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Autore: AngyHufflepluffLewis    23/06/2014    3 recensioni
Katniss e Peeta stanno andando a casa di Finnick e Annie, nel distretto 4. Lei ha appena partorito e, Finnick vuole condividere con gli innamorati sventurati la felicità del momento. Finnick non è morto(è un modo per autoconvincermi che non è mai successo niente di simile), e vive in una piccola casetta di fronte al mare insieme a Annie e al nascituro. Katniss è afflitta da un problema però, che riguarda proprio i bambini e che la farà riflettere su una decisione importante che potrebbe cambiarla del tutto. Una decisione già stata presa da Katniss, che si ritrova a pensare se sia veramente giusta o no, per lei e soprattutto per Peeta.
Questo é solo l'inizio della storia. Dato che ha avuto abbastanza "profitto" scriverla, ho deciso di non fermarmi solo a pochi capitoli, ma di continuarla.
P.s: Ho dovuto cambiare il rating, ma non é niente di scandaloso :)
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Cresta, Finnick Odair, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Peeta POV
Sul treno l’aria che si respira non è delle migliori. Nessuno è felice di essere qui, per il medesimo motivo. Io se solo chiudo gli occhi vedo il volto di Katniss. E sono sicuro che anche Finnick vede il volto di Annie, e allo stesso modo Haymitch vede il volto di Effie (forse un’po’ sfocato dato che sta cominciando ad ubriacarsi). L’unica più o meno a suo agio è Johanna, che non la smette di allenarsi con l’ascia nella sua stanza. Forse però credo più che altro che non sopporti i nostri musi lunghi, e che per questo si sia allontanata. Chissá cosa stará facendo adesso. Sono le otto di sera, sicuramente sta mangiando le focaccine al formaggio che le ho preparato questa mattina. Quanto mi mancherà fare la colazione, il pranzo e la cena con lei. Bé, a dirla tutta mi mancherà praticamente passare tutta la giornata insieme a lei…più ci penso però, píu sto peggio, e meno mi concentro. Non ci voleva proprio questo viaggio, anzi lo odio. Odio il fatto di stare lontano da Katniss, di non avere la possibilità di fare un bambino con lei. Odio Capitol City, con i suoi ribelli inutili e i vecchi pacificatori in depressione. Odio il fatto di dover condividere la stessa aria insieme a quell’idiota di Gale. Non sono stupido, ho visto come la guardava prima in stazione, e la rabbia che ho provato nel vederla scappare di paura per colpa sua è stata indescrivibile. Lui sa che è ancora molto fragile la mia Katniss, come ha potuto farsi vedere dopo così tanti anni davanti a lei con quella faccia da strafottente?
-A proposito, dov’è Gale?- dico ad alta voce, più come se fosse un pensiero scappato via dalla mia mente. Haymitch non risponde perché è già crollato, e sta dormendo come un ghiro, ma Finnick, lui si gira automaticamente. Dopo una lunga seduta di intrecciamento continuo di nodi, gli ci vuole un’po’ per accorgersi della mia domanda e del mondo circostante.                                                                                                                                                 
-Non lo so, cercalo nella sala attrezzi o nella sala allenamenti. O magari è già nella sua stanza- dice, per poi riprendere il lavoro interrotto con quel dannato pezzo di corda.                                                                                                                                             
Ho un bruttissimo presentimento, e scatto in piedi come una furia. Passo dal vagone ristorante al salotto, e poi arrivo in sala allenamenti. Lì trovo Johanna seduta su una delle panchine, sudata fino al midollo e con un asciugamano sul collo.                                                                                                                
-Ehi dolcezza che ci fai qui?- mi domanda.                                                                                                 
-Sai dov’è Gale?-                                                                                                                                           
-Secondo te? Io con quello non ci sto, bello. Perché non è da voi?-                                                                          
Non ho neanche la voglia di rispondere, e vado direttamente in sala attrezzi, non sorprendendomi affatto di trovarla vuota. E solo quando passo a setaccio tutte le stanze del treno che la realtà si conferma davanti ai miei occhi. Gale non c’è. È restato al distretto 12, e so già dov’è andato. Non ci vuole un genio per sapere che il modo in cui è ha visto Katniss era soltanto l’inizio di un piano fin troppo ben architettato. Come ho fatto ad essere così stupido da non accorgermi che non era nemmeno salito in treno?                                           
E adesso, non so cosa mi faccia più paura. Se il fatto di vedere Katniss parlare con Gale tranquillamente, o di vederla spaventata. Il Treno si ferma all’improvviso, ma so che è soltanto la sosta giornaliera per far riposare i motori. Di solito dura all’incirca sei minuti, e quindi ho soltanto la metá del tempo per decidere se continuare la corsa e fidarmi di Katniss ciecamente o se scendere da qui, senza portare a termine il mio compito a Capitol City. Certo, io sono una parte importante di questa missione e se abbandonassi tutto nelle mani di Finnick, Johanna e Haymitch, sono sicuro che non me lo perdonerebbero. Adesso mi chiedo però cosa sia più importante, e la risposta è così scontata che non perdo tempo a ripeterla. E quindi corro verso l’uscita laterale, sapendo perfettamente che non c’è più nessuno di guardia, e senza pensarci un attimo salto intrepido proprio mentre il treno parte.                                                                                                                                                            
“Johanna, Finnick, Haymitch, non prendetemi a male. So che farete il meglio in missione come e senza di me” penso intensamente, tra il suono assordante delle ruote ad alta velocità sulle rotaie. Le pietre intorno al percorso ferroviario che smorzano la mia caduta sono come rune ardenti sulla mia pelle, pungenti ma insignificanti rispetto al mio unico e vero obbiettivo: Katniss.

Katniss POV
Con ancora il coltello puntato sulla gola di Gale, penso ironicamente a quanto sia inutile. Non ho mai maneggiato un coltello per il pane, anzi ho sempre creduto che non esistesse un simile utensile, ma che si usassero solo le mani. A quanto pare però, ho partecipato agli Hunger Games per ben due volte, e coi coltelli apparentemente dovrei saperci fare. Quella sua espressione sorpresa, quei suoi occhi spaventati ma allo stesso tempo eccitati. Tutto questo mi fa sentire potente in qualche modo. Sono pericolosa. Sono aggressiva. Sono furba. Sono una ribelle.  Mi viene quasi da ridere, e mi sembra solo di essere pazza. Pazza quel tanto da saper impugnare perfettamente un’arma così quotidiana.                                                                                          
-Quindi? Che ti aspettavi? Pensavi veramente che avrei accettato così facilmente queste tue mani luride sul mio corpo? Queste stesse mani che hanno fabbricato una bomba in grado di ferire una povera bambina, cresciuta insieme ai tuoi stessi fratelli, alle tue stesse sorelle- dico con rabbia. Una lacrima cade esattamente sulla sua guancia sinistra, un’altra sulla lama del coltello che riflette la mia immagine imponente su di lui.                                                    
-Speravo almeno che avresti capito che mi sono pentito per quello che ti ho fatto- mi dice con voce tremante.                                                                                                                     
E io non posso fare a meno di credergli nel profondo del cuore, tanto da staccarmi completamente da  lui per lasciarlo libero di andare.                                                                     
-Vattene. Non ti voglio più vedere, ed è anche meglio per te. Dimenticati di me, dimentica tutto quello che è successo e vivi la tua vita. Il più lontano possibile da me però-.                                               
Con queste ultime parole, salgo per le scale con una velocità impressionante, senza però lasciare il coltello. Chiudo la mia stanza a chiave, per poi andare direttamente a farmi una doccia.  Sotto l’acqua fredda e carezzevole mi domando se la decisione che ho preso è stata quella giusta, o se avrei dovuto ucciderlo sul momento. Vendetta. No, non è un sentimento che mi appartiene completamente, non in questo momento della mia vita. Forse un tempo non avrei esitato a usare quel coltello, ma Peeta mi ha insegnato tante cose. Mi ha fatto capire che le persone che vivono di risentimento sono le più tristi. Dopo la vendetta c’è il senso di colpa, poi arrivano i “perché” senza risposta.                                                    
Peeta. Così bella la sua immagine nella mia mente, così nitida. Impressa come se fosse un incantesimo, una magia che ha la sua firma delicata.                                                                            
Mi asciugo rapidamente e mi infilo in una maglia di Peeta impregnata del suo odore. È troppo grande per me, ma me la farò bastare. Chissá cosa stará facendo adesso. Magari sta già dormendo, sono le dieci di sera, non lo biasimerei. Come farò a dormire senza la sua presenza costante?                                                                                                                  
La stanchezza però ha la meglio su di me, e quindi mi stendo beatamente sul letto, sul lato di Peeta, avvolgendomi tra le pesanti coperte.                                                                         
Dopo pochi istanti mi piego però dal dolore. Altri crampi alla pancia,come quelli avuti nel mezzo della discussione con Gale, ma molto più forti. Forse dovrei farmi vedere da qualcuno. Non faccio in tempo a pensare, che un altro crampo mi fa sboccare, fino a quando non corro direttamente in bagno, ritrovandomi a vomitare bile abbontante. 
              
  
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