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Autore: FrancyBorsari99    25/06/2014    1 recensioni
Amber ha vissuto i quindici anni della sua vita cercando un posto adatto a lei, ma ovunque sia stata non si è mai sentita a casa, ben accetta, è una reietta respinta da entrambe le ali della sua famiglia: da parte paterna è uno Shinigami, un Dio della Morte, da parte della madre sarebbe stata l'ente di una setta di Alchimisti, se il capocongrega non l'avesse cacciata.
Finchè un giorno, dal mondo degli Shinigami, non intravede sulla terra un posto strano, che sembra ospitare gente dal sangue misto e semidivino: il Campo Mezzosangue.
Forse, questa è l'unica possibilità che le resta per riscattare un passato da esiliata e annientare i fantasmi che la tormentano. E poi c'è Leo.
Lo strano meccanico sempre sorridente, ma nei cui occhi Amber riesce a vedere le ombre.
Chissà che non le sconfiggano insieme...
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hazel Levesque, Leo Valdez, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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AMBER

Comincio subito, non devo perdere tempo. Il guaio è che ce ne vuole più del previsto.

Mi faccio dimettere due giorni dopo e chiedo a Chirone se posso tornare nella stanza della Casa Grande. Imparare da sola questo genere di trasmutazione richiede concentrazione ed assoluto silenzio, cose che dubito di poter ottenere allenandomi circondata da meccanici rumorosi.

Una volta spostati i miei pochi averi, mi metto subito all'opera: di solito, quando faccio questo genere di cose con i materiali, penso ardentemente all'oggetto di partenza che si trasforma in quello di arrivo, ed il gioco è fatto.

Mi piazzo davanti allo specchio e fisso il mio riflesso: partirò dagli occhi, perché c'è meno colore da cambiare e perché la porzione di spazio su cui lavorerò sarà minore.

Mi avvicino finché non mi ritrovo ad un paio di centimetri dalla superficie.

Ho gli occhi neri, quindi penso alle mie iridi scure e ai loro riflessi, poi a quelli grigi e tempestosi di Annabeth.

Ci vogliono circa venti minuti di sforzo mentale, poi un lampo sembra attraversarli e improvvisamente schiariscono fino al colore delle nuvole cariche di pioggia che annunciano l'arrivo imminente di un temporale.

Scatto all'indietro e mi ribalto dalla sedia per l'euforia ed il senso di trionfo, finendo con le gambe all'aria, e mi metto a ridere istericamente. Quando riesco a rialzarmi, l'incantesimo è sparito. I miei occhi sono esattamente come prima, neri ed imperscrutabili. Il sorriso si scioglie e svanisce dalle mie labbra; sconsolata mi risiedo sullo sgabello e ci riprovo. La seconda volta ci metto due minuti di meno, ma ha la stessa durata di prima, e avanti così per tutto il pomeriggio, finché non riesco a lasciarli di quel colore per tutto il tempo che voglio e la trasmutazione impiega solo cinque minuti per applicarsi.

Ormai si è fatta sera, così scendo e mi dirigo al padiglione perla cena. Non ho affatto fame, ma vorrei respirare un po' d'aria e distogliere i miei pensieri da questa storia assurda. Mi chiedo perché non lo facciano fare a un figlio diretto di Ecate, più allenato ed in forma di me, senza la schiena indolenzita ed un orecchio sordo.

Forse perché nessuno di loro deve nulla a Leo, mentre io sono in debito con lui della vita.

L'ambrosia che ho regolarmente preso in questi giorni non mi ha guarito molto l'udito, ma dato che è un danno interno penso che ci vorrà più tempo, e ormai sto facendo l'abitudine a sentire solo da una parte.

Entro nel padiglione che non c'è quasi nessuno e mi siedo al tavolo di Efesto, appoggiando la testa alla superficie liscia ed emettendo un lento sospiro. Mi bruciano gli occhi, ho le palpebre pesanti ed sento che sto per addormentarmi qui, con la fronte sul tavolo e le braccia incrociate davanti a me.

Il mio orecchio buono avverte una presenza alle mie spalle.

-Ciao, Leo- bofonchio, strofinandomi le mani sulla faccia. Alzo la testa e gli sorriso, ma lui si blocca dov'è e mi fissa corrugando la fronte.

-Ma che hai fatto ai tuoi occhi? - oh, probabilmente li ho ancora grigi. Faccio forza con la mente e, anche se non sono davanti allo specchio, sento che sono tornati come prima.

Lui apre la bocca esterrefatto. -Woha! Che forza, ma come fai?- esclama, sedendosi di fianco a me. Io non dico nulla, penso che possa intuirlo da solo, e in ogni caso sono davvero senza forze, le ho a malapena per sostenere le ali.

-Leo, mi sento un'Emo sconfortata e stanca.- mi lamento, socchiudendo appena gli occhi.

Lui si siede di fianco a me e mi circonda le spalle con un braccio, mentre io mi accosto alla sua spalla. Va già meglio. Sento che ha muscoli non eccessivamente accennati, abbastanza forti da sostenere il peso di grossi attrezzi e oggetti pesanti, ma anche dal tocco leggero al punto da non suscitare il dolore dei miei lividi e da farmi sentire al sicuro. È forte, ma delicato.

Non vorrei che lo facesse qui, mentre qualche semidio comincia ad entrare nel padiglione ed a sedersi al proprio tavolo, ma abbassa la testa e poggia le labbra sulle mie. Il suo naso mi sfiora la guancia e il respiro che si infrange sulla pelle mi lasciano un'ebbra serenità dentro che non baratterei per nulla al mondo. Come ogni volta, sento il cervello azzerarsi completamente e perdo la percezione di quello che succede intorno a me. Mi viene solo da chiedermi se Leo ha le labbra così calde e morbide perché ha il potere del fuoco o sono tutte come le sue.

-Ti amo.- mi bisbiglia all'orecchio, mentre alcuni ragazzi di Efesto si siedono al tavolo squadrandoci sospettosi.

Chissà se dopo aver ritrovato Calypso me lo dirai ancora... o riserverai queste parole solo a lei.

 

Dopo cena (ovverosia dopo che Leo e gli altri hanno cenato), mi rintano nella mia stanza e piombo in un sonno denso e pesante, totalmente privo di sogni.

Quando mi risveglio ricomincio con gli incantesimi: provo con i capelli, partendo dal colore. Da bianchi, per farli diventare completamente neri ci metto circa due giorni. Per modificarne anche la lunghezza, invece, quasi tutta la settimana. Ogni giorno sono sempre più stanca, ma non posso permettermi di riposare, e lavoro anche di notte.

All'alba dell'ottavo giorno, senza che io abbia fatto o pensato nulla, mi sveglio con i capelli più corti e... blu. Devo dire che non mi dispiacciono, e decido di tenerli così.

Leo e gli altri accolgono la notizia con il massimo dello stupore, ma anche loro credono che mi stiano bene. Inoltre, imparo a ritrarre le ali nel corpo. È una cosa che credevo sapessero fare solo gli Shinigami completi, ma con un bel po' di sforzo non riesce difficile nemmeno a me.

Altri tre giorni dopo, mi ritrovo accasciata al pavimento, di fianco allo sgabello su cui mi siedo quando ho bisogno dello specchio. O meglio, un ragazzo mi “ritrova”.

Ha capelli e occhi castani, è piuttosto alto e mi rivolge un sorrisetto sghembo.

Scatto in piedi un po' barcollante ed esclamo: -chi sei, e cosa ci fai qui?! - lui alza le mani in segno di scuse ed indietreggia. Devo dire che in effetti è carino, e mi supera di ben venti centimetri.

-Mi ha detto Chirone di svegliarti, e mi ha chiesto di riferirti che tra mezz'ora c'è la caccia alla bandiera.-

-è già sera? Vuoi scherzare?- chiedo. Mi affaccio alla finestra e i miei occhi incontrano un tramonto stupendo sulla baia di Long Island. Il cielo è tinto di colori caldi che mi fanno pensare ad alcuni frutti estivi, e devo dire che mi sta anche venendo fame.

-Be'... no. A proposito, mi chiamo Max.-

 

 

Fino adesso non ho mai partecipato a Caccia alla Bandiera, semplicemente perché ogni sera io e Leo abbiamo lavorato senza sosta nel Bunker, quindi non ne ho mai avuto molto il tempo, e onestamente nemmeno la voglia. Ma oggi credo che giocherò un po', e data la mia dormita da guinness dei primati ho anche ripreso le forze necessarie per dimostrare che in quanto a combattimento sono un avversaria difficile da battere.

C'è da specificare che è un sacco di tempo che non prendo in mano una spada, ma confido nel fatto di non essere troppo arrugginita.

Max mi accompagna verso il bosco, dove gli altri aspettano il via con trepidazione.

– Sei in squadra con i ragazzi di Efesto -che ti hanno voluta a tutti i costi-, con quelli di Atena e di Poseidone. – mi informa, trottando al mio fianco. Noto che continua a lanciarmi brevi occhiate di sottecchi, e vorrei chiedergli di smetterla, ma penso che non sarebbe molto educato e soffro in silenzio.

– Chi è il tuo genitore divino? – chiedo, improvvisamente incuriosita. Lui mi sorride con orgoglio, facendo un brevissimo cenno verso il sole che tramonta.

– Apollo. Sai, probabilmente non ti ricordi perché eri svenuta, ma ti ho medicato le ferite dopo l'attacco di quello... quel Dio della Morte, ecco. – dice.

– Si chiama Shinigami. E in ogni caso grazie, hai fatto un ottimo lavoro. – rispondo, scoprendo la manica destra dove mi sono rimasti i punti di sutura di un taglio impeccabilmente ricucito che Deoniok mi ha lasciato come ricordo.

Ci avviciniamo al resto del gruppo.

– Sai combattere? – chiede all'improvviso, come se non gli piacesse il silenzio che si è creato fra di noi. Non è tecnicamente un silenzio imbarazzato, quindi a me piace, ma nemmeno questo è troppo garbato da dire e così evito di riferirglielo.

In realtà non combatto più da poco tempo prima di arrivare al Campo Mezzosangue, ma penso di essere ancora in grado di farlo. Allungo una mano di fronte a me e mi concentro appena: un rivolo di metallo fuso cresce subito e veloce in una spirale verso il mio palmo, solidificandosi in una spada dalla lama leggermente ondulata con affilate seghettature al centro. L'elsa è costituita da un'asticella leggermente ricurva che termina con due teste di serpente, mentre le loro code si intrecciano e si fondono nella parte iniziale del piatto.

– Lo devo prendere come un sì? – chiede Max, impressionato.

Io faccio spallucce e mi dirigo verso gli altri.

– Bella spada! – fa Percy. – Niente armatura? – ci vuole l'armatura? Onestamente non ne ho mai avuto bisogno... scuoto leggermente il capo e gli dico che non fa niente.

Ritiro le ali nella schiena ed ascolto la strategia: una parte di noi resterà in difesa, mentre l'altra cercherà in intrufolarsi non vista nell'area della squadra rossa, e sfruttando l'elemento sorpresa prenderà la bandiera.

Mi piace questo piano, sono brava a muovermi in silenzio e senza farmi vedere.

Il corno suona e noi partiamo.

 

LEO

Non ho mai visto Amber combattere, e sono curioso di vedere come se la cava con la spada. Le chiedo più volte se non vuole un'armatura anche lei, ma dice che non è importante e che duella meglio senza. Non sembra prestare molta attenzione alle mie parole, è lanciata in una corsa silenziosa che sembra non smuovere nemmeno l'erba dentro al bosco, verso la prima tappa del nostro attacco.

La bandiera avversaria si trova nei pressi del torrente, al limitare del bosco. È un guaio, perché raggiungerla vuol dire attraversare una parte di campo allo scoperto, e ci faremmo vedere di sicuro.

Amber si muove con parecchia sicurezza lungo il bordo della macchia di alberi, appiattendosi al suolo e valutando il miglior punto da cui attaccare. Siamo in sei: io, Annabeth, Amber, Percy e due miei fratelli. Ci raduniamo in un punto dietro ai cespugli per non essere visti.

Annabeth mi supera e si affianca ad Amber. – Propongo di modificare il piano e attaccare subito. Non c'è spazio per nascondersi– dice.

L'altra scuote leggermente la testa, senza staccare gli occhi dal campo.

– Non credo sia una buona idea. –

Ahi. Pessimo errore, tesoro. Se c'è una cosa che va saputa su Annabeth Chase è che quando si tratta di strategie militari non va assolutamente contraddetta.

La bionda si gira mostrando un certo disappunto negli occhi grigi e temporaleschi.

– Come, scusa? –

Amber non sembra aver notato la sua espressione, perchè dice, convinta: – da qui a lì saranno cento, centocinquanta metri. Se ci mettiamo a correre ci vedranno, e correranno sulla difensiva prima del nostro arrivo. –

– E sentiamo, che cosa proponi? –

– Ci sto pensando. –

– Perché non apri le ali e fai un volo a recuperarla da sola, la bandiera? – Annabeth ha proprio l'aria di essere potentemente irritata. Vorrei dire ad Amber che è meglio smetterla, ma lei non sembra aver colto il sarcasmo della domanda.

– Che gusto ci sarebbe, se bastasse volare fin lì? – dice, con voce seccata.

Si sporge appena oltre la linea dei cespugli. Noto anche io che ci sono quattro ragazzi di Ares inclusa Clarisse a montare di guardia, probabilmente sarà difficile arrivare alla meta.

– Ho un'idea. – dice Amber. Annabeth sbuffa ed alza gli occhi al cielo.

– Sentiamo. –

– Posso cambiare colore alle creste degli elmi, ed avanzare facendo finta di essere dei rossi. Finché saremo abbastanza lontani da non essere riconoscibili, cammineremo piano, per non destare sospetti, e visto che questi affari nascondono il settanta per cento del viso potremo avvicinarci parecchio. Dopodiché li attacchiamo cogliendoli di sorpresa – Se Annabeth la contraddice vuol dire che si è bevuta il cervello. Il piano è ottimo, e funzionerà di sicuro.

– C'è un unico intoppo: – come non detto. – Tu non porti l'elmo. –

Amber sorride con un'aria furba che fa quasi paura.

– Mi sono allenata giorni interi a fare questo, quando ero piccola. – preme una mano al suolo e, nello stupore generale, la terra ribollisce gorgogliante, una sfera si stacca dal resto e si modella, diventando pian piano lucida e bronzea. Qualche altro secondo, e Amber si ritrova in mano un elmo come il nostro.

La figlia di Atena sbuffa sonoramente, ma alla fine è costretta a darle ragione e le porge il suo, come facciamo tutti, e lei con un semplice schiocco di dita cambia il colore della cresta da blu a rosso.

Un attimo ancora ed usciamo allo scoperto.

 

 

Scendiamo lungo il pendio ed immediatamente catturiamo la loro attenzione, che scattano sugli attenti. Come stabilito, non corriamo e avanziamo lentamente con aria disinvolta e da bulli attaccabrighe, come ogni buon figlio di Ares che si rispetti. Le creste rosse risaltano contro l'erba verde e aranciata dal tramonto, quindi abbassano le armi e ci lasciano avvicinare, guardandoci solo con aria interrogativa come a chiederci perché siamo lì a perdere tempo e non a prendere la bandiera.

A venti metri vediamo le loro espressioni corrucciarsi improvvisamente, devono aver notato che siamo un tantino diversi dai loro compagni di squadra. Arrivati a meno di dieci metri aumentiamo l'andatura, i miei compagni stringono le dita sulle else delle spade e io tiro fuori il grosso martello dalla cintura degli attrezzi. A cinque metri gli do' fuoco.

E a meno di quattro attacchiamo.

 

 

Onestamente, non mi aspettavo che Amber fosse così brava.

Con uno scatto improvviso ed incalcolabile si tuffa in avanti roteando con precisione la spada, avventandosi contro una furiosa Clarisse che fa in tempo solo ad imprecare ed a rotolare di lato. Con orrore, vedo la lama lucida e seghettata affondare nella terra dove un secondo prima c'era la testa della figlia di Ares, per poi staccarsi e ripartire all'inseguimento.

Io mi fronteggio con un ragazzo che mi supera di trenta centimetri buoni, ma non mi lascio intimorire. Alzo il martello sopra alla testa e lo sbatto al suolo con tutta la forza che ho, facendolo sprofondare quasi completamente. Da quel punto cresce e si chiude un anello di fiamme scoppiettanti che lo bloccano senza via di fuga.

Fatto questo, corro ad aiutare Nyssa, mentre vedo Amber lottare come una furia contro Clarisse. Ogni suo colpo è più letale di quello precedente, preciso e diretto, e l'altra sembra essere in notevole difficoltà, finché ad un certo punto, da questa non parte un fendente obliquo dall'alto, velocissimo e indirizzato alla testa dell'avversaria. Si abbassa fulminea, ma la lama taglia via il pennacchio truccato dell'elmo.

Amber si toglie il resto e lo lancia lontano, come se le fosse solo d'impiccio, ed i suoi capelli azzurri spiccano contro i colori del tramonto che tingono tutto di arancione. Poi, senza dare il tempo a nessuno di capire cosa stia per fare, si avventa con violenza su Clarisse che, presa impreparata, viene spinta all'indietro e barcolla paurosamente. Uno sgambetto ed è a terra, disarmata.

È allora che l'altra si lancia verso la bandiera, la prede e la alza trionfante, con un grande sorriso stampato in volto.

 

 

 

Nota dell'autrice

dopo tanto lavoro le ho dato un po' di tregua e l'ho fatta divertire, povera Amber... spero che fin qui vi stia piacendo e che abbiano un senso le cose che scrivo, in caso contrario fatemelo sapere!!!

un bacio a tutti, come sempre vi chiedo di recensire e vi saluto!!

 

  
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