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Autore: IceQueenJ    24/06/2014    1 recensioni
Bella e Edward si conoscono da quando erano bambini, ma un giorno Bella deve trasferirsi con in genitori in Italia. Passano gli anni e i due continuano a tenersi in contatto, questo grazie alle loro famiglie.
Tutto cambia con una visita inaspettata.
Cosa accadrà quando Edward rivedrà Bella?
Cosa accadrà quando Bella lascerà il suo ragazzo e dopo qualche mese tornerà a Forks a conoscenza di cose che non dovrebbe sapere?
E come reagirá Edward?
Riusciranno a risolvere i loro problemi?
Riusciranno a superare tutte le sfide che gli si presenteranno?
-Questa storia è stata pubblicata anche su Wattpad.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Charlie/Renèe, Emmett/Rosalie
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film, Contesto generale/vago
Capitoli:
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Eccomi qui ... sono tornata! Scusate per l'assenza di due settimane, ma ho avuto molto da fare. In realtà, ho ancora molto da fare. Chi frequenta l'università come me, sa perfettamente che questo è periodo d'esami e io ne ho uno proprio in questi giorni. Quindi ... potete prendere le vostre conclusioni.

Anche se il capitolo era già scritto, ho fatto una faticaccia enorme per correggerlo, perchè nulla mi sembrava scritto in maniera corretta, nulla mi sembrava lineare. Poi alla fine, stanotte, presa da in insonnia improvvisa, ho acceso l'ipad, su cui avevo una copia del documento, ho iniziato a correggerlo, decidendo di pubblicarlo stamattina.

Spero che sia di vostro gradimento. Mi piacerebbe davvero tanto ricevere qualche vostra recensione. Sono in attesa di scoprire i vostri commenti e i vostri pensieri sulla mia storia.

Eh adesso ... chissà cosa succederà qui? Beh ... dal titolo lo avrete capito no? Spero di non deludere nessuno.

Ringrazio tutti coloro che hanno inserito la storia nei preferiti, nelle ricordate e nelle seguite e i lettori silenziosi.

Vi lascio al capitolo . . .
Capitolo 8: Finalmente noi

Pov Edward


Forks, Casa Cullen – Hale, Sabato 19 luglio 2014
È passata una settimana da quando ho confessato a Bella i miei sentimenti e solamente quattro giorni da quel pomeriggio al centro commerciale.
La situazione, da quel momento, mi è sembrata meno tesa e ci siamo divertiti molto, nonostante piccole scaramucce.
Devo ammettere, però, che quel bacio che ci siamo scambiati grazie alla mia amata (la maggior parte delle volte, odiata) sorellina, è stato la perfetta conclusione di un pomeriggio che ricorderò per sempre.
Ci siamo visti mercoledì scorso e oggi, finalmente, la rivedrò.
Il tempo non mi è mai sembrato così lento.
Non vedo l’ora che arrivi stasera.
Perché?
Semplice: per tutto il weekend Bella farà da babysitter a Tommy ed io mi sono offerto di far loro compagnia.
Lo ammetto, non vedo l’ora di passare altro tempo con lei, ma cosa posso farci? Sono innamorato cotto.
Per tutti i giorni trascorsi, non ho fatto altro che sperare con tutto me stesso che avesse le idee più chiare, perché altrimenti so già cosa avrei fatto e niente e nessuno mi avrebbe fermato dall’attuare il mio piano di conquista.
Una volta arrivato fuori casa di Emmett, non riuscii a capire per quale motivo, ma ebbi una stranissima sensazione. Brutti pensieri iniziarono a imperversare nella mia mente, ma decisi di scacciarli e godermi il weekend.
Suonai il citofono e venne ad aprirmi un mini tornado mezzo svestito, seguito da una Bella letteralmente furiosa.
“THOMAS! VIENI. SUBITO. QUI!”, disse la mia Bella scandendo ogni parola. Poi con voce più bassa: “Oh ciao Edward, sei tu. Tommy aveva una voglia matta di vederti”.
Dentro di me, sperai che non solo il piccolo avesse una voglia matta di vedermi.
Il piccolo, infatti, subito reclamò la mia attenzione.
“Tio Eddy, tio Eddy, finammente tei allivato! Che bello, che bello”. Sporse le piccole braccia per farsi prendere in braccio e così feci, chiudendomi la porta alle spalle.
“Hey pulce, come mai zia Bella urlava? Sai che non devi farla arrabbiare, vero?”.
“Ti tio Eddy, lo to, ma io volevo tolo venile ad aplile la porta, pelché lo tapevo che eli tu”, disse mettendo il broncio.
“D’accordo tesoro, ma non farlo più, mi hai fatto prendere uno spavento. La prossima volta me lo dici e andiamo insieme ad aprire, ti va?”.
“D’accoldo, ma io tono glande potto fallo da tolo. Tia mi finitti di mettele il pigiamino? Io ho tanto tonno”.
“Ma certo tesoro, vieni”.
Lo prese dalle mie braccia e lo portò sul divano, dove finì di mettergli il pigiama.
Li guardai tutto il tempo.
Sono così carini.
Bella sembra nata per essere una mamma.
E’ così dolce con Thomas, ma che dico?
Lei lo è sempre.
“Tio Eddy, mi polti a dolmile?”.
“Certo pulce, vieni”.
Lo presi in braccio e lo portai a letto.
Mentre salivamo le scale, si accoccolò nell’incavo del mio collo.
Iniziavo a pensare che se la fosse presa perché lo avevamo sgridato, fin quando parlò con una vocina flebile flebile.
“Tio Eddy, ma vale anche pel te quello che mi ha detto tia Bella l’altla volta?”.
“Cosa pulce?”.
“Che te vedo i motli cattivi batta che ullo Bambi e tu veni?”.
“Certo, vale anche per me. Su … ora dormi. Ci vediamo domani, buonanotte”.
Gli diedi il bacio della buona notte e tornai di sotto.

Sceso in salotto, mi aspettavo di trovare Bella seduta a guardare qualcosa in tv, invece era in cucina che preparava qualcosa da mangiare per entrambi.
Mi appoggiai allo stipite della porta e rimasi a fissarla.
Non appena si accorse di me, distolsi lo sguardo, ma notai comunque il suo sorriso.
Bellissimo sorriso.
“Spero che tu non abbia cenato, perché ho preparato qualcosa”.
“Oh no, certo che no. In realtà credevo che avresti ordinato la pizza, ma va bene qualsiasi cosa per me”.
Mi avvicinai a lei.
E’ tutto imbarazzante.
Dopo mercoledì non ci siamo più sentiti e parlati.
Abbiamo parlato al telefono solo stamattina e di mia iniziativa, quando, dopo che mio fratello è venuto a casa e mi ha detto che Bella avrebbe badato a Tommy, l’ho chiamata per chiederle se voleva compagnia.
Ci sedemmo a tavola e cenammo in silenzio per un po’.
Il silenzio era interrotto solamente dal rumore delle posate e dalle domande sui nostri gusti.
Insomma … un terreno sicuro.
Sicuro davvero, stavolta.
“Allora … a quanto pare odi ancora il pesce. I tuoi gusti non sono cambiati molto da quando eravamo piccoli”.
“No, per niente. Solo … apprezzo molto il tonno in scatola. Lo adoro, letteralmente, ma per il resto: io e il pesce siamo incompatibili”.
Iniziai a ridere.
Ricordavo perfettamente la sua reazione alla vista del pesce.
“Già … ricordo le tue reazioni e quelle di mia sorella, quando mia madre o la tua lo cucinavano. Scoppiavate in un pianto disperato, fino a quando lo davano a me o a Jasper e tu ed Alice potevate mangiare schifezze”.
Iniziò a ridere anche lei, forse ricordando quei momenti spensierati.
“E’ vero, anche Alice odia il pesce. E poi scusa, ma non erano schifezze. Era pollo con patatine fritte e se ben ricordo, tu e Jazz v’imbronciavate sempre, perché noi due riuscivamo a convincerle, mentre voi, no”.
“Hahahahah … è vero. Ah … bei tempi. Non so tu, ma Alice riesce ad averla vinta ancora adesso, e ha 18 anni”, puntualizzai.
“Mmm … io un po’ meno. Mia madre e mio padre ormai evitano proprio di propormi roba di pesce. Hanno perso le speranze. E poi non ho il potere persuasivo di Alice, quindi …”.
Liquidò il tutto con un’alzata di spalle, mangiando un’altra forchettata d’insalata russa.

Dopo aver messo tutto in ordine ed esserci spostati in salotto per guardare un po’ di tv, Bella divenne molto tesa e iniziò a torturarsi le mani che aveva in grembo.
Per sbaglio il mio braccio toccò il suo mentre mi sedevo sul divano e mi accorsi che si era irrigidita.
Per un po’ feci nulla di niente, ma poi mi decisi e le parlai, notando anche che si era allontanata da me.
In pratica, si era spostata dall’altro capo del divano, muovendosi con una grazia sovrumana.
“Bella, c’è qualcosa che non va?”.
“E’? Oh sì, tutto bene. È solo che io dovrei dirti una cosa, ma non so da che parte iniziare”.
Mi venne da ridere.
“Beh, io direi di iniziare dall’inizio, non credi?”.
“Sì giusto, hai ragione. Ehm sarò diretta. Io … mi-sono-resa-conto-che-tu-mi-piaci-molto-e-che-quindi-voglio-provarci”, disse tutto d’un fiato, “il che è strano perché fino a qualche mese fa io . . . io stavo male per un altro e poi arrivi tu …”.
Fece una pausa per riprendere fiato e continuare.
“I – io … non … mi aspettavo di piacerti”, disse come se fosse una cosa ovvia e facendo una faccia buffissima. “Insomma … non sono poi questo granché come ragazza. Cioè … sono normale, così normale, che più normale di me, si muore”.
Se fossimo stati in un’altra situazione, mi sarei messo a ridere per il suo gioco di parole.
Roba da matti!
Davvero crede di non essere bella?
Lei è molto più che bellissima.
Come può pensare di essere normale?
Ha un’eleganza e un … un … appeal, sì appeal, fuori dal comune.
Come fa a non accorgersi di tutti i ragazzi che al suo passaggio si fermano a fissarla, anche se “mangiarla con gli occhi”, sarebbe più indicato?
Mi persi nei miei pensieri, senza accorgermi che Bella continuava a parlare.
Devo trovare il modo di fermarla.
Quando è nervosa, inizia a parlare come una macchinetta, un po’ come quando è imbarazzata.
Se non l’avessi fermata adesso, non ci sarei più riuscito e sarebbe andata ancora di più in panico.
“Ehm Bella … credo di essermi perso. Hai parlato così in fretta che ho fatto fatica a seguirti”.
Lei mi guardò come a dire ‘cavoli Edward, perché mi fai questo?’, ma io davvero non avevo capito niente.
“Quello che volevo dirti è che mi sono resa conto che tu mi piaci molto e che quindi voglio . . .”, la sua voce si affievolì sull’ultima parola. Credo disse un “provarci”, ma non ci avrei giurato.
Un sorriso ebete apparve sul mio volto e m’immobilizzai.
Ha davvero detto quello che ho sentito?
Deo gratias, non posso crederci!
Oh … quanto vorrei baciarla!
Aspettate … adesso posso, giusto?
‘Certo idiota, certo che puoi, oppure vuoi che ti faccia un disegnino? Ha detto che gli piaci’.
Risi dando ragione alla mia coscienza, stavolta.
Vedendo che non parlavo, continuò il suo monologo senza senso.
Già, perché di questo si trattava, stava farneticando e a me non importava nulla delle sue spiegazioni.
Il mio cervello si era fermato al ‘mi piaci molto’.
“Insomma … i – io sto bene con te e mi sento al sicuro e poi, mi sono resa conto che in effetti è da un po’ di tempo che provo qualcosa per te. Non so come sia possibile, ma per ironia della sorte, me ne sono resa conto quattro giorni fa, dopo la nostra chiacchierata nella tua auto e …”.
A quelle parole non riuscii più a trattenermi.
In più, era l’unico modo per fermarla.
Mi fiondai sulle sue labbra.
Adesso che ho il permesso di farlo, niente e nessuno mi fermerà.
Mi staccai da lei solo quando entrambi eravamo in debito d’ossigeno.
“Allora adesso tu sei … tu sei la mia ragazza giusto? Mia e di nessun altro? E non andrai più via? Resterai qui con me?”, le chiesi, staccando le domande l’una dall’altra con dei baci leggeri. Vorrei anche aggiungere un bel “ti amo”, ma forse non è il caso.
Non voglio farla scappare a gambe levate.
“Oh sì, lo sono” e rise.
Poi però abbassò il viso per non guardarmi. “Ma non posso assicurarti che non andrò via. Sono venuta qua con l’intenzione di restare per l’estate. Non avevo programmato che tu … A settembre inizia l’università e sono stata già ammessa all’università di Pisa. Non ho fatto domanda qui”.
“Beh ma puoi sempre frequentarla qui l’università, no? Adesso ci sono io, poi Christian, Alice e tutti gli altri. Potresti vivere da Christian, sono sicuro che ne sarebbe davvero felice. Ti prego Bella, pensaci. L’estate è appena iniziata, hai tutto il tempo per decidere e in più con la media che hai, chi non ti ammetterebbe all’università?”.
“D’accordo ci penserò, ma devo parlarne prima con i miei genitori e con Christian e – e poi … fare le domande per l’università. Spero che mi prendano”.
Aprii la bocca per dire qualcosa, ma lei fu più veloce di me.
Aveva già capito cosa volevo dirle.
Inizio a pensare che possa leggermi nel pensiero, anche se di solito sono io a farlo.
“Non una parola Cullen, sei un gran leccapiedi, ti conosco. So cosa stavi per dire e posso sempre fare le valigie e tornare a casa. Non farmene pentire dongiovanni dei miei stivali”, disse guardandomi male e calcando sulla parola “dongiovanni”.
So a cosa si riferisce.
Al mio passato da puttaniere del liceo, fatto di conquiste bionde, formose e senza cervello e a volte anche rifatte.
Poi, quando ero all’ultimo anno, l’ho rivista e tutte le altre mi sono sembrate così insignificanti.
Solo adesso, con lei tra le mie braccia, mi rendo conto di quanto stronzo sia stato.
In fondo, però, ci stavano anche loro, mica facevo tutto da solo?
Certe cose si fanno in due.
Ricordo quante volte lei, Alice e Jazz hanno provato a farmi ragionare, senza risultato. Ma, nonostante non approvasse il mio stile di vita, lei c’era sempre per me. Se avevo bisogno di lei, mi bastava accendere il pc e chiamarla con Skype e il 98 % delle volte, mi rispondeva sempre. Quando avevo un problema con una delle mie “conquiste”, le chiedevo consiglio e alla fine, puntualmente, finiva nel mio letto.
Certo, nel mio letto era un modo di dire.
Non le portavo a casa mia.
Primo, la mia stanza era off – limits per loro.
Secondo, mia madre mi avrebbe prima ammazzato, poi diseredato. Lei, come Bella e tutti gli altri, pensava che sarei dovuto cambiare.
Terzo, ho già detto che la mia stanza era off-limits per loro?
Inoltre ero il primo dell’istituto, il ragazzo con la media più alta, il capitano della squadra di baseball, avrei potuto circondarmi di persone diverse e invece mi circondavo di idioti. Bella, però, mi era sempre rimasta accanto, per quanto lo permettesse la distanza, ma per me c’era sempre e il destino aveva voluto che m’innamorassi di lei.
Che cambiassi per lei.
“Non preoccuparti, non te ne pentirai. Sono due anni che non esco con una ragazza. Ho smesso di frequentare quelle galline quando mi sono reso conto di essere innamorato di te, puoi chiedere a Jazz o Alice o addirittura a Christian, se non mi credi”.
“Lo so … è solo che … io”, abbassò lo sguardo.
“Tu?”, la spronai. Le presi il mento e le alzai il viso, costringendola a guardarmi negli occhi. “Mi sembra strano, ecco. Insomma, tu … in tutti questi anni …”.
“Non pensare al passato Bella. Quando i tuoi occhi si sono posati nei miei, tutto è cambiato. Non so come spiegartelo. È successo e sono felice che sia successo con te”.
“Anch’io sono felice che sia successo con me”.
Sorrise più rilassata e decisi di sganciare la bomba.
“Ti arrabbi se ti dico che ti amo? So che è presto per te, ma io in questi anni ho capito di amarti”.
“No, non mi arrabbio, solo … anch’io de –”.
La interruppi.
Il tempo per parlare ci sarebbe stato.
Adesso ho bisogno di baciarla.
“Ti amo”.
L’abbracciai e lei si accoccolò sul mio petto, sorridendo.
“Sei sempre il solito, Cullen”.


Pov Bella

Finalmente gli ho confessato tutto e lui ne è stato felice.
La parte di me più pessimista in questi giorni ha sempre creduto che Edward avesse potuto cambiare idea, invece non è stato così. Anzi, la sua reazione mi ha lasciato senza parole.
Quando, poi, mi ha baciato, beh, è stata tutta un’altra storia. Quel bacio è stato così bello, così dolce, così romantico, così … tutto! Non ho parole per descriverlo. Non posso paragonarlo a nessuno dei baci che ho dato in passato.
È così … diverso.
Ci siamo spostati a letto, non so nemmeno io quando, ma lo abbiamo fatto. Dormire con lui adesso non mi sembra più sbagliato, anzi.
Mentre lo guardavo indossare il pigiama, la mia coscienza tornò a farsi sentire. Sono giorni che mi da il tormento.
‘Prima o poi dovrai dirgli cos’hai fatto. Più tardi lo farai, peggio sarà e si arrabbierà tantissimo’.
Appunto.
Perché continuo a rimandare?
Non mi va di mentirgli in quel modo.
Prima ho tentato, ma lui mi ha interrotto dicendo di amarmi e il mio cuore si è sciolto.
Alla fine dovrò confessargli tutto e spero con tutto il cuore che non si arrabbi.
Il suo abbraccio mi distolse dai miei pensieri e dopo essermi accoccolata sul suo petto, ci addormentammo così.
Mi sembrava di essere tornata indietro nel tempo.
A quando eravamo piccoli e tutto ci sembrava semplice.
A quando dormire insieme non significava altro, solo un semplice abbraccio e una dormita con il tuo migliore amico.

Aprii gli occhi all’improvviso.
Forse è tutto un sogno.
Sicuramente sono a casa di Christian e ho sognato tutto.
Poi mi accorsi di una mano che, lenta, mi accarezzava il braccio scoperto e mi resi conto che non lo era affatto.
Alzai la testa e mi sorrise. “Buon giorno piccola, dormito bene?”.
Mugugnai qualcosa di incomprensibile. “Oh sì, alla grande. E tu?”.
“Mmm … anch’io non me la sono cavata male”.
Si sporse per baciarmi ed io lo assecondai.
Ho già detto che adoro i suoi baci?
‘Bella iniziamo bene. Vi siete messi insieme solo da dodici ore e già sembri un’idiota, figuriamoci tra qualche giorno come sarai’, intervenne sarcastica la mia vocina.
Mi staccai dalle sue labbra invitanti e lui le spostò nei miei capelli.
“Mmm … andiamo a fare colazione Eddy? Su … appena Tommy si sveglia, voglio fare una torta tutti insieme”.
Lo sentii sorridere tra i miei capelli e poi sbuffare.
“D’accordo, andiamo, altrimenti da qua non mi schiodo più. Sono stanchissimo”.
Mentre preparavo da mangiare per tutti, mi persi nuovamente nei miei pensieri.
Ripensai al discorso di ieri sera.
Forse Ed ha ragione, dovrei restare.
Almeno così, se resteremo insieme, non dovremo soffrire per la lontananza e poi è sempre stato il mio sogno tornare negli Stati Uniti e finirci gli studi.
Insomma … siamo solamente all’inizio dell’estate. Avrò un bel po’ di tempo per decidere e poi dovrò sempre chiedere il permesso ai miei genitori.
Chissà come reagiranno alla novità.
Spero bene.
Sperai che anche i pochi amici che ho in Italia, comprendano questa decisione senza giudicare.
Comunque voglio parlarne meglio con Edward prima.
Non so cosa aspettarmi da lui.
Poi c’è un piccolo dettaglio, insignificante per lui, essenziale per me.
“Hey Bella che hai? Tutto okay? Sembri pensierosa. C’è qualcosa che ti preoccupa? In più ti stai mordendo il labbro, lo fai solo quando sei nervosa”, disse accarezzandomi una guancia e tirandomi su il mento per guardarmi negli occhi.
Sobbalzai alla sua voce così vicina.
Quando si era avvicinato?
“No”, sorrisi. “Cioè si, va tutto bene. Stavo solo pensando e …”, ma lasciai le parole in sospeso.
Non voglio parlarne adesso.
“E? C’è qualcosa che devi dirmi?”.
Arrossii e lui sicuramente se ne accorse.
“Nulla di preoccupante”, dissi notando il suo sguardo preoccupato. “Ne parliamo dopo, quando Tommy sarà di sopra a giocare, d’accordo?”.
“D’accordo. Può sempre andare adesso a giocare”, disse con fare cospiratorio, attirandomi a sé.
Spostai le mani dal suo petto al suo collo, toccandogli i capelli e risi.
“Non preoccuparti Edward, stavo solo pensando a una cosa, e poi ho promesso a Tommy che avremmo fatto la torta insieme”.
Si sporse per baciarmi.
“Tiiiiaaaa … allola facciamo questa tolta? Dai zia me lo avevi plometto”, disse Tommy tornando in cucina e giungendo le mani in preghiera. “Ho anche lavato le manine, guadda”.
Edward mi lasciò andare subito e Tommy per fortuna non se ne accorse.
“Ecco appunto”, lo sentii brontolare. “Mi sa che in questi giorni saremo interrotti parecchie volte”, continuò.
Io mi voltai e gli sorrisi. “Su, fai il bravo bimbo e aiutaci a fare la torta”.
Più di una volta Edward fu molto divertente.
A volte, quando mi voltavo verso di lui, lo trovavo a fissarmi inebetito e dovetti chiamarlo più di una volta, con Thomas che lo prendeva continuamente in giro. Più di una volta abbiamo rischiato di perdere tutto l’impasto, per colpa della sua sbadataggine.
Di solito sono io quella sbadata e con la testa tra le nuvole.
Sembra che le parti si siano invertite.
So che Edward ha una grande voglia di sapere cosa devo dirgli, ma che non insiste più di tanto.
Infornai la torta e salii al piano superiore per vestirmi.
Potremmo portare Tommy al parco.
Oggi è una bellissima giornata, cosa molto strana per gli standard di Forks, per questo, decisi di indossare qualcosa di comodo: le mie fedeli converse, un paio di jeans stretti e una maglia a blusa. Edward aveva accompagnato Tommy a vestirsi e quando li raggiunsi, la scena che vidi fu molto divertente: Edward rincorreva il piccolo perché non voleva indossare le scarpe.
“No tio, nooo”, urlava Tommy.
“Andiamo pulce, ogni volta sempre la stessa storia? Mi spieghi come facciamo ad andarci al parco senza le scarpe? Di certo non ti ci porto con le ciabatte!”.
A quelle parole, la peste si fermò e si fece prendere in braccio.
“E da quando in qua dobbiamo andare al parco?”, intervenni fingendomi arrabbiata.
Entrambi si voltarono di scatto e vidi Edward molto imbarazzato.
“Beh ecco … gliel’ho promesso io perché non voleva vestirsi. Non essere ar – arrabbiata. Forse avevi altri programmi e io …”, ma lo interruppi.
“No tranquillo, avevo pensato anch’io di andare al parco con una bella giornata come questa. A Forks è più unica che rara. La torta è quasi pronta. Mangiamo prima quella e poi andiamo. Tu intanto perché non vai a vestirti? Finisco io con Tommy”.
“Oh d’accordo”, mi passò il piccolo e uscì.
“Allora piccoletto, sei contento?”.
“Tii tia, tanto tanto. Ma lo tai pelò che lo tio pelché gioca in una quadla ette in televisione e di tolito quando andiamo al palco ci tono temple i tignori che fanno le foto”.
“Oh … non lo sapevo”.
“A te ti teguono mai? A me tolo quando to con tio Eddy, anche te anche il nonno è un dottole famoto ma con lui quette cote non le fanno, chittà pelché”, chiese facendo una faccia buffissima.
“No, non mi seguono, lo fanno solo quando sto con zio Christian. Ma non preoccuparti, ti proteggeremo noi”.

Una volta scesi, trovammo Edward ad aspettarci che aveva già tirato fuori la torta e l’aveva tagliata a fette.
“Si può sapere cosa avete avuto da dirvi voi due? Stavate facendo bruciare la nostra torta!”, disse puntandoci un dito contro, tanto che Tommy sghignazzò alla scena.
“Beh! Tommy mi stava raccontando che quando esce con te vi seguono i ‘signori che fanno le foto’ e mi chiedeva come mai”.
Edward sembrò ricordarsene solo in quel momento e gli s’illuminarono gli occhi.
Chissà cos’ha pensato.
“Tommy resta un attimo qui buono buono a mangiare la torta, io e la zia andiamo un attimo di là. D’accordo?”.
“Celto tio Eddy, faccio il blavo blavo, plomesso”, fece giurin giurello con lo zio.
Edward mi portò, anzi mi trascinò in salotto e mi baciò.
“A cosa devo questo bacio?”.
“Quando usciremo, non potrò baciarti, ci saranno … com’è che hai detto? Ci saranno ‘i signori che fanno le foto’ e se non vuoi che ci vedano insieme e non vuoi vedere la tua faccia su tutte le riviste, allora dovremmo comportarci come due normalissimi amici”.
Quelle parole mi ferirono.
Alla faccia del ti amo.
“Primo: l’ha detto Tommy. Io so che si chiamano paparazzi. Secondo: dillo subito se non vuoi farti vedere in giro con me. Terzo: la mia faccia è già su tutte le riviste di gossip”.
Il suo sguardo s’indurì alle mie ultime parole.
Stavo per andare a prendere Tommy, ma lui mi bloccò. “Che significa?”.
“Significa esattamente quello che ho detto. Non sia mai che la tua fama di single e sciupa femmine incallito sia distrutta. Sappi che con me non funziona così. Se vuoi stare con me, devi starci sempre, non solo quando ti pare”.
“Ma … io non intendevo questo. Solo … io volevo solo proteggerti. Certo, so che prima o poi dovremo uscire allo scoperto, ma non voglio gettarti subito in pasto alle belve. Voglio che qualcosa resti solo nostro. Poi non avremo un attimo di tregua, non appena sapranno la notizia. Come puoi non fidarti di me dopo quello che ho fatto in questi anni e che ti ho detto ieri sera?”.
“Oh no … io mi fido di te. E’ solo che … non so. Scusa okay? Non sono abituata a tutto questo”.
“Perdonata. Anzi, per farti perdonare ho bisogno di un bel bacio, ma uno di quelli come si deve, eh!”.
“D’accordo idiota, vieni qua”.
Mi attirò a sé, mettendomi le mani sui fianchi con fare possessivo. Quel gesto mi è sempre piaciuto, mi ha sempre dato la sicurezza che lui è mio e che io sono sua.
Anche in passato, ogni volta che mi abbracciava, lo faceva sempre in quel modo. Solo a lui era permesso abbracciarmi così, e solo ora mi rendo realmente conto di quanto fossi coinvolta emotivamente.
Iniziai a chiedermi, quanto fossimo “solo amici” anche in passato.
Abbiamo sempre avuto questo legame.
Io lo consideravo mio e, lui, allo stesso modo, mi considerava sua.
Per farlo arrabbiare decisi di baciarlo sulla guancia.
Lui sorrise e m’indicò l’altra guancia.
Poi la fronte.
Il naso.
Infine, quando pensò che gli avrei dato un bacio sulle labbra, deviai e gli baciai l’angolo della bocca.
Lo sentii sbuffare e stringere la presa sui miei fianchi.
Io sghignazzai.
“Vuoi deciderti? Oppure devo farlo io, piccola impertinente?”.
“Sta calmo Cullen! Non lo sai che l’attesa aumenta il desiderio?”.
“Non credo che un bacio possa fare tutta questa differenza, Swan”.
Con un sorriso, annullai la poca distanza che ci separava e, man mano che il bacio aumentava d’intensità, mi stringevo sempre di più a lui. Allo stesso modo, lui stringeva i miei fianchi in maniera quasi dolorosa.
Circondai il suo collo con le braccia e mi alzai sulle punte per baciarlo meglio.
Dopo, sentii la sua lingua sfiorare le mie labbra, chiedendo un accesso che non gli avrei mai negato. Non appena le nostre lingue si unirono nella danza più bella del mondo, un semplice bacio, si trasformò in qualcosa di più profondo.
Era come se quello fosse il mio primo vero bacio in assoluto.
Non ho mai provato quelle sensazioni.
Non ho mai baciato nessuno in quel modo.
Sembrava che volesse legarmi a lui in maniera indissolubile e lo stesso stavo facendo io. Sembrava non avessimo neanche bisogno di ossigeno, tanta era l’urgenza e l’amore con cui ci stavamo baciando. Quando iniziammo ad avere il fiatone, le sue labbra si staccarono dalle mie e Edward appoggiò la fronte sulla mia, guardandomi con gli occhi lucidi per l’eccitazione e sorridendomi innamorato.
Potevo sentire la sua eccitazione provenire anche da un’altra sua parte del corpo, che mi fece arrossire, ma lasciai correre.
Non volevo rovinare il momento.
Non era il caso di iniziare adesso questo discorso.
“Dio! È stato … sono senza parole”, sussurrò, cercando di riprendere fiato.
“Allora … piaciuto il tuo ‘bacio come si deve’?”.
“Da morire. Non avevo mai baciato nessuno in questo modo. Credimi piccola. Tu sei la prima e unica ragazza di cui mi sia innamorato e cui abbia detto ti amo. Ti amo da impazzire”.
Quelle due paroline mi fecero andare, letteralmente, in brodo di giuggiole.
Sorrisi.
“Sta tranquillo, ti credo. Su, adesso torniamo da Tommy, potrebbe combinare qualche guaio”.
Gli lascai un ultimo bacio a fior di labbra e mi voltai verso la cucina.
“Aspetta amore … hey aspetta. Devo chiederti un’altra cosa. Prima hai detto che la tua faccia era già sulle riviste di gossip. Mi stavi prendendo in giro o dicevi sul serio?”.
Tornai a guardarlo e iniziai a ridere.
Dalla sua espressione, capii che non era d’accordo con me, così decisi di spiegarglielo.
“Eddy, amore. Secondo te, oltre a te, quale altro personaggio famoso io conosco?”.
“Mmm … non lo so amore. Dimmelo tu. Lo sto chiedendo a te”.
Continuai a ridere.
Non riuscivo a farne a meno, ma era troppo buffo, sia lui, sia la sua espressione corrucciata da finto duro, messa in evidenza dalle braccia incrociate al petto.
“Avanti … chi? Me lo dici?”.
‘Il mio cucciolo … il mio adorabile cucciolo geloso. Lo amo così tanto e ancora non sono riuscita a dirglielo’.
“Che c’è … sei geloso?”, lo stuzzicai.
Mamma mia! Me la sto spassando troppo.
Non riesco a smettere di prenderlo in giro.
“Sì … no … sì … forse”, esclamò. Alzai un sopracciglio e lui ammise “Sì, lo sono, e da morire anche. Adesso me lo dici chi è? Ti prego, sto impazzendo”.
“Ma certo. Allora, in aereo ho incontrato Taylor Lautner e ci siamo innamorati e siamo usciti insieme dall’aeroporto, mano nella mano”.
“COSA? MI STAI PRENDENDO IN GIRO VERO?”, urlò fuori controllo.
“Oddio amore, è Christian. Chi se no? Alain Delon? Quando è venuto a prendermi in aeroporto erano anche lì e hanno fotografato tutto. Il nostro abbraccio. Il suo bacio sulla mia fronte. Quindi chissà cos’avranno architettato. E poi comunque io odio Taylor Lautner e in aereo non c’era nessuno di famoso”.
Sospirò di sollievo.
Oddio, lui ci aveva creduto davvero.
“Sei incredibile. Chi credevi che fosse?”.
“Uffa senti, io sono geloso di te, quindi smettila di prendermi in giro. Io e te, però, dobbiamo ancora fare un certo discorsetto. Cos’è che mi tieni nascosto?”.
“Oh Eddy, nulla. Erano solo dei pensieri come tanti. Te li rivelerò al momento giusto”.
Gli baciai un angolo della bocca e gli feci l’occhiolino.
“Che non è adesso, giusto? Mi chiedo quando lo sarà!”, disse facendo un gesto teatrale con le mani.
“Esatto, non lo è, ma lo sarà molto presto” e poi me ne andai, lasciandolo sbalordito.
Poi urlai: “Tommy … vieni che usciamo”.

Eravamo in estate, ma di certo non si può dire che a Forks faccia caldo, ma le giacche comunque non servono.
Prendemmo la Volvo S60R di Edward (un’auto meravigliosa, a mio modesto parere) e partimmo in direzione parco.
Da quando ha la patente, Edward ha sempre avuto questa macchina. È una delle sue preferite.
Ricordo ancora quando mi mandò la foto dell’auto appena uscita dal concessionario.
Era eccitatissimo.
La considerava e forse la considera tutt’ora il suo gioiellino, e guai a chi glie la toccava.
La prima volta che ci salii, ricordo che mi disse che quell’auto era fatta per me e che eravamo entrambe bellissime.
In quel momento, un pensiero mi colpì, facendomi rabbuiare.
Edward, naturalmente, se ne accorse.
“Che succede Bella?”. Arrossii. “Perché sei arrossita? Tutto bene?”.
Cavoli! Non riesco neanche a guardarlo negli occhi.
“Ecco … io … ehm … volevo chiederti, ecco, dove portavi le tue amiche quando … beh … hai capito no?”.
Un sorriso nacque spontaneo sul suo viso.
“Ah … era lì che volevi arrivare. Beh …”, fece una pausa per svoltare e poi mi guardò negli occhi.
“Ehm … dipende, dall’occasione. Di solito a casa loro. A dirla tutta, erano loro a chiedermelo. Nessuna ragazza è entrata nella mia stanza, beh … a parte te, mia sorella e mia madre, ma lei non conta. Non volevo che estranei profanassero il mio mondo. Perché me lo chiedi?”
“No, perché … ecco, mi chiedevo s – se avessi fatto sesso con loro a – anche qui”.
Arrossii ancora di più.
Più rossa di così, si muore.
Lui, però, trovò lo stesso il modo per sdrammatizzare e far scomparire l’imbarazzo che si era creato.
“Oh no … la mia bambina, è come la mia stanza. Non. Si. Tocca!”.
Rise, forse del mio sguardo, non lo so, ma sta di fatto che iniziò a ridere così forte che anche Tommy, lo seguì.
“L – La tua bambina? E scusa … io cosa sarei?”.
Mi finsi offesa, anche se non riuscivo a trattenere un sorriso.
So già che la sua auto è la sua bambina e che io sono la sua piccola.
Lui mi rispose con una scrollata di spalle, come se fosse ovvio. “Tu sei la mia piccola”.
“La tua piccola? Mmm … può andare. Salvato in corner, signor Cullen”.
Sorridendo, gli misi una mano sulla gamba, che lui prese e baciò.
“Bella, tu sei sempre stata la mia piccola. Lo eri quando eravamo dei bambini e giocavamo al parco, lo eri quando non avevo ancora la mia Volvo, lo eri quando mi facevo l’intero corpo studentesco del liceo di Forks, lo so è brutto dirlo, ma è così, lo eri quando stavi con quel troglodita. Lo eri … lo sei sempre stata … lo sarai per sempre”.
Solo quando si sporse per baciarmi velocemente, mi accorsi che eravamo già arrivati e che Edward aveva parcheggiato.
“Adesso, ti prego … possiamo pensare a noi e basta? Non voglio ripensare a quello che ero senza di te. Per favore. Avrai tutti il tempo di chiedermelo in futuro, godiamoci questo weekend, va bene?”.
“D’accordo. La mai era solo curiosità e l’hai soddisfatta in pieno. Non penso ti chiederò nulla in futuro, non voglio sapere i loro nomi e neanche il numero, se non vuoi farmi scappare a gambe levate. Non pensare che non mi fidi di te”.
Si sporse verso di me, ipnotizzandomi con il suo sguardo. “Scappare a gambe levate? Addirittura? Non sono poi così tante. E Bella … in un confronto tra te e loro, ti assicuro che vinceresti tu. Tu sei mille volte meglio di tutte quelle oche giulive messe insieme”.
Non riuscii a fare altro se non annuire.
Mi diede un altro bacio a stampo poi scendemmo dall’auto.
“Su campione, è ora di divertirsi”, disse il mio amore, prendendo in braccio Tommy.
Il mio amore.
Non riesco ancora a crederci.
È così bello da non sembrare reale.
Quando arrivammo, beh … non passò molto tempo che arrivarono i nostri disturbatori. A quanto pareva, avrei proprio dovuto farci l’abitudine.
Se fossi rimasta qui, sarei stata costantemente fotografata e solo perché cugina di Christian o ragazza di Edward.
Inconsciamente Edward mi prese la mano e quel contatto creò mille brividi in tutto il mio corpo. Credo successe anche a lui, perché lo vidi guardarmi sorpreso.
Tommy, sceso dalle sue braccia, corse verso le giostre davanti a noi e noi lo seguimmo tenendoci per mano.
Quando ci fermammo, mi avvicinai a Edward, appoggiai da testa sulla sua spalla e lui lasciandomi la mano mi circondò le spalle con il braccio.
“Sei felice?”, mi chiese lui notando il sorriso da ebete che era apparso sul mio viso ieri sera e che non accennava ad andarsene.
“Se ti dicessi sì? La tua presenza mi rende immensamente felice e sinceramente non mi importa degli altri, perché se questo fa parte del tuo mondo, allora …”.
Mi strinsi nelle spalle.
“Bella, tu sei tutto il mio mondo. Mi basta avere te accanto per avere tutto. Anche quando stavi con lui, anche se non potevo averti, mi sentivo bene, perché tu eri, sei e sarai sempre l’unica per me. Lo sei sempre stata, fin da quando eravamo piccoli”. Mi fece girare verso di lui e poi mi disse: “Ti amo Bella”.
Lo fermai prima che le nostre labbra si toccassero.
Avevo anch’io qualcosa da dire.
“Anch’io ti amo, Edward, anch’io”.
Era strano, eppure sapevo di amarlo.
Lo amavo davvero.
Non m’importava se era troppo presto.
Non m’importava cosa avrebbero pensato gli altri.
Lui mi aveva amato per due anni.
Il suo amore per me era cresciuto nel tempo, anche se eravamo lontani.
Sapevo che, se avessi scavato in fondo al mio cuore, avrei scoperto che anch’io lo amavo quasi dallo stesso tempo, solo, non lo avevo mai capito.
Quando ci staccammo, ci accorgemmo di Thomas che ci fissava e che poi ci corse incontro. “Tia, tio? Ma pelché vi tiete dati il bacino tulla boccuccia come mamma e papà? Vi tiete metti ittieme come diceva ieli papà a tio Chlittian?”.
Edward alzò gli occhi al cielo, imprecando contro quei due impiccioni, dove ero sicura, c’era anche lo zampino di Alice, mentre io scoppiai a ridere.
Edward rispose per entrambi, abbassandosi sulle ginocchia. “Sì, Tommy. Ma cosa dicevano ieri papà e zio Christian?”.
“Oh no!”, disse tappandosi la bocca, come se si fosse ricordato di un segreto così importante che non doveva essere svelato. “Mi avevano detto che non dovevo dilvelo pelché poi vi allabbiavate con lolo. Pelò vabbè, voi tiete i miei tii plefeliti e quindi ve lo dico lo tetto (stesso). Dicevano che elavate due cletini che non capivano di ettele innamorati e che te non vi davate una mossa, talemmo diventati tutti vecchi. Tio, tia, non ditegli che ve l’ho detto, altlimenti non mi danno il legalo che mi hanno plometto. Vi plego”, disse il piccolo facendo gli occhioni da cucciolo.
Dio! Quella peste è Alice al maschile.
Incredibile come riesca a convincere le persone.
“Certo Tommy, saremo muti come un pesce, vero Ed? Anzi guarda, mi cucio anche la bocca”, risposi io.
“Certo Thomas, sarà il nostro piccolo segreto, così tu avrai anche il regalo che volevi, d’accordo?”.
“Tii che bello … tiete gli tii più blavi e belli del mondo. Ah tia, mi pingi sull’altalena?”, disse tirandomi la mano.
“Certo piccoletto, arrivo subito”.
“Hai visto quei due? Sapevo che stavano tramando qualcosa, Bella”.
“Andiamo Ed, li conosciamo, sono fatti così e scommetto che in tutto questo c’è anche lo zampino di Alice. Meno male che non sanno nulla di quello che è successo in questi giorni, altrimenti chissà cosa avrebbero combinato”.
“Già, hai ragione, anche se credo che quando glielo racconteremo, rimarranno a bocca aperta. Mi sa che Alice non gli ha raccontato nulla della giornata al centro commerciale”.
Dopo aver passato l’intera mattinata a giocare, Tommy finalmente iniziò ad avere fame. “Ho fame, non mi va più di giocale. Andiamo a cata a mangiale?”.
“Certo tesoro, vuoi venire in braccio o ce la fai ancora?”.
“No, cammino tolo tolo io. Io tono un ometto”.
“Hahahahah … d’accordo ometto, ma non correre”, rispose Ed.
“Che ne dite se andiamo tutti a casa dei nonni a mangiare? Sarebbero felici di vederti Bella e poi potremmo anche sai … potremmo dirgli che stiamo insieme. Tu che ne dici?”, continuò con tono preoccupato.
“Certo Ed, per me va benissimo”.
Si precipitò ad abbracciarmi.
“Non riesco ancora a crederci e poi tu riesci sempre a sorprendermi”.
“TIII! NONNI … NONNI!”.
L’urlo spacca timpani di Thomas ci pietrificò sul posto.
Okay … è ufficiale. Ho perfettamente ragione.
E’ Alice versione maschio.

Una volta arrivati a casa sua, Edward non poté fare a meno di contenere la sua gioia e subito lo disse ai suoi che furono felici di vederlo finalmente sorridente e innamorato.
Carlisle ed Esme quel giorno erano soli: Alice e Jasper pranzavano a casa dei genitori di lui ed Emmett e Rosalie erano partiti per un weekend romantico, approfittando della mia presenza e dei loro sotterfugi per farci mettere insieme.
Pranzammo e poi Thomas ci chiese di tornare a casa. Era stanco per la mattinata passata a sfrenarsi al parco e voleva andare a dormire nel suo lettino. Aveva uno sguardo coccoloso quando lo disse, che nessuno riuscì a dirgli di no.
Quando, infatti, arrivammo a casa, lo trovammo già addormentato sul sedile posteriore dell’auto.
Povero cucciolo.
Doveva essere davvero stanco.
Adesso, Edward ed io avremmo potuto parlare con più tranquillità.
Avevo tante cose da dirgli.
Presi il piccolo dalle sue braccia, nonostante le sue proteste, e lo portai nella sua cameretta.
Poi scesi di sotto.
Avevo delle cose da rivelare.


Bene, adesso i nostri piccioncini stanno insieme e Bella deve rivelargli qualcosa di importante.
Sarà il segreto che la sua coscienza gli dice di rivelargli subito, oppure qualcos'altro?
Chissà ... lo scoprirete nel prossimo capitolo che spero di riuscire a pubblicare sabato.

Un bacio, Ally!

PS: Un'amica mi ha fatto notare che forse ho esagerato un pò con il linguaggio del bambino, ma vi assicuro che non è così. Molti bambini a quest'età parlano davvero così. Ho preso spunto dalla piccola peste di mio cugino che ha la stessa età di Thomas e che parla al suo stesso modo.
   
 
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