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Autore: JaymeJoe    19/08/2008    2 recensioni
Un romanzo emozionante. La storia di una ragazza con grandissime capacità e occasioni di emergere nella ginnastica artistica e diventare una ginnasta degna di essere ricordata, ma forse non abbastanza psicologicamente pronta per affrontare la durissima strada che occorre percorrere per diventarla. Un romanzo pieno di emozioni difficili da controllare, come la forza di volontà, la grinta, la tenacia e un' innata voglia di vincere. Dalla voce appassionata della stessa protagonista, la storia di una vittoria, di un carattere che cambia e di una crescita interiore.
Genere: Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gli anni passarono veloci in quel palazzetto dello sport, dove mi ero iscritta vicino casa.

Risate e divertimento inondavano la palestra con centinaia di persone, che poi, tralasciando gli istruttori, erano tutti bambini con un’età compresa tra i 4 e gli 11 anni ed eravamo tutti divisi in gruppi. E le povere “maestre”, poche in confronto ai bambini da gestire, dovevano darsi un bel da fare per tenere sotto controllo noi pesti scatenate, il cui obiettivo pareva essere proprio quello di disubbidire e fare impazzire gli adulti.

Sorridendo, posso ammettere “obiettivo raggiunto!”.

Non essendo una vera e propria palestra, ma un palazzetto dello sport come ho già detto, all’interno venivano praticati diversi sport, come la pallacanestro, la ginnastica ritmica ed infine, la ginnastica artistica sia femminile che maschile.
Quello a cui inizialmente facevo parte io, non posso dire che fosse realmente ginnastica artistica, anche se era quello che credevo; ma piuttosto, un avviamento per la ginnastica. Anche perché a quell’età non potevano certo pretendere che facessi già salti mortali!
Infatti non lo pretendevano.
Pretendevano che mi limitassi ad eseguire percorsi tutt’intorno alla “palestra”.

Cammino a gattoni sopra la panca. Scendo. Salto dentro ai cerchi colorati per terra. Mi aggrappo alla fune e mi dondolo per poi lasciarmi cadere sopra ad un morbido tappeto, con i capelli che mi ricadevano sul viso tutti arruffati.

E si ripeteva per numerose volte, cambiando però percorso di giorno in giorno.

Accidenti come mi divertivo!

Io come tutti, s’intende. Vabbè, tutti, tranne il gruppo di ragazzi e ragazze più grandi che noi guardavamo allenarsi con tanta ammirazione e che si divertivano, sì, ma a vedere noi marmocchietti che saltellavamo qua e là. Sguardi di tenerezza, che riportavano al passato, perché tutti ci erano passati, indipendentemente da quale sport tu facessi in seguito, terminato il periodo che gli istruttori (o meglio, istruttrici, di uomo ce n’era solo uno e allenava i ragazzi della ginnastica maschile) chiamano “psicomotricità infantile”.
Al sentire quelle strane parole, io con le mie amichette, ci dilettavamo a ripetere quel difficilissimo scioglilingua.

Il tempo passava, ed io crescevo. E dal gruppo dei bambini di “psicomotricità infantile” finalmente passavo, eccitata ma già nostalgica dei giorni passati a giocare, al gruppo dei “grandi”, quelli che già provavano quelle che sono le basi della ginnastica artistica.
Capriole avanti, indietro, ruote, verticali… 

(credo che tutti conoscano questi pochi elementi e sono convinta che non ci sia nessuno che non abbia provato almeno una volta ad eseguirne uno, perciò non spreco tempo in ulteriori spiegazioni. Se, al contrario, ce ne fosse qualcuno, lo incito a provare e mi scuso)

Tutte cose che mi sembravano impossibili, ma che in poco tempo, anzi stranamente pochissimo, riuscii anch’io a svolgere, con tutto l’appoggio e la contentezza dei miei genitori, che dagli spalti mi guardavano allenare e…crescere.

Quando ebbi imparato a fare gli elementi e i salti necessari per partecipare ad una gara, quella che sarebbe stata la mia prima gara, l’istruttrice, Grazia, mi insegno come affrontarla.
Quello che in quell’ambiente non insegnavano era, non si sa se fosse un bene o no, dipende probabilmente dai punti di vista, la serietà.
Mi preparai, senza vedere l’ora che arrivasse quel fatidico giorno. Lo aspettavo con gioia e trepidazione, non lasciando all’agitazione pre-gara di influenzarmi.

Non sapevo ancora cosa fosse, a dir la verità.

Arrivò il momento di scoprirlo.

Era praticamente inevitabile!
  
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