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Autore: Rallient    25/06/2014    0 recensioni
La storia narra di due personaggi Gabriele e Domenico che condividono un segreto. Intrighi,segreti e amori, qundo un ragazzo arriva a scoprire il vero se stesso e alla fine deve riuscire ad accettarsi anche se per un siciliano questo risulta molto difficile. Tutto inizia con un incontro tra i due in una sala da tè...
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Gabriele se ne era andato da molto, andava da suo padre. Domenico era rimasto solo nella stazione centrale. Il discorso fatto quel pomeriggio gli frullava ancora in testa. Non c'era molta gente in giro, solo qualche barbone e i loro fedeli cani. Controllò il cellulare che aveva totalmente ignorato per tutto il tempo dell'incontro. Sperò con tutto se stesso che sua madre non l'avesse chiamato, sapeva che quando trovava una chiamata persa da parte sua, lei non la prendeva molto bene e gli strillava via cellulare chiedendo spiegazioni della mancata risposta. Appena lo schermò si illuminò trasse un respiro di sollievo e notò che aveva ricevuto solamente un messaggio. Era Antonio. "Ciao compà, tutto ok? È da questa mattina che non ci sentiamo". Domenico prese il cellulare e toccò il pulsante RISPONDI. "Tutto ok, ero ad un appuntamento". La risposta arrivò qualche secondo più tardi. Antonio:"Eri con una tipa eh? Perché non le dici ste cose, ti piace 'sta volta almeno?". Il rosso sembrò turbato da quelle parole rispose con "Mi sono divertito.". Di solito le frasi nei messaggi si lasciano incomplete, senza un punto fisso, quando ciò non accade è una cosa piuttosto strana. Antonio rispose. "Sei sicuro che sia tutto ok? Ti sento giù". A Domenico piaceva la gentilezza di Antonio, era come se sentisse i proprio sentimenti. Gabriele lo aveva definito.. empatico, giusto!— pensò. Il rosso non rispose nemmeno a quel messaggio e si limito nel riporre in tasca il cellulare. Dopo circa dieci minuti finalmente l'autobus arrivò, l'arancione della vettura ormai era diventato maculato dallo smog e dalle macchie di fango. Internamente i sedili e i pulsanti per la fermata erano tutti rotti. Vista da fuori sembrava una vettura venuta fuori da un film dell'orrore. Salì, e le porte si chiusero alle sue spalle.

Non ci mise molto ad arrivare a casa. Non appena scese dal famelico mezzo si diresse verso casa attraversando a lunghi passi il vialetto per poi trovarsi davanti la grande casa. La casa era su due piani, bianca come il latte con le finestre mogano. Dato che il sole era tramontato il buio la faceva apparire un po' tetra. Prese le chiavi dalla tasca e aprì la porta. Il silenzio regnava sovrano. A quanto pare non c'era nessuno in casa. Come si aspettava, sul tavolo della cucina trovò un biglietto scribacchiato con la calligrafia di sua sua madre. “Dome io e tuo padre ceniamo fuori, tuo fratello e tua sorella sono usciti con gli amici. Ci vediamo più tardi. La cena è in frigo”. Accartocciò il foglio e lo tirò dentro il cestino. Non aveva molta fame. Si sentiva come se il suo stomaco avesse eretto una barricata e che non avesse nessuna intenzione di far passare nulla. Una leggera vibrazione attirò la sua attenzione. Prese il cellulare era Antonio. “Di solito rispondi sempre. Sarà successo qualcosa. Domani ci vediamo da me e facciamo due passi ti va? Ovviamente non puoi rifiutare.”. Un altro punto fisso. Domenico restò stupefatto non pesava che Antonio potesse essere così deciso. Solitamente lui era quello deciso. Trovatosi alle strette dovette rispondere di sì. Antonio: “Allora ci vediamo alle quattro da me”.

Salì le scale verso la sua camera. Si sentiva scombussolato, come se si trovasse su una nave nel bel mezzo di una tempesta e lui soffrisse di mal di mare. Si cambiò e si mise più comodo, andò in bagno e si sciacquò la faccia. Il riflesso che vide era di un ragazzo stanco, come se avesse corso una maratona. A dire il vero si sentiva così. Era stanco. Si mise sul letto e si addormentò all'istante.

 

—Domenico— disse una voce femminile. Era sua madre mentre stava aprendo la finestra vicina. —Scusaci ma ieri abbiamo fatto tardi—. Il rosso si stropicciò gli occhi e si mise a sedere. —Non preoccuparti, sono andato subito a letto—. La madre gli rivolse un sorriso e dopo aver finito di aprire per bene le tende scese le scale dicendogli —La colazione è a tavola—. Domenico si ritrovò con un grande appetito. E come dargli torto non aveva cenato. Scese di buona lena, si sedette sulla sedia e iniziò a rimpinzarsi di latte, biscotti, marmellate e tutto ciò che gli si presentava davanti.

—Se continui così diventerai una balena— disse la sorella dandogli una pacca sulla spalla. La madre la guardò con gli occhi che erano ormai fessure. Solo la mamma riesce a guardare in quel modo, pensò. —Non ascoltare tua sorella, una buona colazione...—. Del resto del discorso sentì ben poco poiché venne distratto da una vibrazione familiare. Sul tagliere vicino ai fornelli c'era il suo cellulare che a causa della vibrazione girò su se stesso. Domenico lo prese e vide che era un messaggio. Gabriele: "È stato un buon risveglio?". Domenico pensava che tutto quello che era successo il giorno prima fosse stato solo un sogno, solo che quel messaggio lo riportò alla realtà. Lui aveva avuto quella conversazione con Gabriele, aveva detto il suo più grande segreto a qualcuno. —Tutto ok?— chiese la sorella vedendo il volto del rosso. Domenico si senti un macigno sulle spalle. —T-tutto bene— rispose evitando lo sguardo di lei. Non rispose al messaggio salì di sopra e si dedicò alla sacra arte del giocare ai videogiochi. Per tutto il tempo fino al pranzo e per tutto il tempo seguente si dedico alla console.

Erano le tre, Domenico era riuscito a convincere suo fratello a dargli un passaggio in moto. Quindi iniziò a prepararsi. Dopo una trentina di minuti era pronto. Ci vollero altri dieci minuti per svegliare il fratello e ricordargli che doveva andarlo a lasciare. Ci mancava poco ed arrivava in ritardo. Di solito era un ritardatario incallito, di solito... ma non con Antonio. Quando si ritrovò di fronte ai tanti pulsanti dei vari campanelli cercò quello del ragazzo. Suonò e dalla cassa uscì una voce metallica che disse semplicemente —Scendo subito—. Dopo di ciò si sentì un suono simile al riattaccare del telefono. Passarono pochi minuti quando Domenico sentì la porta aprirsi. Antonio si dirigeva verso di lui sorridente. Con quel solito sorriso che stregava Domenico.

 

 

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Ecco il secondo capitolo, spero che vi piaccia. Ringrazio tutti coloro che leggeranno. Se vi è piaciuto recensite e aggiungete questa storia alle storie seguite. Mi scuso se ci sono degli errori che mi sono sfuggiti. Grazie in anticipo e a presto :)

  
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