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Autore: _Arika_    18/08/2008    5 recensioni
Una song fiction che descrive in parallelo le sensazioni di Mirai No Bulma e Bulma della Saga di Majin Buu riguardo alla morte di Vegeta, sulle note della canzone Hallelujah di Jeff Buckley.
Questa è solo la prima parte, ce ne saranno altre due. Hope you like it ^^
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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TERZA PARTE: RENDIAMO GRAZIE A DIO, NEL VUOTO DI QUESTA NOTTE

MIRAI NO BULMA

La stanza del pianoforte sembra esser stata congelata solo vicino alla finestra.

Tutt’intorno a me ci sono giochi, consolle, pupazzi sparsi. Nell’angolo accanto alla porta libri, cd musicali, uno stereo. Una pagella con dei buoni voti, un quaderno aperto con dei compiti di algebra o fisica.

Il pianoforte invece è lì, solitario con la sua poltroncina bianca e il suo mogano scuro che splende alla luce della luna.

Non ho mai insegnato a Trunks quello strumento. Trunks gli assomiglia troppo, per poter sopportare l’idea di rivedere in lui io e Vegeta quella sera prima che il mondo crollasse in pezzi.

Sono diventata sentimentale, per colpa della vecchiaia o della vita.

Anni fa non avrei neanche potuto concepire l’idea di definirmi vecchia a quarantatrè anni, ma adesso mi sento antica come gli alberi nel cortile.

Vecchio come i secoli che escono da questo mogano, e come la musica immortale che scaturisce dalle corde.

Il giorno in cui mi dissero della morte di Vegeta ricordo che non piansi, ma andai nella mia vecchia scuola di pianoforte, entrai usando uno dei congegni di mio padre e suonai l’Hallelujah per otto ore, finchè non mi addormentai abbracciata alla tastiera del pianoforte.

Non suonai il pianoforte in casa.

L’ultimo ricordo che ho di questo piano è quell’abbraccio che sapeva di morte e vuoto.

Di freddo.

Un freddo gelido come l’inverno sulle montagne.

Hallelujah significa “rendiamo grazie a Dio”, e io suonai per otto ore solo per lasciar uscire il vuoto che avevo dentro. Per dargli una forma ed esorcizzarlo. Per capire e finalmente poter piangere.

Il mattino dopo mi svegliai sperando di trovare il legno umido di lacrime, ma la cassa rifletteva la mia immagine con una perfezione fastidiosa.

Adesso sono passati sedici anni, e domani mio figlio partirà alla volta del passato.

Incontrerà suo padre.

E forse riuscirà a salvarlo.

Da se stesso, e dalla cattiveria con cui lo lasciai.

-Ti fa così schifo toccarlo?

Forse ci sono ricordi che sono destinati a non sparire. E musiche che sono destinate a rimanere.

Magari nelle stelle è scritto qualcosa che ci sfugge, e io sono qui perché era giusto che fossi qui.

Maybe there’s a God above Forse c’è un Dio lassù

Ci sono parole troppo amare. Dette troppo forte. Parole che bisognerebbe saper scordare.

-Ti fa così schifo toccarlo?

Ma che rimangono nella mente.

Come i bossoli dei proiettili dopo che hai ucciso un aggressore.

Ci sono parole che rimangono.

Parole dette troppo forte.

-Sei qui per dirmi qualcosa di importante o per scocciarmi come tuo solito?

Parole che fanno male ma rimangono.

E ritornano ogni volta.

But the only thing I’ve learnt from love Ma l’unica cosa che ho imparato dall’amore

It’s how to shoot somebody how outdrew you è stato come sparare a qualcuno che mi aveva schiaffeggiato

BULMA

Sotto di me la mia città risplende a terra di una luce gialla. Luce di locali e discoteche. Di festeggiamenti e gioventù.

Di capitale della Terra, mentre io la guarda dalla casa del loro Dio.

Questo tempo mi passa addosso come una goccia che stilla senza posa.

I minuti ticchettano nella mia mente, anche se l’orologio che porto al polso è fermo da dodici ore.

In un film visto da poco ho sentito dire che “ogni donna può piangere un tot di lacrime per ogni uomo, e io le mie per lui le ho piante tutte”, e forse questo è vero ma piangere non è quello che vorrei fare.

Vorrei poter guardare il cielo e trovarvi scritta una risposta.

Sentire qualcuno che mi spieghi il perché, di tutta questa storia.

Il perché di me e lui, e il perché di lui che se ne va.

Vorrei poter reagire e urlare forte, ma tutto quello che provo è una lancinante sensazione di vuoto.

Che non so perché mi ricorda una canzone di anni fa.

Che si chiamava Hallelujah.

And It’s not a Cry that you hear at night e non è un pianto che si sente di notte

It’s not somebody who’ve seen the light non è qualcuno che ha visto la luce

It’s a cold and it’s a broken Hallelujah è soltanto un freddo e spezzato Hallelujah

MIRAI NO BULMA - BULMA

Mirai –

Mi siedo al pianoforte e poggio le dita sopra i tasti.

L’Hallelujah risuona piano.

Bulma-

L’Hallelujah che ho in mente non lo sentivo da sette anni.

Da quando avevo suonato il pianoforte in una notte di metà aprile.

Non so perchè me la ricordi.

Ma so che quelle note ora mi invadono i pensieri.

Come se un pianista del cielo stesse suonando sopra una nuvola.

Una lenta nenia funebre.

Nel grande vuoto di questa notte.

Mirai-

Le note dell’Hallelujah scendono lente e malinconiche.

Domani sarà il giorno in cui forse vincerò il destino.

Per ricordare ad un Sayan che Bulma Brief forse è cambiata.

Ma non è morta e non si arrende.

Perché un Sayan sappia, quanto neanche il tempo possa fermarmi.

Perché queste note riempiano il suo vuoto. E il mondo continui con quella strana convivenza.

Perché io so, che da qualche parte, una me stessa e un Vegeta vivranno insieme. E un Trunks crescerà con un padre.

E’ come se lo sentissi, perché quella notte per me ha rappresentato una promessa. Una promessa che ha travalicato tutto, anche quelle parole troppo amare che non sanno andare via.

Dentro di me io so, che c’è un motivo a questa sera.

E ripenso a quella frase mentre suono e nasce l’alba.

-Continua.

Quella parola le ho sentite, e le ho nel cuore impresse a sangue.

Le ho nel cuore e quindi suono.

Perché forse non sono brava con le emozioni, ma di determinazioni ne ho da vendere.

Suono ancora perché io so, che c’è un motivo anche al dolore.

E tengo fede alla promessa.

-Continua.

Premo i tasti e forse piango.

Aspettami Vegeta, perché vedrai che io continuo.

Sono sedici anni che continuo.

Ininterrottamente, come le note sempre uguali di un Hallelujah.

Io continuo, dando un senso anche al dolore.

Bulma-

La musica mi invade, e una lacrima finalmente esce.

Nel buio di questa notte, penso che adesso non è più il 16.

E cerco di seguire quelle note, per riempire il vuoto che sento dentro.

Come se un pianista mi stesse accompagnando.

Canto l’Hallelujah.

Come accompagnata da un pianista.

Hallelujah, Hallelujah, Hallelujah, Hallelujah

Come accompagnata da un pianista

[FINE]

NOTA:
Ero indecisa se mettere una fine un po’ speranzosa come questa o una più tragica, però alla fine Bulma e Mirai no Bulma hanno scelto per me questo finale.

Spero che la storia vi sia piaciuta, e vi consiglio di ascoltare la canzone Hallelujah cantata da Elisa nell’album Lotus, perché è ascoltando quella che io mi sono ispirata.

Grazie a tutti coloro che hanno letto e commentato, risponderò alle recensioni nella prossima storia, o se volete leggere prima della prossima storia così vi ho risposto visitate il mio archivio dove posto le storie con anche i commenti ricevuti qui^^

Grazie mille a tutti ^^

  
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