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Autore: Claire Riordan    25/06/2014    3 recensioni
POST 3B, NESSUN COLLEGAMENTO CON LA 4° STAGIONE.
La morte di Allison ha sconvolto Scott e il suo branco, Isaac in particolare, che sembra incapace di reagire, di trovare un'ancora che lo salvi dall'abisso in cui è sprofondato. Nel frattempo, a Beacon Hills ritorna una ragazza di nome Holly, una ragazza che pare nascondere qualcosa ma che, allo stesso tempo, sembra risvegliare dei ricordi nella memoria di Isaac...
Dal cap. 2:
Isaac non riuscì a trattenere un sorriso «Sono Isaac» continuò «Isaac Lahey. Ti ricordi?»
Holly aggrottò la fronte, lo osservò un paio di secondi e, infine, scosse la testa.
«Alla scuola elementare di Beacon Hills» disse ancora Isaac, muovendo un passo avanti, animato da quel nuovo entusiasmo «Quello che… che ti ha spinto giù dall’altalena e ti ha rotto il naso» concluse con una risata.
Genere: Introspettivo, Mistero, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chris Argent, Isaac Lahey, Nuovo personaggio, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Jubel

2. A window to the past

Holly Chase aveva da sempre l’abitudine di ponderare una decisione per secoli prima di fare la sua scelta definitiva. Una peculiarità che, di certo, non la faceva somigliare a sua madre: nel giro di pochi giorni, Ellen Fletcher aveva deciso improvvisamente di mollare la loro vita a New York per tornare a vivere in California, nella cittadina di Beacon Hills, dove Holly aveva vissuto per i primi nove anni della sua vita e dove ora avrebbe dovuto dividere una casa con il nuovo fidanzato di sua madre e il suo insopportabile figlio.
Non le era mancata per nulla, quella città: anche nelle migliori giornate di sole, non poteva fare a meno di pensare che avesse qualcosa di cupo, qualcosa che la rendeva misteriosa e minacciosa. Non le piaceva. Ed era certa che le sarebbe piaciuta ancora di meno ora che sua madre e Richard West avrebbero unito le loro vite e le loro famiglie, costringendole a vivere sotto lo stesso tetto.
Il taxi che avevano preso dall’aeroporto di San Francisco per arrivare a Beacon Hills era innaturalmente stretto: sul sedile posteriore, Holly, strizzata tra sua madre e quello che avrebbe potuto definire il suo fratellastro, non si sentiva affatto a suo agio. A dire la verità, non si sentiva mai a suo agio quando Connor West le era vicino.
Connor aveva un anno in più di Holly e lei, fin dal primo momento in cui l’aveva conosciuto, non aveva potuto fare a meno di etichettarlo come un belloccio borioso senza cervello. Non sopportava il suo fare spocchioso e i suoi atteggiamenti da cascamorto con qualsiasi ragazza che fosse in grado di respirare, la voce da latin lover che sfoggiava ogni qualvolta volesse fare colpo e quel ciuffo di capelli biondi spettinati quel poco che bastava per dargli una vaga aria da “bello e dannato”. Odioso.
«Quindi questa è Beacon Hills» commentò Connor guardando fuori dal finestrino, mentre attraversavano la periferia della città «Sembra un posto da film horror»
Incredibilmente, Holly dovette dargli ragione. Non aveva ancora messo piede in città che già avvertiva uno strano senso d’irrequietezza.
Connor si voltò verso di lei «Sai cosa dicono di questo luogo?» esclamò «Dicono che sia come una calamita, un faro che attira creature sovrannaturali»
«Sì, certo» commentò lei, sarcastica.
«Non sto scherzando» continuò lui, abbassando la voce di qualche tono «Ho sentito dire che, da queste parti, sono morte diverse persone, tutte quante in circostanze misteriose»
«Connor, finiscila» sbottò Holly «Sono anni che ho smesso di credere alle storie di fantasmi e non saranno certo un paio di stupide dicerie a non farmi dormire la notte»
«Holly cuor di leone!» la canzonò Connor, pizzicandole una guancia.
«E smettila!» fece lei, allontanandogli la mano con un gesto stizzito.
«Ragazzi, comportatevi da adulti, per favore» li redarguì Ellen, rivolgendo ad entrambi un’occhiata di fuoco.
Holly sbuffò, incrociando le braccia sul petto. Da quando aveva conosciuto Richard, di qualche anno più giovane di lei, Ellen sembrava voler ostentare tutta la sua maturità di madre quarantacinquenne. Holly detestava quando si comportava così, poiché Ellen era tutto, fuorché una madre modello. Nel suo passato, c’erano sette anni da mamma single, quegli anni che da sempre sognava di passare al college e che aveva invece trascorso dietro il bancone di un bar, per guadagnare quel poco che bastava per mantenere se stessa e la sua bambina, Natalie, concepita durante una notte brava con un perfetto sconosciuto ad una festa, l’ultimo anno di liceo. Holly sapeva che, in giovane età, sua madre non si era fatta mancare nulla: anche nei primi anni di vita di Natalie, Ellen usciva con gli amici, rincasando ad orari improbabili, a volte ubriaca, lasciando ai suoi genitori il compito di occuparsi di sua figlia. Non era raro, infatti, sentirla sbraitare le proprie ragioni quando suo padre l’accusava di essere un’irresponsabile e una poco di buono.
Le cose iniziarono a cambiare quando la madre di Ellen annunciò al resto della famiglia che era malata di cancro e che non ci sarebbe stato nulla da fare, perché la malattia le era stata diagnosticata troppo tardi e né un intervento, né una terapia avrebbero potuto salvarla. Ellen ne rimase sconvolta: aveva sempre scaricato le proprie responsabilità sulle spalle dei suoi genitori, non si era mai occupata di quella bambina nata da una sciocca distrazione, nonostante la quale aveva continuato a vivere la sua vita come una qualsiasi ragazza della sua età. Quando seppe che sua madre aveva i giorni contati, fu sopraffatta dai sensi di colpa per essersi sempre comportata come una ragazzina viziata e capricciosa.
Lasciò tutto quanto: smise di uscire tutte le sere, cominciò a fare doppi turni al bar e a prendersi cura di Natalie e di sua madre, ogni qualvolta ne avesse bisogno. Ma nonostante tutto, non le sembrava mai di fare abbastanza da potersi redimere.  
Due mesi dopo aver comunicato la tremenda notizia, la madre di Ellen morì. La malattia aveva fatto il suo corso e la donna li aveva lasciati, spegnendosi nel sonno. Per Ellen il dolore fu immenso: rifiutò di partecipare ai funerali e, convinta di essere una delusione troppo grande per suo padre, decise di andarsene dal Texas e trasferirsi altrove, nella speranza di lasciarsi alle spalle tutto quanto. Fu allora che arrivò a Beacon Hills, quella piccola cittadina californiana all’apparenza tanto tranquilla, ma nella quale, invece, trovò il cambiamento di cui aveva bisogno. Russell Chase, a prima vista nulla di più che un ricco uomo d’affari, la salvò dal baratro in cui era precipitata dopo la morte di sua madre: le diede amore, una casa in cui vivere assieme, una nuova famiglia, una nuova vita. E Holly.
L’arrivo di Holly fu come una ventata d’aria fresca per Ellen, il tassello che completava un puzzle in maniera perfetta. Ma non passò molto tempo prima che il destino le mettesse davanti un altro ostacolo.
Terminato il liceo, Natalie disse di voler frequentare il college, per studiare legge. Russell, grazie a diverse conoscenze piuttosto altolocate, riuscì a garantirle un posto alla NYU, la prestigiosa università di New York, il che costrinse l’intera famiglia a trasferirsi, non senza parecchi litigi prima di prendere la fatidica decisione, per permettere a Natalie di seguire gli studi.
Il trasloco nella Grande Mela sembrò rompere quel nuovo equilibrio che si era creato nella vita di Ellen: Natalie viveva in un appartamento all’interno del campus del college e tornava a casa raramente; Russell venne promosso a vice-dirigente della multinazionale per cui lavorava e parve diventare un tutt’uno col suo lavoro, costantemente impegnato in riunioni, videoconferenze e viaggi che lo tenevano lontano da casa anche per diversi giorni. Holly ricordava bene quante ore aveva passato chiusa nella sua cameretta, con le mani sopra le orecchie o, una volta un po’ più cresciuta, con la musica che usciva a tutto volume dallo stereo, nel tentativo di arginare il più possibile le grida dei suoi genitori: tutte le volte che il suo papà tornava a casa dopo un periodo d’assenza, sperava che avrebbero passato del tempo tutti assieme, e invece era costretta ad ascoltare liti e discussioni ogni dannata volta.
Solamente due anni prima, Holly si era vista forzata a lasciare l’attico in cui vivevano. Lei e sua madre si accontentarono di un misero appartamento a Brooklyn e, ben presto, si trovarono di nuovo nella condizione in cui Ellen si era ritrovata nei primi mesi successivi alla morte di sua madre: avendo sempre vissuto in un ambiente benestante dall’arrivo di Russell, ritrovarsi all’improvviso sole e con le finanze che scarseggiavano, fu destabilizzante per entrambe. Ellen, fortunatamente, trovò presto un lavoro come cameriera in un noto ristorante della zona, e fu proprio in quel ristorante che conobbe Richard West. Richard era un avvocato, non particolarmente affermato, ma con la sua cerchia di clienti. Aveva poco più di quarant’anni, un bell’aspetto e un figlio, rimasto con lui dopo che la moglie era stata coinvolta in un grave incidente d’auto. Lui ed Ellen avevano cominciato a frequentarsi sempre più spesso, iniziando a trascinare anche i rispettivi figli alle cene assieme, fino ad arrivare alla decisione, presa soltanto tre settimane prima, di costruire finalmente una vita insieme, tornando nella città che, per Ellen, era stata l’ancora di salvezza.
Il centro abitato di Beacon Hills stava pian piano prendendo il posto delle fabbriche e dei capannoni della periferia. Sbirciando oltre il vetro del finestrino, Holly constatò che, nonostante avesse passato diversi anni a New York, quella cittadina californiana non era cambiata quasi per nulla: aveva mantenuto la sua atmosfera misteriosa, quella strana luce che sembrava far presagire di continuo cose terribili, ma anche quella calma piatta che ne caratterizzava le strade e gli abitanti. Sicuramente, vivere lì a diciassette anni doveva essere una noia mortale.
«Manca molto?» chiese Richard dal sedile anteriore.
«Cinque minuti, signore» gli rispose il tassista.
«È incredibile che siamo riusciti a trovare una casa così in fretta» continuò Richard, poi si voltò verso Ellen: «Hai corrotto l’agenzia immobiliare?»
«Ho semplicemente le conoscenze giuste» fece lei con un sorriso. Holly alzò gli occhi al cielo, esasperata: l’ennesimo comportamento civettuolo di sua madre.
«Ci siamo» annunciò il tassista poco dopo, mentre svoltavano in un viale costeggiato da diverse ville. Davanti ad una di esse, era posteggiato un grosso SUV scuro.
«Dietro quell’auto, per favore» disse Ellen, indicando la macchina. Il tassista obbedì e accostò come richiesto.
Non appena Connor aprì la portiera, Holly gli diede uno spintone «Muoviti» sbraitò: non ne poteva più di stare in quel maledetto taxi.
«Ehi, ehi, calma» fece lui, con una lentezza esasperante, studiata apposta per irritarla ancora di più.
«Ho bisogno di sgranchirmi le gambe, scendi» continuò lei. Spinse un divertito Connor a forza giù dall’auto e, finalmente, mise i piedi sull’asfalto. Alzò le braccia sopra la testa, stiracchiandosi e inspirando l’aria, quando qualcosa di strano nello scenario davanti a sé attirò la sua attenzione.
Sotto il portico che circondava la loro nuova casa, davanti alla porta d’ingresso, un uomo dall’aria vagamente misteriosa osservava con particolare interesse il loro arrivo.
«Mamma» chiamò, senza staccare gli occhi da quell’uomo «quello chi è?»
«Un secondo solo, tesoro» fece lei, la voce affaticata «Aiutami con i bagagli»
Holly continuò a fissare lo sconosciuto, che sembrava a sua volta non volerla perdere di vista, e indietreggiò di qualche passo verso il taxi.
«Mamma, non per metterti fretta» Holly bisbigliò a sua madre, mentre l’aiutava a scaricare un trolley particolarmente pesante «ma c’è uno strano tizio davanti alla casa in cui vivremo fino al tuo prossimo fidanzato»
Ellen le lanciò la peggiore occhiata infuriata mai vista. Holly si limitò a fare spallucce: sapeva che sua madre non poteva darle torto. Non del tutto, almeno.
«È un vecchio amico» disse poi Ellen, dopo aver lanciato una fugace occhiata alla casa «L’ho conosciuto quando vivevo qui ed è grazie a lui se abbiamo un tetto sopra la testa»
«Gentile da parte sua» fece Holly, sarcastica «Prendo le mie cose»
Si tuffò nel baule del taxi, cercando di recuperare la valigia con i suoi vestiti e il borsone in cui aveva messo tutto quello che aveva nell’appartamento di Brooklyn: per un attimo, ricordò con una punta di tristezza che molte delle sue cose erano ancora nella casa di suo padre.
«Serve aiuto?»
Holly si lasciò sfuggire un sospiro esasperato «No, Connor, non mi serve il tuo aiuto» sbottò.
«Cercavo solo di essere gentile» rispose lui, allegro.
«Non ho bisogno che tu sia gentile» continuò lei, riuscendo a recuperare i suoi bagagli.
«Ma tu dovresti esserlo con lui» Ellen riprese Holly.
«Non preoccuparti, Ellen» disse Connor, con un ampio sorriso «Holly mi apprezza a modo suo»
Ellen gli rivolse un sorriso adorante prima che si allontanasse per raggiungere suo padre, impegnato a parlare col tassista per pagare il tragitto.
«Mamma, non dargli corda» sibilò Holly.
«Non ho detto nulla» fece lei.
«Gli hai sorriso» esclamò, stizzita.
«E cosa c’è di male?»
«C’è di male che tu lo adori e non puoi adorarlo!» Holly continuò imperterrita «Io non lo sopporto e, in quanto mia madre, tu dovresti stare dalla mia parte»
«Tesoro, Connor è un bravissimo ragazzo» disse Ellen «Devi solo imparare a conviverci e prenderlo nel modo giusto»
«Intendi, tipo, prenderlo a schiaffi?»
«Holly!»
«Dai, mamma, lo sai che non potrò mai andarci d’accordo!» si lamentò lei «Solo a pensare che lo avrò sotto il naso tutto il giorno, ogni giorno, mi fa venire da vomitare»
«Ti ci abituerai» tagliò corto Ellen, notando che Richard e Connor si stavano avvicinando.
«Fatto» disse Richard riponendo il portafoglio nella tasca posteriore dei pantaloni «Se abbiamo preso tutto, possiamo andare»
«Andiamo, allora» fece Ellen.
Raccolsero i bagagli, incamminandosi verso la porta d’ingresso della loro nuova casa. L’uomo misterioso, che doveva averli osservati in silenzio fino a quel momento, gli andò incontro.
«Chris!» esclamò Ellen «Che piacere rivederti!»
«Lo è anche per me» disse lui, stringendole la mano. Aveva una voce molto profonda e, Holly notò, degli occhi di un azzurro glaciale che avrebbero messo in soggezione chiunque.
«Grazie infinite per averci aiutato con la casa» disse poi Ellen «Senza di te, avremmo probabilmente atteso un’eternità»
«L’ho fatto volentieri» disse lui, accennando un sorriso.
Holly spostò lo sguardo da Chris a sua madre: sorrideva, e i suoi occhi sembravano vedere qualcosa di diverso dalla scena che aveva realmente davanti. Era come se fosse persa nei suoi pensieri. O nei ricordi.
Guardò di nuovo Chris: il suo volto appariva impassibile, ma i suoi occhi parevano non volersi staccare da quelli di Ellen.
«Devo fare pipì» esordì allora Holly, nel tentativo di interrompere quel contatto visivo «Non è che potremmo entrare?»
Chris sbatté le palpebre più volte «C-certamente» disse «Prego, accomodatevi»
«Grazie» intervenne Ellen «Oh, a proposito, lei è mia figlia Holly» continuò, indicandola «e loro sono Richard, il mio compagno, e suo figlio Connor»
«Molto lieto» disse Richard, facendosi avanti per stringere la mano a Chris, il quale ricambiò con poca convinzione; ne mise un po’ di più nella stretta che riservò a Connor. Tese quindi il braccio verso Holly, la quale esitò per alcuni istanti prima di afferrargli la mano e lasciare la presa immediatamente. Quel Chris non le piaceva per nulla.
«Beh, entrate» disse di nuovo Chris, aprendo loro la porta «Vi aiuto con i bagagli»
Dopo aver rifiutato l’offerta d’aiuto, Ellen trascinò due pesanti valigie all’interno della casa, seguita da Connor e Richard. Holly rimase fuori sul patio, con accanto il suo trolley e il borsone, gli occhi che non si staccavano da Chris.
«Vuoi che ti aiuti?» le chiese allora lui, un po’ burbero.
«No, non mi serve» rispose lei «Chi sei tu?»
«Credevo ci fossimo già presentati» fece Chris, con un velo d’ironia.
«Intendo, chi sei davvero»
Chris la guardò con sospetto, restando in silenzio.
«Sei inquietante» riprese Holly «Ci avrai anche trovato una casa, ma non hai certo l’aspetto di uno che lavora nel settore immobiliare»
«Questa era la mia vecchia casa» disse lui, freddo «Tua madre mi ha chiamato qualche settimana fa per chiedermi se sapessi di qualche casa in vendita e io le ho offerto la mia. Ora, se non ti dispiace, avrei…»
«È una bella casa» lo interruppe Holly, osservando le mura della sua nuova abitazione «Sembra costosa. Che lavoro fai? Lo spacciatore? Sei della CIA? Oppure fai parte di qualche strano giro mafioso?»
Chris le si avvicinò minaccioso, costringendola ad arretrare di qualche passo «Ti garantisco che non ti piacerebbe saperlo» sibilò.
Holly deglutì, maledicendo la sua linguaccia e la sua brutta abitudine di dire sempre tutto ciò che le passava per la testa. Sostenne lo sguardo di Chris, finché lui non sembrò ritenersi soddisfatto dell’effetto che aveva sortito su di lei.
«Non dovevi usare il bagno?» le disse. Senza farselo ripetere due volte, Holly raccolse le sue cose e azzerò la distanza che la separava dalla porta. Prima di entrare, il suo sguardo si posò sul campanello: una targhetta leggermente consumata recava scritto il nome “Argent”.
Gettò un’occhiata alle sue spalle, vedendo Chris allontanarsi verso la sua auto. Non ci avrebbe messo molto a scoprire chi fosse davvero: ora che sapeva il suo nome, le sarebbe bastata una ricerca in Internet per sapere cosa nascondesse Chris Argent.  



*Clare's corner
Ok, a quanto pare la puntualità non è più il mio forte. No, ok, avrei pubblicato prima se il mio pc non si fosse fatto due settimane in assistenza. Anyway, here we are, col capitolo numero due e svariati nuovi personaggi, che ritroveremo più volte nel corso della storia.
Holly è il personaggio, assieme ad Isaac, attorno a cui ruoterà la maggior parte della trama. E' un po' petulante, forse scorbutica, ma vi garantisco che migliorerà. :)
Poi, poi, poi... voglio sempre dire tante cose quando arrivo a questa parte, ma mi dimentico sempre tutto! Oh, sì! Non so esattamente dove si trovi Beacon Hills, Wikipedia dice che in un episodio si nota il codice postale di San Francisco, perciò ho supposto che fosse da quelle parti.
E niente, non so cos'altro dire, perciò... ditemi voi!
C.
  
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