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Autore: Bad A p p l e    25/06/2014    3 recensioni
L'Amnesty è una associazione di assassini alle dipendenze del governo Giapponese ed è la famiglia Akashi ad esserne a capo. Akashi Seijuro, interessato alla Misdirection di Tetsuya, lo convince a far parte di Amnesty, facendo leva sui grossi debiti che gravano sulle spalle della famiglia Kuroko.
«Meno male che sei un ragazzo intelligente, per un momento ho creduto davvero di doverti uccidere e credimi, sarebbe stata una grossa perdita per me».
Kuroko non rispose nulla, limitandosi ad ascoltare Akashi, non osando abbassare la guardia nemmeno per un secondo, nonostante la tensione nell’aria si fosse sciolta nel momento stesso in cui l’altro si era rilassato.
«Posso contare su di te, Tetsuya?»
Aveva davvero scelta?

[KagaKuro] [MidoTaka] [Accenni a: AoKuro, AkaKuro]
Genere: Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kiseki No Sedai, Makoto Hanamiya, Taiga Kagami, Takao Kazunari, Tetsuya Kuroko
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Retrace I: Locked in a Cage.

 

Kuroko si trovava a casa di Akashi, seduto di fronte a lui e con una tazza di tè fumante tra le mani, tuttavia non aveva ancora ben chiaro come fosse potuta succedere una cosa del genere.

No, in realtà lo sapeva fin troppo bene, solo che faceva ancora fatica a metabolizzare l’accaduto: quella mattina a scuola il ragazzo lo aveva fermato nel corridoio e lo aveva invitato a casa sua nel pomeriggio, senza neanche un minimo accenno al motivo di quella richiesta.

Non era riuscito a nascondere tutta la sua riluttanza, dopotutto si conoscevano da pochissimo e nonostante Akashi lo avesse aiutato ad entrare in prima squadra, non si sentiva ancora così tanto in confidenza con lui da accettare, ma rifiutare sarebbe stato maleducato, no?

Alla fine non gli era restato che accettare, anche perché quello di Akashi più che un invito era sembrato un vero e proprio ordine, ma avrebbe anche potuto sbagliarsi.

Scacciò quei pensieri dalla sua mente e tornò alla realtà in cui era davvero a casa del compagno di squadra; bevve un generoso sorso dalla sua tazza, osservando Akashi di sottecchi, cercando di capire quale potesse essere il suo scopo.

«Sono molto interessato alla tua Misdirection» rivelò infine Akashi, guardandolo con attenzione.

Non disse nulla, come ad esortarlo ad andare avanti, cominciando a sentirsi abbastanza incuriosito.

«Unito alla tua poca presenza può trasformarsi in un’arma invincibile, non solo per quanto riguarda il Basket, anzi, sarebbe un peccato sprecare il tuo talento limitandolo allo sport».

Kuroko venne colto da un brutto presentimento, tuttavia non se ne preoccupò più di tanto, dopotutto stava solo parlando con Akashi.

Certo, gli sembrava strano che l’avesse invitato da lui solo per parlare della sua Misdirection e in più non capiva proprio in che altro ambito avrebbe potuta usarla, ma decise di scacciare del tutto quella brutta sensazione che sentiva sottopelle, tacciandosi di essere paranoico: Akashi si era sempre comportato in modo più che corretto con lui e non c’era nulla che potesse fargli pensare che questa volta sarebbe stato diverso.

Il ragazzo dovette intuire in parte i suoi pensieri e gli dedicò un sorriso di circostanza,

«Tetsuya, ti piacerebbe aiutare i tuoi genitori? Mi sembra che la vostra situazione economica sia a dir poco disastrosa» disse seriamente, lasciando ancora a Kuroko l’impressione che più che una proposta fosse un’ingiunzione.

Sgranò gli occhi per lo stupore, ma si impose di non abbassare lo sguardo.

“Come fa a sapere una cosa del genere?” pensò, esitante.

«Io so tutto, Tetsuya, sempre».

«Akashi-kun, ho molto da studiare per domani. Se non ti dispiace, tolgo il disturbo» disse con tutta la cortesia di cui era capace, facendo per alzarsi.

Non fece in tempo, Akashi riprese subito il discorso e lui si ritrovò costretto dalla propria educazione a non potersi muovere finché l’altro non avesse finito di parlare.

«Devo dedurne che non vuoi aiutare la tua famiglia ad uscire da questo periodo nero?» domandò; il tono di voce era calmo, come se avesse la certezza assoluta di avere la situazione in pugno. Non era solo un’impressione, Akashi era davvero convinto che sarebbe riuscito a persuadere in poco tempo il compagno di squadra.

Kuroko dal canto suo cominciava a sentirsi davvero infastidito dalla situazione e dovette usare tutto il suo autocontrollo per impedirsi di consigliare ad Akashi di farsi gli affari suoi.

Quell’argomento era il suo punto debole, odiava parlarne e non sopportava che gli venisse rinfacciata la sua completa inutilità di fronte ad una situazione come quella della sua famiglia.

Nonostante ciò, il suo desiderio di aiutare ebbe la meglio sull’irritazione e si convinse ad ascoltare fino in fondo ciò che l’altro aveva da dirgli.

Insomma, se Akashi-kun potesse davvero aiutarmi ad essere più utile per la mia famiglia, sarebbe stupido tirarsi indietro” si disse, mordicchiandosi appena un labbro, per poi tornare a concentrare tutta la sua attenzione su Akashi, che si permise un sorriso compiaciuto

«Lasciami premettere una cosa» esordì Seijuro, il tono di voce era diventato all’improvviso mortalmente serio, «dal momento in cui ti farò la mia proposta, non potrai rifiutare per nessun motivo al mondo, ma tieni presente che la mia famiglia in uno schiocco di dita può annullare tutti i debiti della tua. Hai un minuto per decidere se andartene o ascoltare cosa ho da dirti».

“Quindi non è nulla di legale…” pensò con un lieve sospiro. La decisione, suo malgrado, l’aveva presa nel momento stesso in cui si era seduto per la seconda volta su quella sedia.

Ormai non poteva andarsene, sapendo di avere tra le mani una scappatoia per la sua famiglia.

Quel minuto concesso da Akashi passò in un’eternità, come se ogni secondo rintoccato dall’orologio volesse metterlo in guardia su quanto stesse prendendo la strada sbagliata.

Akashi sorrise ancora, soddisfatto dalla piega che stava prendendo la situazione «hai preso la decisione giusta».

“Comincio ad avere qualche dubbio al riguardo” pensò, ma si astenne dal dirlo.

«Allora, Tetsuya, conosci l’associazione Amnesty

In quel momento, Kuroko capì che la sua vita poteva considerarsi finita.

Era ovvio che conoscesse l’associazione Amnesty, ma non credeva esistesse davvero, pensava fosse una leggenda metropolitana.

Amnesty era un’organizzazione di assassini che operava con il benestare del governo Giapponese, benché non ci fossero prove effettive della sua esistenza.

“Insomma, è solo una storiella, no? Non può esistere davvero” si disse, deglutendo a fatica. Qualcosa nello sguardo di Akashi gli fece pensare, per assurdo, che forse poteva non essere solo una leggenda metropolitana, anche se ciò che rimaneva del suo lato razionale urlava che non era per nulla possibile.

«Sì, dalla tua faccia direi che la conosci» riprese Akashi, dopo aver osservato con attenzione la sua espressione smarrita, «esiste davvero e la mia famiglia ne è a capo».

Kuroko fece per scostare la sedia e andarsene, ma bastò uno sguardo autoritario di Akashi per congelarlo sul posto.

«Alzati da quella sedia e lo prenderò come un rifiuto da parte tua ed allora non potrei farti uscire vivo da questa stanza» disse, gelido, guardandolo dritto negli occhi.

Si impose la calma e prese di nuovo la tazza di tè, bevendone un sorso per dissimulare la paura.

«La capacità di non essere visto, di essere un’ombra, è essenziale per un killer».

«Mi stai proponendo di diventare un assassino?» chiese con cautela Kuroko, incerto su cosa pensare.

Dopo la premessa fatta da Akashi, si era immaginato di tutto, perfino che gli volesse proporre di prostituirsi, ma una cosa del genere superava di gran lunga tutte le cose assurde che gli erano passate per la mente.

«No, Tetsuya, non te lo sto proponendo, te lo sto ordinando». Kuroko fece per ribattere, indignato, ma Akashi lo fermò con un gesto della mano, «te l’ho detto prima: ormai non puoi tirarti indietro se tieni alla tua vita».

«Akashi-kun, tutto questo è assurdo. Non mi piacciono gli scherzi» Si alzò e fece per uscire, quando un coltello si conficcò nella porta, a pochi centimetri da lui. Si paralizzò subito, senza nemmeno il coraggio di girarsi verso l’altro.

«Non è uno scherzo. Un altro passo verso quella porta ed il prossimo coltello ti colpirà in pieno» disse Akashi, così tremendamente serio che non gli restò che tornare a quella sedia per l’ennesima volta, avendo cura di tenere le mani sotto al tavolo, per nascondere quanto tremassero.

Akashi lo guardò per lunghi secondi, prima di lasciarsi andare ad un sospiro liberatorio, rilassando le spalle «Meno male che sei un ragazzo intelligente, per un momento ho creduto davvero di doverti uccidere e credimi, sarebbe stata una grossa perdita per me».

Kuroko non rispose nulla, limitandosi ad ascoltare Akashi, non osando abbassare la guardia nemmeno per un secondo, nonostante la tensione nell’aria si fosse sciolta nel momento stesso in cui l’altro si era rilassato.

«Posso contare su di te, Tetsuya?»

Aveva davvero scelta? No, ovviamente sapeva già di non averne. Se se ne fosse andato, Akashi lo avrebbe ucciso–ormai su questo non aveva più dubbi- e soprattutto non avrebbe potuto aiutare la sua famiglia. Se fosse restato, sarebbe stato l’inizio del suo inferno personale, ma almeno avrebbe fatto qualcosa di utile per i suoi genitori e per sua nonna; loro tre non avrebbero mai più dovuto preoccuparsi di nulla.

«Puoi fidarti, Akashi-kun» disse, deciso, nonostante l’assurdità di tutta quella situazione.

«Bene».

 

[…]

 

 

Ormai era una proprietà di Akashi.

Questo pensiero lo sfiorò nel momento stesso in cui acconsentì alla sua proposta e si odiò per aver concepito un’idea simile. Si ripromise che qualunque cosa fosse successa da quel momento in poi, sarebbe appartenuto sempre e solo a se stesso.

Era bastata una telefonata di pochi secondi, poi Akashi gli aveva comunicato che tutti i debiti della sua famiglia erano stati estinti e che l’avrebbe condotto nel luogo dove avrebbe fin da subito iniziato il suo addestramento.

Seguì Akashi in quello che scoprì essere il quartier generale dell’Amnesty, un luogo esposto in modo così eccessivo allo sguardo del mondo esterno da essere ridicolo. Poi ci pensò meglio.

Io stesso sono la prova che si tende ad ignorare ciò che si ha sotto il naso” pensò, guardandosi attorno.

L’ambiente era quasi del tutto spoglio, era tutto così bianco e asettico da sembrare quasi un ospedale. C’erano solo corridoi infiniti e scale, il tutto contornato da porte chiuse in cui lui non aveva il permesso di entrare.

Akashi gli spiegò che per il momento poteva avere accesso solo ai locali adibiti all’addestramento, che si trovavano al livello più basso dell’edificio, a diversi metri sotto terra.

Kuroko non era mai stato claustrofobico o cose simili, ma l’idea di essere intrappolato sotto terra gli metteva i brividi.

“E’ come se stessi camminando verso la mia tomba” si ritrovò a pensare mentre scendeva e scendeva gradini, non avendo nulla avanti a sé se non la schiena di Akashi.

Infine, Seijuro aprì la porta e lo trascinò all’interno della “palestra”. Anche in quella stanza regnava un candore così falso da dargli il voltastomaco; le due pareti principali erano del tutto rivestite di armi da ogni tipo ed il locale era diviso a zone: ogni zona era dedicata ad un allenamento specifico.

Akashi gli lasciò il tempo necessario a guardarsi attorno, poi gli fece cenno di seguirlo e si avvicinò ad una pedana dove due ragazzi si stavano allenando nel corpo a corpo; uno doveva avere circa venticinque anni e l’altro –quello che stava avendo la meglio-notò strabiliato che doveva avere circa la sua età; qualcosa, però, stonava in modo terribile, lo sguardo di quel ragazzo non aveva nulla di umano. Aveva qualcosa di completamente folle, che al momento non riuscì ad inquadrare. Si rese conto solo dopo, osservandolo mentre rompeva un braccio al suo avversario, che quella scintilla di follia doveva essere causata dall’evidente piacere che quel ragazzo provava nel provocare sofferenza.

Sbatté con forza l’avversario a terra e gli premette un piede sulla gola, guardandolo dall’alto con aria strafottente, «se questo non fosse un addestramento, potrei ucciderti in questo istante» biascicò con un ghigno.

Akashi guardò in modo grave il ragazzo steso a terra. «Tre missioni fallite su tre e non riesci neanche a tenere testa ad un ragazzino» poi lo sguardo si posò sull’altro, «Se vuoi puoi eliminarlo, è inutile per l’Amnesty».

Nemmeno il tempo di un battito di ciglia che il piede del ragazzo si abbatté con così tanta forza sul collo dell’altro da spezzarlo.

Kuroko si impose di non indietreggiare, usando ogni minima goccia di autocontrollo.

Un uomo era appena stato ucciso sotto i suoi occhi.

Un uomo era stato ucciso e non solo lui non aveva potuto far nulla per impedirlo, ma in quel momento si rese davvero conto di cosa significasse la sua presenza lì. Da quel momento l’unico scopo della sua esistenza sarebbe stato quello di togliere la vita agli altri.

«Lui chi è? Altra spazzatura?»

Akashi lanciò ad entrambi un’occhiata valutativa e poi si concesse qualche secondo prima di rispondere. «Forse, no. Makoto, lui è Kuroko Tetsuya; Tetsuya, lui è Hanamiya Makoto. Da oggi vi allenerete insieme».

 

 

Death Note: Okay, questo capitolo è stato ri-pubblicato dopo che quella santa donna di Rota mi ha aiutata (dopo mie suppliche xD) per quanto riguarda la forma e l’IC –ma anche certi Orrori grammaticali che mi erano sfuggiti xD-

Quindi, la ringrazio davvero tanto <3

Ringrazio anche quella poveretta di _Doll, che è stata costretta a leggere i capitoli nonostante il fandom non le vada troppo a genio

Detto questo… SONO UNA PERSONA SPREGIEVOLE.

E, niente, vi amo tutti <3 *sparge fiorellini ovunque*

 

   
 
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