Eiji fece il verso della civetta per tre volte di fila. Poco dopo, una corda scese giù dalla cima dell'albero, agevolando loro la salita.

In cima essi trovarono una rozza capanna, costruita con assi grezze di legno e pezzi di metallo arrugginiti. Una finestra squadrata grossolanamente arieggiava l'interno, mentre una robusta porta di legno scuro copriva l'entrata. Tuttavia, prima che potessero avvicinarsi alla costruzione, un fascio di luce accecante li illuminò in volto, costringendoli a fermarsi.

“Alla buon'ora!” esclamò una voce femminile. “Ce ne avete messo di tempo!”

“E' stata tutta colpa di questo testone Risa.” si difese il ragazzo più grande. “Deve aver combinato qualche pasticcio, perché ora Muttan-san non lo fa più uscire.”

“Ti ho già detto prima che non ho fatto niente!” brontolò il moro. “Sono le zie che sono paranoiche.”

“Va bene, va bene.” li interruppe la ragazza. “Adesso entriamo che Sozui sta già facendo i conti.”

Una volta dentro, la lampada illuminò un'ambiente abbastanza sporco e disordinato. In un angolo c'erano buttate alla rinfusa alcune coperte, un tavolo nell'altro lato della stanza, con sopra alcuni pezzi di ricambio per lampade e delle bottiglie di olio, occupava l'intera parete. Pentole pulite grossolanamente, ed avanzi di cibo, si trovavano attornò ai resti di un falò, appoggiate nell'ultima parete della capanne c'erano alcune canne da pesca e due grossi coltelli arrugginiti.

Seduto a gambe incrociate in mezzo alla stanza, un ragazzino di circa quattordici anni, con corti capelli di un biondo sporco stava contando alcune banconote sudice di terra. Era magro e alto all'incirca quanto Kinji, con occhi di un azzurro intenso e una brutta cicatrice su una guancia. Risa invece aveva la stessa età di Eiji. Era minuta, con capelli neri come l'ala di un corvo e occhi dello stesso colore, oltre ad un carattere tutto sale e pepe.

Appena gli altri entrarono dentro, il ragazzo alzò gli occhi, osservando i nuovi arrivati.

“Ehilà ragazzi! Alla fine siete arrivati! Io e Risa abbiamo cenato qui e ne abbiamo approfittato per contare gli incassi della settimana.”

“E come sono andati?” domandò Eiji sedendosi affianco all'amico.

“Direi abbastanza bene.” dichiarò fiero Sozui mettendo sotto il naso del rosso il pacco di banconote. “Abbiamo guadagnato più di duecento berry! Sommandoli a quelli che già abbiamo, siamo arrivati alla bellezza di ottomila berry!”

“E' un ottimo bottino!” esclamò Kinji sorridendo. “Di questo passo, potremo presto comprarci la nave con cui andremo a caccia di avventure!”

“Calma Kinji.” osservò seccamente Risa mentre copriva con uno straccio la lampada, in modo da filtrare la luce emessa da quest'ultima. “Ne abbiamo di strada da fare per arrivare ad una somma decente. Ci vorranno almeno due o tre anni se continuiamo di questo passo.”

“Sempre ottimista, eh?” la prese in giro Sozui mentre riponeva i soldi dentro una cassetta di ferro. “Dobbiamo considerare che abbiamo iniziato da poco a risparmiare. Dovevamo prima costruirci una base segreta per proteggerli.”

La ragazza chiamata Risa si limitò a scuotere la testa, come se l'osservazione dell'amico non l'avesse toccata.

“Ciò non toglie che siamo indietro con il lavoro. Molto indietro. Avremmo dovuto radunare almeno ventimila berry, ma voi avete voluto spendere tutti i soldi per comprarci i materiali per costruire la base.”

“Ma scusa Risa, come avremmo fatto altrimenti a procurarci il legno?” domandò Kinji.

La ragazzina sollevò fieramente il viso, osservando gli amici con occhi carichi di rimprovero.

“Rubando, ecco come! Se lo avete fatto con i soldi, non vedo quale sarebbe stato il problema a farlo con il legno ed il ferro.”

“La fai facile tu.” ribatté secco Eiji incrociando le braccia. “Tanto alla fine siamo solo io e Sozui a rischiare l'osso del collo.”

“Non mi pare che l'incasso di questa settimana l'abbiate guadagnato voi.” replicò gelida la mora. “Se non ci fossi io a guidarvi, non sareste riusciti neanche a mettere insieme due assi di legno.”

“Ehi!” protestò offeso Kinji. “Anche io ho contribuito al bottino!”

Gli altri scoppiarono a ridere.

“Oh, certo Kinji!” esclamò ridacchiando Sozui. “Quanti ne hai guadagnati? Forse venti, e poi li hai spesi tutti per comprarti dei biscotti!”

“Erano dei biscotti buonissimi!” osservò imbronciato il più piccolo del gruppo. “E poi non è divertente!”

Per tutta risposta, Sozui e Eiji scoppiarono di nuovo a ridergli in faccia.

“Smettetela buffoni!” dichiarò severamente Risa. “Adesso prepariamo il piano della settimana prossima, e i rispettivi ruoli. Kinji, questa settimana tocca a te fare la guardia alla base.”

“Uffa! Ma perché io?”

“Perché è il tuo turno!” rispose Eiji dandogli una botta in testa. “E perche non fai altro che combinare guai giù al villaggio. Almeno stando qui limiterai i danni.”

“Si spera...” borbottò il biondo giocherellando con un amo da pesca distorto. “Conoscendolo, sarebbe capace di far saltare in aria il rifugio.”

“Non è' affatto vero! Sozui, perché dici sempre...”

“Ora smettetela!” li zittì Risa con voce severa. “Kinji, abbassa la voce, vuoi farci scoprire? E comunque è inutile che ti lamenti, è così e basta. Non avevamo detto che le regole non si sarebbero discusse? Quindi questa settimana rimarrai di guardia qui al rifugio, e ogni sera mi segnalerai qualsiasi fatto insolito che hai visto durante il giorno, chiaro?”

“Va bene...” borbottò ancora di malumore il ragazzino.

“E voi smettetela di sghignazzare come dei babbei. Venite qui, che vi spiego i vostri compiti per questa settimana...”

 

 

Circa un'ora dopo, la riunione si sciolse, e Kinji rientrò al villaggio insieme a Risa.

“Uffa! Perché Sozui e Eiji devono sempre prendermi in giro? Solo perché sono il più piccolo non significa che sono anche il più incapace!”

“E invece sì!” ribatté secca la ragazzina. “Ti comporti spesso in maniera ridicola, e hai solo dodici anni. Ne hai di strada per arrivare ai livelli di quei due.”

“Per tua informazione ne compirò tredici tra poco.” borbottò il moro. “E in ogni caso, non è vero che mi comporto in maniera ridicola! Sei solo una vipera!” e gli fece la linguaccia.

Per tutta risposta, la mora gli prese i capelli e lo buttò giù a terra.

“Ehi! Ma che...” protestò lui.

“Shhh...” gli fece lei appoggiandogli una mano sulla bocca. Rimasero acquattati per qualche minuto nell'erba, mentre vicino a loro udirono i passi pesanti della ronda notturna. Quando il rumore fu ormai lontano, Risa si azzardò a liberargli la bocca.

“Lo vedi?” gli sussurrò all'orecchio. “Sei troppo distratto! Se fosse per te, a quest'ora saresti sulla via di casa a calci!”

“Scusami.” borbottò indolenzito Kinji. “Prometto che d'ora in avanti starò più attento.”

“Lo sperò.” ribatté lei alzandosi agilmente. Nonostante fosse una ragazza, indossava un paio di pantaloni da uomo ed era agile e forte come un ragazzo, se non di più.

“Sai Risa, certe volte mi ricordi Neyna, la spadaccina che mi racconta un sacco di storie bellissime.” dichiarò il moro mentre riprendevano a camminare.

“Non dovresti fidarti troppo di quella.” osservò la ragazzina mentre osservava se c'erano altre guardie nei dintorni.

“E perché no?”

Sospirando, come se dovesse spiegare qualcosa di estremamente semplice ad un bambino, Risa rispose.

“Perché è un soldato! Non devi mai familiarizzare troppo con loro.”

“Non capisco.” osservò perplesso il moro. “Ma loro non sono i buoni che combattono il Governo Mondiale?”

“Sì, è così.” ammise la ragazzina. “Ma sono anche persone che possono diventare pericolose. Ricordati quello che ti dico: se un soldato ti sorride troppo spesso, guardati le spalle!”

“Accidenti! Ne sai di cose!” dichiarò ammirato l'amico.

“Ti dico solo quello che mi ha sempre detto la mia mamma. Non devi fidarti dei soldati. Mio papà è andato in guerra proprio perché convinto da uno di loro.” gli occhi di Risa divennero all'improvviso duri. “E' colpa loro se ora sono senza un padre.”

“Almeno ti è rimasta la mamma! Io non ho neanche lei.” dichiarò sorridendo comprensivo Kinji. Davanti a quell'espressione bambinesca, lo sguardo di lei si addolcì.

“Già, a volte dimentico che sono fortunata rispetto a te ed Eiji.” osservò con voce più dolce.

Giunsero infine davanti alla casa di Kinji. Dentro sembrava tutto tranquillo. Evidentemente, le zie non si erano accorte della sua scappatella.

“Allora ci vediamo domani.” la salutò il moro.

“Sì.” gli rispose lei. Si girò e fece per andarsene quando, all'improvviso, aggiunse altro.

“Kinji.”

“Sì?”

“Grazie...per prima.” e detto questo, Risa sparì nell'oscurità del vicolo, lasciando perplesso l'amico.

Grazie per cosa di preciso?

 

 

Con un movimento ritmico dei talloni, Johan si dondolava sulla propria sedia, mentre era immerso nella lettura di un trattato sulla geografia del West Blue, quando all'improvviso bussarono alla sua porta.

“Avanti” dichiarò mentre smetteva di dondolarsi, e terminava di leggere una frase. Quando udì lo scatto della porta che si chiudeva, alzò gli occhi, trovandosi di fronte la sensuale figura di Fumiko.

“Desiderava vedermi, Comandante?” esordì la donna.

“Mia cara Fumiko, non serve che usi quel tono così...neutro! Puoi benissimo darmi del tu. Ormai ci conosciamo da tanti anni, tra di noi non servono più formalità.”

“Come desidera...cioè...come vuoi.”

Subito dopo, ad un cenno di Johan, la bionda si sedette davanti al lui.

“Allora Fumiko, ho saputo che anche oggi tu e Neyna siete venuti alle mani.”

Gli splendidi occhi di lei si strinsero impercettibilmente.

“Chi te l'ha detto?”

“Non certo Neyna.” rispose con voce calma il moro. “Non si abbasserebbe mai a fare la spia con un superiore. Dovresti saperlo che io ho i miei metodi per essere aggiornato sull'umore dei miei uomini, anche se nel vostro caso, il termine donne sarebbe più corretto.”

Fumiko non disse nulla, aspettando che lui proseguisse nel suo discorso.

“Immagino che starai pensando che non hai nulla da rimproverarti, che lei è impossibile da gestire e che se venisse sbattuta fuori dall'Armata sarebbe un bene per tutti, vero?”

“Effettivamente...sì, l'ho pensato.”

Con un sospiro, Johan tirò fuori una bottiglia di sakè, la aprì e la porse alla bionda.

“Bevi.”

Fumiko declinò cortesemente l'offerta.

“Coraggio.” insistette Johan con un sorriso bonario sulle labbra. “Dopo i pasti, non esiste digestivo migliore.”

Alla fine la donna accettò il sakè, ma dopo un sorso molto piccolo lo ridiede al suo legittimo proprietario, che invece ne ingollò una buona sorsata.

“Ora sto meglio.” dichiarò asciugandosi il mento con il dorso della mano sinistra. Davanti a quell'espressione di buon'umore, la bionda sorrise.

“Mi è difficile credere che l'uomo che ho di fronte è il severissimo e temutissimo Comandante Johan.”

Quest'ultimo scoppiò a ridere.

“Davvero mi definiscono così? Beh, ammetto di essere un po' severo certe volte. Ma devi credermi Fumiko quando ti dico che, negli ultimi anni, ho perso molto del mio carattere giovanile. Ti posso assicurare che quando avevo la tua età, ero decisamente diverso: più giovane, allegro, spensierato, direi anche più imbranato! Ma a mia discolpa posso dire che, in questi ultimi dodici anni, ho avuto ben pochi motivi per ridere come ho fatto adesso.”

Il moro si perse per qualche istante nei suoi ricordi, poi scosse la testa ritornando al presente.

“In ogni caso, tornando al discorso di prima, mi piacerebbe che tu e Neyna evitaste di litigare per ogni sciocchezza.”

“Non è colpa mia, è lei che...”

“Lo so.” la bloccò con una mano l'uomo. “La conosco e so che è quasi impossibile che lei ubbidisca a qualcuno senza lamentarsi. Però ti chiedo di evitare sceneggiate come quella di oggi, non fanno altro che inacidire i rapporti tra di voi e questo non va bene.”

“Posso anche evitarle di urlarle in faccia, ma se lei non cambierà...”

“A Neyna ci penso io.” continuò Johan. Poi, sorridendo, aggiunse. “Te lo chiedo come favore personale, Fumiko. Prometti che, d'ora in avanti, eviterai sfuriate come quella di oggi?”

“Io...ci proverò.” dichiarò infine la bionda.

Il sorriso sul volto del comandante si allargò.

“Ti ringrazio. So che quello che ti chiedo non è facile, ma sei una donna in gamba e credo in te e nelle tue qualità.”

“La...ti ringrazio.” poi la donna fece per congedarsi, ma il moro la bloccò.

“Un'ultima cosa, ti ricordi del piccolo Kinji?”

“Il ragazzino? Certo, perché me lo chiedi?”

“Tra tre mesi, alla fine dell'estate, compirà tredici anni. Ritengo sia il momento giusto per iniziare ad attuare il nostro piano.”

“Ma sei sicuro che...” osservò titubante Fumiko. “Insomma, non sarà un azzardo?”

“Sì, lo sarà.” ammise il moro osservando il liquore dentro la bottiglia. “Il nostro Comandante ha una sua idea sull'argomento, ma tu sai che su Kinji io la penso diversamente da Lui, e sono disposto ad infrangere qualsiasi regola per andare avanti con il mio piano.”

“Anche tradire L'Armata?” domandò sorpresa la donna.

“Anche quello.” successivamente, Johan fissò negli occhi la sua sottoposta. “Ho fatto un giuramento, e l'ho manterrò. Ma questo non mi impedirà di dare una salvezza a questo mondo.”

Fumiko lo fissò per qualche secondo, poi gli toccò una mano.

“Sei il mio comandante, e ti seguirò ovunque tu andrai.” detto questo, se ne andò.

Johan tornò a sorseggiare la sua bottiglia. Poi, dopo qualche minuto, si rimise a leggere il suo trattato, ma ormai la sua mente era lontana dalla conformazione geografica del West Blue.

Tutto questo è per te...prego gli dei che tu possa vedere quello che sto facendo, e che tu possa guidarmi, affinché quello che sto per fare sia la cosa giusta.

 

CONTINUA

  
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