Leute!!! Halloooo! Ovviamente, è inutile lottare con Bill e Tom, vincono sempre
loro…Quindi ho momentaneamente accantonato il libro e mi sono messa a scrivere…Uff…Se conosco bene quei due, mi disturberanno ancora prima
di domani, se riesco aggiornerò stasera mooolto
tardi, se no domani…Scusate se vi faccio attendere, ma non credo che il mio
professore mi interrogherà mai sulle mie ff…Magari lo facesse! Almeno non mi romperei a studiare!!! Viel Dank
und Bis Bald^^!!!!
Per Hermyone: Hallooo^^!
Danke! Le mie idee in realtà sono idee dei th…(di Tom per l’esattezza
questa…Chissà che gli passa per la mente… Tom: Volevo
solo dimostrare che ci tengo a Bill… Me: …Ok... Premio alle intenzioni^^!) Tra l’altro Tom mi ha detto che se stavi per piangere, ha raggiunto il suo
scopo… E’ convinto che le ragazze che si commuovono subiscono maggiormente il
suo fascino, ovviamente sottolinea anche che lui non
ha bisogno di questi mezzucci… Tom! Scheiße! Mi fai rispondere senza intervenire?!? Come vedi, ho aggiornato presto! Spero che tu ne sia felice! Per
quanto riguarda Bill…non so che dire…Tom, sempre pronto a sbottonarsi in certi casi, qua proprio
non ne vuole sapere…Bah! Viel dank!!!!^^
Per
Sbadata93: Ehy, Regan!
Ovviamente è stato un piacere avvisarti! Grazie ancora per i complimenti. Alla
fine hai ragione tu…Dovrò abituarmi prima o poi ad
essere disturbata sempre quando non ho tempo…Uff! Comunque davvero il tuo Tom
piange?!? Ahahah! Incredibile!!!
Che si lamenti col mio allora per le sue idee malsane, allora! A presto e baci!!!
Ein Alptraum: mein Leben ohne dich…
…zwei…
Uno spiraglio di luce mi
colpì il viso.
“Bill!
E’ mattina, svegliati!” dissi, gli occhi ancora
chiusi.
Un secondo. Non
ottenendo risposta, sgranai gli occhi di botto, fissando la stanza. Il mio
letto, dal quale avevo tolto la coperta, era vuoto. Ricordando la notte
precedente, sospirai.
Allora non era stato
solo un incubo…, mi dissi, abbassando lo sguardo, constatando
che quello su cui ero disteso, ancora raggomitolato, era il letto di mio
fratello. Sospirai ancora.
Gli occhi bassi, gettai
di lato la coperta, alzandomi. Feci un passo, poi mi voltai,
fissando nuovamente il letto di Bill. Non potevo
credere che lui non ci fosse, che lui non esistesse. Mentre
un brivido freddo mi percorreva la schiena, per l’ennesima volta ricacciai
indietro le lacrime. Dovetti mordermi le labbra, per farlo.
Non era possibile…,
continuai a ripetermi, fissando il suo letto,…non
poteva assolutamente essere vero…
Tlack.
Sentendo un rumore
provenire dalla porta, mi voltai di scatto, sperando di vedere entrare mio
fratello, imbacuccato nel suo pigiama extralarge, i
corti capelli scompigliati dal sonno. Il cuore in gola, sorrisi.
La porta si aprì
lentamente. Non appena nel vano apparve il volto di mia madre, sentii il
sorriso morirmi sulle labbra, l’ansia riprendermi alla bocca dello stomaco.
“Ah, Tom!
Sei già sveglio allora!” iniziò lei, sorridendomi.
Il viso duro, incapace
di celare la mia delusione, bofonchiai un debole “Ja…”
“Molto bene!” continuò lei, non notando nulla ed iniziando a voltarmi le spalle,
per tornare in cucina “Vieni, la colazione è pronta…”
“Non ho fame…” risposi
subito io, sentendo che l’ansia mi aveva privato del benché minimo appetito.
Mia madre si voltò di
scatto. Mi fissò, esterrefatta “Non stai bene?” domandò, la voce preoccupata,
ben consapevole di quanto fossi una buona forchetta,
nonostante l’aspetto magro.
“Sto benissimo…” mentii,
voltandomi verso l’armadio, per prendere i vestiti “E’
solo che non ho fame…”
Due rapidi passi, mia
madre mi fu accanto. Mettendomi le mani sulle spalle, mi obbligò a voltarmi,
scrutandomi il volto. “Sei un po’ pallido…Sei davvero sicuro che sia tutto a
posto?” chiese ancora.
No! Accidenti, no!..., urlai dentro di me, mentre col volto rigido ricambiavo
il suo sguardo,…Non era tutto a posto! Bill non c’era
più e sembrava che la cosa nemmeno la toccasse!
Un brivido mi percorse,
poi deglutii, cercando di calmarmi “Sono sicuro…” risposi.
Lei allungò la mano,
sfiorandomi la fronte “Sei un po’ caldo…Forse è meglio
se oggi resti a casa…”
La fissai
negli occhi, poi spostai lo sguardo sulla camera. Desolata. Espirai.
“Non è niente…Appena uscirò, l’aria mi farà sentire meglio…” risposi,
consapevole che sarei impazzito se avessi trascorso la
mattina rinchiuso tra le mura di casa, il continuo pensiero di Bill nella mente, cercando di rintracciare un segno che mi
confermasse che davvero non ero figlio unico.
Lei mi fissò ancora più
sconvolta di prima “Forse è il caso di chiamare il medico…” la voce ora davvero
preoccupata.
Mi irritai, scansandomi.
“Ho detto che sto bene!” risposi seccato, afferrando un paio di jeans e una
maglia a caso. Lei mi fissò un attimo “Ok…”
disse soltanto, poi si allontanò, uscendo dalla stanza.
Rimasto solo, imprecai.
Non avevo intenzione di trattarla in quel modo, ma i miei nervi avevano ceduto.
L’impulsività era sempre stata un po’ il mio punto debole, che Bill riusciva quasi sempre a
frenare, inserendosi nei discorsi. Sospirai.
Accidenti…, imprecai
ancora, gettando il pigiama per terra ed infilando i vestiti, il cuore un po’
più pesante,…dove accidenti ti trovi, Bill?!?
Mi avvicinai
alla scrivania, dove, per terra, tenevamo gli zaini. Ovviamente, sul
pavimento, ora c’era solo il mio. Maledizione…, imprecai ancora, afferrandolo,
e, senza nemmeno controllarne il contenuto, avvicinandomi alla porta. Gettai
un’ultima occhiata alla stanza. Sospirai. Con nel
cuore la sensazione che mi mancasse qualcosa, uscii.
L’aria fresca non servì a un granché. Mentre camminavo
lentamente per le vie della città, prendendo a calci qualche sasso, riflettevo,
non curante del mondo esterno, le mani in tasca.
Sospirai di nuovo,
alzando lo sguardo verso il cielo grigio. Tornai a fissare davanti a me finché,
con la coda dell’occhio, non vidi un guizzo nella vetrina di un negozio. Mi
voltai di scatto.
Niente. La vetrina
restituì soltanto la mia immagine riflessa. Le mani ancora in tasca,
ricominciai a camminare, lo sguardo serio fisso
davanti a me. Lo riabbassai, un istante. Il ricordo di un Bill,
mogio e svogliato all’andata, e, cantante e saltellante al ritorno, mi colpì,
senza lasciarmi via di scampo. Sospirai ancora.
“Ehy,
Tom!”
Fermo ad un incrocio, mi
voltai di scatto. Andreas, la cartella in spalla, mi
si avvicinò subito, correndo. Sul volto un sorriso radioso. Vedendo la sua
espressione, compresi subito che anche lui non si era
accorto di nulla. Voltandomi un istante, fingendo di osservare una bmw nuova di zecca che sfrecciava, sospirai senza farmi
vedere, poi tornai a guardare fisso davanti a me. “Ciao, Andreas.” Risposi senza troppo entusiasmo.
Il mio amico, al settimo
cielo perché a breve sarebbe stato il suo compleanno, iniziò a parlare senza
fermarsi un solo istante. Io, al suo fianco, continuando a fissare di fronte a
me, di modo che non potesse accorgersi di ciò che provavo, annuivo, senza
prestare attenzione mentre, dentro di me, mi domandavo perché nessuno di loro
si fosse accorto di nulla, perché nessuno di loro percepisse l’improvviso vuoto intorno…
All’improvviso mi
voltai, fissando Andreas in viso. Lui, continuando a
parlare, ricambiò il mio sguardo, sorridendomi. I suoi occhi luccicavano.
Era così solo perché non
sapeva ciò che si stava perdendo…Se si fosse reso conto di ciò che mancava, non
sarebbe stato felice nemmeno lui…, mi dissi, convinto che si potesse sopportare
un mondo privo dell’allegria di mio fratello, solo se non lo
si aveva mai sperimentato. Ripensando ancora a Bill,
strinsi la mano, fino a perdere sensibilità. Non dovevo piangere.
“E
quindi Bill ha detto…”
La frase di Andreas mi tirò a forza fuori
dai miei pensieri. Sgranai gli occhi. “Cosa…? Bill…?!?” domandai subito,
interrompendolo, il sorriso che rinasceva sulle labbra.
“Si…” ricominciò Andreas, ora fissandomi esterrefatto “Dicevo che Bill ha detto che non verrà…”
Sbattei le palpebre, il
viso che tornava rigido “Perché no?” domandai, il
cuore in tumulto.
Il mio amico spalancò gli occhi “Pensavo che ne saresti stato contento…Hai
sempre detto che Bill non ti piaceva…” rispose
lui, scrutandomi attento.
“Cosa?
Che dici, Andreas?!? Figurati se mio fratello potrebbe non piacermi!” conclusi subito,
allibito alla stramba idea che aveva avuto. Al settimo
cielo, sorrisi, senza prestare attenzione al fatto che, a quanto pareva, il mio
amico aveva visto Bill, ed io invece non sapevo dove
si trovasse, né perché mia madre avesse finto che non esistesse.
Andreas mi fissò un secondo,
scrutandomi ancora, poi, dopo avermi tirato una pacca amichevole sulla spalla,
rise “E da quando Bill Mangel
è stato adottato dai tuoi?!?” iniziò con voce
scherzosa. Mi tirò un’altra pacca “Sei sempre il
solito, Tom! Hai sempre voglia di scherzare!”
Io deglutii, incapace di
parlare, lo sguardo fisso su di lui. Andreas,
convinto che stessi scherzando, ignorò il mio sguardo allibito, ricominciando a
parlare fitto.
Mi fermai, di botto,
fissando davanti a me, senza vedere nulla. Il mio amico fece due passi, poi si
voltò verso di me “Non vieni, Tom?” domandò.
“Nein”
risposi soltanto, continuando a guardarlo, senza vederlo realmente.
“Stai bene, Tom?” chiese ancora lui “Sei
strano oggi…”
“Si” mentii subito io.
Irritato da quella continua domanda, imprecai mentalmente.
“Ci vediamo dopo a
karatè, ok?” continuò lui, fissandomi, poco convinto
Io, senza ascoltare, annuii.
Andreas fece
un cenno con la mano poi, dopo avermi gettato un’altra occhiata, si allontanò,
lasciandomi solo.
Sospirai. Ero solo, come
non mi ero mai sentito prima di allora. Immobile sul marciapiede, mi fissai una
mano, poi alzai lo sguardo, spostandolo su una
vetrina. Il mio riflesso ricambiò il mio sguardo.
Possibile…, mi dissi,
avvicinandomi,…possibile…Che davvero io sia l’unica
persona al mondo ad avere questo aspetto…?!?
Sospirai ancora. Un’altra
immagine di Bill riapparve nel mio cervello. Il mio
fratellino festante che, saltellando, mi diceva quanto si sentisse felice ad
essere il mio gemello.
Sentii lo sguardo
appannarsi mentre gli occhi, a poco a poco, si riempivano di lacrime al solo
pensiero. Strinsi di nuovo il pugno, deglutendo. Presi un bel respiro,
scostando lo sguardo.
Dovevo trovare Bill…, mi dissi,…Assolutamente.
Deciso, mi allontanai,
avviandomi verso casa. Ero stato uno stupido a pensare che sarebbe bastato
stare lontano da lì, per smettere di sentire la mancanza di mio fratello, anche
se solo per un paio di secondo. Era tutto inutile.
Tenendo gli occhi fissi
sulla strada, attento a non riappoggiarli più sulla vetrina, fui raggiunto da un intuizione geniale.
Avrei frugato ovunque,
gettato all’aria tutta la casa se necessario, ma avrei trovato un indizio per
scoprire dov’era e poi, a costo di scappare di casa, l’avrei raggiunto. Ovunque
Bill fosse.
Continua…