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Autore: DarkSimon Lecter    22/06/2014    1 recensioni
Questi sono racconti di terre lontane collegate tra loro da pochi elementi, spesso sono scritti sotto forma di diario in prima persona con stile molto basso, altre volte con stile più elevato dipende dalla situazione e dal personaggio protagonista! Buona lettura
Genere: Avventura, Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Violenza
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Dead.
Sono passati molti anni da quando ho lasciato la mia città natale, ma la ricordo ancora perfettamente, ogni via, ogni palazzo, ogni sacro tempio.
Ricordo tutto il male che ho dovuto subire, io Dean figlio bastardo di un soldato. La mia era una vita umile nella quale mi dedicavo al mio lavoro nei campi per aiutare mia madre, santa donna.. le mie umili origini non mi avevano permesso di avere i privilegi dei giovani nobili della città, con i quali spesso mi ritrovavo a scontrarmi ed ogni volta trattenevo dentro me la rabbia, non potevo toccarli o ci avrebbero portato via tutto, no dovevo stare zitto e subire.
 Venne un giorno, ero già sui 20 anni, in cui mi stato dedicando al mio solito lavoro di aratura quando i tre figli del mercante Boris attaccarono briga con un ragazzo schiavo del mio quartiere- tre contro uno- pensai tra me e me –sporchi vigliacchi, qualcuno dovrebbe fermarli- poco dopo una figura scusa avvolta in un martello nero che impugnava una catena blocco i tre ragazzi con il solo sguardo, lo riconobbi subito. Era uno degli inquisitori più famosi della città, un ragazzo di provincia che con le sue doti innate era riuscito a scalare la società fino ad affermarsi come inquisitore. Lo fissai un attimo con sguardo di ammirazione, si voltò verso di me, fece un sorriso beffardo e spari come era arrivato. Il suo nome era Domenik, era il mio eroe. Il giorno seguente mi diressi dal mercante Boris a contrattare, come ogni anno, quanto grano ed a quanto l’avrebbe pagato.
Boris mi accolse nella sua casa lussuosa e ben arredata, io con fare rispettoso chiesi la mia onesta parte come sempre ma prima che finissi di parlare, il mercante sbatte la mano sulla sua scrivania e urlo: "I miei figli sono stati attaccati da un inquisitore sulla tua terra! Non li ha nemmeno difesi ed io che con te, e con quella puttana di tua madre, sono sempre stato gentile ed onesto! Quest’anno ti pagherò il raccolto a metà prezzo e ringrazia che non ti denuncio alle autorità per aver pestato i miei ragazzi- stetti un attimo in silenzio con i pugni chiusi, sapevo che se avesse iniziato una causa l’avrebbe vinta, era più ricco e più rispettabile di un bastardo come me.  Uscì sbattendo la porta mentre Boris gridava contro di me. Dovevo fare qualcosa, volevo vendetta.
Mi recai al tempio della Dea in preghiera, mi inginocchiai ed mi incisi sulla mano un profondo taglio, il sangue cadde sul pavimento del tempio su una raffigurazione della Dea, era caduto sulla sua guancia quasi fosse una lacrima, decisi di parlarne con il sacerdote del tempio. Mi guardò bene la ferita e mi disse: “questo è un segno figliolo mio, devi partire per un lungo viaggio di penitenza  per trovare la via della tua vendetta! Torna tra un anno e tutto ti sarà più chiaro” tornato a casa ne parlai con mia madre, donammo i campi alla chiesa della Vendetta mentre mia madre si fece ospitare nei conventi locali. Partì con pochi oggetti alla ricerca della mia vocazione per la vendetta. In un anno esplorai le terre selvagge tutt'attorno comprendendo l’andamento del ciclo naturale, leggendo i testi sacri della Dea ed allenandomi con i pochi arnesi che avevo. 
Durante una notte, dopo circa 8 mesi di viaggio, vidi una figura nera accanto ad un fuoco, cercai di vederla meglio ma l’oscurità e la lontananza mi impedirono di capire se fosse amica o meno, umana o no. Decisi di avvicinarmi ignorando ogni buonsenso, sentivo come un richiamo da quella figura, ero ad una ventina di metri quando esclamai: “ Sono Dean e non voglio farti del male, posso sedermi accanto al tuo fuoco?” la figura nera scatto di colpo quasi come si fosse sdoppiata e me la ritrovai dietro di me che mi bloccava con una catena chiodata “ Dean un po’ troppo ottimista non credi?” riconobbi la voce, era lui, era Domenik. “ lei è il famoso inquisitore Domenik non è vero?”  mormorai mentre mi si affievoliva la voce, “si sono io, o almeno lo ero..” lasciò andare la catena e mi fece cenno di sedermi vicino al fuoco, lui si mise davanti a me  "Cosa ti porta in queste valli selvagge Dean? Forse cerchi l’amore della tua vita? Bé mi spiace ma qui ci sono solo animali e bestie feroci, non conosco i tuoi gusti ma spero che tu  punti ad altri appetiti” fece una leggera risata che subito di trasformo in tosse, si tocco il fianco e notai che perdeva sangue. “ signor Domenik lei è ferito, lasci che la l’aiuti, posso trovarle della erbe mediche, magari fare un orazione alla Dea per aiutarla.” “Che tu sia dannato ragazzo! Io non ho bisogno di essere curato, quello che mi preme di più è rispettare la mia missione, hai braccia robuste e sembri abbastanza in gamba per aiutarmi, ti andrebbe? Bé ovviamente metterei una buona parola per te per  l’esame da inquisitore, sempre che tu voglia farlo” concluse sorridendo. 
Fui uno stolto allocco ed accettai senza nemmeno chiedermi il perché di tanta gentilezza.
Mi spiego che la nostra missione era di rubare un antico artefatto in una grotta, una grotta che era di dei minori, “ zozzi pagani” li chiamava, saremmo partiti all'alba. Dopo poche ore di marcia arrivammo ad una grotta sopra la quale un grosso simbolo della Dea splendeva, mi permisi di dire: “ Domenik ma sei sicuro che sia il posto giusto? Questa è una grotta della Dea” “ taci ragazzo, questa grotta e stata profanata” taglio corto, mi fidai ancora una volta.
Entrati nella grotta dovemmo combattere, o meglio giustiziare alcuni uomini, erano indifesi ma erano infedeli! E la catena di Domenik si infrangeva sulle loro teste ed io dietro con la daga finirli. Arrivammo all’altare, era un altare della Dea della Vendetta. Bloccai per un braccio Domenik nella speranza di fermalo, ma con uno strattone mi lancio a terra, indietreggiai impaurito e le mie mani finirono per toccare un corno alla cintura di uno dei molti defunti , lo suonai con tutto il fiato che avevo in corpo. Domenik mi lancio sguardi d’ira e fece per correre fuori ma venne subito braccato ed imprigionato. Raccontai l’accaduto al gran consiglio della città, artefatto era stato distrutto da Domenik , io mi sentivo uno stupido.  Decisi di iscrivermi all’esame per diventare inquisitore, le mie esperienze di un anno e le visite  che facevo a Domenik in prigione mi aiutarono formarmi. Avevo passato ogni esame mancava solo la grande battaglia del sangue, un enorme battaglia tra tutti gli aspiranti inquisitori, troppo povero per acquistare armi pensai di dover combattere a mani nude ma Domenik mi disse: “ vai a casa mia, cerca nella mia cantina e troverai alcune armi, prendi la mia catena e fanne buon uso. Ma ricordati che la Dea della vendetta è una mentitrice, io ho visto il vero potere degli dei, lei ti usa e ti abbandona quasi fossi un oggetto, un suo giocattolo! Non c’è onore nel servirla!” Domenik aveva firmato la sua condanna a morte con quelle parole, era un inquisitore decaduto, solo una punizione poteva redimerlo: la morte. 
Il giorno dell’esame finale strinsi la catena con tutta la mia forza, osservai i miei avversari, in ognuno di quei volti vedevo le facce dei ragazzi che mi avevano insultato, erano presenti anche due dei figli di Boris. In quel momento capì che potevo solo vincere, la mia era una vendetta pura , una vendetta senza redenzione. Pensai al dolore di mia madre nel vedere mio padre andare via, pensai a tutti i soprusi e le ingiustizie che avevamo subito, la Dea mi favoriva. Al suono del gong lancia uno dei miei pugnali e centrai subito uno dei figli di Boris. Con la catena dominavo il campo facendola roteare, un dardo di balestra mi colpì la gamba, lancia un grido di dolore ma mentre il mio avversario ricaricava lo  sbilancia con la catena e gli piombai sopra finendolo.  
Erano rimasti solo due avversari, ad un primo colpo mi mancò, e grazie alle tecniche segrete di Domenik, riuscì a spostami poco distante da lui, lo presi da dietro e lo strozzai mentre l’altro avversario intimorito buttava l’arma per terra. “no ti prego non uccidermi, hai vinto tu” gridò, mai parole furono più vane. Mi avvicinai lentamente vicino a lui, lo guardi in volto dritto negli occhi, lo riconobbi era l’altro figlio di Boris, gli taglia la gola con un coltello lentamente mentre guardavo il padre negli spalti che si disperava. “Vendetta” pensai orgoglioso mentre il Sole ed il sangue dei nemici mi bagnava i piedi. Non era ancora finita, un ultima prova mi toccava superare, compiere il mio primo giudizio; il destino a volte è beffardo e volle che il mio primo giudizio venisse fatto su Domenik.
Lo portarono legato e malconcio in metto all'arena e mi passarono la sua vera arma da inquisitore: un alabarda dorata, un arma che da bambino avevo sempre sognato di impugnare ma in quel momento, ed il ricordo è ancora vivido nella mia memoria anche ora, avrei preferito rimanere il contadino ignorante di pochi mesi fa. Domenik in ginocchio davanti a me mi sorrise, come solo lui sapeva fare e disse: "Figliolo non per vendetta ma per giustizia, poni fine alle sofferenze di un vecchio che ha fatto grandi orrori, non seguire la mia via, fuggi da questa città, questa non è giustizia questa è solo sporca vendetta.” Termino la frase, ed io mentre trattenevo le lacrime, pronuncia due veloci parole della liturgia: “ il sangue si lava con il sangue” . Taglia la testa di netto, mi misi in ginocchio facendo cadere l’alabarda che fece un sordo tonfo, tutt'attorno la folla gridava di gioia ma io non sentivo nulla, riuscivo solo a vedere gli occhi del mio eroe spalancati davanti a me. 
Il giorno seguente chiesi l’incarico più lontano possibile, armato della mia fede e della voglia di dimenticare partì per quella missione per la mia sacra chiesa della vendetta. Ed ora mi chiedo, che sono qui in questa piccola stanza bianca da non so quanti giorni, se Domenik fosse davvero un folle a criticare la vendetta o se forse era solo l’uomo più saggio che io abbia mai conosciuto.
  
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