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Autore: Jencloves    23/06/2014    3 recensioni
Charlotte, il giorno del suo 17esimo compleanno perde entrambi i genitori e viene messa in una casa di accoglienza di New York. La ragazza ha smesso completamente di parlare per lo shock e usa solo il suo diario e il suo album di disegni per esprimersi con se stessa.
E' sola finchè una famiglia del New Jersey non decide di prendersi cura di lei e la cosa la incuriosisce e la spaventa. incontrerà 6 persone stupende, tra loro Nick di cui lei si innamora e che la cambierà, ma con cui non potrà mai avere nulla al di fuori dell'amicizia..
Spero di avervi incuriosite
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Frankie Jonas, Joe Jonas, Kevin Jonas, Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Triangolo
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6.Volevo solo essere accettata
 
*Char's Pov*
Che brutto fine settimana era appena passato. Era stato il primo nella mia nuova famiglia, ma il più movimentato di tutti in assoluto. Non avevo ancora realizzato ciò che era successo in quei due giorni di totale caos e credevo che non l'avrei mai capito, perchè era stato tutto così rapido, immediato e senza preavviso. Così veloce che nemmeno avevo avuto il tempo di connettere. Eppure in soli due giorni erano successe tantissime cose, tutte così surreali da sembrare frutto della mia fantasia, ma non lo erano.
I miei pensieri da "appena alzata" furono interrotti sveglia suonò imponente nella mia stanza e giratami verso di essa la spensi facendo più rumore io di quanto ne facesse quell'aggeggio infernale. Mi alzai a malavoglia dal letto, presi i vestiti che avevo posizionato sulla sedia la sera prima ed entrai in bagno. Indossai una camicetta bianca a maniche lunghe, un paio di leggins neri con una fantasia geometrica e un paio di Vans nere, e mi truccai solo con un pò di ombretto, mascara e eyeliner. Lisciai i capelli e li raccolsi in una treccia laterale a lisca di pesce, presi lo zaino e uscii dalla mia stanza. Appena fuori dalla mia porta sentii una strana e piacevole melodia provenire da una delle stanze dei miei fratelli, così decisi di andare a vedere, e una volta arrivata rimasi incantata da una voce meravigliosa che cantava accompagnata da una chitarra. Mi affacciai leggermente alla porta e vidi Nick che mi dava le spalle seduto sul letto con la sua pianola davanti mentre cantava una strofa di una canzone.
 
"But you don't know what you got till it's gone 
And you don't know what it's like 
To feel so low
And every time you smile or laugh you glow
You don't even know 
No, no
You don't even know"
 
Sentire la sua voce mi fece sorridere, ma non era un sorriso normale, era diverso, strano e magnifico. Era come se quella voce avesse scatenato un uragano nel mio stomaco, oppure era stato abitato da milioni di farfalle che udendo la voce di Nick avessero deciso di svolazzarmi dentro, o peggio, mi stavo innamorando della sua voce.  
Sbadatamente inciampai nello zaino che avevo appoggiato a terra poco prima facendomi sentire anche da Nick che si fermò e si girò verso di me.
"Ehi Char. Mi stai ascoltando da tanto?" mi chiese togliendosi lo strumento di dosso.
Feci no con la testa e sorrisi abbassando lo sguardo iniziando a giocare nervosamente con le dita. Era ormai diventato un tic nervoso che facevo solo quando ero sotto pressione. 
E in quel momento cos'avevo? Non ero sotto pressione di certo, non stavo di sicuro prendendo una decisione difficile, quindi che mi stava succedendo?
Il completo silenzio e l'imbarazzo presero il possesso del momento e poco dopo vidi due piedi davanti ai miei, così alzai lo sguardo lentamente e vidi che Nick era ormai davanti a me. Stava cercando un contatto visivo con me, quello che io tentavo di evitare perchè non sarei riuscita a resistere ai suoi occhi, perchè sembravano troppo belli per essere veri. poi erano di un colore troppo bello, così acceso, limpido. Mi trasmettevano una strana felicità ma, se li osservavi più a lungo e più a fondo  riuscivi a vedere anche una tempesta improvvisa che sembrava volesse scatenarsi in lui, ma che non so come riusciva sempre a trattenere. O almeno a nascondere. Spostai per un secondo lo sguardo sulle sue labbra. Sembravano così delicate con quel colore roseo tendente al rosso, di una forma strana per un maschio, ma allo stesso tempo meravigliose che sembravano chiamare le mie.
MA CHE DIAMINE STAVO DICENDO!? Era mio fratello e non potevo assolutamente permettermi di fare pensieri del genere! 
Scossi la testa cercando di scacciare ogni pensiero riguardante mio fratello e dopo avergli fatto un piccolo sorriso scesi le scale velocemente con lo sguardo imbarazzato. Salutai tutti con un gesto della mano, uscii di casa e camminai a passo spedito verso la scuola.
Non ero felice di andarci perchè avevo ancora in testa il "ricordo" del mio svenimento improvviso, e avevo paura a tornarci perchè pensavo che tutti si fossero messi a ridere e che nessuno, tranne mio fratello, si fosse preoccupato per me. 
Misi le cuffie e lasciai penetrare le parole delle canzoni nella mia testa, come se in quel momento non stessi pensando a nulla. Era quello che cercavo di fare, ma in testa avevo un immagine fissa che non dava segni di andarsene. Quell'immagine era nitida e salda dentro al mio cervello e credevo che non se ne sarebbe andata facilmente. Nick che cantava accompagnato dalla sua chitarra.
Non so come fosse successo, ma averlo sentito cantare mi fece quasi tremare facendomi provare una strana sensazione. Sembrava quasi felicità quella sensazione, mischiata ad un briciolo di tristezza e malinconia che si percepiva nel tono di voce del ricciolo, e nonostante stessi ascoltando tutt'altra canzone, riuscivo ancora a sentire quelle parole come se Nick stesse cantando dietro di me. Mi girai e dietro di me non c'era. C'era un gruppetto di alunni, così mi rigirai e mi stupii di trovarmi già davanti a scuola. Nemmeno mi accorsi di esserci già arrivata, eppure ero li e stava per iniziare il mio secondo, anzi primo vero giorno di scuola. 
Mi incamminai verso il mio armadietto e intanto osservavo la scuola e i suoi alunni. Erano tutti divisi in gruppetti e anche se non eri di li, riuscivi a capire chi apparteneva a quale gruppo.
C'erano gli atletici, inconfondibili per via delle giacche sportive e quell'aria da "sono migliore di te in tutto", le cheerleader che io cercavo di evitare perchè provavo un tremendo odio verso di loro, poi c'erano i dark, i secchioni, gli sfigati.. Insomma c'era di tutto in quella scuola quindi non mi sarebbe stato difficile farmi etichettare. 
Presi il libro per la lezione che avrei avuto, mi diressi in classe già stracolma di studenti, che non appena mi videro varcare la porta fecero immediatamente silenzio e si girarono tutti a fissarmi, quasi come fossi un aliena. Cercai un banco vuoto e nel frattempo sentivo gli sguardi dei miei compagni di classe bruciarmi addosso.
Quando finalmente ne trovai uno, infondo alla classe, mi sedetti buttando a terra lo zaino e portando lo sguardo fisso verso il banco.
Alzai lo sguardo solo quando entrò il professore. Un uomo alto circa 1.80m, con i capelli bianchi, un accenno di barba, sulla settantina circa, di stazza medio-grossa e un evidente dentiera. Si sedette alla cattedra e iniziò a fare l'appello e, quando arrivò al mio nome mi sentii di nuovo addosso lo sguardo di tutti e iniziai seriamente di andarmene da quella classe, ma mi trattenni.
Mi ripresi dai miei pensieri e notai che il professore mi guardava con aria perplessa. Forse perchè non riusciva a capire che ero quella sfigata che non parlava, perchè non capiva che ero "quella" nuova, o non so per quale altro motivo. Lo vidi avanzare verso di me, mentre strizzava gli occhi cercando di vedermi, dato che molto probabilmente aveva dimenticato i suoi occhiali da qualche parte.
Mi stette davanti per cinque minuti prima di riuscire a capire chi fossi, poi ritornò a sedersi per continuare l'appello.
Mi girai e accanto a me notai una ragazza che mi stava guardando. Aveva i capelli mori raccolti in una treccia laterale fatta così bene che avrei osato dire l'avesse fatta un parrucchiere, gli occhi color cioccolato, un cappellino invernale azzurro tiffany e un enorme sorriso stampato sulle labbra. Era in carne, ma aveva un fisico bellissimo che invidiavo, ma che lei nascondeva con un maglione nero e dei jeans grigi.
"Ciao" disse lei continuando a fissarmi con quel bellissimo sorriso che mostrava i suoi denti perfettamente dritti e bianchi.
Ricambiai il saluto e poi lei disse "Io mi chiamo Sophie. Tu sei?" 
Mi sarebbe piaciuto molto risponderle, salutarla e parlarle così da poter dire di aver finalmente fatto amicizia con qualcuno, ma non ci riuscivo, avevo troppa paura.
"Oh, aspetta" disse lei bloccandosi come se avesse avuto un idea "Tu sei quella nuova che non parla vero? Sei quella che ieri è svenuta davanti a tutti? Sei quella che abita con i Jonas?" aggiunse lei.
Erano troppe domande tutte insieme, così tante che sentii scoppiarmi la testa, e per la farla smettere accennai solo un si con la testa e lei smise.
Durante la lezione mi capitava spesso di girarmi verso Sophie e osservarla. Sembrava leggermente strana, ma uno stano bello. Era sempre sorridente e continuava a giocare con le maniche del maglione che tirava sempre più giù finchè, quasi, non sembrarono sparirle le mani. Non era una secchiona, ma sembrava che chiunque fosse in classe ce l'avesse con lei per un motivo o per l'altro e mi dispiaceva, ma nonostante avesse dovuto ascoltare delle critiche sul suo aspetto, lei continuava a sorridere, come se quelle parole le scivolassero addosso. Io avrei sempre voluto essere una persona come lei. Una di quelle che non temeva i giudizi degli altri, ma non lo ero mai stata e in quel periodo ero anche peggiorata.
Il suono della campanella che segnava la fine dell'ora mi riportò alla realtà, presi lo zaino e uscii dalla classe e ad aspettarmi fuori dalla porta c'era quella ragazza, Sophie.
Mi prese a braccetto e iniziammo a camminare per i corridoi della scuola. Tutti ci fissavano con aria perplessa e in alcuni disgustata, così guardai Sophie e lei ancora mi sorrideva incoraggiandomi a fare lo stesso. Alzai lo sguardo e sorrisi anche io cercando di farmi scivolare addosso le critiche che, a bassa voce, si sentivano per i corridoi di scuola.
 
*Joe's Pov*
Vedere tutti quelli studenti che uscivano da scuola, alcuni sudati, alcuni stanchi mi portava alla mente i ricordi di quando andavo io al college ed ero felice che quell'incubo fosse finito. Non era stato un brutto periodo quello, ma se ripensavo a come avevo trattato alcune persone mi veniva da star male. Ma per fortuna sapevo che mio fratello Nick non era così. Lui era abbastanza popolare a scuola, ma non era ne maleducato ne scortese con nessuno ed ecco perchè tutti lo ammiravano. 
Ricordavo ancora delle parola pronunciate da amici dei miei genitori che dicevano che dovevano essere fieri di mio fratello perchè era il figlio perfetto che tutti nel vicinato invidiavano. A quelle parole morii di gelosia e mi arrabbiai tantissimo con mio fratello -che a quei tempi aveva solo 15 anni e io ne avevo 18- scatenando una lite che ci portò a non parlare più per dei mesi.
Lo squillare del mio telefono mi riportò alla realtà. Rivetti un messaggio da Nick.
 
Non ti preoccupare arriviamo.
Attento Jennifer in arrivo.
-N
 
Alla vista di quel nome alzai gli occhi al cielo sperando solo che mio fratello scherzasse, ma aveva ragione perchè quando abbassai gli occhi portando lo sguardo verso mio fratello e Char che erano arrivati sul portone della scuola la vidi a distanza da loro, ma era pur sempre li e pregando con tutto me stesso che fosse solo un incubo, scesi dall'auto e mi diressi verso Char e la abbracciai dandole un piccolo bacio sulla guancia. Notai accanto a lei e a Nick una ragazza che se ne stava sulle sue, dall'aria dolce e tranquilla, con degli occhi color nocciola davvero molto carini, e una treccia laterale un pò disfatta, così dopo aver sciolto l'abbraccio con Char mi presentai e lei fece lo stesso con me.
"E' un'amica di Char e verrà da noi oggi pomeriggio a farle compagnia" disse Nick mettendole un braccio attorno al collo.
La ragazza annuì silenziosa mentre sorridendo, giocava con le maniche del suo maglione fin troppo lungo per le sue braccia corte
"Hai già fatto amicizia Char? Wow complimenti" mi lasciai scappare dalle labbra facendo intristire leggermente mia sorella.
Non avrei dovuto parlare, forse sarebbe stato meglio. Char abbassò leggermente lo sguardo e vidi i suoi occhi inumidirsi. Sembrava pronta a piangere, così feci un cenno a Nick che decise che era meglio andare a casa.
"Joe! Joe!" mi sentii chiamare da dietro anche se ormai già sapevo chi fosse
"Jennifer" 
Feci un sorriso che più falso non si poteva perchè non sopportavo quella ragazza dal tono di voce squillante e infinitamente fastidioso che sembrava la brutta copia di Barbie.
"Era un pò che non ti vedevo come stai?"
"Starei meglio se potessi andarmene a casa" mi lasciai sfuggire.
Vidi mio fratello, mia sorella e Sophie trattenersi dal ridere mentre Jennifer mi guardò con aria arrabbiata e perplessa.
"Potemmo uscire un girono di questi che dici?"
Dovevo trovare un modo per evitare un appuntamento con Jennifer, non perchè lei non sia una bella ragazza, anzi, al contrario era molto carina, è da ammettere, ma non volevo uscire con lei e avevo tanti di quei motivi che non mi basterebbe una pagina per spiegarli tutti.
Vagai nella mia mente alla ricerca di una scusa intelligente quando il mio sguardo cadde su Sophie e immediatamente mi si accese la lampadina pensando che fosse un idea geniale.
"Ho già una ragazza jen.. Sorry"
"Chi è la fortunata?"
"Sophie" 
Tutti mi guardarono con la bocca aperta mente misi un braccio attorno a Sophie che si irrigidì non appena la mia pelle ebbe un contatto con la sua. Fu una risposta istintiva la mia, data senza quasi nemmeno pensare, ma lo feci solo per togliermi Jen dai piedi. Avvicinai Sophie a me abbracciandola e dandole un bacio sui capelli. Il profumo che mi penetrò nelle narici in quel momento fu qualcosa di meraviglioso. Mi ricordava l'enorme serra di mio nonno nella quale passavo tantissimo tempo semplicemente a guardare i fiori e la verdura che cresceva.
Jennifer squadrò dalla testa ai piedi la povera Soph che inspiegabilmente diventò talmente rossa da confondersi con il mio maglione e si strinse a me provocandomi una scarica di elettricità che mi percosse la schiena.
"Oh, cara Sophie, non sia contro chi ti sei messa" disse Jennifer avvicinandosi a noi.
Si girò verso di me e la sua espressione dapprima di rabbia e scherno, divenne sorridente "Salutiii" mi disse aggiungendo un saluto con la mano per poi andarsene con una camminata che lei credeva fosse fica.
Tirai un sospiro di sollievo e in quel momento Sophie si irrigidì nuovamente e si staccò imbarazzata da me per tornare accanto a Charlotte.
"Oh scusa.. Non volevo" dissi altrettanto imbarazzato e senza saper più cosa dire. 
Le avevo creato un tale imbarazzo che un solo scusa non sarebbe bastato a farle dimenticare quello che avevo insinuato e contro che l'avevo messa.
 
*Sophie's Pov*
Ancora non riuscivo a spiegarmi perchè il fratello di Char aveva detto a Jennifer che tra me e lui c'era qualcosa visto che nemmeno lo conoscevo di persona. Lei già mi odiava a prescindere da quello che facevo o dicevo, dopo quella bugia mi avrebbe odiato ancora di più e mi sarebbe costato l'intero anno sotto la lente d'ingrandimento di Jennifer che, dallo sguardo che aveva quel pomeriggio, non credeva ad una parola di ciò che Joe aveva detto.
Erano passati un paio di giorni e Joe non la smetteva di chiedermi scusa. Io già l'avevo perdonato, ma lui credeva che mentissi e così ogni giorno dovevo subirmi le sue scuse inutili.
Avevo tentato in ogni modo di eliminare dalla mia mente i brividi e quella sensazione di tranquillità e calma che sentii quando le braccia di Joe mi avvolsero e quando le sue labbra incontrarono i miei capelli, ma mi fu impossibile, perchè ogni notte ripercorrevo quella scena e risentivo quelle emozioni che lentamente sbiadivano ma che non se ne volevano andare. Ripensando a quell'abbraccio le mie guance andavano a fuoco e non passava molto tempo prima che io iniziassi a sorridere come una scema. Certe volte, quando non avevo niente da fare, mi capitava inconsciamente di scrivermi il suo nome sul polso e quando me ne accorgevo era troppo tardi, perchè per qualche strana ragione lo facevo sempre con un pennarello indelebile. Mi stava diventando impossibile non pensare a lui, anche se non lo conoscevo proprio bene mi aveva stregata, imbambolata, catturata solo con un abbraccio, perchè in quell'istante mi sono sentita davvero protetta, al sicuro. Avrei anche giurato di sentirmi amata, ma in quell'abbraccio non c'era niente di vero, quindi quell'amore che mi sembrava di sentire era finto come tutto e tutti, del resto. Sono stata sempre trattata male dalle persone che vivevano attorno a me, quindi quell'abbraccio mi era sembrato quasi come una dimostrazione d'affetto, ma una persona che non mi conosceva, che non sapeva cosa dovevo sopportare come poteva dimostrarmi quell'affetto che non avevo mai ricevuto ma che avevo sempre sognato di avere? Non poteva. 
"Sophie è ora di cena muovi il culo e alzati" mi sentii dire mentre il mio corpo veniva scosso da fitte alla pancia e da una mano che mi incitava a svegliarmi. L'orologio accanto al mio letto faceva già le 20:30, quindi aveva ragione. Impossibile non potevo aver dormito così tanto, pensai.
Mi girai dall'altra parte, mi sedetti e vidi la signorina Kinlsey con il suo stupido abito da cena seduta accanto a me.
"Scusami tanto ma non ho fame" dissi sprofondando il viso nel cuscino.
"Mi ha convinto tuo padre a venire a svegliarti perchè dice che non parliamo, quindi alza il culo e vieni a tavola se non vuoi andare in quel posto che io e te sappiamo" mi disse abbassando il tono sulle ultime parole per non farsi sentire da mio padre.
Rifiutai il suo ordine e poco dopo senza dire nulla uscì dalla mia stanza per tornare in cucina dove mio padre attendeva lei, anzi i camerieri per la cena.
Si, i soldi non erano un problema per me e per mio padre, che appena ne fu capace si comprò una villa nel centro della città e siccome non potevamo gestirla da soli, mio padre assunse due donne delle pulizie, un maggiordomo e 5 o 6 camerieri di cui solo io ricordavo i nomi. 
Avevamo una bella casa, è vero, ma lui non c'era mai, così ero sempre sola con gli inservienti che diventarono quasi come una seconda famiglia per me.
Il tutto peggiorò con l'arrivo di Mary Kinsley, o come la chiamavo io distruttrice di famiglie, la compagna di mio padre. Era una donna estremamente acida, falsa e manipolatrice che viveva solo per lo shopping a spese di mio padre. Venivo sempre trattata male da lei perchè pensava che fosse il motivo per cui lei e mio padre non si fossero ancora sposati, quindi per lei, io ero l'ostacolo che le impediva di arrivare ai suoi soldi.
Da quando l'aveva incontrata mio papà era cambiato totalmente. Non era più lo stesso e chiunque faticava a riconoscerlo. Non solo esteriormente, ma anche il carattere era cambiato e il padre dolce e sempre presente era sparito, era sempre in vacanza cosa che lui chiamava viaggio di lavoro per non offendermi. Ormai non contavo più nulla per lui, ci mancava solo che dimenticasse il mio nome!
Un'altra fitta allo stomaco più forte della precedente mi colpii facendomi gemere dal dolore riempiendomi gli occhi di lacrime che non aspettarono tanto prima di abbandonarmi, e un senso di nausea mi avvolse, così mi alzai a fatica dal letto con le mani sullo stomaco per cercare di alleviare un pò il dolore e mi trascinai nel mio bagno e successivamente a un giramento forte di testa caddi a peso morto sul pavimento sbattendo la testa contro il water. Mi rialzai da terra dopo non so quanti minuti e dopo essermi messa una mano sulla testa per massaggiarla vidi del sangue su di essa. Sentivo il respiro, così come il cuore accelerare per la paura che mi aveva assalito, e gli occhi si inumidirono offuscandomi la vista. Avevo talmente tanta paura, così tanta che non sapevo più cosa fare. Rimasi immobilizzata a fissarmi la mano mentre lentamente il sangue fuoriusciva dalla ferita e colava dai capelli provocandomi un fastidi che, dopo un inaspettato attacco di coraggio, interruppi tamponando la ferita. Dopo quel gesto ritornai lucida, ma non del tutto, ero ancora leggermente sotto shock per l'accaduto tanto che, per quanto sembrasse una cosa surreale, tornai a letto senza dire niente. Aspettai solo che il mondo dei sogni mi chiamasse per lasciarmi cullare in un sonno riparatore.
"Signorina McHolly. Non vorrei disturbarla, ma si deve alzare altrimenti farà tardi a scuola" sentii in lontananza da una delle domestiche.
Una corrente di aria gelida mi investii il corpo costringendo il mio corpo stanco ad alzarsi dal letto. Mi diressi verso l'armadio alla ricerca di vestiti decenti, poi dopo essermi vestita mi truccai solo con del mascara e del burro-cacao. Raccolsi lo zaino posizionato al lato del mio letto, scesi le scale tutta di fretta e dopo aver salutato le domestiche uscii di casa per andare a prendere Char.
Camminavo lungo il marciapiede che costeggiava la strada con lo sguardo basso perchè non volvevo intravedere il volto di nessuno nel momento in cui avrebbero cominciato a guardarmi male e a deridermi.
Estrassi il cellulare dalla tasca e misi le cuffie nelle orecchie sperando solo che il tragitto da casa mia a quella di Char durasse il meno possibile, perchè non volevo più stare sola e ora che avevo amici che mi volevano bene per ciò che ero sapevo che il problema non ero io, ma gli altri che giudicavano dalle apparenze. Ero stanca di essere quella sempre da sola all'ultimo banco, la sfigata, l'emarginata, volevo solo essere accettata dagli altri.
Arrivai davanti al portone di casa sua in poco tempo e quando ero sul punto di bussare alla porta, essa si aprì e vidi Joe con una brioche in bocca e lo zucco a velo sparso attorno ad essa. Risi alla visione di cotanta stupidità e bellezza insieme mentre lui mi guardava con aria confusa, come se non sapesse si avere tutto lo zucchero sparso sulla faccia.
Mi fece entrare e in quel momento sentii un caloroso saluto di gruppo ad eccezione di Char che si limitò a sorridermi e a sventolare la mano.
"Siediti Sophie" mi incitò Denise alzandosi dal suo posto per aggiungere una sedia per me.
Rifiutai con la scusa del ritardo a scuola, ma in realtà non volevo che mi offrissero la colazione. Non riuscivo a mangiare davanti ad altre persone. Non riuscivo a mangiare punto e basta e il mio corpo era la prova concreta di ciò che il mio cervello mi diceva per convincermi che il riflesso che vedevo allo specchio era brutto, che io ero brutta, e che non mangiando sarei diventata più bella.


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SPAZIO AUTRICE:
Ragazze eccomi tornata con un nuovo capitolo della mia "favolosa" (si fa per dire) storia :)
Cercate di perdonarmi per i miei costanti ritardi con le piubblicazioni di entrambe le #ff ma questa volta non ho nessuna scusa, vi ho solo trascurate un pò... SORRY RAGAZZE.. DAVVERO.
Questo, come avrete potuto vedere è solo un capitolo di passaggio dove si spiega un pò la vita di Sophie, un nuovo personaggio ispirato dalla mia fan preferita Marty Fantasy.
Avrete notato che 
non mancano i "colpi di scena" come Joe che finge che Sophie sia la sua ragazza per allontanarne una fastidiosa. Come andrà a finire tra loro due? Char rimane colpita ancora di più da Nick dopo che lo sente cantare (e ammettiamolo qualunque jonatic amerebbe la voce di nick perchè è adfsajdfjfj <3)
Vorrei ringraziare le ragazze che hanno messo la storia tra le preferite, ricordate e segiute. Vorrei ringraziere le mie recensirtici che mi consigliano sempre e mi aiutano, e anche le carissime lettrici silenziose.. GRAZIE GIRLSSS DI TUTTO <3
Fatemi sapere che ne pensate di questo capitolo nelle recensioni. Ci terrei davvero tanto a conoscere la vostra opinione.
Un bacio,
Jennifer
  
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