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Autore: Claire Riordan    23/05/2014    3 recensioni
POST 3B, NESSUN COLLEGAMENTO CON LA 4° STAGIONE.
La morte di Allison ha sconvolto Scott e il suo branco, Isaac in particolare, che sembra incapace di reagire, di trovare un'ancora che lo salvi dall'abisso in cui è sprofondato. Nel frattempo, a Beacon Hills ritorna una ragazza di nome Holly, una ragazza che pare nascondere qualcosa ma che, allo stesso tempo, sembra risvegliare dei ricordi nella memoria di Isaac...
Dal cap. 2:
Isaac non riuscì a trattenere un sorriso «Sono Isaac» continuò «Isaac Lahey. Ti ricordi?»
Holly aggrottò la fronte, lo osservò un paio di secondi e, infine, scosse la testa.
«Alla scuola elementare di Beacon Hills» disse ancora Isaac, muovendo un passo avanti, animato da quel nuovo entusiasmo «Quello che… che ti ha spinto giù dall’altalena e ti ha rotto il naso» concluse con una risata.
Genere: Introspettivo, Mistero, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chris Argent, Isaac Lahey, Nuovo personaggio, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Jubel

1. Stronger

La morte di Allison. La morte di Aiden. La partenza di Ethan. Il dolore sul volto di Chris. Il senso di colpa negli occhi di Stiles.
Lo stesso che affliggeva Lydia.
Lo stesso che teneva sveglio Scott ogni notte.
 
Era accaduto tutto così in fretta…
 
Erano passate alcune settimane da quando spiriti di antiche volpi giapponesi e minacciosi ninja mascherati avevano lasciato Beacon Hills. In città si respirava un’insolita aria di pace, sebbene talvolta si potesse percepire una sottile vena d’inquietudine, quella che solo chi sapeva riusciva a riconoscere.
Isaac non era in grado di darsi pace. Non riusciva a capacitarsi del fatto che altri potessero continuare a vivere con serenità, dopo ciò che era successo. Non riusciva ad accettare che altre persone fossero felici mentre lui si sentiva sopraffatto dal dolore. Non capiva come i suoi coetanei riuscissero ad affrontare la dura realtà, ad ignorare il fatto che non avrebbero mai, mai più rivisto Allison Argent.
Si sentiva in gabbia, incapace di liberarsi da quelle catene che gli opprimevano il cuore e gli mozzavano il respiro. E si sentiva in colpa, perché, nel profondo, una parte di lui voleva odiare Scott, nonostante sapesse che non era sua la colpa di quel che era successo. Non poteva odiarlo soltanto perché Allison lo amava ancora. Non avrebbe potuto, non dopo tutto quello che Scott e Melissa avevano fatto per lui.
Lo invidiava. Scott aveva una madre che si prendeva cura di lui, amici su cui contare, era riuscito ad essere la sua stessa ancora. Scott era forte, nonostante tutto. Isaac no. Non riusciva a lasciarsi il passato alle spalle, né quello con suo padre, né quello più recente, tutto ciò che era successo con Allison.
Avrebbe voluto essere forte. Ma non ce la faceva.
Da quando avevano sconfitto il Nogitsune, Isaac ancora non aveva messo piede a scuola. E dopo il funerale di Allison, non aveva più avuto modo di vedere Chris. Non che lo volesse: il fatto che il padre di Allison riuscisse a mantenersi così distaccato dalla morte della figlia, lo infastidiva fin troppo. Si era chiuso nella sua stanza a casa McCall, uscendo solo sporadicamente; né Scott, né Melissa avevano insistito troppo per farlo uscire dal suo rifugio. Ma non sarebbe potuto rimanere là dentro in eterno.
Fu in un qualunque giovedì mattina che decise di reagire.
Quando aprì la porta della sua stanza, udì i tipici rumori della colazione: il ronzio del microonde, il tintinnio delle posate contro i piatti, qualche scambio di battute tra Scott e sua madre. Giunto in cucina, il tempo parve fermarsi per qualche secondo: Melissa e Scott lo osservarono sorpresi, ma Isaac percepì l’imbarazzo nell’aria. Sollevò una mano in segno di saluto, un po’ incerto.
«Isaac!» esclamò Melissa andandogli incontro «Come ti senti?»
Distrutto. Incapace. Debole. Deluso. Triste.
«Affamato» rispose infine, spinto dai crampi che, si rese conto solo in quell’istante, gli attanagliavano lo stomaco.
«Beh, siediti» disse lei «Preparo qualcosa anche per te» 
Mentre Melissa trafficava con piatti e bicchieri sul piano della cucina, Isaac prese posto a tavola, di fronte a Scott. Lui sollevò gli occhi per guardarlo, come se si aspettasse che dicesse qualcosa su ciò che era successo. Isaac si limitò ad abbozzare un sorriso, senza proferire nulla, e Scott abbassò di nuovo lo sguardo sulla sua colazione.
«Ecco qui, Isaac» esclamò Melissa, posandogli davanti un piatto di pancakes, uova e pancetta «In frigo c’è del succo d’arancia e ho preparato del caffè, è sulla cucina. Vorrei tanto restare ancora con voi, ma devo correre in ospedale. Ci vediamo stasera, d’accordo?»
Detto ciò, infilò velocemente una giacca sopra la divisa da infermiera, raccolse la borsa e, un attimo prima di uscire, si voltò indietro: «Isaac?»
«Sì?» fece lui.
«Sono… sono contenta che tu stia meglio» sorrise. Isaac, nonostante non stesse poi tanto meglio, non poté fare a meno di ricambiare. L’affetto di Melissa riusciva sempre a risollevarlo un po’.
Non appena lasciò la casa, Isaac e Scott rimasero soli e fra loro calò il silenzio, rotto solo dal tintinnare delle posate sui piatti. La sensazione di disagio che aleggiava nell’aria era a dir poco palpabile. Fu dopo quella che parve un’eternità che Scott ruppe la quiete con un colpo di tosse.
«Beh, come… come stai?» borbottò, evitando accuratamente di guardarlo.
Isaac scrollò le spalle «Mi riprendo» buttò lì, premurandosi di ingollare immediatamente un boccone di uova per non dover dire altro.
Silenzio. Di nuovo. Scott si alzò da tavola e si avvicinò al banco della cucina, versandosi del caffè.
«Mi dispiace per come sono andate le cose» riprese dopo un po’ «Per quello che ha detto… insomma, per quelle parole…»
«Non fa niente» si affrettò a rispondere Isaac; non credeva che Scott avrebbe affrontato quel discorso così presto «Era quello che sentiva in quel momento ed è giusto che l’abbia detto»
«Lei ti voleva bene, Isaac» tentò Scott «Ne sono sicuro»
«Sì» rispose lui «immagino di sì. Nonostante tutto»
Si rese conto di quanto suonassero astiose le ultime parole. Non voleva riempirle così tanto d’odio. Ma, nelle ultime settimane, non era riuscito a non mettere in dubbio tutto quello che c’era stato con Allison, per quanto vero e sincero potesse essere sembrato. Dopo le parole che aveva detto a Scott in punto di morte, si sentiva come preso in giro. Era come una sconfitta. E bruciava ancora.
«Comunque, non importa» riprese poi, cercando di riparare a ciò che aveva appena detto «Credo di aver sempre saputo come stavano le cose, in realtà. E va bene così. Passerà»
«Isaac, mi dispiace, io…»
«No, Scott, davvero, non importa» ribadì Isaac «Va bene così. Solo… non parliamone. Per favore»
«Certo, scusa» fece Scott con un sospiro. Isaac ebbe l’impressione che anche lui, in qualche modo, si sentisse in colpa nei suoi confronti. Che gli stesse dicendo quelle cose per scusarsi, sebbene non ne avesse motivo.
Isaac si alzò da tavola, riponendo il suo piatto ancora pieno per metà: quei discorsi gli avevano chiuso lo stomaco.
«Vuoi un passaggio a scuola?» gli domandò Scott, un po’ titubante.
Isaac scosse la testa «Faccio da me» rispose «Ma grazie, comunque»
Si avviò su per le scale prima ancora che l’amico potesse ribattere, premurandosi di chiudere la porta del bagno una volta dentro. Per la prima volta dopo settimane, si soffermò ad osservare la sua immagine riflessa: era pallido, stanco e le occhiaie sotto gli occhi erano più marcate che mai.
Doveva reagire.
Fece un respiro profondo, aprì il rubinetto del lavandino e vi tuffò sotto le mani, buttandosi l’acqua in viso: la sensazione di fresco sembrò risvegliarlo un po’. Ripeté l’azione un paio di volte, poi si passò l’asciugamano sul volto, sfregando forte: lo specchio gli restituì la stessa immagine di poco prima, con la differenza che la sua pelle aveva assunto un tono un po’ più colorito.
Andiamo, Isaac. Sei o non sei un lupo mannaro?
Ripensare alla sua vera natura parve rinvigorirlo. Non aveva più considerato quale fosse la sua forza da quando Allison se n’era andata. Perché Isaac era questo: forte. Lui poteva reagire. E lo avrebbe fatto.
Spinto dalla consapevolezza di cosa fosse, di chi fosse, da una nuova, improvvisa volontà, tornò in camera, si vestì ed uscì di casa diretto alla scuola di Beacon Hills. Quel giorno, Isaac sarebbe ripartito.
Avrebbe ricominciato da zero. Avrebbe ricominciato da se stesso.
 
 
Qualche giorno prima…
 
Il cielo stava cominciando ad imbrunire. Ancora nell’abitacolo della sua auto, parcheggiata al lato della strada, Chris Argent scrutò con attenzione la casa perfettamente visibile dalla parte opposta della carreggiata: la vernice sui muri era scrostata in diversi punti, il patio invaso da vecchi rottami, il giardino rovinato dalle erbacce, come se il proprietario avesse permesso allo scorrere del tempo di lasciare i propri segni. Estrasse dalla tasca del giubbotto il pezzetto di carta su cui aveva segnato l’indirizzo, chiedendosi se non avesse sbagliato: com’era possibile che quella sottospecie di catapecchia solitaria, alla periferia di Austin, fosse proprio il posto che stava cercando?
Un po’ titubante, scese dalla macchina, dirigendosi con passo incerto verso la porta: i gradini di legno che conducevano all’ingresso scricchiolarono pericolosamente al suo passaggio. Esaminò l’uscio alla ricerca del campanello e del nome che gli confermasse che quella casa era proprio il luogo giusto, ma nulla. Così, bussò tre colpi.
Attese, senza ricevere risposta. Bussò di nuovo. Non passò molto prima che udisse scattare la serratura.
Sulla soglia apparve un uomo anziano, sulla settantina. Era alto, i capelli ingrigiti gli arrivavano alla nuca e una barba folta ricopriva il volto solcato dalle rughe. Nonostante l’età, sembrava ancora piuttosto lucido.
L’uomo fissò Chris per un paio di secondi prima di scoppiare a ridere soddisfatto.
«Argent!» esclamò «Qual buon vento?»
«Mi serve il tuo aiuto» rispose lui, senza esitazioni.
«Ma non mi dire» ribatté l’uomo, sarcastico «Un uomo forte come te che chiede aiuto ad un povero vecchio?»
«Sappiamo entrambi che sei più di un povero vecchio, Jonah» disse Chris «Vivere in questa topaia non ti aiuterà a nascondere chi sei»
L’uomo chiamato Jonah si fece serio, scrutando Chris con sospetto «Entra» sentenziò «Non voglio rischiare che questa conversazione sia ascoltata da orecchie indiscrete»
Benché la strada fosse totalmente deserta, Chris decise di seguirlo all’interno. Dentro, la casa di Jonah non era meglio rispetto all’esterno: un vecchio divano in pelle marrone occupava la parte destra della stanza e un gatto dall’aria trasandata sonnecchiava appallottolato su un bracciolo; il tappeto in pelle di mucca sul pavimento davanti al camino aveva alcune bruciature qua e là e il tavolo sul lato opposto era ancora apparecchiato con piatti e bicchieri di una cena mai terminata. Nell’aria, aleggiava uno strano odore, un misto di bruciato e pipì di gatto.
«Allora, Argent» riprese Jonah, chiudendosi la porta alle spalle «di che hai bisogno?»
«Ho bisogno di Ellen» rispose lui, deciso.
Jonah restò impassibile «Perché?»
«Ho bisogno di lei e basta» fece Chris, risoluto «Mia figlia è morta pochi giorni fa e mi serve aiuto»
Si fissarono in silenzio per alcuni istanti. Chris percepì la curiosità di Jonah: sentiva che voleva domandargli cosa fosse successo, ma l’uomo parve decidere di soprassedere.
«Ellen non vive più in Texas, lo sai?» disse invece «Si è trasferita a New York»
«Temo mi sia sfuggito questo particolare» replicò Chris «ma sono sicuro che tu farai in modo di metterci in contatto»
Jonah assottigliò gli occhi «E se non lo facessi?» sibilò.
«Lo farai» ordinò Argent «o la mia vendetta si ritorcerà su di te»
E, senza proferire altro, girò sui tacchi e lasciò la casa, consapevole che, nonostante tutto, Jonah si sarebbe piegato al suo volere. Perché il dolore per Allison era stato la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Ed era giunta l’ora della vendetta.

 

*Clare's corner
Ok, ehm... Sono agli esordi nel fandom di Teen Wolf - o, che dir si voglia, in un qualsiasi fandom che non sia quello in cui ho sempre scritto - e ho un'ansia tremenda.
Visto che in questa parte mi dilungo sempre, cercherò di essere breve ma concisa.
Dunque, la storia ruota principalmente intorno ad Isaac e ad un nuovo personaggio da me inventato, ma è probabile che, nel corso della narrazione, come già è successo in questo capitolo, si possano trovare diversi PoV. Ho messo l'avvertimento OOC perché è purtroppo mia abitudine trasformare i personaggi a mio piacimento, ma uno di essi uscirà un po' dalle righe, perciò ha senso. Forse.
Bene, spero che l'ansia da pubblicazione non mi abbia giocato scherzi e di aver scritto tutto! *corre a nascondersi*
C.
  
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